La Cancelliera Angela Merkel a colloquio con Papa Francesco nel febbraio di quest'anno (LaPresse)
Se proteggi milioni di vittime devi avere poi il coraggio di combattere il loro nemico |
Le frontiere o sono chiuse o sono aperte. O fai del tuo paese una fortezza, oppure apri le frontiere e governi l’emergenza. Se accogli, ti metti in gioco. Se proteggi milioni di vittime di un nemico dell’umanità, devi pur sempre amandolo combattere il tuo e il loro nemico
di Giuliano Ferrara | 06 Settembre 2015 ore 06:00 Foglio
Fa un certo effetto sentire Angela Merkel che dice: “All’ospitalità tedesca per gli Asylanten non c’è limite alcuno”. Da tempo qui si riflette su tre cose importanti.
La prima è che le frontiere o sono chiuse o sono aperte. O fai del tuo paese una fortezza (padroni a casa nostra) e allora addio all’Europa della pace, del mercato unico e a tutto il resto dell’universalismo occidentale, non restano che la paura e l’auodifesa. Oppure apri le frontiere e governi l’emergenza. E per farlo non c’è altra strada che scuotere l’opinione, affermare la superiorità etica dell’asilo politico come diritto al rifugio e alla cura di chi è parte di un tragico esodo. Nel 2017 la Riforma protestante compirà cinquecento anni: la figlia del pastore luterano e il Papa di Lampedusa si stanno mettendo alla guida di una nuova Europa di antica radice cristiana, come volevano Wojtyla e Ratzinger.
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Devi però essere intimamente persuaso, la seconda questione, del fatto che accogliere e governare il dramma dei profughi non è una rinuncia multiculturale alla tua identità, ne è invece la massima riaffermazione storica. I siriani in marcia ai bordi della ferrovia sono il tuo prossimo, ma tu sei il buon Samaritano. Duemila anni dopo la parabola, è una responsabilità. Non basta la conversione. Gli stati e anche le unioni di stati, le nazioni moderne o principati nuovi non si governano con i paternoster. Devi sapere che i rifugiati vengono qui perché questa è la società in cui si può ottenere il vantaggio della pace e di una relativa prosperità, dell’istruzione e del rispetto della persona, uomo o donna, un rispetto fondato sulle libertà politiche e civili, su procedure e tradizioni antiche, su un’economia aperta, sulla laicità e sulla presenza della cultura cristiana nello spazio pubblico. Quando tendi la mano a milioni di persone in fuga dal fanatismo, il tuo gesto implica la sconfitta del fanatismo, quello non è accoglibile, con quello non puoi convivere. Mi aspetto che il Papa di Lampedusa e la Cancelliera figlia di pastore luterano abbiano la forza e l’integrità di rispettare le culture altre a partire dalla propria. Altrimenti sarà solo una resa.
Il terzo punto è infatti quello di fermare le guerre e i movimenti dell’islam politico che pretendono di trasformare il mondo in una umma o comunità maomettana. Se accogli, ti metti in gioco. Se proteggi milioni di vittime di un nemico dell’umanità, devi pur sempre amandolo combattere il tuo e il loro nemico. L’apertura delle frontiere europee sarebbe una tragica farsa senza una strategia per far mettere radici a pace e libertà dove queste sono conculcate. Con lo stesso vigore usato nel dire la verità del diritto d’asilo, i governi europei e quello americano dovrebbero affermare il diritto di intervento per strappare gli artigli alla bestia del disordine fanatico, della persecuzione etnica e religiosa, della distruzione delle memorie archeologiche che sono patrimonio dell’umanità, come direbbe l’Unesco. Forse adesso, e proprio adesso che l’autodifesa arcigna ha ceduto il passo a un governo attivo dell’esodo, bisognerebbe rileggersi i testi in base ai quali l’ultima classe dirigente occidentale che si sia messa all’offensiva dopo l’11 settembre del 2001 tentò una strategia di chiarezza morale, di riscrittura della mappa del Medio Oriente. L’universalismo delle libertà e la protezione della persona non possono fermarsi all’accoglienza umanitaria.
