"L'anticristo procurerà la fine della Messa ... e ci riuscirà!"!
La fine del Cristianesimo ...
"Se il Signore ha promesso che le porte degli inferi non avrebbero prevalso contro la Chiesa non ha mai detto che non avrebbero prevalso verso i suoi singoli membri" (Beato Papa Pio IX).
«Carissimi, è veramente cambiato tutto e niente è più come prima! Questo è un dato di fatto che nessuno, - se non chi si mangia il cervello - può negare! Nulla è più come prima. Da cosa... si vede? Dal rifiuto della croce! Questa cosa non cambia un aspetto del cristianesimo ma cambia tutto. Chi ha vissuto la vita delle parrocchie negli ultimi anni ha visto che l'accento, la sottolineatura, è tutta sulla resurrezione, perchè tu sei già stato salvato da Cristo e devi diventare cosciente di questa salvezza. Credo che nessuno possa negare di aver sentito questo. Anche chi vuole rimanere in continuità con il passato della Chiesa di fatto legge il passato alla luce di questa accentuazione spropositata sulla resurrezione e con una negazione di fatto della croce, della croce e della sofferenza. Non sopportiamo più la croce, non sopportiamo più la nostra croce e perciò non sopportiamo più la croce di Cristo. Non credo ci siano degli ideologizzati contro la croce di Cristo, ma abbiamo di fatto paura della nostra sofferenza e quindi rifiutiamo la croce di Cristo.
«Carissimi, è veramente cambiato tutto e niente è più come prima! Questo è un dato di fatto che nessuno, - se non chi si mangia il cervello - può negare! Nulla è più come prima. Da cosa... si vede? Dal rifiuto della croce! Questa cosa non cambia un aspetto del cristianesimo ma cambia tutto. Chi ha vissuto la vita delle parrocchie negli ultimi anni ha visto che l'accento, la sottolineatura, è tutta sulla resurrezione, perchè tu sei già stato salvato da Cristo e devi diventare cosciente di questa salvezza. Credo che nessuno possa negare di aver sentito questo. Anche chi vuole rimanere in continuità con il passato della Chiesa di fatto legge il passato alla luce di questa accentuazione spropositata sulla resurrezione e con una negazione di fatto della croce, della croce e della sofferenza. Non sopportiamo più la croce, non sopportiamo più la nostra croce e perciò non sopportiamo più la croce di Cristo. Non credo ci siano degli ideologizzati contro la croce di Cristo, ma abbiamo di fatto paura della nostra sofferenza e quindi rifiutiamo la croce di Cristo.
La scomparsa della Passione come fatto reale! Ricordate lo scandalo per il film di Mel Gibson alcuni anni fa? "The Passion"... non si può più parlare della Passione come fatto reale! Oggi la sottolineatura non è più sulla sofferenza del Signore, reale, morale, fisica, ma sull'insegnamento che questa sofferenza può dare. Non dico che questo sia sbagliato, ma l'ultimo recupero nell'annullamento della Passione e della croce del Signore è che ha un insegnamento morale, ci insegna come si vuol bene... della sofferenza reale mai! Questo è il grande tabù! Cosa ha fatto il Signore? Ha suscitato nella storia della Chiesa nel momento più tragico della sua storia un santo che ha fisicamente vissuto la Passione lungo tutta la sua vita sacerdotale. La Messa di Padre Pio la s capisce con il sangue di Padre Pio! Una ferita che non si chiude dà fastidio, immaginate tutta una vita con le stigmate! Cosa c'è di meno proponibile alla chiesa di oggi di un sangue che non si ferma? Di un sangue che non fermandosi, blocca la vita di un prete!
Perchè Padre Pio non ha vissuto una vita che un frate come lui avrebbe dovuto vivere. Questa cosa qui non c'è niente da fare scandalizza: ha scandalizzato la Chiesa lungo decenni ed è un terribile giudizio per noi oggi, perchè c'è il rischio, che han gia fatto, è quello di annullare Padre Pio facendone un santo di ALTRO, ma non della Passione. Noi abbiamo una grazia in più rispetto ai fedeli che affollavano la chiesa di S. Giovanni Rotondo quando era in vita Padre Pio, perchè loro non potevano valutare tutta la gravità della crisi che era in atto, noi oggi si. Basta avere un po' di sincerità di cuore e un po' di intelligenza, che Grazie a Dio, Dio ci ha dato. Padre Pio di fatto ha vissuto ininterrottamente la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo nella sua carne! E questo ha anche risvolti morali: cosa dice questo? Che la Passione di N.S. Gesù Cristo non è finita.
