Rischio scisma? Oggi più di un’ipotesi.
È stato evocato, in un recente discorso tenuto a Ratisbona, proprio dal card. Gerhard Müller, Prefetto della Congregazione per la Fede. Muller ha voluto mettere in guarda, soprattutto in vista del Sinodo sulla famiglia (che il 4 ottobre ha iniziato ufficialmente i lavori) denunciando il pericolo di separazione fra dottrina e prassi religiosa.Lo ha fatto richiamando enfaticamente una tragica pagina della storia della Chiesa, che in Germania è particolarmente sentita: lo scisma protestante ad opera di Lutero del 1517. Ma Gerhard Müller non è il primo a mettere l’accento sul rischio di una separazione all’interno della Chiesa attuale. Di fatto diversi sostengono che di fatto la realtà della Chiesa si presenti già separata. Da una parte i “novatori” capeggiati da Kasper e Marx e dell’altra i difensori della Tradizione della Chiesa con in testa il card. Sarah, il card. Burke e lo stesso Müller. Se questa logica del “bipolarismo” di matrice post conciliare abbia ancora un senso lo vedremo
durante i lavori del Sinodo. Sta di fatto che le posizioni dei cardinali appena citati sono profondamente diverse circa ciò che la Chiesa deve o dovrebbe fare in merito all’accoglienza delle famiglie “non regolari” e dell’accesso alla Comunione per i divorziati risposati. Le parole del card. Marx, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca e uno degli otto cardinali scelti da Papa Francesco per aiutarlo nel difficile compito di riorganizzare la Curia Vaticana, recentemente aveva tuonato contro Roma e il Vaticano affermando che “non siamo una filiale di Roma…Il Sinodo non può prescrivere nel dettaglio ciò che dobbiamo fare in Germania”, lasciando intendere in maniera chiara che, qualsiasi cosa esca dal Sinodo, la Germania deciderà in autonomia, almeno per quanto concerne la pastorale. Per sigillare la decisione la Conferenza Episcopale Tedesca ha pure prodotto un documento, approvato il 24 giugno 2014, dal quale emerge che in Germania già si da l’assoluzione sacramentale e la comunione eucaristica ai divorziati risposati. Sandro Magister, dal suo blog, in riferimento a tale documento così sintetizza: “I vescovi tedeschi non solo approvano che si diano l’assoluzione e la comunione ai divorziati risposati, ma anche auspicano che si benedicano in chiesa le seconde nozze civili, che si dia la comunione eucaristica anche ai coniugi non cattolici, che si riconosca la bontà dei rapporti omosessuali e delle unioni tra persone dello stesso sesso”. Non è la prima volta che la Chiesa si trova a fronteggiare deviazioni dalla dottrina così evidenti. Purtroppo esse hanno prodotto gravi strappi e lacerazioni di cui ancora oggi si sentono gli effetti. Va pure detto, però, che i tentativi di arginare i pericoli che derivano dalle varie eresie nel corso della storia hanno, a loro volta generato, un rinnovamento e una spinta a riaffermare la Verità di sempre e a riformare la Chiesa secondo la Tradizione. Già nei primi secoli la deriva ariana rischiava di alterare radicalmente la dottrina circa la Santissima Trinità. Occorsero ben due concili, Nicea (325) e Costantinopoli (381) per porre un segno definitivo a tale eresia e dai quali venne elaborata la professione di fede del Credo. Non si parlò di scisma e di fatto non lo è stato. Ma se pensiamo al numero di cristiani che erano stati sedotti dalle false idee del prete Ario, si può immaginare come, di fatto, molti fedeli appartenessero, in fondo, ad un’altra chiesa. Intesi, invece come veri e propri scismi, sono stati quello d’Oriente, che ha investito le chiese ortodosse e quello d’Occidente generato dalle idee del monaco agostiniano Lutero. Anche in questi celebri casi, la Chiesa, pur uscendo divisa e non priva di conseguenze drammatiche, ha saputo trovare anche nella sofferenza la forza di reagire in nome della Verità. E lo ha fatto sulla base degli insegnamenti dottrinali provenienti da tutta la Tradizione. La mente corre subito a quello straordinario evento che è stato il Concilio di Trento. Non solo vennero riaffermati tutti i dogmi che la tempesta luterana aveva messo in discussione (si pensi solo al significato dei sette Sacramenti o dell’Eucarestia fino alla riaffermazione della necessità del sacerdozio), ma il principio (cattolico) secondo cui la Rivelazione di Dio, ovvero la verità della fede, non provenga solo dalla Bibbia ma da tutte quelle dottrine definite dai Padri della Chiesa e dai grandi Dottori della Scolastica medievale ed accettate dai Papi. Dai lavori dei padri conciliari Papa Pio V ricavò anche la prima vera forma organizzata di insegnamenti della Chiesa, il Catechismo della Religione Cattolica.
