Visioni eterodosse (e altro) fioriscono nella Chiesa cattolica
(di Maike Hickson) In seguito al Sinodo dei Vescovi su matrimonio e famiglia svoltosi lo scorso ottobre 2014 e alla scandalosa relazione di medio termine che ha promosso un atteggiamento più lassista e ostentatamente più liberale nei confronti dei divorziati “risposati” e degli omosessuali, la Chiesa cattolica si trova sempre più spesso a dover far fronte a vescovi e prelati che sostengono un programma liberale innovativo per quanto riguarda il tradizionale insegnamento morale della Chiesa.
Proprio nelle ultime settimane sono successi alcuni eventi che fanno riflettere: un arcivescovo tedesco ha dichiarato pubblicamente il suo appoggio agli omosessuali; un Vescovo spagnolo ha permesso a una donna transgender di diventare la madrina di suo nipote; un Vescovo svizzero è stato denunciato da un’organizzazione omosessuale per un presunto “discorso d’odio” perché ha citato alla lettera l’Antico Testamento; uno dei più stretti consiglieri del Papa terrà un intervento importante in una conferenza a Roma con vari oratori marcatamente progressisti.
Ma entriamo più nei dettagli.
Il primo agosto 2015 l’arcivescovo di Amburgo, Stefan Heße, si è espresso pubblicamente a favore di un atteggiamento più permissivo verso le coppie omosessuali e i divorziati “risposati”. Il sito ufficiale della conferenza episcopale tedesca, katholisch.de, riportava il seguente testo:
“Anche se egli [mons. Heße] è ancora un po’ titubante relativamente alla concessione del ‘matrimonio omosessuale’, ha anche detto : ‘Ma quando queste persone cercano di essere vicino a noi, allora noi, come Chiesa, ci saremo per loro. Che altro?’ La Chiesa deve tenerci molto quando nelle relazioni omosessuali si trovano valori come fedeltà e affidabilità. ‘Ai miei occhi questo non minimizza l’amore e la fedeltà tra due persone’, così Hesse. Egli desidera anche per i divorziati risposati ‘forme vivibili di riconoscimento e accompagnamento da parte della Chiesa’, senza rinunciare all’ideale del matrimonio”.
Con quest’uscita, l’arcivescovo Heße si profila concretamente come qualcuno che mina l’insegnamento di Cristo sul matrimonio, ignorando il fatto che entrambi i gruppi – omosessuali praticanti e divorziati “risposati” –vivono oggettivamente nella maggior parte dei casi in stato di peccato.
L’8 agosto è uscita la notizia che un vescovo spagnolo ha annunciato che permetterà ad un transessuale di diventare il padrino a un battesimo imminente. Come ha riportatokath.ch, sito ufficiale della conferenza episcopale svizzera, il vescovo di Cádiz in Spagna, Rafael Zornoza Boy, ha concesso il permesso al 21enne Alex Salinas di diventare la madrina di suo nipote. Salinas è nata donna anche se adesso afferma di esser un uomo.
Questa decisione è arrivata dopo forti pressioni in seguito ad una petizione nazionale lanciata in difesa di Salinas, alla quale in un primo momento il permesso era stato negato perché non vive in accordo con l’insegnamento morale della Chiesa. Più di 35.000 persone hanno firmato la petizione in favore di Salinas. Ora la diocesi ha cambiato idea, come ha riportato kath.ch, e ha dichiarato apertamente che “essere transessuale non costituisce un motivo di esclusione dalla carica di padrino”. Salinas ha commentato la nuova decisione, secondo il quotidiano spagnolo El Pais, come segue:
“Non so se il Papa abbia visto la mia petizione, non ho conoscenza a riguardo, ma ovviamente tutta la Chiesa sta cambiando. Infatti, hanno appena dichiarato che i cattolici divorziati non possono [sic] essere scomunicati, e penso che sia meraviglioso che la Chiesa stia intraprendendo una nuova rotta”.
