Dove è già arrivato un bambino sapranno arrivare anche i Padri sinodali?
Il racconto, diffuso oggi, del bambino che, al momento della sua prima comunione, ha spezzato la particola per portarne un frammento al padre e alla madre “divorziati risposati” sembra avere “toccato” e “commosso” la assemblea sinodale. A ben ricordare, un altro racconto, un anno fa, aveva a sua volta “segnato” il raduno dei vescovi. Anche in quel caso si parlava di un bambino, che però coincideva con il Card. Schoenborn, mentre raccontava, confessandosi davanti ai fratelli Vescovi, la sua vicenda di “figlio” di genitori divorziati risposati.
E’ evidente che le emozioni sono un canale formidabile di orientamento e di convinzione.
Ma è altrettanto evidente che altra cosa è essere toccati da una vicenda biografica e altra cosa è deliberare su una possibilità generale di “superamento” del divieto di comunione eucaristica.
Per valorizzare appieno questo episodio, credo che si debbano tener presenti alcuni punti fermi:
1. Il gesto del bambino è “profezia ecclesiale”. Egli è già arrivato dove la Chiesa deve ancora giungere. Ovviamente le strade di un singolo e quelle di un popolo non possono essere le stesse. Quello che è un rettifilo diretto può diventare una lunga serie di curve e anche di tornanti. Ma quella è la meta. I Padri sinodali sono stati toccati da una anticipazione della meta, che è una verità sentita che facciamo ancora fatica a pensare. Ma “a naso” sappiamo di dover convergere lì.
2. Il gesto del bambino è spontaneo e ispirato. Ma la Chiesa, se vuole essere all’altezza della propria tradizione, deve affiancare alla “benedetta spontaneità” la “previsione disciplinata”. Deve avere la forza di “dar parola argomentata e pacata” a questa bella iniziativa del neofita. Qualcuno avrà forse il coraggio di dire che la prima azione del “neocomunicato” è stato un peccato contro la dottrina cattolica sul matrimonio indissolubile? Giovane bambino, appena comunicato, sei già stato scomunicato?
3. Non si potrà mai uscire dalla situazione di “impasse” nella quale ci ha condotti Familiaris Consortio soltanto con un “giudizio caso per caso”. La soluzione “individuale” non è una via di uscita. Se esiste un “regolamento generale” per la dichiarazione della nullità matrimoniale – cosa che non scandalizza nessuno – non si vede perché non possa esistere un regolamento generale per la “dichiarazione del fallimento matrimoniale”. La indissolubilità del matrimonio non significa che “non può essere sciolto”, ma che “non deve essere sciolto”. Se di fatto si scioglie, occorre prevedere le forme più adeguate perché questo fatto – con tutto il dolore e il disordine che comporta – venga riconosciuto e affinché, con esso, si prenda atto delle forme di vita che ne scaturiscono per tutti (ex coniugi, nuovi coniugi e figli), e che non sono riducibili semplicemente ad “adulterio continuato”.
4. Se i Vescovi Polacchi – o più prudentemente coloro che li rappresentano al Sinodo – ritengono che Familiaris Consortio sia l’ultima parola possibile sulla disciplina del matrimonio, di cui “ne iota unum” potrà essere cambiato – con questo atteggiamento più che aiutare a risolvere il problema della Chiesa universale, sembrano voler fermare la storia della Chiesa al pontificato di Karol Woityla. Cosa che si può capire dal punto di vista dell’orgoglio nazionale, ma molto meno sul piano della fede ecclesiale.