Recentemente è il Santo Pontefice Pio X a scontrarsi con quella che lui definisce “la sintesi di tutte le eresie” ovvero il Modernismo. E lo fa dall’alto della sua autorità dedicando un’enciclica, La Pascendi, per evidenziare come questo attacco da esterno quale era si fosse trasformato in un insidioso pericolo interno alla stessa chiesa. “I lor consigli [dei modernisti] di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro”. È evidente che San Pio X mettesse in guardia da una pericolosa eresia che avrebbe potuto generare nei decenni a venire un ennesimo scisma. L’8 settembre 1977, pochi mesi prima di morire, Paolo VI affida le sue parole al filosofo amico Jean Guitton. E lo fa sulla base di quello che settant’anni prima aveva affermato il papa della Pascendi. “Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia“. Affermare che esista “un pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo” è, di fatto, già ammettere il rischio concreto di uno scisma. Oggi sembra che la profezia di Paolo VI sia giunta al suo epilogo. Il Sinodo sulla famiglia ha, in concreto, fatto emergere queste posizioni diametralmente opposte e l’esistenza, supportata da tante Conferenze Episcopali, di un pensiero alieno alla Tradizione della fede cattolica. Sia chiaro, non si sta facendo il tifo per affinché avvenga uno scisma. Non si vuole certo invocare una nuova divisione. Ma non si può neanche più far finta di niente. Siamo, probabilmente all’epilogo, di una battaglia che dura da più di cento anni. Quello che sarà il futuro lo affidiamo, in definitiva, solo a Cristo, che è capo e guida della Chiesa.
Nonostante le nostre cadute Egli ci sostiene e sostenendo noi sorregge tutta la Chiesa. Nell’ultima e dolorosa udienza tenuta da Benedetto XVI, egli ha voluto ricordare che “su quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce […] Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore”.
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2015/10/rischio-scisma-oggi-piu-di-unipotesi/
Scontro al Sinodo, si rischia la conta finale Il Messaggero
(Franca Giansoldati) La scena si svolge a piazza san Pietro. Sono le 12,30. Un cardinale di curia, Ouellet, scivola via svelto tra la folla e si fa strada diretto in ufficio dopo avere partecipato ai lavori sinodali. Gli viene chiesto a bruciapelo cosa ne pensa della lettera al Papa che hanno scritto 13 cardinali ultra-conservatori per criticare l' impostazione del Sinodo. Sorride. «Ah io non la ho nemmeno vista; avevo da lavorare dentro al Sinodo e poi anche al mio dicastero».
Come dire che di tempo per pensare alle lobby anti-Francesco ce n' è proprio poco. E allora perché mai Francesco in persona ha sentito il bisogno di invitare i padri sinodali ad abbandonare l' ermeneutica del complotto? Silenzio. Una parola è poca, due sono di troppo.
IL FRONTE ULTRÀ
Il
giorno dopo la pubblicazione della «strana» missiva (che ovviamente
doveva restare riservata) il fronte ultrà rischia di sfaldarsi sotto i
colpi dell' evidenza tra scudi alzati, smentite, marce indietro,
precisazioni, imbarazzati silenzi. Ormai è chiaro a tutti che, salvo
decisioni papali diverse, magari sospensive del previsto voto finale o
della richiesta modifica della commissione incaricata di redigere il
testo riassuntivo dei lavori, il redde rationem rappresenti il rischio
peggiore all' orizzonte. Rischio che non può che arrivare dalla
votazione dell' assemblea prevista per la fine della prossima settimana.