Il 10 agosto Pink Cross, un’organizzazione ombrello per omosessuali maschi in Svizzera, ha intentato una causa legale contro il vescovo svizzero della Chiesa cattolica, Vitus Huonder di Coira (Grigioni), per aver citato l’Antico Testamento contro l’omosessualità in modo ritenuto difettoso. In una conferenza a Fulda, in Germania, il 31 luglio, Huonder aveva esposto parti essenziali della Sacra Scrittura – Antico e Nuovo Testamento – al fine di dimostrare il piano di Dio sul matrimonio e la famiglia. Per quanto riguarda l’omosessualità, il vescovo Huonder ha citato due parti dal libro del Levitico dicendo: “Queste due parti sarebbero sufficienti a darci la giusta direzione per quanto riguarda l’omosessualità alla luce della nostra fede”. Entrambe le citazioni mostrano come la pratica di tutti gli atti specificatamente omosessuali è condannata nella Sacra Scrittura la quale afferma che queste persone commettono un reato talmente grave da meritare di essere messi a morte. Huonder ha continuato affermando che anche il fatto di sostenere che ci sono una varietà di modelli ammissibili di matrimonio e di famiglia è già “un attacco contro il Creatore, ma anche contro il Redentore e contro il Santificatore, vale a dire, contro l’intera Santissima Trinità”.
Dopo la protesta contro le dichiarazioni di Huonder scoppiata nei massmedia laicisti svizzeri, il 7 agosto il presidente della Conferenza episcopale svizzera, il vescovo Markus Büchel di San Gallo ha pubblicato una lettera aperta mostrando notevole simpatia e indulgenza verso le coppie omosessuali. Mons. Büchel del resto ha preso esplicitamente le distanze dal suo confratello vescovo di Coira. Egli si è spinto così oltre da dichiarare addirittura che l’orientamento sessuale non abbia importanza a patto che si vive “in modo responsabile”. Nella sua dichiarazione Büchel dice testualmente:
“Per la promozione del bene della persona è meno determinante se una persona ha un’inclinazione etero o omosessuale; piuttosto è determinante l’approccio responsabile alla sessualità e tutte le altre dimensioni di un rapporto (come attenzione, rispetto, o fedeltà). Qui ci è permesso, come cattolici fedeli, a fidarsi della coscienza di ogni individuo. Rallegriamoci di ogni rapporto in cui le parti accettano l’un l’altro come pari, preziosi figli prediletti di Dio, e rispettano la dignità dell’altro e promuovono il benessere delle persone!”
Il vescovo Büchel prosegue rilevando che rispettare la dignità della persona umana “significa anche, non ridurre una persona e le sue relazioni alla mera questione sessuale”.
L’attivista tedesco pro-life e pubblicista, Mathias von Gersdorff, ha commentato quest’affermazione sul suo sito: “Con questa dichiarazione, egli [Büchel] contraddice in modo netto l’insegnamento morale della Chiesa cattolica sulla sessualità e, molto probabilmente, anche il suo insegnamento sull’antropologia cristiana [cioè “la dottrina sull’uomo”]”.
Molto preoccupante è il fatto che alle affermazioni di questo vescovo sono seguite delle parole sovversive di un altro importante prelato e membro della Conferenza episcopale Svizzera, l’abate Urban Federer dell’abbazia di Einsiedeln nel Canton Svitto, che ha dichiarato in data 11 agosto che la Chiesa non dovrebbe condannare gli omosessuali ma, piuttosto, accoglierli. Federer ha affermato: “La Chiesa può rallegrarsi degli omosessuali come figli di Dio!” Continuando ha dichiarato: “Non ha già dimostrato Papa Francesco come la Chiesa deve trattare gli omosessuali nel modo giusto? Nella sua prima conferenza stampa a capo della Chiesa cattolica ha promosso l’idea di non discriminare gli omosessuali maschili e femminili. Testualmente il Papa ha chiesto: ‘Quando una persona è omosessuale e cerca Dio e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?’”