5. Il gesto del bambino, tuttavia, deve essere ben compreso. Da un lato è facile dire: lui ha dato la comunione ai suoi genitori “irregolari”. Ma non è questo il punto decisivo. Il bambino ha “riconosciuto la comunione” che vive, nonostante tutto, con i suoi genitori. Questo è il punto decisivo, su cui il Sinodo dovrà ancora interrogarsi e poi pronunciarsi: la questione non è di “dare la comunione ai divorziati risposati”, ma di “riconoscere la comunione nelle vite di coloro che hanno visto fallire il loro matrimonio”. Questo è il passaggio più difficile e più urgente. Non è anzitutto in questione il “sacramento”, ma la vita di comunione. Essere comunione è il fine del sacramento: dove vi è già comunione il sacramento è già presente, anche se è formalmente vietato. Anche nella Scrittura Pietro resta sorpreso perché lo Spirito era già donato, anche se il battesimo non era stato ancora celebrato…
6. Che un bambino anticipi i pastori non è una novità. Nella Bibbia sono spesso i “figli minori” a vedere più lontano e non è la prima volta che un bambino insegna nel tempio ai dottori della legge. Ma anche nella famosa favola, è un bambino l’unico a saper dire che “il re è nudo”. Come ha ripetuto tante volte papa Francesco, ci sono molti casi in cui la Chiesa ha molto da imparare dalle famiglie. Questo è uno di quei casi esemplari: il sacerdote che annunciava la follia di misericordia del Vangelo, in quel racconto di prima comunione evocato nella Assemblea sinodale, era proprio il bambino.
http://www.cittadellaeditrice.com/munera/dove-e-gia-arrivato-un-bambino-sapranno-arrivare-anche-i-padri-sinodali/
Il simbolo del Sinodo: l'ostia data dal bimbo ai genitori divorziati e poi risposati Sole 24 Ore
(Carlo Marroni) Potrebbe essere l'immagine simbolo del Sinodo sulla famiglia. È la storia raccontata ieri da un vescovo di lingua spagnola davanti al Papa durante il dibattito generale: la storia di un bambino che faceva la prima comunione nella sua diocesi, figlio di genitori entrambi divorziati e risposati e quindi esclusi dall'eucaristia. Il bambino allora, nel ricevere l'ostia, ne ha staccato due pezzetti e li ha dati ai suoi genitori.
Grande emozione in aula. Una storia vera che forse più di ogni disquisizione teologica ha segnato il dibattitto sui divorziati risposati, il nodo centrale di questo Sinodo, il terreno di scontro tra conservatori e progressisti, segnato anche da vicende avvolte da un alone di mistero, come la lettere dei 13 cardinali tradizionalisti al Papa, lettera di cui ancora non è chiaro l'elenco dei firmatari e tantomeno il testo. Il Papa non interviene e ascolta, ma intanto ha rilasciato un'intervista a «Paris Match»: «Sono sempre stato un prete di strada» ha detto, e anche ora «mi piacerebbe passeggiare per le strade di Roma, città così bella. Mi piacerebbe mangiare una buona pizza con gli amici ma so che non è facile, anzi praticamente impossibile». Il Sinodo va avanti e il tema dei divorziati, lasciato un po' in sordina per una settimana, è tornato a monopolizzare le discussioni, in vista della stretta finale di settimana prossima, quando verrà redatta la relazione finale da consegnare la Papa. Nel briefing quotidiano diretto da padre Federico Lombardi è stato spiegatoche il tema dei divorziati è particolarmente significativo perché «cristallizza più di altre questioni i diversi approcci che si esprimono in questa assemblea, come peraltro l'anno scorso, tra chi sottolinea che il ruolo della Chiesa non è aderire all'opinione pubblica o politica, ma essere fedele al Signore, e chi dice che la Chiesa è accanto alla gente malgrado i loro fallimenti senza per questo tradire la dottrina, e chi fa appello alla prudenza e mette in guardia dall'adozione di soluzioni rapide che