Tecnicamente una conta. Per una istituzione che dovrebbe rispecchiare
un lavoro collegiale forse non è il massimo. In Vaticano naturalmente si
stigmatizza la fuoriuscita di una lettera personale che era destinata a
non essere diffusa. Come ai tempi di Vatileaks. La tempistica a molti
fa pensare a una operazione ben orchestrata benché il cardinale Pell, l'
australiano che materialmente la ha consegnata al pontefice la scorsa
settimana, si sia detto assolutamente soddisfatto delle rassicurazioni
arrivate da Bergoglio («la dottrina non cambia»). E allora? «E' stato un
atto di disturbo non inteso dai firmatari» denuncia Lombardi, invitando
i padri sinodali a non farsi condizionare da evidenti spinte esterne.
I COMPLOTTI
Quali?
Il giallo resta insoluto ma piuttosto evidente. In ogni caso vedere
emergere in questo modo il dissenso a un Sinodo (sulla Famiglia) fa
comprendere perché Bergoglio il secondo giorno abbia ritenuto necessario
lanciare un inedito appello per superare ogni diffidenza reciproca.
Cose che non capitano tutti i giorni. Tra i 270 padri sinodali non
mancano gli interrogativi. Monsignor Ibrahim Sedrak, patriarca copto di
Alessandria, uno che conserva una impostazione rigorosa e non ama troppo
sentire parlare di aperture verso i divorziati risposati, scuote la
testa. «Ci si chiede che bisogno avevano i 13 cardinali di scrivere
quella lettera. Potevano benissimo andare a parlare direttamente con il
Papa, o ancora meglio, potevano intervenire in assemblea davanti a lui.
Questo è un Sinodo dove si respira una libertà totale. Non si capisce
perché non lo abbiano fatto. Se il Papa è dovuto intervenire il secondo
giorno con quell' appello all' unità e ad abbandonare l' idea del
complotto è per via di questa lettera. Lì per lì noi non lo avevamo
capito. Lui voleva chiarire le cose e ci ha anche detto che la dottrina
non si cambia». A questo vescovo egiziano viene un sospetto: che all'
origine della lettera di protesta dei cardinali ci sia l' uscita
anticipata del Motu Proprio sulla nullità del matrimonio, promulgato due
settimane fa. Che abbia sparigliato le carte? «Io stesso avrei
preferito che questo documento venisse pubblicato dopo il Sinodo e non
prima. La modalità seguita non è buona. Appare come un balzo in avanti».
Che Francesco sia stato mal consigliato?
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-scontro-al-sinodo-si-rischia.html
Massimo Franco 14 ottobre 2015 |
Ricreare il clima di Vatileaks Il piano dei nemici del Papa
Viste da Santa Marta, le manovre di questi giorni fanno pensare a un’operazione progettata da tempo per delegittimare due anni di papato. L’obiettivo è quello di trasmettere l’impressione che, Bergoglio o Ratzinger, non cambia nulla
Il Papa lascia il Sinodo a fine lavori (Imagoeconomica)
Il piano degli avversari sta assumendo contorni più nitidi. E inquietanti. Prima la confessione liberatoria e provocatoria del teologo omosessuale polacco Krzysztof Charamsaa ridosso del Sinodo. Adesso, mentre è in pieno svolgimento,la lettera spuria di una decina di cardinali conservatori.
E presto, chissà, un altro attacco obliquo nei confronti di papa
Francesco. «Non sta arrivando un nuovo Vatileaks, ma qualcuno vuole dare
quest’impressione per destabilizzare un pontificato che tenta di fare
pulizia». Le parole di uno degli ecclesiastici più vicini a Jorge Mario
Bergoglio sono preoccupate, perfino allarmate.
Quanto sta accadendo può essere definito una provocazione,
o un difetto di governo, o l’esasperazione di minoranze della Chiesa
cattolica che si sentono fuori gioco e prossime alla marginalità. Da
Casa Santa Marta, però, dove abita Francesco, l’analisi delle manovre di
questi giorni è più radicale. Fa pensare ad un’operazione progettata da
tempo; e tesa a delegittimare non il Sinodo ma i due anni di papato
argentino; a descrivere un episcopato in preda al caos, alle liti
fratricide, quasi fosse la versione curiale del Parlamento italiano; e a
risospingere tutto indietro, come se nei trenta mesi passati fosse
cambiato poco o nulla.