Oltre a tutte queste visioni (più o meno) eterodosse e gli sviluppi complessivi, nientemeno che uno stretto collaboratore personale del Papa (e membro del Consiglio dei cardinali) – il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga di Tegucigalpa, Honduras – viene annunciato come relatore ad una prossima conferenza progressista, che si terrà il mese prossimo a Roma. Il 10-12 settembre infatti, la International Academy for Marital Spirituality (Accademia Internazionale per la spiritualità coniugale), la INTAMS con sede in Belgio, organizzerà una conferenza sui temi del prossimo Sinodo di ottobre. Tra i relatori saranno due teologi tedeschi di stampo progressista, i professori Eberhard Schockenhoff e Jochen Sautermeister. Entrambi difendono la “Proposta Kasper” e promuovono la liberalizzazione della dottrina morale della Chiesa. Schockenhoff, nel maggio del 2015, propose che le coppie omosessuali dovrebbero ricevere un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa. Sautermeister scrisse nel 2014 un articolo nella rivista cattolica tedesca Herder Korrespondenz in cui ha apertamente promosso l’agenda Kasper.
Un altro scossone lo ha dato la notizia riportata il 7 agosto dalla Catholic News Agency che, secondo le loro fonti, Papa Francesco avrebbe nominato, come scelta personale, il vescovo più progressista degli Stati Uniti, l’arcivescovo Blaise Cupich di Chicago, a membro del prossimo Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Per dirne solo una, Blaise Cupich ha rifiutato di negare la comunione ai politici che promuovono l’aborto.
Tutti questi segni di un rafforzamento cumulativo degli elementi progressisti in seno alla Chiesa cattolica – dopo di tutto, nessuno di loro è stato finora richiamato da Roma per le loro dichiarazioni tendenzialmente eterodosse – avvengono in un momento in cui le forze anticristiane in tutto il mondo stanno guadagnando slancio, e col diventare più forti diventano anche molto più audaci, come dimostra l’incidente con il vescovo svizzero Huonder. L’insegnamento di Gesù Cristo è sempre più isolato, messo in un angolo e abbastanza grossolanamente minacciato e represso. Possano i fedeli cattolici, sacerdoti e laici, trovare ora il coraggio di alzarsi in piedi per Lui – e quindi combattere con intelligenza e perseveranza contro questo attacco concentrico, in modo da riprendere in mano l’iniziativa – prima che sia troppo tardi. (di Maike Hickson)
Article printed from CR – Agenzia di informazione settimanale: http://www.corrispondenzaromana.it
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SE AL SINODO, INVECE DI VOLER BENEDIRE L'ADULTERIO, SI OCCUPASSERO DEL PERCHÉ TANTE COPPIE CATTOLICHE SI SEPARANO. A PARTIRE DA UN MOTIVO TERRA TERRA
Delle numerose coppie cattoliche che a Washington sono passate per l’ufficio di padre T.G. Morrow, consulente familiare, due lo hanno colpito particolarmente. Si trattava di coppie modello da diversi punti di vista: erano aperte alla vita, educavano i figli alla fede e ricevevano frequentemente i sacramenti. Però entrambi i matrimoni si sono sgretolati. La colpa? Molto semplice: la rabbia.
«La rabbia è un veleno» dice padre Morrow, teologo morale e autore diOvercoming sinful anger (Superare la rabbia peccaminosa, Sophia Press, 2014). «Se marito e moglie si arrabbiano con frequenza, questo distrugge la loro relazione. La rende tanto dolorosa che alla fine desiderano terminarla».
Quella di arrabbiarsi è una esperienza universale. È una naturale, incontrollabile risposta al comportamento altrui. A volte arrabbiarsi è giusto, ricorda padre Morrow, san Tommaso d'Aquino diceva che se l’ira si unisce alla ragione è degna di lode, però la maggior parte delle volte l’ira scivola verso il peccato, è motivata dalla volontà di rivalsa. E l’ira come peccato ha effetti devastanti sui rapporti.
«È molto importante che la gente capisca che l’arrabbiarsi in famiglia è una questione molto seria, soprattutto quando certe “esplosioni” feriscono l’altro» continua padre Morrow. Essa è così deleteria che molti esperti di matrimonio consigliano alle coppie di avere almeno cinque interazioni positive per una negativa.«La rabbia, quando esce allo scoperto malamente, è appunto un veleno e gli sposi devono essere particolarmente attenti e lavorare su questo aspetto».