rischiano di aumentare la confusione generale e turbare i fedeli». Le differenze di visione sono le più disparate, ma c'è accordo nell'escludere l'approccio del "o tutto o niente" da entrambe le parti, ammesso che gli schieramenti siano due. Mentre risulta sempre più distante la soluzione "penitenziale" prefigurata un anno e mezzo fa dal cardinale tedesco Kasper - molto stimato dal Papa - sta emergendo con chiarezza la proposta di andare verso un «approccio personalizzato sulla condotta dei vescovi diocesani», viste anche le differenze tra le varie parti del mondo di come questa situazione viene vissuta. Si va verso una sorta di «federalismo dottrinale»? «Qualcuno dice che ricevere la comunione in un paese potrebbe essere un sacrilegio e in un altro potrebbe essere un'opportunità o una causa di grazia, ma siamo una Chiesa unita: tante teologie, tanti e diversi metodi di preghiera, di devozione, ma c'è un'unità essenziale sulla dottrina e sui sacramenti» dice a Radio Vaticana il cardinale George Pell, prefetto dell'Economia e considerato uno dei capifila dei conservatori . In molti sono intervenuti in difesa e per una chiarificazione della dottrina cattolica sul matrimonio e la famiglia, dicendo che «è necessario riassumere in modo chiaro e univoca la visione cristiana del matrimonio, sottolineando che la Chiesa non ha l'autorità o il potere di cambiare la parola di Dio». Per altri la Chiesa non può escludere permanentemente alcuni fedeli dai sacramenti, «perché - è stato detto al briefing - non siamo funzionari di dogana che controllano la purita' dei cristiani». Grande confronto quindi, come ha chiesto il Papa, che tuttavia aveva anche ricordato che quello dei divorziati non è il solo tema sul tappeto. Ma di certo è quello su cui non c'è consenso unanime, come lo sarà quando si parlerà di coppie gay. Per l'arcivescovo Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, per risolvere il problema dei divorziati «la via è quella di camminare in profonda comunione con Papa Francesco, con il primato del Vangelo e della grazia, con la gradualità». Manca ancora una settimana, e la discussione è molto vivace. Intanto si rendono chiare le posizioni, anche per blocchi di paese: Stanislaw Gadecki, presidente della conferenza episcopale polacca, ha ribadito che l'episcopato polacco ha «escluso» l'ipotesi della comunione ai divorziati risposati.
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-il-simbolo-del-sinodo-l-ostia.html
Divorziati risposati, le cento declinazioni dell'accoglienza. Commuove la storia del bimbo che divide l' ostia coi genitori Avvenire
(Stefania Falasca) «Una delle cose più difficili da capire, per tutti noi cristiani, è la gratuità della salvezza in Gesù Cristo… Dio dice che Lui è come una madre con noi; amore, orizzonti grandi, senza limiti. Non ci lasciamo ingannare dai dottori che limitano questo amore». Con queste parole Francesco ha aperto ieri la giornata da Santa Marta mentre a breve nel vivo della discussione entrava il tema della Comunione per i divorziati risposati.
Le relazioni dei padri in aula sinodale sulla terza e ultima parte del documento-base si sono concluse nel pomeriggio. «Anche se non è stato l' unico oggetto di discussione» ha sottolineato Romilda Ferrato, uno dei collaboratori in lingua francese del direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi nel briefing quotidiano multilingue sull' andamento dei lavori assembleare, «bisogna riconoscere che la questione dell' accesso alla Comunione per le coppie dei divorziati risposati è tornata ampiamente nella valanga degli interventi delle ultime ventiquattro ore». Fino a ieri mattina, sono stati novantatré gli interventi in aula prima di tornare a dare la parola ai tredici gruppi di lavoro