Certo in se è sufficiente, sappiamo bene che la teologia dice questo, ma di fatto N.S. vuole associare a sé le anime alla sua Passione per associarle anche alla sua redenzione. Fatto ancora più grave, N.S. Gesù Cristo vuole essere aiutato nella redenzione del mondo da sua creature, da poveri peccatori che vengono resi partecipi della sua Passione, questo è stato vissuto in modo mistico reale da P Pio ma questa è la vocazione di ciascuno di noi. Questa il cuore della Messa di sempre, della Messa cattolica. Tutto è cambiato! Non si è voluto più questo: NS Gesù Cristo ci ha già salvato, ora applichiamo i frutti della sua salvezza: questo è il nuovo vangelo ma questo non è il vangelo cattolico, questo è il vangelo protestante: questo è Lutero! E' cosi vero che hanno dovuto cambiare la Messa perchè la Messa di sempre non poteva permettere un cambiamento del cristianesimo di questa portata. Non c'è niente da fare! E' cosi vero: noi siamo imbarazzati di fronte al fatto che Dio chieda la sofferenza, che Dio chieda la sofferenza a un uomo: Padre Pio da Pietrelcina! Perchè? Perchè è necessario che ci sia qualcuno che venga immolato con Gesù Cristo NS per la redenzione delle anime. A Fatima, mi ha colpito, la Madonna chiede a quei bambini il sacrificio per fermare la guerra, per cambiare le sorti dell'umanità!
Chiede il sacrificio!!! Questo è insopportabile oggi! Vi parleranno di Fatima ma non vi parleranno del cuore di Fatima che è la RIPARAZIONE! Avete mai visto nel nuovo Messale la Messa del S. Cuore? Hanno lasciato l'orazione tradizionale che dice che dobbiamo compiere una giusta riparazione, ne hanno messa a fianco un'altra, a scelta libera. Perchè? Perchè è insopportabile! Non sopportiamo più questo. Bisogna reagire! Non si può più accettare un camuffamento del cristianesimo di questo tipo perchè ha toccato il cuore della Fede. Amici cari è questione di vita o di morte: se uno non accetta la croce finisce ateo. Finisce senza Dio! Non perde un aspetto del cristianesimo. ha perso Dio stesso perchè Dio ha deciso di soffrire per la nostra salvezza. La più grave bestemmia che possa esistere è il rifiuto della croce. Quella di Cristo e la nostra. La Chiesa ha ancora imbarazzo oggi di Padre Pio perchè tutta la sua vita non avrebbe senso se non dentro la Messa di sempre e dentro il Cristianesimo della tradizione. Non hanno capito la sua vita e il disegno di Dio su di lui e quindi anche su di noi. Vi dico sinceramente o la Messa è una azione reale, è la stessa Passione (questa è la dottrina cattolica di sempre ed è la vita di P Pio) o la Messa diviene una preghiera intensissima nella quale GC è in qualche modo presente - ammettiamo che siano anche i cattolici più convinti della presenza reale del Signore e non dei semi protestanti - è presente il Signore, noi gli facciamo qualcosa attorno?! Poi tu devi destare tutta una serie di sentimenti tuoi e di preghiere tue e di impegno tuo, tra le quali la carità. Verissimo, chi nega la carità? Saremo giudicati sulla carità! Ma non è questa la Messa! Io insisto non è questa la Messa! La Messa è la Passione di NS perchè "senza la sua Passione la carità per me non è possibile!" (Rosmini).
Se la Messa non è la Passione di Gesù piano piano diventa una presenza morale quella del Signore! Poi tu sei li che cerchi di stare con Gesù facendo del sentimento e della preghiera per destare delle buone intenzione e cosi hai compiuto la fine della presenza del Signore e la distruzione della vita cristiana. Ora voglio spezzare una lancia a favore dei preti. Voi dovete avere una grande carità nei confronti dei sacerdoti perchè non sono stati loro a cambiare la Messa. Un sacerdote da la vita per la Messa e se gli cambiano la Messa gli han distrutto la vita. Io ho una grande stima verso i sacerdoti perchè un miracolo se vivono ancora cosi. Gli hanno tolto tutto! Qui vi chiedo di comprendere fino in fondo il dramma. L'hanno fatto il presidente di un'azione di preghiera che dice: Gesù è presente, ci vuol bene, ora dobbiamo voler bene agli altri etc. ma vi immaginate? E' un training autogeno, un auto convincimento... questa non è la Messa! E' cosi vera la Messa di P Pio, la Messa cattolica, che il Signore ha dato la sua Passione a un uomo per 50 anni, per dirci "Attenti! Non è con dei moralismi che vivi il cristianesimo". E' cosi vero che cosa han dovuto fare della Messa? Una continua meditazione! Se uno va alla Messa "nuova" deve fare della meditazione. Avete mai visto il video dell'ultima Messa di P Pio? E' un uomo che è Gesù in quel momento! La gente partecipa unendosi moralmente e cantando ma la Messa non la fanno quelli che assistono! La fa Padre Pio! La Messa "nuova" è basata non più sull'azione reale ma sulla meditazione personale. Questa è la fine del cristianesimo!