Profughi siriani in Germania, la realtà nascosta
È certamente una bella cosa vedere tanta gente, tanti volontari mobilitati in Germania e Austria per accogliere nel modo migliore i profughi siriani che erano stati per giorni bloccati in Ungheria. Ma devo ammettere che inni di Beethoven, applausi, cortei di auto per andarsi a prendere i profughi, commenti sul ritrovato spirito dell’Europa che vince contro i rigurgiti nazionalisti e xenofobi, mi lasciano anche qualche perplessità, soprattutto perché vengono accompagnati da una narrazione degli eventi che non corrisponde esattamente alla realtà. Ovvero: le buone Austria e soprattutto Germania hanno aperto le porte e i cuori a dei disperati maltrattati dalla cattiva Ungheria, e più in generale dai paesi dell’Est. E giù lodi sperticate ad Angela Merkel e al suo spirito umanitario capace di far cambiare strada alla politica europea, e giù altrettanti insulti e condanne per il presidente ungherese Viktor Orban.
Troppe cose stonano in tutto questo. Partiamo dall’Ungheria: il caos creatosi a Budapest, con blocco della stazione ferroviaria, contrariamente a quanto si è voluto raccontare non dipende dalla cattiva volontà del governo ungherese che, con Italia e Grecia, condivide l’onere di identificare gli immigrati in arrivo e valutarne la posizione. Peraltro nei primi 7 mesi del 2015 l’Ungheria ha accolto oltre 100mila immigrati, che su una popolazione globale di 10 milioni di persone, significa una percentuale molto più alta della maggior parte dei paesi europei che pure si sentono oggi in diritto di censurare Budapest.
Il caos dei giorni scorsi inoltre era provocato dalla combinazione tra la volontà dei migranti e il rispetto della Convenzione di Dublino che obbliga i paesi di prima accoglienza a esaminare le domande d’asilo. I profughi siriani infatti avevano ben chiaro che volevano andare in Germania e per questo rifiutavano di essere portati nei centri raccolta ungheresi per essere identificati. Essi sapevano infatti che questo sarebbe equivalso, nella migliore delle ipotesi, a restare in Ungheria. Chiedevano perciò di poter proseguire per la Germania senza essere identificati. Ma in base agli accordi europei il governo ungherese non poteva concederlo. E infatti solo la decisione di Germania e Austria di derogare alle regole europee ha sbloccato la situazione con l’apertura delle frontiere. I profughi l’hanno dunque avuta vinta e questo è senz’altro positivo per loro, ma anche per costringere la UE a rivedere questa assurda disposizione della Convenzione di Dublino.
Eppure anche riguardo ai profughi c’è qualcosa che non quadra completamente con la descrizione della “massa di disperati” che bussa alle nostre porte di ricchi insensibili. Guai a sottovalutare il dramma dei tanti siriani costretti a fuggire dalle proprie case a causa della guerra, e non si metta in discussione il diritto di desiderare un paese piuttosto che un altro. Ma l’assoluta determinazione nella pretesa di infrangere le regole europee fino ad averla vinta, fa nascere qualche domanda. Né si può tacere dello sconcerto che creano quelle immagini del treno di profughi bloccato in una stazione alle porte di Budapest, a cui polizia e volontari cercano di distribuire acqua e cibo. Invano, perché quelli li rifiutano e anche li buttano via. Si potrà anche dire che è una mossa estrema per forzare la via verso la Germania, ma resta il fatto che tali scene poco si conciliano con l’immagine di una folla di disperati bisognosi di tutto.