Poiché il sentimento dell'ira è naturale e impossibile da evitare, padre Morrow sottolinea l’importanza di saperlo manifestare in un modo efficace e positivo. Il primo passo è: capire se vale la pena arrabbiarsi.
«La gente si arrabbia per cose piccole, insignificanti. Bisogna chiedersi: vale la pena? Se non è così, bisogna lasciar perdere, semplicemente dimenticarsene».
Se l’irritazione è giustificata e il confronto può portare qualcosa di positivo per l'altro, bisogna usare umorismo e diplomazia. Se il confronto non porta un bene per l’altro, allora, consiglia il sacerdote, può essere una buon idea offrire il fastidio al Signore come sacrificio per i propri peccati e i peccati del mondo.
«La rabbia non se ne va automaticamente con la prima buona intenzione» dice, «bisogna continuare a offrirla a Dio come sacrificio».
Questa atteggiamento non vuol dire diventare degli zerbini, incapaci di esprimere all’altro la propria insoddisfazione per le sue azioni.
Padre Morrow fa l'esempio di santa Monica, la madre di sant'Agostino. Molti degli uomini di Tagaste a quell'epoca avevano temperamenti violenti e il marito di santa Monica non faceva eccezione. Quando tornava a casa e le urlava contro, lei rimaneva calma. Fatta sbollire la rabbia del marito, gli si avvicinava e con tranquillità lo affrontava, dicendogli cosa ne pensava del suo comportamento e delle sue lamentele.
.
«Era quanto di più lontano ci fosse da uno “zerbino”» commenta padre Morrow, «aveva un obiettivo chiaro, voleva diventare santa e convertire suo figlio. Perseguì i suoi fini con ardore e come risultato converti sia Agostino che il suo violento marito».
«La rabbia è un veleno» dice padre Morrow, teologo morale e autore diOvercoming sinful anger (Superare la rabbia peccaminosa, Sophia Press, 2014). «Se marito e moglie si arrabbiano con frequenza, questo distrugge la loro relazione. La rende tanto dolorosa che alla fine desiderano terminarla».
Quella di arrabbiarsi è una esperienza universale. È una naturale, incontrollabile risposta al comportamento altrui. A volte arrabbiarsi è giusto, ricorda padre Morrow, san Tommaso d'Aquino diceva che se l’ira si unisce alla ragione è degna di lode, però la maggior parte delle volte l’ira scivola verso il peccato, è motivata dalla volontà di rivalsa. E l’ira come peccato ha effetti devastanti sui rapporti.
«È molto importante che la gente capisca che l’arrabbiarsi in famiglia è una questione molto seria, soprattutto quando certe “esplosioni” feriscono l’altro» continua padre Morrow. Essa è così deleteria che molti esperti di matrimonio consigliano alle coppie di avere almeno cinque interazioni positive per una negativa.«La rabbia, quando esce allo scoperto malamente, è appunto un veleno e gli sposi devono essere particolarmente attenti e lavorare su questo aspetto».
Poiché il sentimento dell'ira è naturale e impossibile da evitare, padre Morrow sottolinea l’importanza di saperlo manifestare in un modo efficace e positivo. Il primo passo è: capire se vale la pena arrabbiarsi.
«La gente si arrabbia per cose piccole, insignificanti. Bisogna chiedersi: vale la pena? Se non è così, bisogna lasciar perdere, semplicemente dimenticarsene».
Se l’irritazione è giustificata e il confronto può portare qualcosa di positivo per l'altro, bisogna usare umorismo e diplomazia. Se il confronto non porta un bene per l’altro, allora, consiglia il sacerdote, può essere una buon idea offrire il fastidio al Signore come sacrificio per i propri peccati e i peccati del mondo.
«La rabbia non se ne va automaticamente con la prima buona intenzione» dice, «bisogna continuare a offrirla a Dio come sacrificio».
Questa atteggiamento non vuol dire diventare degli zerbini, incapaci di esprimere all’altro la propria insoddisfazione per le sue azioni.
Padre Morrow fa l'esempio di santa Monica, la madre di sant'Agostino. Molti degli uomini di Tagaste a quell'epoca avevano temperamenti violenti e il marito di santa Monica non faceva eccezione. Quando tornava a casa e le urlava contro, lei rimaneva calma. Fatta sbollire la rabbia del marito, gli si avvicinava e con tranquillità lo affrontava, dicendogli cosa ne pensava del suo comportamento e delle sue lamentele.