Era accaduto qualcosa del genere già nella riunione precedente, a febbraio.
Anche allora la gestione «liberal» del Sinodo da parte di Bergoglio
aveva provocato resistenze e reazioni, quando si era parlato di
Comunione per le coppie divorziate. Era stata pubblicata una relazione
che sembrava precostituire e sbilanciare l’esito di quell’assemblea. E
lo stile «latinoamericano» del pontefice era stato additato come una
delle cause della confusione e del disorientamento. Ma stavolta si
indovina una maggiore preordinazione: non tanto di Francesco ma dei suoi
avversari. L’evocazione di Vatileaks sul Corriere da parte del
cardinale Gerhard Müller, «custode» della Dottrina della Fede senza
forse calcolarne del tutto le implicazioni, è stata a doppio taglio.
Involontariamente, Müller non ha
solo fotografato la sua irritazione e il suo stupore. L’alto prelato
tedesco, uno dei firmatari di una lettera della quale però sarebbe stato
cambiato a insaputa sua e di altri cardinali anche il contenuto, si
dev’essere sentito usato e strumentalizzato. Come il «ministro
dell’Economia» vaticano, cardinale George Pell, che ieri ha dichiarato:
«Le firme sono sbagliate ma soprattutto la maggior parte del contenuto
della lettera non corrisponde. Non so perché è successo né chi l’abbia
fatta uscire così».
È una reazione che obbliga a pensare ad un’operazione assai poco cristiana;
e che riporta in primo piano la consistenza di una «Internazionale
tradizionalista» contraria al Papa per questioni dottrinali e di potere.
Ma quella parola, Vatileaks, rimanda allo scandalo emerso nella coda finale e convulsa del pontificato di Benedetto XVI. Ricorda i «leaks», le fughe di notizie dal Vaticano, affidate a quintali di documenti filtrati dall’Appartamento, la residenza di Joseph Ratzinger nel Palazzo apostolico, per mano del suo maggiordomo personale, Gabriele: un personaggio che continua ad apparire il maggior responsabile e il principale capro espiatorio di quella vicenda torbida.
Ma quella parola, Vatileaks, rimanda allo scandalo emerso nella coda finale e convulsa del pontificato di Benedetto XVI. Ricorda i «leaks», le fughe di notizie dal Vaticano, affidate a quintali di documenti filtrati dall’Appartamento, la residenza di Joseph Ratzinger nel Palazzo apostolico, per mano del suo maggiordomo personale, Gabriele: un personaggio che continua ad apparire il maggior responsabile e il principale capro espiatorio di quella vicenda torbida.
Fu in seguito a quelle rivelazioni che
per la prima volta dopo sette secoli un Papa si dimise. L’uscita di
scena traumatica di Benedetto XVI nel febbraio del 2013; l’elezione
dell’argentino Bergoglio; la sua scelta di andare a vivere a Santa
Marta, un albergo piuttosto spartano nella «periferia» della Città del
Vaticano, invece che tornare nell’«Appartamento maledetto» di Benedetto:
sono tutte conseguenze a cascata di quella vicenda, e cesure con un
passato che la Chiesa cerca di archiviare, se non di rimuovere. Dire che
sta per esplodere un nuovo Vatileaks trasmette invece l’impressione
che, Bergoglio o Ratzinger, non cambia nulla.
Esistono ancora i «corvi» che
trafugano documenti e li danno in pasto strumentalmente all’opinione
pubblica. Esistono le lotte di potere. E permangono maggioranze e
minoranze in guerra. È questo il calcolo di chi getta tra i piedi del
Sinodo un pretesto di tensione dopo l’altro: trasmettere con «verità»
pilotate e inquinate, ma verosimili, l’idea di una realtà immutabile,
soprattutto in negativo. Il rischio è accentuato dalla presa
intermittente che Francesco sembra dimostrare sui gangli del potere
«romano». Nonostante la moltiplicazione di commissioni e riforme, la
Curia appare sulla difensiva ma tuttora decisa a resistere ad uno stile
di governo considerato allo stesso tempo troppo radicale e
inconcludente.