Il caos dei giorni scorsi inoltre era provocato dalla combinazione tra la volontà dei migranti e il rispetto della Convenzione di Dublino che obbliga i paesi di prima accoglienza a esaminare le domande d’asilo. I profughi siriani infatti avevano ben chiaro che volevano andare in Germania e per questo rifiutavano di essere portati nei centri raccolta ungheresi per essere identificati. Essi sapevano infatti che questo sarebbe equivalso, nella migliore delle ipotesi, a restare in Ungheria. Chiedevano perciò di poter proseguire per la Germania senza essere identificati. Ma in base agli accordi europei il governo ungherese non poteva concederlo. E infatti solo la decisione di Germania e Austria di derogare alle regole europee ha sbloccato la situazione con l’apertura delle frontiere. I profughi l’hanno dunque avuta vinta e questo è senz’altro positivo per loro, ma anche per costringere la UE a rivedere questa assurda disposizione della Convenzione di Dublino.
Eppure anche riguardo ai profughi c’è qualcosa che non quadra completamente con la descrizione della “massa di disperati” che bussa alle nostre porte di ricchi insensibili. Guai a sottovalutare il dramma dei tanti siriani costretti a fuggire dalle proprie case a causa della guerra, e non si metta in discussione il diritto di desiderare un paese piuttosto che un altro. Ma l’assoluta determinazione nella pretesa di infrangere le regole europee fino ad averla vinta, fa nascere qualche domanda. Né si può tacere dello sconcerto che creano quelle immagini del treno di profughi bloccato in una stazione alle porte di Budapest, a cui polizia e volontari cercano di distribuire acqua e cibo. Invano, perché quelli li rifiutano e anche li buttano via. Si potrà anche dire che è una mossa estrema per forzare la via verso la Germania, ma resta il fatto che tali scene poco si conciliano con l’immagine di una folla di disperati bisognosi di tutto.
Infine la Germania, la “terra promessa”. Anche qui il mistero della comunicazione: come è possibile che nel giro di pochi giorni nella descrizione dei media il cancelliere tedesco passi da “vecchia strega” senza cuore, principale responsabile della crisi greca, capace perfino di far piangere una povera bambina immigrata, all’angelo Merkel, la protettrice di tutti gli immigrati, “madre Merkel” e via dicendo? È evidente che grazie ai media l’opinione pubblica è dominata dalle emozioni del momento.
Nella fattispecie, la Merkel ha sicuramente dato prova di intelligenza politicaassumendosi la responsabilità di derogare per motivi umanitari alle regole UE, ma ci si illude se si pensa che questo preluda a un radicale cambiamento di atteggiamento. Austria e Germania hanno già fatto sapere che la deroga alla Convenzione di Dublino è temporanea, il tempo di superare la crisi del fine settimana e si torna al vecchio regime, e anzi da Berlino è arrivato un forte richiamo a Italia, Grecia e Ungheria per velocizzare l’esame delle domande di asilo. Inoltre la Germania ha sì aperto le porte ai profughi siriani senza limite, ma nello stesso tempo ha sospeso l’esame delle domande di 75mila richiedenti asilo provenienti dai Balcani. Una sorta di scambio dunque. A cui vanno aggiunti altri calcoli del governo tedesco che però sarebbe ora lungo analizzare.
Resta il fatto che dietro le emozioni suscitate dalle immagini di questi giorni si nascondono considerazioni e problemi che nessuno sembra abbia voglia di affrontare direttamente. La più importante riguarda l’origine di questa ondata migratoria, ovvero la guerra in Siria e Iraq. È un po’ ipocrita commuoversi per i profughi dopo aver fatto nulla per fermare quella guerra, anzi dandogli un contributo decisivo. Ed è ipocrita ergersi a giudici morali se non ci si interroga seriamente su come farla finire. Anche perché i veri “disperati” sono quelli che sono ancora lì, che non hanno né soldi né mezzi per scappare, e che vivono ogni giorno sotto l’incubo delle bombe e delle bande di tagliagole. Mentre aiutiamo quanti sono riusciti a raggiungere l’Europa, pensiamo in fretta a come far cessare l’inferno per i loro connazionali meno fortunati.