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«Era quanto di più lontano ci fosse da uno “zerbino”» commenta padre Morrow, «aveva un obiettivo chiaro, voleva diventare santa e convertire suo figlio. Perseguì i suoi fini con ardore e come risultato converti sia Agostino che il suo violento marito».
IL SITO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA: LE UNIONI GAY STABILI HANNO UN VALORE SACRAMENTALE
Lo scorso 25 agosto il sito ufficiale della Conferenza episcopale tedesca,Katholisch.de, ha pubblicato un'intervista al teologo morale Stephan Goertz sul suo nuovo libro Chi sono io per giudicare? L'omosessualità e la Chiesa cattolica (titolo originaleWer bin ich, ihn zu verurteilen? Homosexualität und katholische Kirche).
Nell'intervista Goertz afferma che l'omosessualità non dovrebbe più essere condannata dalla Chiesa perché i tempi sono cambiati. Ai tempi della Bibbia «la procreazione era il primo fine, dato da Dio, della sessualità», «la sessualità aveva come primo scopo assicurare la sopravvivenza della popolazione», tuttavia «questa non è più la situazione di oggi e dal Concilio Vaticano II non è nemmeno più il nostro insegnamento sulla sessualità».
Per il teologo le unioni omosessuali dovrebbero essere quindi rispettate «e non discriminate o criminalizzate». Guardando al prossimo Sinodo sulla famiglia, spera che «le vecchie condanne degli atti omosessuali siano lasciate cadere».
Le relazioni omosessuali insomma dovrebbero essere accettate in toto. E conclude Goertz:
«Ci si può chiedere se una relazione d'amore omosessuale, fedele, che si concepisce nel quadro della fede nel Dio di Israele e di Gesù, non possa persino avere un carattere sacramentale». E sulla possibiità che queste relazioni possano essere benedette in Chiesa: «Anche se non mi aspetto che se ne parli al Sinodo, teologicamente non vedo alcun problema».
Il commentatore cattolico Mathias von Gersdorff ha risposto immediatamente sul suo sito, facendo notare come l’intervista non sia stata accompagnata da nessuna critica o presa di distanza da parte della Conferenza episcopale tedesca. E ha aggiunto:
«Se pure il chiaro insegnamento della Chiesa riguardante i sacramenti è messo in discussione, allora viene chiedersi se questi teologi non farebbero meglio a iniziare una nuova religione. Almeno costoro dovrebbero dire ai fedeli, chiaramente e senza ambiguità, che stanno lavorando per un cambiamento radicale della dottrina cattolica, in punti essenziali».
«Se pure il chiaro insegnamento della Chiesa riguardante i sacramenti è messo in discussione, allora viene chiedersi se questi teologi non farebbero meglio a iniziare una nuova religione. Almeno costoro dovrebbero dire ai fedeli, chiaramente e senza ambiguità, che stanno lavorando per un cambiamento radicale della dottrina cattolica, in punti essenziali».
Mentre
il Vescovo Vitus Huonder, della Diocesi di Chur, è ancora al centro di
una bufera mediatica solo per aver ribadito l’insegnamento tradizionale
della Chiesa Cattolica circa la pratica omosessuale, ora nel mirino è
finita la Conferenza episcopale elvetica, che purtroppo non sembra però
darsene troppo pensiero, tutt’altro. Eppure l’ha fatta grossa, affidando
per la seconda volta al dott. Arnd Bünker, direttore dell’Istituto per
la Sociologia della Pastorale con sede a San Gallo, la redazione del
proprio rapporto in vista del Sinodo ordinario sulla Famiglia.
A far problema, come denunciato in un ampio servizio dedicato al tema dall’agenzia LifeSiteNews, è il fatto che il dott. Bünker sia da molti anni un attivo promotore dell’agenda Lgbt e gender, tanto in patria quanto nei Paesi poveri tramite l’organismo affidatogli, come rilevato dall’agenzia Kath.net.