Il fatto che nella cerchia papale si parli di
un Vaticano schierato contro Bergoglio, affermazione che è un ossimoro,
spiega almeno in parte la confusione e le manovre. Anche perché dentro
le Sacre Mura si accredita un Papa ostile al Vaticano: che sarebbe un
altro paradosso. «Spero che ci troviamo davanti a una provocazione»,
confida un amico fidato di Francesco. «Non vorrei che fosse qualcosa di
peggio. È il secondo attacco al Papa dall’inizio del Sinodo. Non ne
escluderei un terzo o un quarto. Temo una manovra di destabilizzazione
dall’esterno». Chi ne sarebbe il regista, e con quale obiettivo finale,
non è chiaro neppure a chi la denuncia.
«L’unica cosa che posso dire è
che non siamo nella situazione del 2013 prima delle dimissioni di
Benedetto XVI. Qui nessuno perde la testa, anche se forse qualcuno lo
spera», avverte l’interlocutore vaticano. Eppure, l’accenno a trenta
mesi fa, un periodo che rivisto oggi sembra preistoria, dà i brividi.
L’accostamento induce a sospettare che qualcuno voglia indurre Bergoglio
a gettare la spugna, a tornare nella sua Buenos Aires da perdente o da
incompreso: sconfitto dall’eternità non della Chiesa ma dei meccanismi e
delle dinamiche vaticane. «Ma non succederà», assicura un esponente
latinoamericano.
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_ottobre_14/ricreare-clima-vatileaks-piano-nemici-papa-9f9169c8-7234-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml
CITTÀ DEL VATICANO - Lo chiamano "Papa argentino " per screditarlo. Per rimarcare la distanza, culturale e ideologica, fra loro e lui. Sono cardinali di curia e vescovi, certo, che tuttavia hanno dietro di loro anche gruppi di potere e di pressione precisi, consorterie fin dal 13 marzo del 2013 in-sofferenti verso il magistero sociale del Pontefice.
Ieri padre Federico Lombardi ha sminuito la portata deflagrante della lettera dei cardinali inviata a Francesco e pubblicata da L'Espresso . "Chi a distanza di giorni ha pubblicato la lettera ha compiuto un atto di disturbo non inteso dai "firmatari", almeno da alcuni dei più autorevoli", ha detto il portavoce vaticano. Che ha chiesto anche di "non lasciarsi condizionare", in quanto l'azione di disturbo è mossa da seconde linee. Eppure, l'effetto è il medesimo dei tempi di Vatileaks, quando le carte passavano da dentro il Vaticano e arrivavano fino ai media. La vera pistola fumante del Sinodo, ha scritto non a caso il sito d'informazione Il Sismografo vicino alla Santa Sede, "è l'esistenza di una cordata di eminenti vaticanisti che hanno abbandonato il nobile mestiere dell'informazione per passare, con corpo e anima, a quello del velinaro (per di più maldestro)". Certo, per molti Oltretevere una differenza almeno apparente esiste fra l'ultimo periodo del pontificato di Ratzinger e oggi. Mentre allora c'erano cordate interne alla Santa Sede che si combattevano per ragioni di potere, oggi le posizioni eterogenee sembrano essere principalmente ideali, culturali. Ma, si chiedono nello stesso tempo ancora in Vaticano, può essere tanta insofferenza causata soltanto da posizioni divergenti sulla dottrina?
Per Nello Scavo, giornalista di Avvenire e autore di "I nemici di Francesco" (Piemme) appena uscito, gli avversari del Papa sono anche coloro che lo screditano cercando di metterlo a tacere. "C'è una battaglia ideologica - dice - , questo è vero, condotta anche in buona coscienza. Tuttavia, in questi anni, dentro la curia c'è anche chi ha provato a rifilare a Francesco qualche polpetta avvelenata. Oltre al Sinodo e al recente caso del teologo omosessuale Charamsa, c'è stata la vicenda di un progetto che prevedeva la costituzione da parte dello Ior di una Sicav - fondo di investimento a capitale variabile - in Lussemburgo. Il Papa se ne accorse all'ultimo momento e bloccò il progetto. Certo, non era niente di illegale, eppure l'immagine del Papa ne sarebbe stata compromessa. A significare che dentro c'è anche chi manovra per indebolire il carisma e la forza di Francesco".
