Pregate, pregate, pregate
Riunire delle persone a dibattere “liberamente” su un determinato argomento perché le decisioni che saranno prese appaiano debitrici del concorso di tutti e rispettose di tutte le posizioni, quando invece sono già state prese da tempo da un gruppo di potere più o meno occulto… Un procedimento che mi ricorda tanto le assemblee del liceo, alle quali mi bastò assistere una volta, in quarta ginnasio, per farmi decidere di non perdere più del tempo in quelle farse gestite da pochi studenti di sinistra che pilotavano la discussione in una direzione prestabilita illudendo i loro compagni (di scuola e non) di essere coinvolti nel discorso.
Un’ossessione permanente della democrazia è quella di dover necessariamente fingere di implicare la “base” in processi decisionali per i quali sarebbe sufficiente l’intervento di chi detiene autorità e competenze reali.
Che questo tipo di ideologia, partendo dalle facoltà teologiche tedesche e compiendo un lungo giro per l’America Latina, potesse raggiungere come un terribile virus il cuore stesso della Chiesa e infettarne il principale centro di governo, era un’eventualità che, fino a pochissimi anni fa, non avremmo immaginato neppure con la più fervida fantasia. Eppure è proprio ciò che risulta da quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi in questi giorni. L’atteso Sinodo dei Vescovi, in nome della tanto acclamata collegialità e parrhesía, è chiaramente manovrato da una ristretta banda di briganti pontifici che di ora in ora cambiano le carte in tavola per impedire ai loro avversari di far udire la propria voce. Non mancano inquietanti analogie con la ben più importante assise conclusasi cinquant’anni orsono, della quale il Sinodo rappresenta per i progressisti un prolungamento ideale, quasi fosse l’ultima opportunità di imporre definitivamente il famoso spirito del Concilio…
Allora, però, il controllo e la modifica delle procedure da parte di un’élite dirigente furono effettuati con ben altra abilità e scaltrezza; ora si ha l’impressione, invece, che il regolamento sia ridotto a perenne improvvisazione, a seconda di come tira il vento. La ribellione di un’ampia fetta dei Padri sinodali, che l’anno scorso reagirono vigorosamente alla proibizione di render pubblici i loro interventi, deve aver fortemente innervosito i burattinai del sistema, che questa volta hanno optato per la partita a scacchi. Come sbarramento alle opposizioni, a quanto pare, non è bastato escludere le proposte scritte e la messa ai voti né dividere i blocchi compatti in diversi circoli linguistici: così hanno pensato di affidare i resoconti pubblici giornalieri della Sala-stampa ad un solo relatore da loro scelto di volta in volta e di far pervenire al Sommo Pontefice brevi sintesi delle discussioni che difficilmente riporteranno adeguatamente le posizioni espresse. Al documento finale, d’altronde, sta già lavorando una squadra di gesuiti, cosa che rende il dibattito assolutamente irrilevante.
Suvvia: dopo aver minatoriamente silurato alcuni campioni conservatori, inspiegabilmente escluso illustri Primati (come quello del Belgio) a favore di perfetti sconosciuti e nominato d’ufficio quasi cinquanta delegati platealmente di parte, imbavagliare pure i dissidenti è una prassi un po’ troppo scopertamente sovietica. Se ne renderà conto qualcuno a Santa Marta, o in fin dei conti non gliene importa proprio nulla? Eppure la sua autorità – almeno giuridicamente – gli consentirebbe di far quel che gli pare senza tutta questa messa in scena… In realtà egli non vuole affatto che le decisioni finali appaiano sue, ma che risultino prese appunto collegialmente. L’autorità immediata, diretta, assoluta e universale che la dottrina e i canoni gli riconoscono preferisce usarla per vicende che non sono più sotto i riflettori, come per esempio quella, tristissima, dei Francescani dell’Immacolata.
Il decesso, conseguente ad un ictus, del precedente commissario pontificio non ha fatto abbastanza riflettere: il nuovo incaricato – presumibilmente in base ad ordini superiori – sta infatti alacremente proseguendo l’opera di demolizione di una delle poche congregazioni religiose fiorenti, nella quale si praticava realmente (e non a chiacchiere) la vita consacrata qual è sempre stata. Proprio in questi giorni i sacerdoti dell’istituto, ai quali è illegittimamente impedito di lasciarlo, sono stati posti di fronte ad una serie di gravi decisioni, prese in modo del tutto autocratico, che stravolgono il carisma originario sterilizzandolo nei suoi elementi più caratteristici (come il voto mariano e la povertà comune), così da appiattirlo sull’orizzonte desolante dell’odierna vita religiosa. Beffa o paradosso, la dispensa dai voti non sarà concessa a chi vuole uscire per poter riprendere l’impegno inizialmente assunto, ma a chi eventualmente volesse sposarsi…
A questo punto, qualora un frate avesse tendenze strane, tra qualche settimana potrebbe anche aver licenza di convolare a legittime nozze, come pure il monsignorino polacco che non ha potuto fare a meno di svelare al mondo la sua sodomitica passione proprio alla vigilia – guarda caso – dell’apertura del sinodo. Metteteci pure la rivoluzione sessuale del ’68, la crisi della disciplina nei seminari, la dissoluzione della figura paterna nelle società occidentali… Nulla di tutto questo basterà mai a spiegare l’avanzato stato di decomposizione in cui si trova quella parte del clero che, avendo perso lo stato di grazia e la fede cattolica, vive ormai stabilmente nella morte dell’anima: i peccati sessuali abituali – che per un consacrato costituiscono oltretutto un sacrilegio ripetuto – sono non solo ammessi, ma anche approvati ed esaltati. Simile risultato si spiega soltanto con una massiccia infiltrazione della massoneria nella Chiesa: quell’occulto potere satanico ne ha ormai occupato così saldamente i posti-chiave da poter dettare legge in modo sfacciatamente contrario alla legge divina. Non ci resta che pregare perché i presuli sani e fedeli abbiano il coraggio di violare regolamenti umani dettati dal puro arbitrio per far sentire la voce della verità e della giustizia.
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