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sabato 1 agosto 2015

Sturmtruppen: attack!


Sì a contraccezione e libertà nei rapporti sessuali Ecco chi al Sinodo prepara l'assalto alla dottrina

Se queste sono le premesse c’è poco da stare allegri. Sul Sinodo sulla famiglia di ottobre pesano come macigni due documenti. Il primo è un volume “Famiglia e Chiesa che raccoglie i risultati di un seminario di studio organizzato dal Pontificio consiglio per la famiglia, cui hanno preso parte numerosi esperti e teologi provenienti da tutto il mondo. Vi si leggono interventi di teologi che chiedono di “liberare la teologia morale dalla legge naturale” e auspicano il “superamento dell’eccessiva severità” sulla contraccezione. L’altro documento, è la raccolta degli interventi al “Sinodo ombra” tenutosi due mesi fa alla Gregoriana e oggi pubblicata sul sito della Conferenza episcopale tedesca

Edito dalla Libreria vaticana, “Famiglia e Chiesa” , è un volume di 554 pagine che raccoglie i risultati di un seminario di studio organizzato dal Pontificio consiglio per la famiglia, l’organismo vaticano guidato da mons. Vincenzo Paglia, cui hanno preso parte numerosi esperti e teologi provenienti da tutto il mondo. E testimonia quanto il dibattito vada molto al di là dell’effettivo campo d’azione su cui sarà chiamato a deliberare il Sinodo di ottobre.
«Lasciamo ai coniugi la libertà di regolare le nascite»
di Matteo Matzuzzi01-08-2015
Si riapre il dibattito sulla contraccezione in vista del Sinodo
Se un anno fa aveva fatto rumore (e molto) l’uscita in libreria del volume Permanere nella Verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica, contenente la riflessione di cinque cardinali e altri studiosi, tutti contrari a sostenere le tesi esposte da Walter Kasper nel concistoro del febbraio 2014 in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia, quest’anno potrebbe essere il turno di Famiglia e Chiesa. Edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è un volume di 554 pagine che raccoglie i risultati di un seminario di studio su “alcune questioni concernenti la pastorale della famiglia” che si è svolto in tre tappe: 17 gennaio, 21 febbraio e 14 marzo. Seminario organizzato dal Pontificio consiglio per la famiglia, l’organismo vaticano guidato da mons. Vincenzo Paglia, cui hanno preso parte numerosi esperti e teologi provenienti da tutto il mondo. 
Al di là della discussione sulla possibilità di riammettere i divorziati risposati all’eucaristia una volta all’anno (a Pasqua), scorrendo gli interventi si coglie quanto il dibattito, in realtà, vada molto al di là dell’effettivo campo d’azione su cui sarà chiamato a deliberare il Sinodo prima della decisione finale del Papa. Ci sono teologi (Paul De Clerck) che hanno rimesso in pista capitoli che lo stesso Instrumentum laboris presentato a giugno ha di fatto già chiuso, come la possibilità di riconoscere nuove nozze sulla scia di quanto fa la Chiesa ortodossa, la cosiddetta “oikonomia”. Per comprendere l’orientamento del parterre, basta far presente che tra gli oratori era presente Eberhard Schockenhoff, professore di Teologia morale a Friburgo che terrorizza la necessità di «liberare la teologia morale dalla legge naturale» e di basare «la coscienza sull’esperienza di vita del fedele».