Una tesi, quella di Scavo, che combacia, in parte, con quanto affermato da uno dei teologi sudamericani più vicini a Bergoglio, Leonardo Boff. Pur aperto sull'omosessualità - la visione dei vescovi che essa debba essere vissuta castamente "è riduttiva ", ha affermato ad Oggi - il paladino della teologia della liberazione ritiene che dentro il Vaticano vi sia chi ordisce trappole contro il Papa. Boff pensa in particolare che dietro il coming out di Charamsa vi sia "una trappola montata dagli ambienti di destra nella Chiesa che si oppongono al Papa. Perché non lo ha fatto in modo semplice ma provocatorio, per creare un problema al Sinodo e a Francesco. Ostentare in quel modo la sua scelta, il suo compagno... Non si deve giocare per mettere il Papa alle strette".
Francesco dà l'impressione di sapere bene chi sono gli amici e chi i nemici. E che se c'è chi lo ama e lo segue, vi è anche chi farebbe volentieri a meno di lui. Nello stesso tempo, tuttavia, non vuole cedere alle teorie cospirative, all'idea che il Vaticano sia un covo di serpi. Eppure, spiega Massimo Faggioli, storico del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis, "è questo il momento più visibile e temerario nella lotta condotta da parte dell'establishment ecclesiastico contro di lui". E ancora: "Fin dal marzo 2013 si era percepito il montare della resistenza al pontificato, e si sapeva che il Sinodo dei vescovi era il punto chiave. Il fatto che la lettera sia stata consegnata al Papa il 5 ottobre, primo giorno del Sinodo, è prova che si tratta di un'iniziativa coordinata ben prima dell'inizio dell'assemblea a Roma (ed è a questa iniziativa che Francesco rispose col discorso sulla "ermeneutica cospirativa" del 6 ottobre in aula sinodale). È anche chiaro che mentre Francesco era in visita in America, alcuni vescovi americani, tra un abbraccio e l'altro al Papa, stavano preparando contro Bergoglio un attacco che non si sarebbero mai sognati di fare contro i sinodi per finta di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger". In sostanza si riferisce al caso del saluto ricevuto presso l'ambasciata di Washington da parte di Kim Davis, l'impiegata comunale del Kentucky che ha rifiutato la licenza matrimoniale a diverse coppie gay, e che per questo è stata arrestata. La Davis, e parte del mondo conservatore statunitense, ha fatto passare questo saluto come un appoggio papale alle sue battaglie anti gay.
Chi ha consegnato, e con ogni probabilità ideato, la lettera al Papa critica sui lavori del Sinodo è il cardinale australiano George Pell. Zar dell'economia vaticana, ha posizioni dure sulle aperture papali. Ritiene che concedere l'eucaristia ai divorziati risposati sia un male. Una posizione simile a quella di altri firmatari della lettera, fra cui il cardinale Robert Sarah per il quale pensare di dare l'eucaristia ai divorziati è opera del Maligno. La costituency di Pell è quella della finanza americana. Ritenuto vicino ai potenti Cavalieri di Colombo, quando deve tenere una conferenza va sempre al Pontifical North American College sul Gianicolo, il luogo in cui i circuiti curiali finanziari americani danno sfoggio di sé nella capitale. Così anche altri due cardinali firmatari della lettera: Daniel N. Di Nardo, arcivescovo di Galveston- Houston e vicepresidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti, e Timothy Dolan, arcivescovo di New York e capo dei vescovi Usa. Gran parte dell'opposizione mossa a Francesco viene dal mondo conservatore nord americano. È ancora Scavo, nel suo volume, a ricordare che a sostenere le battaglie dei "neocon" anti-Bergoglio ci sono uomini come Dick Cheney e capitali come quelli messi a disposizione dalla Halliburton. Scrive Scavo: "Bastano questi due nomi per farsi un'idea precisa degli ambienti "antipapisti" a stelle e strisce da cui partono alcuni degli attacchi a Bergoglio su vari fronti: economia, teologia, visione geopolitica ". Cheney è l'uomo ombra dell'American Enterprise Institute, di cui è stato vicepresidente e nel quale mantiene incarichi direttivi sua moglie Lynne, già consigliere d'amministrazione di Lockheed Martin, il principale produttore mondiale di sistemi di difesa: dai velivoli caccia ai missili a testata nucleare, dai radar ai blindati per il trasporto delle truppe.