linguistici, i Circuli minores, per l' ultima tranche di relazioni prima della conclusione. Senza strappi e in un clima di ampio confronto, il tema, ha sottolineato Romilda Ferrato, ha coagulato «più di altre questioni i diversi approcci che si esprimono in questa assemblea tra chi sottolinea che il ruolo della Chiesa non è certo aderire all' opinione pubblica o politica, ma essere fedele al Signore, che la Chiesa è accanto alla gente malgrado i loro fallimenti senza per questo tradire la dottrina, chi fa appello alla prudenza e mette in guardia dall' adozione di soluzioni generalizzate. Le percezione delle opinioni espresse sono molto variegate, tanto che uno degli intervenuti ha detto di aver percepito una gamma di tonalità da zero a cento». Tra le diverse accezioni in molti sottolineano che non si tratta per nessuno di un accesso indiscriminato alla Comunione e si cerca di proporre un approccio personalizzato, di accompagnamento verso queste persone che gli stessi pastori sono chiamati a seguire. In merito alla via penitenziale il cardinale messicano Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla, intervenuto al briefing, ha ricordato che «si tratta di un percorso, analogo a quello presente nelle Chiese ortodosse, che prevede un pentimento per accettare gli errori compiuti e iniziare un nuovo cammino». Stanislaw Gadecki, arcivescovo di Poznan e presidente della Conferenza episcopale polacca, da parte sua ha invece ribadito che l' episcopato polacco ha «escluso» l' ipotesi della Comunione, facendo riferimento all' Esortazione apostolica Familiaris consortiodel 1981, sottolineando che i divorziati risposati «non sono scomunicati, ma non bisogna illudere, che ci sono molteplici modi di partecipare alla vita della Chiesa» e a volte «chi è escluso dalla comunione ha un desiderio dell' Eucaristia più forte di chi può accedervi». Alcuni dei padri sinodali in aula, ha ripreso Bernd Hagenkord, collaboratore di padre Lombardi per la lingua tedesca, «sono intervenuti in difesa della dottrina cattolica sul matrimonio, affermando che è necessario riassumere in modo chiaro e univoco la visione cristiana, sottolineando che la Chiesa non ha l' autorità o il potere di cambiare la parola di Dio. Altri hanno invece rilevato che seguendo l' insegnamento di Gesù la Chiesa non può escludere permanentemente alcuni fedeli dai sacramenti, perché non siamo funzionari di dogana che controllano la grazia di Dio e la purità dei cristiani». Si è trattato, ha riassunto Hagenkord, di «molti, molti interventi». Don Manuel Dorantes, collaboratore al briefing per la lingua spagnola, ha riferito di un padre sinodale intervenuto per raccontare il caso singolare di una Prima Comunione nella quale un bambino di sua iniziativa ha provveduto a spezzarla in due, dandone metà ai genitori che lo accompagnavano, che essendo divorziati risposati non potevano riceverla. C' è chi ha rilevato che la parola 'perdono' non ricorre come dovrebbe nell' Instrumentum laboris e chi ha richiamato san Tommaso d' Aquino nell' applicare i principi con saggezza rispetto alle singole situazioni.
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-divorziati-risposati-le-cento.html
La Stampa
(Andrea Tornielli) È stato soltanto un gesto. Un piccolo gesto. La decisione di un bambino. Non sopportava, nel giorno della sua prima comunione, che il suo papà e la sua mamma non potessero accostarsi all' eucaristia. È così, là dove non sono arrivati i canoni, le leggi ecclesiastiche, le controversie dottrinali, è arrivato un semplice desiderio. Il desiderio di un figlio: il suo gesto spontaneo che dà carne e sangue alla parola «comunione». Non è dato sapere quali effetti avrà e nemmeno se ne avrà. Ma di certo ha fatto breccia nel cuore di molti.