Ovviamente la relazione da lui messa a punto per il Sinodo, ancora una volta, si è rivelata benzina sul fuoco: vi si chiede in modo esplicito ed anzi insistente che la Chiesa la smetta di escludere i divorziati risposati dai Sacramenti, nonché di accettare una buona volta le “nozze” tra gay o lesbiche! Incredibile… Ma non una novità: già in una precedente intervista rilasciata all’agenzia Kath.ch il dott. Bünker aveva lamentato come su questo punto la Dottrina cattolica sia, a suo giudizio, «in ritardo» così da non aver dato «ancora alcuna risposta alle mutate condizioni sociali».
Né la Conferenza episcopale svizzera ha evidentemente tratto alcuna lezione dal ciclone di critiche che la sommerse lo scorso anno, quando già chiese allo stesso dott. Bünker il rapporto per il precedente Sinodo, quello straordinario, finito nel mirino di alcuni Vescovi e della stampa: la rivista elvetica Die Weltwoche criticò pesantemente il testo e la scelta del suo autore, perché apertamente in linea con le lobby omosessuali, così da collaborare attivamente alla stesura di un «progetto per una messa parrocchiale queer, assieme ad un gruppo di lavoro di teologi gay», nel tentativo di mettere a punto una vera e propria «liturgia omosessuale». All’indomani della pubblicazione di tale articolo, il presidente della Conferenza episcopale svizzera, mons. Markus Büchel, non trovò di meglio da fare che esprimere pieno sostegno e totale fiducia nel lavoro del suo esperto, nella sua professionalità e nella sua lealtà personale. Al punto da affidargli anche la relazione di quest’anno per il nuovo Sinodo. Scatenando così – come da copione – un nuovo polverone, il che è il meno. Ma, ciò che è più grave, contrapponendosi e contestando apertamente la Dottrina cattolica su punti tanto delicati.
http://www.nocristianofobia.org/e-di-un-attivista-lgbt-il-rapporto-della-chiesa-svizzera-al-sinodo/
A far problema, come denunciato in un ampio servizio dedicato al tema dall’agenzia LifeSiteNews, è il fatto che il dott. Bünker sia da molti anni un attivo promotore dell’agenda Lgbt e gender, tanto in patria quanto nei Paesi poveri tramite l’organismo affidatogli, come rilevato dall’agenzia Kath.net.
Ovviamente la relazione da lui messa a punto per il Sinodo, ancora una volta, si è rivelata benzina sul fuoco: vi si chiede in modo esplicito ed anzi insistente che la Chiesa la smetta di escludere i divorziati risposati dai Sacramenti, nonché di accettare una buona volta le “nozze” tra gay o lesbiche! Incredibile… Ma non una novità: già in una precedente intervista rilasciata all’agenzia Kath.ch il dott. Bünker aveva lamentato come su questo punto la Dottrina cattolica sia, a suo giudizio, «in ritardo» così da non aver dato «ancora alcuna risposta alle mutate condizioni sociali».
Né la Conferenza episcopale svizzera ha evidentemente tratto alcuna lezione dal ciclone di critiche che la sommerse lo scorso anno, quando già chiese allo stesso dott. Bünker il rapporto per il precedente Sinodo, quello straordinario, finito nel mirino di alcuni Vescovi e della stampa: la rivista elvetica Die Weltwoche criticò pesantemente il testo e la scelta del suo autore, perché apertamente in linea con le lobby omosessuali, così da collaborare attivamente alla stesura di un «progetto per una messa parrocchiale queer, assieme ad un gruppo di lavoro di teologi gay», nel tentativo di mettere a punto una vera e propria «liturgia omosessuale». All’indomani della pubblicazione di tale articolo, il presidente della Conferenza episcopale svizzera, mons. Markus Büchel, non trovò di meglio da fare che esprimere pieno sostegno e totale fiducia nel lavoro del suo esperto, nella sua professionalità e nella sua lealtà personale. Al punto da affidargli anche la relazione di quest’anno per il nuovo Sinodo. Scatenando così – come da copione – un nuovo polverone, il che è il meno. Ma, ciò che è più grave, contrapponendosi e contestando apertamente la Dottrina cattolica su punti tanto delicati.
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