Voi immaginate i poveri preti: ci hanno tolto questo. Di cosa viviamo? Di cosa vivremo? Ma hanno tolto anche alle anime questo: come fa uno a rimanere fedele tutta la vita al suo matrimonio? Come fa ad accettare le gioie e le sofferenze di una vita? Come fa ad accettare la malattia e la morte se non dentro questa azione di Cristo? Padre Pio dice: il mio compito finirà quando finirà la S. Messa nel mondo" adesso mi son venuti i brividi perchè mi è venuto un pensiero che forse non è un pensiero ortodosso: muore alla vigilia (1968)! Muore alla vigilia... so che sono gravi le cose che dico. S. Alfonso M. de Liguori, andatevelo a leggere, il grande santo della Misericordia di Dio, del tu scendi dalle stelle, dice: "L'anticristo procurerà la fine della Messa ... e ci riuscirà!"!»
di Don Alberto Secci, sacerdote
di Don Alberto Secci, sacerdote
http://muniatintrantes.blogspot.it/2015/11/lanticristo-procurera-la-fine-della.html
IL SENSO DELLA DOMENICA
Perdere il significato cristiano della domenica equivale a perde la propria anima. Dobbiamo impedire che la domenica diventi la celebrazione del Diavolo: per salvare le nostre anime, attualmente in gravissimo pericolo di Francesco Lamendola
Uno dei segni più evidenti, e tuttavia più silenziosi, e passato quasi inosservato, della marcia trionfale della globalizzazione verso l’appiattimento, l’omologazione e la desacralizzazione del mondo, è stata, senza dubbio, la cancellazione della domenica in quanto tempo sacro contrapposto al tempo profano; cancellazione che si è consumata nel giro di pochi anni e che, salvo qualche voce isolata e perfettamente inascoltata, è passata come fosse la cosa più naturale del mondo, mentre, di fatto, ha abolito una tradizione millenaria, fra le più caratterizzanti della nostra civiltà.
Come dire che se n’è andato un pezzo della nostra anima, del nostro passato, della nostra tradizione, senza che nessuno fiatasse; senza che la Chiesa facesse udire una parola chiara e inequivocabile, a partire dal più alto livello gerarchico; e senza che il mondo della cultura, non solo cattolico - perché la cultura è un fatto umano e riguarda tutti i membri della società – si ribellasse o avanzasse la più blanda riserva, o mostrasse la più timida perplessità. Nessun intellettuale, né cattolico, né laico, ha trovato scandalosa, o anche solo inopportuna e discutibile, la cosa; tutti, o quasi tutti, complice la crisi produttiva che sembra giustificare qualsiasi strategia volta a restituire forza alla domanda interna – a far ripartire i consumi, in parole povere - hanno trovato la cosa quanto mai naturale: il fatto, cioè, che la Nuova Famiglia Italiana (o quel che di essa rimane) non vada più a celebrare la domenica alla Santa Mesa, pregando e raccogliendosi nella riflessione sui valori morali, oppure che si conceda un meritato riposo o una sana distrazione, magari andando a trovare i parenti anziani o i propri cari defunti; ma che essa si rechi nel tempio pagano per eccellenza: il Supermercato, il Concessionario automobilistico o, meglio ancora, il Centro commerciale, ove si è sollecitati a spendere il più possibile, così, irrazionalmente, anche senza avere un vero bisogno, e ad adorare istintivamente tutte quelle merci scintillanti, quei vestiti, quei televisori, quei computer, quei prodotti cosmetici che promettono l’eterna giovinezza.