07-09-2015
I valori e le canaglie
Un siriano in fuga si fa scappare la verità che nessuno vuole ammettere: la guerra si ferma con la guerra
di Giuliano Ferrara | 04 Settembre 2015
Damasco dopo un raid aereo (foto LaPresse)
Il tredicenne siriano Kinan Masalmeh, con il suo volto serio, il suo eloquio equilibrato e realista, i suoi occhi intelligenti, ha detto in poche parole quello che qui si ripete da mesi inascoltati: passiamo dai valori ai fatti, “fermate la guerra in Siria e noi non verremo più in Europa”. Kinan non ha letto l’Economist e la sua lezione sul self interest degli europei, vecchi e non in grado di pagarsi welfare e debiti con i pochi figli che fanno, bisognosi di importare gioventù, alacrità, desiderio di futuro. Kinan certo chiede aiuto per i siriani, sarà contento quando saprà che ora anche Angela Merkel, anche la Bild Zeitung e la maggioranza dei tedeschi, anche il paese-guida del continente nel quale cerca rifugio vogliono offrirgli solidarietà, un rifugio, un posto di lavoro. Tuttavia la sua innocente verità è più che solidarietà, umanitarismo: la sua verità è politica, la forma più alta della carità secondo Paolo VI. Fermate la guerra in Siria, continueranno le migrazioni ma controllabili, amministrabili, finirà l’esodo, la corsa disperata disseminata di morti per acqua e per autostrada, per annegamento e asfissia.
ARTICOLI CORRELATI Cacciatori di teste per musei. A Palmyra "Caro Renzi, vendimi un'isola e l'Italia non avrà più problemi ad accogliere i migranti" Con l’islam è guerra di religione Contro i moralisti dell’immigrazione La foto di quel bambino ci dice che dobbiamo usare la forza contro i tagliagole L’indignazione e la guerra Open borders Photo-politics Se proteggi milioni di vittime devi avere poi il coraggio di combattere il loro nemico“Just stop the war, and we don’t want to go to Europe. Stop the war, just that”. Da quattro anni alcuni fra i paesi più ricchi e più forti del mondo, attrezzati in tecnologia, bene armati, hanno paura di agire nel teatro di guerra che ha già fatto centinaia di migliaia di morti, fissano la linea rossa dell’uso delle armi chimiche e poi lasciano che venga valicata. Così brucia la Siria, centro strategico del Medio Oriente, e gli europei, gli occidentali, digiunano sulla via delle buone intenzioni, con Papa Francesco e con Putin, per evitare ogni forma di intervento armato, si dividono sui valori dell’accoglienza o dell’identità, frastornano nel panico morale l’opinione pubblica travolta dalle paure, subiscono l’esodo nelle forme più tragiche, selvagge, guardano storditi la foto del piccolo cadavere spiaggiato e raccolto e deposto da un militare turco, raccolgono eroicamente a migliaia i dispersi del mare, quelli sopravvissuti all’ecatombe, erigono muri, speculano sull’immigrazione, litigano sui Trattati, e tutto nel nome dei valori umanitari, affermati o negati o interpretati, tutto nel nome di quella spettrale emulsione retorica che è “l’anima dell’Europa”, balle, chiacchiere, vanità degne della caciara mediatica in cui ormai consiste la vita delle elite o classi dirigenti. I valori sono come il patriottismo del dottor Johnson, sono l’ultimo rifugio delle canaglie.