Sono state tirate nuovamente fuori le aperture che Joseph Ratzinger, quasi cinquant’anni fa, fece o sul tema dell’indissolubilità del matrimonio e il riaccostamento alla comunione per i divorziati risposati. Il rettore del Seminario maggiore di Padova, nonché docente di morale familiare e pastorale della famiglia alla Facoltà teologica del Triveneto, Gianpaolo Dianin, ne ha fatto esplicito riferimento, quasi a sottintendere la benedizione del Papa emerito alla linea dei novatori. Nulla però è stato detto circa il “ravvedimento” di Ratzinger, già chiaro nei primi anni Novanta, quando da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede bocciò la richiesta di tre vescovi tedeschi (Kasper, Lehmann e Saier) di permettere ai divorziati risposati di comunicarsi. Ravvedimento reso ancor più esplicito dalla decisione del Pontefice emerito di riscrivere da capo – e in senso opposto – nella sua opera omnia la frase “incriminata” cui si è appellato Dianin. Decisione risalente a un paio di anni fa.
Ma è ben altro il piano su cui è scivolata la discussione: la questione della sessualità e – in ultima istanza – della contraccezione. Convitato di pietra al Sinodo (tutti i padri, in due anni di appassionato confronto, hanno fatto a gara per dire che non era questo “il problema”), se ne parla eccome nelle riunioni a porte chiuse tra teologi, come dimostra (da ultimo) l’evento ospitato a maggio all’Università Gregoriana (vedi l’altro articolo di Lorenzo Bertocchi). Così, stando a quanto riporta il volume edito dalla Lev, si scopre che numerosi sono stati gli inviti a considerare «se la fondamentale apertura alla vita debba essere preservata in ogni singolo incontro sessuale» (parola di Schockenhoff), mentre il padre gesuita Gian Luigi Brena, professore di antropologia filosofica all’Aloisianum di Padova, ha auspicato il superamento della «eccessiva severità» e della «regolamentazione autoritaria» che fino a oggi la Chiesa ha manifestato nei confronti della sessualità. 
Ancora più esplicito in tal senso è stato il francescano Edoardo Scognamiglio, che ha gettato sul tavolo un argomento rimasto finora tabù: «I metodi naturali non vanno assolutizzati». Bisogna «vagliarli criticamente dal punto di vista scientifico». In ogni caso, ha aggiunto padre Scognamiglio, «non possiamo e non dobbiamo sostituirci alle coscienze dei fedeli in ogni ambito, soprattutto in quello della morale sessuale e familiare». A corroborare tale posizione ci ha pensato il professor Paolo Moneta, ordinario di diritto canonico a Pisa, a giudizio del quale «sono irrilevanti i mezzi con cui i coniugi intendono regolare le nascite». 

