La Moretti: “Sul matrimonio il Papa ricalca il PD”. Dai cattolici insulti e sfottò
Per l'ex candidata governatrice del Veneto le nuove norme sui matrimoni decise dalla Chiesa "ricalcano la legge sul divorzio breve" di cui era relatrice. C'è chi, ironizzando, propone di nominarla Dottore della Chiesa o vescovo.
L’eurodeputata del Pd Alessandra Moretti sostiene su Facebook che la riforma delle procedure per dichiarare la nullità del matrimonio cattolico decisa dal Papa “ricalca” la riforma del divorzio breve promossa dal Partito Democratico, con lei in veste di relatrice. Immediatamente la sua posizione scatena l’ilarità, l’indignazione e le polemiche da parte di numerosi cattolici e lei, compresa la gaffe, prova a metterci una improbabile pezza.
“Ieri Papa Francesco ha annunciato l'abbattimento di tempi e costi per l'annullamento del matrimonio. – spiega la Moretti sul popolare social network- Una riforma epocale che ricalca la Legge sul Divorzio Breve che mi ha vista come relatrice alla Camera e che è stata approvata al Senato lo scorso marzo. Risulta fondamentale la comune visione di Stato e Chiesa su questo tema per non aggiungere pesi ulteriori a quelle famiglie che stanno vivendo un periodo di sofferenza a causa del quale, molto spesso, a farne le spese sono i figli.”
Innanzitutto, molti notano uno svarione giuridico della Moretti, che pure è un avvocato. Infatti per il diritto canonico non esiste l’annullamento del matrimonio, ma le nozze possono “solo” essere dichiarate nulle, cioè mai avvenute. In ogni caso la dichiarazione di nullità del matrimonio è un istituto giuridico che nulla a che vedere con il divorzio civile, come fanno notare in molti. “Accostare quella "roba" che si chiama Divorzio breve con il Motu Proprio del Pontefice è confondere la lana con la seta, sul piano giuridico, delle finalità che lo animano, dell'idea di famiglia che gli fa da sfondo e presupposto. – attacca Marco Agostini – Basterebbe aver letto 3 righe di ciò che cita, per rendersi conto che davvero certe cose è meglio non scriverle.Ci fa una brutta figura.” Per Giovanni Reginato la Moretti “ragiona come se il mondo dovesse essere il metro dell'agire ecclesiale, anziché la Chiesa Universale essere il riferimento morale per il mondo. "Cattolici" in salsa PD.” Dura anche Connie Rollo: “Ecco questo è l'esempio che ovviamente c'è gente che interpreta a proprio piacimento ciò che il Papa dice… e come al solito nn si è capito nulla.”
Molti la buttano sullo sfottò. “La Moretti che si sente musa intellettuale del Papa. – se la ride Gennaro Rossi – Della Chiesa. Del Diritto Canonico. Come Agostino. Come Girolamo. Come Tommaso. Come Graziano. La Moretti. Un sogno per lei, un incubo per un miliardo e rotto di fedeli.” Pier Luigi Gabriele si chiede se “adesso abbiamo pure le donne vescovo nella chiesa cattolica” . Ci sono utenti che si chiedono quale Moretti ispira papa Francesco, e c’è chi risponde “Nanni, quello di D’Alema dì qualcosa di sinistra” e chi propende “per quello dell’omonima birra”. C’è chi si domanda, se la Moretti dirà che le ha “telefonato il Papa per chiedere consigli”, mentre chi propone di innalzarla al rango di Dottore della Chiesa. Il commento più bello è quello di Mario Torta: “Anvedi, pure er papa te segue, gajarda!
Passa qualche ora e la Moretti prova ad abbozzare una veloce controreplica chiarendo che la riforma di papa Francesco e la legge sul divorzio breve “sono due cose molto diverse ma che vanno entrambe nella stessa direzione dimostrando che Stato e Chiesa sono sensibili ai cambiamenti della società.” Ormai, però, l’eurodeputata che qualche settimana fa ha accusato la sua società di comunicazione di aver sbagliato la strategia e di averle fatto perdere le elezioni in Veneto, ha già fatto la frittata.