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_ottobre_14/ricreare-clima-vatileaks-piano-nemici-papa-9f9169c8-7234-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml
Tutti i nemici del Papa
Non solo i cardinali della
lettera che scuote il Sinodo, definita da padre Lombardi un “atto di
disturbo”, ma anche gruppi economici e di potere che vogliono sovvertire
la rivoluzione di Francesco
di PAOLO RODARICITTÀ DEL VATICANO - Lo chiamano "Papa argentino " per screditarlo. Per rimarcare la distanza, culturale e ideologica, fra loro e lui. Sono cardinali di curia e vescovi, certo, che tuttavia hanno dietro di loro anche gruppi di potere e di pressione precisi, consorterie fin dal 13 marzo del 2013 in-sofferenti verso il magistero sociale del Pontefice.
Ieri padre Federico Lombardi ha sminuito la portata deflagrante della lettera dei cardinali inviata a Francesco e pubblicata da L'Espresso . "Chi a distanza di giorni ha pubblicato la lettera ha compiuto un atto di disturbo non inteso dai "firmatari", almeno da alcuni dei più autorevoli", ha detto il portavoce vaticano. Che ha chiesto anche di "non lasciarsi condizionare", in quanto l'azione di disturbo è mossa da seconde linee. Eppure, l'effetto è il medesimo dei tempi di Vatileaks, quando le carte passavano da dentro il Vaticano e arrivavano fino ai media. La vera pistola fumante del Sinodo, ha scritto non a caso il sito d'informazione Il Sismografo vicino alla Santa Sede, "è l'esistenza di una cordata di eminenti vaticanisti che hanno abbandonato il nobile mestiere dell'informazione per passare, con corpo e anima, a quello del velinaro (per di più maldestro)". Certo, per molti Oltretevere una differenza almeno apparente esiste fra l'ultimo periodo del pontificato di Ratzinger e oggi. Mentre allora c'erano cordate interne alla Santa Sede che si combattevano per ragioni di potere, oggi le posizioni eterogenee sembrano essere principalmente ideali, culturali. Ma, si chiedono nello stesso tempo ancora in Vaticano, può essere tanta insofferenza causata soltanto da posizioni divergenti sulla dottrina?
Per Nello Scavo, giornalista di Avvenire e autore di "I nemici di Francesco" (Piemme) appena uscito, gli avversari del Papa sono anche coloro che lo screditano cercando di metterlo a tacere. "C'è una battaglia ideologica - dice - , questo è vero, condotta anche in buona coscienza. Tuttavia, in questi anni, dentro la curia c'è anche chi ha provato a rifilare a Francesco qualche polpetta avvelenata. Oltre al Sinodo e al recente caso del teologo omosessuale Charamsa, c'è stata la vicenda di un progetto che prevedeva la costituzione da parte dello Ior di una Sicav - fondo di investimento a capitale variabile - in Lussemburgo. Il Papa se ne accorse all'ultimo momento e bloccò il progetto. Certo, non era niente di illegale, eppure l'immagine del Papa ne sarebbe stata compromessa. A significare che dentro c'è anche chi manovra per indebolire il carisma e la forza di Francesco".
Una tesi, quella di Scavo, che combacia, in parte, con quanto affermato da uno dei teologi sudamericani più vicini a Bergoglio, Leonardo Boff. Pur aperto sull'omosessualità - la visione dei vescovi che essa debba essere vissuta castamente "è riduttiva ", ha affermato ad Oggi - il paladino della teologia della liberazione ritiene che dentro il Vaticano vi sia chi ordisce trappole contro il Papa. Boff pensa in particolare che dietro il coming out di Charamsa vi sia "una trappola montata dagli ambienti di destra nella Chiesa che si oppongono al Papa. Perché non lo ha fatto in modo semplice ma provocatorio, per creare un problema al Sinodo e a Francesco. Ostentare in quel modo la sua scelta, il suo compagno... Non si deve giocare per mettere il Papa alle strette".