Si chiama “teologia dell’amore” ed è, in sostanza, un relativizzazione delle dottrina e della  morale cattolica su matrimonio, rapporti sessuali e contraccezione. L’hanno proposta alcuni teologi durante il “Sinodo ombra” di alcuni mesi fa convocato nei locali della Gregoriana, la conferenza episcopale tedesca ha pubblicato sul proprio sito istituzionale
La nuova “teologia dell’amore lanciata al Sinodo ombra
di Lorenzo Bertocchi01-08-2015
Cardinali e vescovi al Sinodo
Lo scorso 17 luglio, a circa due mesi dal Sinodo ombra convocato nei locali della Gregoriana, la conferenza episcopale tedesca ha pubblicato sul proprio sito istituzionale un dossier (clicca qui) che raccoglie i principali interventi di quella giornata. Tutti meno uno, quello conclusivo tenuto dal cardinale Reinhard Marx. Non sappiamo quindi cosa possa avere detto il presidente dei vescovi tedeschi, ma il tono degli altri contributi è orientato verso l'innovazione in materia di matrimonio e famiglia per stare al passo con i tempi. Ma anche questa non è una novità, visto cosa era trapelato dall'incontro “segreto” convocato a Roma dal mondo ecclesiale tedesco, svizzero e francese. L'unico giornalista italiano presente fu Marco Ansaldo di Repubblica, il quale riportò alcuni virgolettati molto chiari sul clima innovativo respirato ai lavori di quella giornata. 
Tra gli interventi spicca quello del Rev. Prof. Eberhard Schockenhof, teologo morale tedesco che insegna a Friburgo, già assistente del cardinale Kasper in quel di Tubinga, e punto di riferimento dei vescovi tedeschi nell'approccio ai temi sinodali. É particolarmente interessante perché, a partire dal titolo, si dimostra attento a una nuova forma di teologia che, in modo accattivante, egli chiama teologia dell'amore. Certamente la sua è una teologia per far bene all'amore, visto che in una intervista concessa sul web ha detto che «la Chiesa dovrebbe dare fiducia alla esperienza di vita dei propri fedeli che stanno realizzando nel modo giusto la loro vita sessuale. Ovunque ci sia fedeltà, affidabilità, assunzione di responsabilità per l'altro e l'esserci per l'altra persona nella buona e nella cattiva sorte tutto questo è moralmente importante, indipendentemente dagli atti sessuali compiuti». 
Sulle ali di questa teologia dell'amore si è espresso anche il teologo belga Alain Thommasset SJ, il quale ha notato che «l'interpretazione degli atti detti intrinsecamente cattivi» oggi è poco compresa da «molti», in quanto «trascura la dimensione biografica dell’esistenza e le condizioni specifiche di ogni percorso personale». Sul «piano soggettivo», secondo Thommasset, questa dottrina necessita di discernimento in nome di circostanze attenuanti che possono ridurre la responsabilità soggettiva. «Un disordine oggettivo, dunque, non comporta necessariamente una colpevolezza oggettiva». E da questa prospettiva parte all'attacco dell'enciclica Humanae Vitae del beato Paolo VI. «Del resto», ricorda il gesuita, «le note episcopali di nove episcopati (tra cui quella degli episcopati francese, tedesco e svizzero del 1968), sulla scia dell’Humanae Vitae, si muovono in questa direzione quando, in caso di conflitto, richiamano il giudizio della coscienza e la paternità responsabile riprendendo l’argomentazione del Concilio. Non si deve dunque restituire alla coscienza delle persone tutto il suo ruolo?» 
Il riferimento di Thommasset è alla costituzione pastorale Gaudium et Spes, anche se la stessa costituzione conciliare al n°50 indica che «nella loro linea di condotta i coniugi cristiani non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che si deve conformare alla Legge divina stessa». Ma quello che si respira in molti interventi risuonati nei locali della Gregoriana lo scorso maggio è proprio un clima di asfissia nei confronti della legge naturale. Perché, dice il gesuita francese, «le norme morali vanno sempre comprese all’interno di un processo storico che implica l’esperienza dei credenti». La pastoralità della dottrina in accordo al Vaticano II, conclude Thommasset, deve essere intesa come un processo in evoluzione: una «riflessione normativa va pensata come un processo storico in costante movimento». Adieu agli atti intrinsecamente cattivi. E allora, «anche per le persone omosessuali che vivono in una coppia stabile e fedele si potrebbe affermare un’identica attenuazione della malizia obiettiva degli atti sessuali e la responsabilità morale soggettiva potrebbe essere diminuita o eliminata. Ciò risulterebbe coerente con l’affermazione (e la testimonianza di molti cattolici) che una relazione omosessuale vissuta nella stabilità e nella fedeltà può essere un percorso di salvezza».
Non sappiamo se il cardinale Marx abbia commentato queste proposte durante l'incontro alla Gregoriana, tuttavia nell'ottobre 2014 ha dichiarato che «la prassi sessuale (delle coppie gay, nda) non può essere accettata. Ma non tutto nella loro vita è da condannare: se per 35 anni sono rimasti fedeli l'uno all'altro, se l'uno cura l'altro fino alla fine della vita, come Chiesa cosa debbo dire? Che non ha nessun valore?». Eppure San Giovanni Paolo II aveva speso un'intera enciclica, la Veritatis Splendor, per ricordare che vi sono atti denominati “intrinsice malum”, che lo sono sempre, di per sé, per il loro stesso oggetto, indipendentemente da ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze. Ma per la nova teologia dell'amore tutto evolve e sembra proprio ora di girare pagina.

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