Libere considerazioni sulla riforma del processo di annullamento del matrimonio
E’ difficilissimo capire cosa stia accadendo nella Chiesa. Il frastuono mediatico, alimentato molto spesso dalle chiacchiere in libertà di tanti ecclesiastici imprudenti e vanesi, rende tutto più difficile. Senza alcuna presunzione di aver capito qualcosa, dinnanzi alla riforma del processo per la dichiarazione di nullità dei matrimoni, vengono alla mente almeno alcune considerazioni:1) Benedetto XVI per 8 anni ha parlato di riforma della liturgia,
di riforma dei processi rotali, e di molte altre cose. Purtroppo non ha mai preso una decisione. Un papa non è chiamato a fare il teologo, pur grandissimo, ma a governare la Chiesa. Il fatto che non sia successo, ha portato al caos degli ultimi anni del suo pontificato, e al caos di oggi. Ci sono infatti momenti in cui occorrono le riforme, cioè occorre non cambiare la verità, ma renderla comprensibile e adatta al suo tempo. Se non si fanno le riforme, il rischio è che arrivino le rivoluzioni. Se non si cambia l’acqua ai pesci, arriverà qualcuno a buttare via l’acquario intero, e i pesci dentro.
2) A tal riguardo che non si potesse più andare avanti con i processi per annullamento, come si è fatto sino ad oggi, era evidente da tempo: troppo lenti, troppo legati ad un’epoca in cui chi si sposava in Chiesa sapeva cosa faceva. Oggi, come riconosciuto da tutti, la gran parte dei matrimoni celebrati in Chiesa non sono validi, perchè manca nelle persone che accedono all’altare la conoscenza e la consapevolezza di ciò che fanno. Questo anche perchè la catechesi sul matrimonio è assolutamente negletta dal clero, che non ne ha ancora capito, nella gran parte dei casi, l’importanza.
3) E’ dunque bene che papa Francesco abbia voluto fare la riforma; che il processo sia gratuito; che tanta gente non debba più aspettare decenni per sentirsi dare un responso di nullità in casi in cui, magari, era evidente sin dal principio…
4) E’ però strano che questa riforma venga fatta così in fretta e furia (il testo è imbarazzante per l’incuria e la frettolosità, e talora la vaghezza che dimostra, e che lo rende, per questo, difficilmente valutabile; facilmente interpretabile in modi anche diversissimi, tra Berlino e Siracusa).
5) E’ quantomeno anomalo assistere ad un Sinodo sulla famiglia in cui accade di tutto, e che non arriva ad una conclusione certa, e ad un pontefice che parla sempre di sinodalità e di collegialità, e che risolve in fretta e furia, coinvolgendo quasi nessuno (dato inconfutabile, sebbene si sia cercato di mascherarlo), con un atto di imperio, con un Motu proprio. Tanto più che dopo un papa accusato di essere un dittatore tedesco, che invece non ha deciso, purtroppo, pressochè nulla, lasciando il campo ai Bertone, ai Marx, ai Ravasi… stiamo assistendo ad un pontificato in cui la stragrande parte delle decisioni vengono prese con modalità discutibili e riducendo al minimo collegialità e consultazioni (si veda per esempio come è stata ridotta la Congregazione dei vescovi, che esiste solo di nome; o come tutti i ruoli classici siano sostanzialmente saltati…).
Le suddette considerazioni in libertà, che un cristiano può fare senza per questo mancare al suo dovere di ossequio e di amore verso i pontefici, non vogliono concludere nulla: se non che, a fronte della grande uniformità di giudizi su quanto accade, di provenienza esterna alla Chiesa, regna oggi nella Chiesa una confusione inaudita: vescovi contro vescovi, cardinali contro cardinali, papi contro papi… e tutto viene messo in discussione, non solo per i modi, ma nel contenuto. Ora, un po’ di confusione può essere meglio del silenzio mortifero che ha contraddistinto spesso la Chiesa in certi momenti anche recenti della sua storia; ma se la discussione è sull’abc della fede, allora significa quantomeno che la questione è molto seria… Nello stesso tempo poichè le medaglie hanno sempre due lati, un merito all’immobilismo di Benedetto XVI e al decisionismo di Francesco va ascritto: la lotta interna alla Chiesa oltre che segno di confusione, ha anche svegliato pastori che, sino a ieri, sembravano imbalsamati, incapaci di appassionarsi e discutere con vigore, di questioni vitali.
Oggi ci sono uomini di Chiesa che della fede hanno un vago ricordo; epperò ce ne sono altri che hanno abbandonato l’eccessiva prudenza, talvota la vigliaccheria, e si sono messi a sfidare, in nome del Vangelo, confratelli spalleggiati dai media, dal sentire comune… Che questo coraggio sia ciò di cui la Chiesa aveva bisogno?
