ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 19 ottobre 2015

Per collegialità intendono: ognuno per conto suo!?

Al Sinodo Kasper cerca maggioranze, mentre i padri sono ancora commossi

Il cardinale etiope Souraphiel: "Dottrina uguale per tutti, ma non è che tutto può passare da Roma"

Il cardinale Walter Kasper, capofila dei novatori al Sinodo (LaPresse)
Roma. L'eco del discorso di sabato pronunciato dal Papa in occasione del cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo dei vescovi ha continuato a risuonare pure oggi nell'affollata Sala stampa vaticana. Francesco, in realtà, di nuovo non ha detto nulla, visto che le stesse frasi, i medesimi princìpi e concetti sono ben spiegati nell'esortazione Evangelii Gaudium, vera summa programmatica del suo pontificato. E il documento risale a due anni fa.
Inoltre, la parte riguardante la "revisione" delle modalità d'esercizio del primato petrino erano già state enunciate da Giovanni Paolo II vent'anni fa nella Ut unum sint. Eppure, ha detto il vescovo di Brisbane, mons. Mark Coleridge, il discorso pronunciato da Papa Francesco sabato è "programmatico", di sicuro "il più notevole del Sinodo", anche se "non rivoluzionario". Forse, ha aggiunto il presule australiano, "è venuto il momento di un Sinodo nazionale" e a ogni modo il percorso avviato di certo non finirà con la grande concelebrazione eucaristica di domenica prossima, in San Pietro. Uno dei delegati italiani eletti dalla Cei, il vescovo di Parma Enrico Solmi, dopo aver esordito con battute e risate sul suo essere "vescovo del parmigiano e del prosciutto", ha rievocato la commozione dell'Aula per il racconto fatto dal vescovo messicano Alonso Garza sul bambino che ha spezzato l'ostia, dandone metà al padre divorziato risposato: "Questo bambino ci ha parlato, ci ha mostrato una vita vera e autentica, sicuramente ha scosso l'assemblea, nel senso bello, non mi ha sconvolto ma mi ha fatto venire alla mente situazioni similari e complementari: una signora, che ora ci guarda dal paradiso, che aveva tre bambini, uno adottato con grandissimi problemi fisici, e questa madre incontrava altre madri divorziate risposate e diceva loro: io come posso essere accogliente con te? Le accoglieva", ha detto Solmi. Il patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal, ha riconosciuto l'esistenza "di diversità di opinioni", visto che "veniamo da contesti differenti, le sfide sono in parte diverse ma tutti desideriamo il bene della famiglia".

ARTICOLI CORRELATI Commissione post sinodale sui divorziati risposati? Il card. Ouellet: "Se il vincolo c'è, non si può fare nulla" Guarda come gioca Dolan Pastori americani in subbuglioSulla scia del discorso tenuto dal Pontefice sabato, parole importanti le ha pronunciate il cardinale etiope Berhaneyesus Souraphiel: "le chiese, in tutte le parti del mondo, sono cum Petro e sub Petro. Allora c’è l’universalità, ma dopo bisogna lavorare sul posto, guardando alle varie sfide che si affrontano". Ecco perché se "a livello dottrinale tutto sarà universale e uguale", per "l'approccio pastorale – ad esempio – il Santo Padre ha chiesto che i processi di nullità siano studiati localmente con esperti locali. Non deve passare tutto per Roma e non occorre aspettare le risposte da Roma". A ogni modo, ha aggiunto il porporato africano, "speriamo che i lavori dei gruppi siano fatti in modo che l'universalità della chiesa cattolica venga preservata".

E a far sentire la propria voce è stato anche il capofila dei novatori nel Sinodo, il cardinale Walter Kasper. Intervistato dall'agenzia Sir, il porporato tedesco ha detto di auspicare "un’apertura" e di sperare "in una maggioranza in favore della comunione ai divorziati, con un processo d’integrazione nelle parrocchie e nella vita della chiesa. Vediamo molte famiglie in posizioni irregolari, ma anche loro sono figli di Dio".

di Matteo Matzuzzi | 19 Ottobre 2015 ore 17:23 

Sinodo, quegli appelli per un gesto del Papa durante il Giubileo

Vescovi al Sinodo in San Pietro
VESCOVI AL SINODO IN SAN PIETRO

L’eco delle parole pronunciate da Francesco sabato sulla «sinodalità» nella Chiesa. Solmi: il racconto sul bambino che dà l’ostia ai genitori ha scosso l’assemblea


L’eco delle parole del Papa sulla sinodalità («Mi è venuto in mente che forse è il momento di un sinodo nazionale»), e la prospettiva dell’Anno della misericordia (sul nodo della comunione ai divorziati risposati in aula sono stati fatti appelli a un «gesto eccezionale» del Papa durante il Giubileo) si incrociano all’inizio della terza e ultima settimana del Sinodo sulla famiglia che si concluderà con la discussione sulla relazione finale, sabato, e la Messa in piazza San Pietro, domenica, nelle parole di monsignor Mark Benedict Coleridge, arcivescovo di Brisbane, al briefing quotidiano sul Sinodo in Vaticano.