L’abolizione della sacralità domenicale e la trasformazione della festività religiosa settimanale nella celebrazione di un edonismo neopagano senza freni né limiti, nella quale, liberi dagli impegni di lavoro, ci si immerge integralmente nel banchetto consumistico, o trascurando la propria famiglia, o, peggio ancora, trascinando la famiglia, a cominciare dai bambini, nel clima perverso di una cieca adorazione delle cose, ha segnato un punto di non ritorno nella nostra visione spirituale della vita; per essere più precisi, ha segnato la distruzione della visione spirituale per sostituirla con una visione grettamente materialistica, edonista e utilitarista, al centro della quale non in vi sono più gli affetti, i valori e la trascendenza del sacro, ma una servile e mortifera divinizzazione degli oggetti, un culto irresponsabile e delirante dell’acquisto, dell’esibizione e dello spreco di sempre nuove merci quali rozzi surrogati dei beni spirituali.
Possiamo distinguere almeno tre distinte componenti in questo evento: la componente culturale, quella giuridica e quella morale.
Da una prospettiva culturale, si tratta del punto d’arrivo di tutta una linea di tendenza della nostra società, sempre più suggestionata dal modello americanista, stregata e sedotta dai suoi miti e dai suoi riti: un esempio per tutti è stato la sovrapposizione, incoraggiata da genitori, maestre e altri adulti, alla commemorazione dei defunti, pia tradizione cristiana ad alto contenuto spirituale, con la festa neopagana, malvagia e satanica di Halloween, la notte delle streghe, dei fantasmi e dei vampiri, nella quale bambini e adolescenti sono sollecitati a tirare fuori la propria parte peggiore, anche con atti di inciviltà e vandalismo, esercitando forme di minaccia e di ricatto nei confronti del prossimo e immergendosi in un clima di trasgressione alquanto diseducativo.
Dal punto di vista giuridico, abbiamo assistito, sotto la presidenza del massone Mario Monti, un presidente non eletto dal popolo italiano, ma nominato sotto la pressione di poteri forti finanziari – gli stessi che, guarda caso, sono interessati alla soppressione della domenica in quanto festività cristiana -, alla abolizione del divieto di apertura festiva degli esercizi commerciali. Tutti coloro che hanno almeno una quarantina d’anni ricorderanno come anche questa tendenza fosse già in atto, e che già da alcuni anni questo o quel supermercato aprisse le porte alla domenica, magari dopo averlo annunciato sulla stampa locale, per poi subire una ispezione da parte della Guardia di Finanza ed essere pesantemente multato. Quindi la decisione del governo Monti ha trovato il terreno preparato da una opinione pubblica, o, quanto meno, da una parte della Confcommercio, che vedevano l’obbligo di chiusura settimanale come una camicia di forza imposta dalle pubbliche autorità, e, pertanto, come un ostacolo da rimuovere quanto prima.
Dal punto di vista morale, infine, e specialmente dal punto di vista della morale religiosa, si è trattato di uno degli eventi più traumatici che abbiano colpito la nostra società, anche se, lo ripetiamo, esso non è apparso tale, perché si è imposto nell’arco di pochissimo tempo e senza quasi che la coscienza collettiva abbia avuto modo di registrarne l’impatto. Per la vita dell’anima, per il suo bisogno di raccoglimento e di silenzio, per i valori negativi che tale trasformazione comporta, non esitiamo a dire che si è trattato di una autentica catastrofe, i cui effetti non saranno meno funesti per il fatto di non essere chiaramente riconoscibili e valutabili. Ma è certo che, in una situazione complessiva della nostra società che già vedeva limitati al massimo gli spazi, anche esteriori, della preghiera, della spiritualità, del sano e doveroso colloquio dell’anima con se stessa (e, per i credenti, con Dio), la chiusura dello spazio più importante, anche per il suo valore simbolico, e, peggio, la sua profanazione e la sua riconversione in uno spazio violentemente, aggressivamente consumistico, non farà che peggiorare lo stato di angustia, di anemia, di disgregazione e sfarinamento spirituale e morale in cui egli versa, aggravando il male fondamentale dell’uomo contemporaneo: l’alienazione dal suo centro interiore.