http://www.ilfoglio.it/articoli/2015/09/04/i-valori-e-le-canaglie___1-v-132441-rubriche_c246.htm
09:48 - PROPOSTA PAPA FRANCESCO: Patriarca Sako, “occorre impegnarsi a costruire la pace”
(dall’inviata Sir a
Tirana) - “Occorre impegnarsi per la pace”, in Iraq e in Siria, nei
Paesi cioè dove le persone in fuga dalla guerra “hanno le loro case, le
loro tradizioni, la loro lingua”. Risponde così il patriarca di
Babilonia dei Caldei, in Iraq, Louis Raphael I Sako, alla proposta
lanciata ieri da Papa Francesco all’angelus affinché “ogni parrocchia,
ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti
una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma”. “È una soluzione
parziale”, dice al Sir il patriarca Sako, a margine dell’incontro
internazionale di Sant’Egidio a Tirana. Ed aggiunge: “È triste, è
veramente triste vedere queste persone lasciare tutto per trovare un
rifugio. È anche colpa della comunità internazionale che non aiuta
questi Paesi a trovare una via di pace e di riconciliazione lasciando
che questo esodo continui mentre bisogna continuare a costruire la pace
in questi Paesi”. Inoltre - fa notare il patriarca iracheno - la
situazione dei profughi che giungono in Europa “non è studiata”. “Questa
gente dove va?”, chiede il patriarca. “Come sarà integrata? Non
conoscono la lingua, lasciano tutto e si trovano in ambienti dove c’è
un’altra cultura, un’altra mentalità. Trovano muri”. Ed aggiunge: “Non
si può essere sentimentali. Il problema non viene risolto, si complica.
Meglio costruire la pace in questi Paesi”. (segue)
09:49 - PROPOSTA PAPA FRANCESCO: Patriarca Sako, “occorre impegnarsi a costruire la pace” (2)
Mons. Sako implora
“una riconciliazione e una soluzione politica” per risolvere alla radice
il problema dell’esodo migratorio. Siria e Iraq “sono i loro Paesi.
Dove possono andare? Queste famiglie si ritrovano qui in Europa isolate.
Quanti sono morti per raggiungerla e perché? Dunque se la pace è
possibile, perché non costruirla?”. Poi alla domanda sull’interesse
mostrato da papa Francesco che ha preso a cuore la sorte dei profughi in
Europa, chiedendo in particolare alle Chiese di questo continente
azioni concrete per loro, il patriarca risponde: “Sì, la solidarietà è
un’esigenza. Il mondo è piccolo e dobbiamo aiutarci, aprire il nostro
cuore, condividere con gli altri ciò che abbiamo. Ma questo è
provvisorio. Ci vuole una soluzione duratura. Meglio aiutare la gente e
rimanere lì e fare la pace”. Nel prendere la parola ieri alla giornata
inaugurale dell’incontro di Sant’Egidio, il patriarca ha detto: “La
violenza che sta scuotendo l’Iraq, la Siria e il Medio Oriente è uno
choc. Uno choc per i nostri paesi, ma anche un trauma per il mondo
intero. L’umanità non può accontentarsi di restare a guardare”.
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"Caro Renzi, vendimi un'isola e l'Italia non avrà più problemi ad accogliere i migranti"
Il miliardario egiziano Sawiris spiega al Foglio come i privati possono aiutare i governi a togliere le castagne dal fuoco sull'immigrazione. "Ospiterò tutte queste persone e darò loro rifugio temporaneo, e cibo. Poi inizierò a costruire scuole, ospedali e chi verrà potrà ottenere un lavoro"
di Rolla Scolari | 06 Settembre 2015 ore 20:03
Naguib Sawiris
Il miliardario egiziano Sawiris spiega al Foglio come i privati possono aiutare i governi a togliere le castagne dal fuoco sull'immigrazione. "Ospiterò tutte queste persone e darò loro rifugio temporaneo, e cibo. Poi inizierò a costruire scuole, ospedali e chi verrà potrà ottenere un lavoro" - di Rolla Scolari
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Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi
Merkel e Papa Francesco bravi. Ma la guerra?
diMarioSechi07Settembre2015
Papa Francesco con Angela Merkel (foto LaPresse)
Dopo Merkel, arriva Bergoglio. C’è la foto di Angela e quella di Jorge Mario, c’è la Germania e c’è Città del Vaticano, c’è la figlia del pastore luterano e c’è il gesuita della pampa, c’è la Cancelliera e c’è il Papa. L’emergenza profughi sulle prime pagine dei giornali è surreale.
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Aylan Kurdi. E gli altri?
La foto di Aylan Kurdi, quel corpicino steso sulla battigia, ha creato un'ondata di emozioni globali. Non hanno la stessa fortuna - se così si può chiamare - altri bambini siriani, troppi; e altre foto.