«Un po’ di stanchezza si fa sentire tra i partecipanti...», ha raccontato da parte sua nel briefing Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme dei Latini. «È più che normale che ci siano diversità di opinioni, veniamo tutti da contesti differenti, alcune sfide sono comuni, altre dipendono dal contesto nel quale viviamo, dal contesto politico, sociale economico, è normale che non siamo d'accordo su tutte le sfide, ma tutti vogliamo il bene delle famiglie e della famiglia».

L’Arcivescovo australiano ha commentato le parole pronunciate sabato da Francesco in occasione dell’anniversario della creazione del sinodo: si è trattato, ha detto, di un discorso «programmatico», il «più notevole del Sinodo»: «Non credo che fosse rivoluzionario nel senso in cui io intendo la parola rivoluzionario», ha risposto a una domanda, «ma la cosa che mi ha colpito di più è che ha parlato di sinodalità in tutta la Chiesa. Stiamo celebrando un Sinodo a Roma, sì, ma la sinodalità deve essere una caratteristica permanente di tutta la Chiesa. In questo contesto il Papa parla di collegialità episcopale. È la ecclesiologia del Concilio Vaticano II. Quando torno a casa cosa succede? Mi è venuto in mente che forse è il momento di un sinodo nazionale». Per Coleridge, «se una cosa che è certa sulla prossima domenica è che noi non avremo finito il nostro lavoro: il cammino continuerà».

Concetto ribadito anche sulla specifica questione della comunione ai divorziati risposati. La vicenda del bambino che ha spezzato l’ostia per darla ai genitori divorziati risposati, riportata in aula da un vescovo messicano la scorsa settimana, «sicuramente ha scosso l'assemblea», ha spiegato, rispondendo a una domanda nel corso del briefing, il vescovo di Parma Enrico Solmi, che ha peraltro aperto il suo intervento con una battuta («Sono vescovo del parmigiano e del prosciutto»). «Siamo stati toccati da questo gesto, ci fa pensare che il dramma tocca tutti, tocca tutte le famiglie», ha detto da parte sua il patriarca Twal. Coleridge ha detto di non aver ascoltato l’intervento, probabilmente perché, in qualità di relatore di uno dei 13 gruppi di lavoro linguistici (circuli minores), era impegnato fuori dall’aula, ma ha sottolineato l’importanza che la Chiesa rimanga «in contatto con la realtà». Più in generale, in alcuni casi, magari alla presenza di figli, è possibile un «percorso di discernimento» con il quale la Chiesa, «capace di ascoltare», «accompagni» persone che hanno vissuto un fallimento matrimoniale con un dialogo nel quale «può anche emergere un senso di colpa, l’avvertire di avere sbagliato», rendendo così il percorso «penitenziale, di conversione» e la «riconciliazione» capace di «raggiungere le persone anche oltre la mediazione della Chiesa che lui ha voluto». Per il Patriarca di Gerusalemme, «nel mio gruppo di lavoro non si è posta e non si porrà mai la questione in questi termini, chi è pro e chi è contro la comunione ai divorziati risposati: bisogna vedere caso per caso i motivi che hanno condotto la famiglia a questa separazione, voluta o subita, e nel nostro circolo minore oltre alle sofferenze delle famiglie con divorziati risposati abbiamo parlato di milioni di altre famiglie che hanno le loro sofferenze, quelle dei rifugiati, vittime di guerra, vittime di violenza».

Secondo Coleridge, bisogna distinguere, per esempio, tra «un secondo matrimonio solido e vissuto in fedeltà e amore» e «una scappatella in hotel». A ogni modo, «non ricordo un singolo intervento nel quale venga esplicitamente detto che i risposati debbano essere riammessi alla comunione». Senza voler dare numeri percentuali («Non ne ho idea») né confermare una cifra (65% di no, 35% di sì) attribuitagli in una intervista, l’Arcivescovo australiano ha riferito di avere l’impressione, dalle discussioni nel suo circolo minore, che l’idea di riammettere alcune coppie di divorziati risposati alla comunione sia «calata», ma, al contempo, che in aula vi è stato un certo numero di interventi che hanno fatto appello a un «gesto eccezionale di misericordia» da parte del Papa durante il Giubileo della misericordia. Sempre Coleridge ha peraltro auspicato che la Chiesa sia in grado di adottare un linguaggio più positivo anziché continuare a utilizzare termini come «indissolubilità», spesso connotata giuridicamente, o «intrinsecamente disordinato»: «A mio parere non ci saranno modifiche nella dottrina della Chiesa, ma la mia speranza, per questo Sinodo, è che ci sia un movimento verso un nuovo, davvero nuovo, approccio pastorale. Ci dovrà essere un nuovo linguaggio. Qualcosa che sia vero, non solo un cambiamento cosmetico superficiale».

IACOPO SCARAMUZZI
CITTÀ DEL VATICANO

1 commento:

  1. Melassa melassa nientaltro che melassa. Questi ci faranno venire la glicemia altissima a tutti. jane

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.