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2015/09/libere-considerazioni-sulla-riforma-del-processo-di-annullamento-del-matrimonio/?utm_
Famiglia Cristiana cinguetta con la Boschi gay friendly
08-09-2015
Non so in base a quali algoritmi Twitter mi fa pervenire cinguettii che, secondo tale ditta, dovrebbero interessarmi. Ma io appartengo alla generazione dei cosiddetti analfabeti digitali, perciò dovrò chiedere a qualche ragazzino delle elementari. Vengo al fatto. Ricevo un tweet di Famiglia Cristiana che recita: «Il Ministro Maria Elena Boschi alla festa dell’Unità di Milano». Penso: se il settimanale cattolico più letto d’Italia mi suggerisce di cliccare sopra ‘sta gran notizia, caverò molto frutto dall’informazione. Clicco e vedo le foto del ministro Boschi ridente alla Festa dell’Unità (si noti che io, più correttamente, metto ministro –termine generico- in minuscolo e Festa –nome specifico- in maiuscolo). L’unica cosa “cattolica” è il taglio delle foto, accorciate in basso per non mostrare le mutande del soggetto ritratto.
Lo so perché il Giornale aveva pubblicato le stesse foto ma senza la censura, maliziosamente ricordando la famosa scena dell’accavallata di gambe nel film Basic Instinct(scena che lanciò Sharon Stone nell’empireo dello star system e lo fruttò perfino il Nastro Verde del Ministero della Cultura francese). Niente di che, dal momento che le gambe della Boschi sono alla vista di tutti quando ella va in spiaggia in Versilia o a Formentera. Ma la domanda è: perché l’autorevole Famiglia Cristiana ritiene che il suo pubblico debba essere interessato alle risate della Boschi alla Festa dell’Unità milanese? Forse perché le ha a suo tempo dedicato una copertina con intervista nella quale Maria Elena si dichiarava cattolica? O forse perché, come dice Dostojevskij, «saremo salvati dalla bellezza»? Ci sono certi cattolici, comunque, che allo scrittore russo credono poco. Forse saremo salvati dalla bellezza, ma non certo da quella bellezza lì.
É vero, la ministra bellina si chiama Elena -la donna più bella di tutti i tempi secondo ilFaust di Marlowe- ma è più probabile che il nome di battesimo provenga da uno slow popolarissimo negli anni Sessanta, suonato alla chitarra dal duo Los Indios Tabajaras. Tra parentesi, l’ultimo a illudersi che la salvezza viene dalla bellezza e a pompare quest’ultima anche nella liturgia fu Benedetto XVI, poi, visto il palese flop, si ricominciò a volare rasoterra: inutile insistere sulla bellezza se nessuno la capisce; Bertoldo, ormai assuefatto alle rape bollite, morì di mal di stomaco quando gli rifilarono un piatto gourmet.
Torniamo alla ministra bellina. É cattolica, sì, ma come tutti i toscani che il cattolico Renzi si è portato dietro (e ha fatto bene: negli Usa si chiama spoiling system e al tempo dei Papi rinascimentali si chiamava nepotismo, perché un capo ha il diritto-dovere di circondarsi di gente di sua fiducia).Infatti, la ministra per le Riforme (togliete pure il prefisso ri-, tanto è lo stesso) subito dopo Milano si è precipitata al Pride Village di Padova (indovinate di che Pride si tratta), dove ha chiarito qual è l’unica riforma per la quale il governo di cui fa parte si batterà come un mastino: «Non possiamo più permetterci differenze tra le persone sulla base di stili di vita: questo governo vuole conquistare il segno “più” anche sui di diritti civili. La legge è in dirittura d’arrivo, compresa la step child adoption».
Twittatelo a Famiglia Cristiana e, per conoscenza a papa Francesco, magari gli interessa. Val la pena di notare, di sfuggita, che il primo a introdurre una bella e giovane ministra fu Berlusconi, e la cosa finì con querele per diffamazione. Renzi, di belle e giovani ministre ne ha ben tre, però le sue sono benemerite Quote Rosa, omaggiate pure dai “catto” (perfino il direttore di «Chi» fu costretto a scusarsi per averne fotografata una intenta a leccare un gelato). Altra parentesi: immaginate che cosa sarebbe successo se sindaco di Roma fosse stato il Berlusca? Niente, tutto quanto detto conferma ancora una volta la lungimiranza di Togliatti, che mise le mani sulla cultura (cioè, propaganda) mentre i miopi democristiani si accontentavano dei ministeri-chiave.
Morale: chi ha la vista lunga prende l’una adesso, perché gli altri gli cadranno in bocca a suo tempo. Lo stesso errore, sputato, lo commise il cosiddetto ventennio berlusconiano (durato in realtà molto meno). Nelle democrazie di massa chi ha in mano la propaganda ha tutto, e può perfino permettersi di sbeffeggiare il popolo. Come il Re del famoso sonetto del Belli: «Io so’ io, e voi…». Può anche cambiare nome alla propaganda e chiamarla comunicazione; tanto, abboccheranno anche i preti (che pur l’avevano inventata due millenni fa). Ma come dice Al Pacino a Johnny Depp nel film Donnie Brasco: «che te lo dico a fare?».
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