Da due giorni al Sinodo si dibatte sulla questione più controversa, quella della possibilità di concedere, a determinate condizioni, la comunione ai divorziati risposati. Ieri un vescovo latino americano è intervenuto per raccontare un episodio a questo riguardo. Un bambino figlio di divorziati e risposati ha fatto la prima comunione, e nel momento in cui si è avvicinato all' altare per ricevere dal sacerdote l' ostia consacrata, accompagnato dal papà e dalla mamma che non potevano riceverla come lui, l' ha presa, l' ha spezzata in tre parti e due le ha offerte ai genitori. Sono state parole «emotivamente forti», ha raccontato don Manuel Dorantes, sacerdote che collabora ai briefing quotidiani per i giornalisti sul Sinodo. Un episodio che racconta come i padri sinodali tengano presente il vissuto delle persone e si confrontino con questo cercando tutte le vie possibili di soluzione. Sono stati già 93 fino a ieri mattina gli interventi in aula dedicati alla terza parte del documento preparatorio. Interventi sempre «costruttivi e di qualità» hanno fatto emergere i diversi approcci alla questione dei divorziati risposati, tra chi sottolinea che il ruolo della Chiesa non è aderire alle pressioni dell' opinione pubblica e chi dice che la Chiesa è accanto alle persone malgrado i loro fallimenti «senza per questo tradire la dottrina». C' è chi mette in guardia «dall' adozione di soluzioni rapide che rischiano di aumentare la confusione generale e turbare i fedeli» e chi sottolinea che «seguendo l' insegnamento di Gesù la Chiesa non può escludere permanentemente alcuni fedeli dai sacramenti, perché non siamo funzionari di dogana che controllano la purità dei cristiani». Tra i due atteggiamenti, quello più aperturista e quello che non ritiene possibile alcuna apertura, in molti sottolineano che «non si tratta per nessuno di un accesso indiscriminato alla comunione ma di proporre un approccio personalizzato sulla condotta dei fedeli guidato dai vescovi diocesani». «Tutti diciamo di dover essere misericordiosi, di dare un posto a loro, membri della nostra Chiesa che non sono mai stati scomunicati - ha spiegato il cardinale messicano Norberto Rivera Carrera - È il nostro obbligo da pastori uscire incontro a queste persone, che vivono una situazione difficile. Sono chiamati alla santità anche in queste situazioni particolari, molte volte irreversibili perché hanno creato un' altra famiglia, e la Chiesa non può chiedere loro di separarsene perché hanno già un' altra famiglia». Un altro cardinale, lo svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per l' unità dei cristiani, ha spiegato che su alcuni temi ci potrebbero essere proposte di soluzione a livello regionale continentale che tengano conto dei diversi contesti. Mentre il segretario speciale del Sinodo, l' arcivescovo di Chieti Bruno Forte ha detto a Radio Vaticana di credere che si «potrà trovare un consenso ampio» e sarà poi il Papa «a definirne le forme in materia concreta».
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-l-ostia-spezzata-dal-bimbo-in.html
Ma poi, sarà vera sta storia? O non sarà un Incidente del Tonchino ad usum Bergoglii?
RispondiEliminaCredo anch'io così..
EliminaInizialmente avevo messo come titolo "False flag".. la nuova bandiera del Vaticano!
Evidentemente, se la storia fosse vera, a quel bambino non hanno spiegato che colui che si ciba del corpo e del sangue di Gesù indegnamente, si rende colpevole della morte di Gesù . I piagnistei non servono alla verità, ma al nemico di Dio per fare proseliti e portarsi le anime con lui all'inferno. jane
RispondiEliminaPer me è chiaramente una storiella inventata e inverosimile. Ma mi dà da pensare il fatto che i conciliari arrivino a tanto (ridicolo e patetico) pur di smuovere i padri sinodali, per altro considerandoli -loro si- dei bambini pronti a bersi qualunque lacrimosa favoletta. Secondo me sono davvero spaventati dalla prospettiva di non ottenere i risultati programmati. Dovranno ricorrere all'ennesimo golpe argentino
RispondiEliminaAnche per me, la storia del bambino non é vera, ma se anche fosse vera, é una di quelle situazioni di mancanza di rispetto per non dire di sacrilegio a cui il Corpo di Nostro Signore Gesù viene trattato indegnamente da quando l'Eucarestia si riceve sulle mani. Quando la Santa Comunione si riceveva inginocchiati alla balaustra tutto questo non accadeva.
RispondiEliminaPurtroppo siamo arrivati a vedere sacerdoti e "ministri dell'eucarestia"della nuova chiesa conciliare distribuire le particole consacrate come fossero cioccolatini, nei bicchierini di plastica , o seduti al tavolino con una tazzina di caffe .