La foto di Aylan Kurdi, quel corpicino steso sulla battigia, ha creato un'ondata di emozioni globali. Non hanno la stessa fortuna - se così si può chiamare - altri bambini siriani, troppi, e altre foto. Vittima anche loro di una guerra voluta da lontano, combattuta per interposta persona, in apparenza contro un regime certamente non democratico; in realtà contro un Paese e un popolo oggetto di appetiti territoriali prossimi e di odi sia vicini che lontani.
Vogliamo allora pubblicare un'altra foto, quella di uno dei bambini morti ad Aleppo assediata dalle forze dei ribelli "democratici", appoggiati da USA, Turchia, Aarabia Saudita e Qatar, e a cui le forze anti-Damasco hanno tagliato l'acqua.
"Negli ultimi giorni - scrive - “Aiutiamo la Siria!” - una Onlus italiana che cerca di portare sollievo alla popolazione di Aleppo - avvenimenti tragici legati a questa situazione hanno coinvolto diversi bambini, che hanno perso la vita a causa dell’intreccio tra guerra e sete. Vogliamo ricordare due di loro, in rappresentanza di tutti gli altri. Il primo si chiamava Muhammad Ghashim e aveva 6 anni. E’ stato ucciso da un cecchino nella zona della Porta di Antiochia, controllata dai ribelli. Muhammad stava trasportando una tanica di acqua da bere quando è stato colpito da un proiettile alla testa. Il bambino è stato trasportato all’Ospedale Al Razi e dopo 5 giorni trascorsi in terapia intensiva è morto.
Abdel Qader Ibrahim Kerdo Il secondo, di qualche anno più grande, si chiamava Abdel Qader Ibrahim Kerdo si trovava in fila davanti ad un pozzo nel quartiere Al Maidan per prendere l’acqua per la sua famiglia. E’ morto nel corso di un lancio di razzi che ha provocato diverse vittime e feriti”.
Sulla situazione attuale ad Aleppo. E sulle conseguenze che l’embargo, criminale, perché colpisce la popolazione, e le sue fasce più povere, non il regime, che l’Occidente, Italia compresa, pratica contro il Paese, è interessante leggere questo reportage.
LA CARICA DEI 108MILA - 'BERGOGLIO ORDINA: ''OGNI PARROCCHIA OSPITI UNA FAMIGLIA DI PROFUGHI''. IN ITALIA SONO 27MILA, SE OGNUNA OSPITASSE UNA FAMIGLIA DI 4 PERSONE, VORREBBE DIRE ALLOGGIO PER PIÙ DI 100MILA. SENZA CONTARE MONASTERI E CONVENTI - MONS. NOGARO: ''C'È POCA GENEROSITÀ IN CHI GESTISCE MOLTI CONVENTI VUOTI''
Il Papa aveva detto: ''I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi'', ma a parte il capo dei vescovi Bagnasco, che ''si augura il successo'' di quest'idea, gli altri vescovi sono più freddini. O poco ottimisti...
1. L’APPELLO DEL PAPA ALLA CHIESA D’EUROPA «OGNI PARROCCHIA ACCOLGA I PROFUGHI»
Luigi Accattoli per il “Corriere della Sera”
La direttiva è vasta e tassativa: ogni parrocchia d’Europa ospiti una famiglia di profughi. E non siano da meno conventi, monasteri, santuari.
A cominciare da Roma, anzi dal Vaticano. Francesco all’Angelus ha messo all’opera, sull’accoglienza dei profughi, l’intera Chiesa Cattolica del Continente. Ha chiesto l’aiuto dei vescovi per essere ubbidito. Prima dell’appello all’accoglienza, il Papa, commentando il Vangelo che si leggeva ieri nella messa, aveva parlato contro le chiusure: «La coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa: e questo non è di Dio! Questo è nostro, è il nostro peccato».