Francesco dà l'impressione di sapere bene chi sono gli amici e chi i nemici. E che se c'è chi lo ama e lo segue, vi è anche chi farebbe volentieri a meno di lui. Nello stesso tempo, tuttavia, non vuole cedere alle teorie cospirative, all'idea che il Vaticano sia un covo di serpi. Eppure, spiega Massimo Faggioli, storico del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis, "è questo il momento più visibile e temerario nella lotta condotta da parte dell'establishment ecclesiastico contro di lui". E ancora: "Fin dal marzo 2013 si era percepito il montare della resistenza al pontificato, e si sapeva che il Sinodo dei vescovi era il punto chiave. Il fatto che la lettera sia stata consegnata al Papa il 5 ottobre, primo giorno del Sinodo, è prova che si tratta di un'iniziativa coordinata ben prima dell'inizio dell'assemblea a Roma (ed è a questa iniziativa che Francesco rispose col discorso sulla "ermeneutica cospirativa" del 6 ottobre in aula sinodale). È anche chiaro che mentre Francesco era in visita in America, alcuni vescovi americani, tra un abbraccio e l'altro al Papa, stavano preparando contro Bergoglio un attacco che non si sarebbero mai sognati di fare contro i sinodi per finta di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger". In sostanza si riferisce al caso del saluto ricevuto presso l'ambasciata di Washington da parte di Kim Davis, l'impiegata comunale del Kentucky che ha rifiutato la licenza matrimoniale a diverse coppie gay, e che per questo è stata arrestata. La Davis, e parte del mondo conservatore statunitense, ha fatto passare questo saluto come un appoggio papale alle sue battaglie anti gay.
Chi ha consegnato, e con ogni probabilità ideato, la lettera al Papa critica sui lavori del Sinodo è il cardinale australiano George Pell. Zar dell'economia vaticana, ha posizioni dure sulle aperture papali. Ritiene che concedere l'eucaristia ai divorziati risposati sia un male. Una posizione simile a quella di altri firmatari della lettera, fra cui il cardinale Robert Sarah per il quale pensare di dare l'eucaristia ai divorziati è opera del Maligno. La costituency di Pell è quella della finanza americana. Ritenuto vicino ai potenti Cavalieri di Colombo, quando deve tenere una conferenza va sempre al Pontifical North American College sul Gianicolo, il luogo in cui i circuiti curiali finanziari americani danno sfoggio di sé nella capitale. Così anche altri due cardinali firmatari della lettera: Daniel N. Di Nardo, arcivescovo di Galveston- Houston e vicepresidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti, e Timothy Dolan, arcivescovo di New York e capo dei vescovi Usa. Gran parte dell'opposizione mossa a Francesco viene dal mondo conservatore nord americano. È ancora Scavo, nel suo volume, a ricordare che a sostenere le battaglie dei "neocon" anti-Bergoglio ci sono uomini come Dick Cheney e capitali come quelli messi a disposizione dalla Halliburton. Scrive Scavo: "Bastano questi due nomi per farsi un'idea precisa degli ambienti "antipapisti" a stelle e strisce da cui partono alcuni degli attacchi a Bergoglio su vari fronti: economia, teologia, visione geopolitica ". Cheney è l'uomo ombra dell'American Enterprise Institute, di cui è stato vicepresidente e nel quale mantiene incarichi direttivi sua moglie Lynne, già consigliere d'amministrazione di Lockheed Martin, il principale produttore mondiale di sistemi di difesa: dai velivoli caccia ai missili a testata nucleare, dai radar ai blindati per il trasporto delle truppe.
«Il Sinodo», aggiunge, «finirà bene,
nonostante i tentativi di schiacciarlo sulle questioni più controverse.
Le minoranze, quella iper conservatrice e quella iper progressista, si
riveleranno tali. E la stragrande maggioranza starà con Francesco». Un
risultato, però, i critici più oltranzisti lo stanno ottenendo: seminano
ombre, e i successi internazionali del pontificato sono tornati in
secondo piano. Si conferma la previsione di chi ritiene che, se vuole
vincere davvero nel mondo, Bergoglio dovrà affrontare e superare la
sfida che gli impone Roma. Oggi i suoi avversari più irriducibili non si
annidano tra le folle plaudenti, ma nelle file del suo esercito
ecclesiastico: perfino tra le «berrette rosse» che gli battono le mani.
Per questo lo stillicidio continuerà. Ma anche le riforme, perché Francesco non può che andare avanti.
Per questo lo stillicidio continuerà. Ma anche le riforme, perché Francesco non può che andare avanti.
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