Ancora ieri una nuova tragedia nel Canale di Sicilia: circa 20 migranti sarebbero caduti in acqua prima che il loro barcone fosse raggiunto da due unità della Guardia costiera, appena giunte a Lampedusa. Lo hanno riferito alcuni extracomunitari sbarcati sull’isola agli operatori del progetto «Mediterranean Hope», finanziato dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. Una donna ha detto di aver perso due figli e un fratello, un giovane del Gambia ha raccontato di due amici scomparsi.
Contro le chiusure è suonato anche il messaggio inviato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, al meeting interreligioso di Sant’Egidio aperto ieri a Tirana: «La risposta delle nazioni democratiche ai venti di guerra e alle ondate dei profughi non può essere la chiusura e l’arroccamento. I muri e i fili spinati non fermeranno il divampare degli incendi». Questa è la chiamata del Papa: «Rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi».
Francesco ha presentato quell’impegno come «un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia» e ha ribadito che esso riguarda tutti, «incominciando dalla mia diocesi di Roma». Sa che gli batteranno le mani ma teme che pochi lo seguano e perciò coinvolge «i miei fratelli vescovi d’Europa, ricordando che misericordia è il secondo nome dell’Amore. Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi».
Le due parrocchie del Vaticano (Sant’Anna dei Palafrenieri e San Pietro) fanno parte delle 335 parrocchie di Roma. A Milano — cioè nell’intera arcidiocesi ambrosiana — le parrocchie sono 1.104; quelle di tutta l’Europa addirittura 130 mila. La chiamata del Papa è senza precedenti. Un appello analogo, ma meno diretto e meno vasto, l’aveva rivolto ai religiosi il 10 settembre 2013, visitando il Centro Arrupe di Roma che si occupa dei rifugiati: «I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi».
Al momento solo il cardinale Peter Erdoe, arcivescovo di Esztergom, in Ungheria, dice che «purtroppo non possiamo, perché potrebbe essere qualificato come illegale, traffico di esseri umani» .
2. MIGRANTI: MONS.NOGARO, SPAZI CI SONO, TANTI ISTITUTI VUOTI
(ANSA) - "Da questo Papa un appello del genere è assolutamente in linea con la straordinaria rivoluzione che porta avanti. In tutte le parrocchie c'è spazio che si può mettere a disposizione, tanti istituti religiosi sono vuoti. Guai se la Chiesa non apre questi spazi, i migranti sono "regali" non pesi che il Signore ci dà". Lo afferma al Mattino, il vescovo emerito di Caserta, Raffaele Nogaro, sull'appello di papa Francesco ad aprire le parrocchie ai migranti.
Sulla possibilità che il messaggio di Bergoglio non venga accolto, Nogaro osserva: "Il rischio esiste, eccome. La Chiesa, parte di essa, può avere resistenze: sappiamo che scardinare il "comodismo" attuale, mettere in discussione la Chiesa benestante, che di questa condizione ha fatto un sistema di vita, è rischioso". "C'è poca generosità in chi gestisce molti conventi vuoti - aggiunge -. Ma a che servono? A che servono questi tesori, solo a fare mostra di noi stessi?".
3. BAGNASCO, 108MILA IN PARROCCHIE? SPERO SI REALIZZI
(ANSA) - In Italia le parrocchie sono 27.133, se ciascuna ospitasse una famiglia di 4 persone oltre 108 mila persone troverebbero un alloggio e una sistemazione: "Spero che si realizzi questo auspicio, che è un po' contabile ma che dà l'idea delle possibilità che ci sono nel nostro Paese".
Lo ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Angelo Bagnasco, ai microfoni di Tv2000, durante lo 'Speciale Angelus' dedicato all'appello di Papa Francesco alle parrocchie, alle comunità e ai santuari dell'Europa affinché accolgano una famiglia di profughi. "Se una parrocchia accogliesse una famiglia - ha sottolineato il presidente della Cei - non occuperebbe solo una struttura ma metterebbe in movimento un'ulteriore rete di solidarietà, di vicinanze, prossimità che farebbe un grande bene a chi è ospitato e chi ospita".
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