Ci paiono quanto mai pertinenti le osservazioni con le quali il teologo Raimondo Spiazzi – nato nel 1918, morto nel 2002, domenicano, studioso prestigioso e infaticabile, autore di oltre 2.500 pubblicazioni, molte delle quali di cristologia e di mariologia - concludeva un ampio ragionamento sul significato cristiano della festività domenicale (in: R. Spiazzi, «Scientia salutis. I fondamenti teologici del ministero pastorale» (Edizioni Romane Mame, 1960, pp. 201-203):
«Verso la pienezza della visione in una gloria senza veli tende l’anima cristiana e gravita tutto il cristianesimo. Secondo san Tommaso […], la Nuova Legge, che è perfettiva dell’Antica, è a sua volta provvisoria e imperfetta per rapporto all’ultimo stadio dell’umanità, la partecipazione perfetta alla vita divina nei cieli. Il Cristianesimo è pertanto essenzialmente escatologico e finalistico, è la religione dell’aldilà, che dà all’anima una tensione ultraterrena, anche se non proscrive le cose dell’al di qua, ma insegna a usarne in ordine al cielo (1 Cor., 7, 31).
La domenica è il girono speciale in cui si pensa e si agisce in modo speciale in vista del cielo. È l’”ottavo giorno”, il giorno cioè della nuova creazione, inaugurata da Cristo con la sua resurrezione e pervasa da energie divine comunicate dallo Spirito che “rinnova la faccia della terra”. Qui come in cento altri aspetti della vita della Chiesa che si svolge nel mondo tra l’Ascensione la Parusia, si riscontra la presenza di un elemento di commemorazione e di un elemento di attesa e di speranza. Viene commemorata la risurrezione di Cristo e si riaccende l’attesa fiduciosa della seconda venuta, , nella speranza del trionfo finale. I due elementi anzi si uniscono in una sintesi, poiché la Chiesa fa passare i suoi figli al Regno dove hanno compimento le loro speranze, attraverso la partecipazione al mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Il senso anagogico (come ha detto San Tommaso) della domenica è quello di un giorno in cui la vita cristiana viene sempre più orientata verso la gloria eterna e fatta già inizialmente partecipe della gioia, pace, libertà spirituale, lode di Dio che è retaggio dei giusti in cielo.
Nella domenica pertanto si costruisce veramente la Gerusalemme celeste, la Chiesa come città del cielo, composta di pietre vive, prese dalla terra ma levigate e aggiustate per la costruzione celeste. Il popolo sacerdotale approfondisce in quel giorno la propria sacralità. Celebra i fasti della propria regalità divina. Dà a Dio la testimonianza della sua fedeltà e della sua rispondenza alla vocazione eterna con cui è stato chiamato. I fedeli cessano in quel giorno di essere gli uomini della macchina, del lavoro, dell’agitazione terrestre, per entrare nei padiglioni di Dio quasi godendo, nella contemplazione e nella partecipazione ai divini misteri, un anticipo del riposo eterno.
È la Chiesa che con tutti i suoi membri si esprime come Sposa che chiama insistentemente e ardentemente lo Sposo: Vieni, Signore Gesù! (Apoc., 22, 17, 20). E in questo chiamarlo, con ansia sempre nuova, già a lui si dona, sempre più, si trasforma in lui, diventa suo possesso, suo Corpo, in modo sempre più perfetto, finché venga il giorno pieno. Così si compie il mistero della domenica, in ci si concentra il mistero stesso della Chiesa, come convocazione degli uomini in una celebrazione che è immagine e figura del riposo eterno, che è inizialmente offerto già adesso a coloro che sono diventati “partecipi del Cristo” (Ebr., 3, 14)., ossia di tutti i beni salutari presenti e futuri che egli ci concede “a questo patto: che teniam ferma sino alla fine la salda fiducia che avevamo da principio” (ib.).»
È chiaro, peraltro, che non dobbiamo commettere l’errore di confondere la causa con l’effetto e che, quindi, non dobbiamo pensare che la preservazione o, un domani, l’eventuale ristabilimento della sacralità domenicale (cosa comunque altamente improbabile) porteranno, di per sé, ad un ritorno delle persone verso una vita spirituale più autentica, vissuta in armonia con se stesse e non in funzione dei riti più ottusi e sfrenati del diabolico consumismo. Al contrario: è stato proprio l’allontanamento dell’uomo contemporaneo dalle sorgenti della vita spirituale a rendere possibile il “colpo di mano” del signor Monti e di tanti imprenditori, nonché di milioni di consumatori, dal quale è scaturito l’annientamento del significato religioso e cristiano della domenica.
La nostra presente riflessione vorrebbe essere aperta non solo ai credenti, ma a tutte le persone di buona volontà e di onesto sentire; vorremmo che ciascuna di esse riflettesse su cosa è andato perduto e su cosa è stato guadagnato dal cambiamento in questione. Non si tratta solo di aver sostituito lo squillo gioioso delle campane con il rumore disordinato del traffico automobilistico, il sacerdote con le commesse del centro commerciale, l’Eucarestia con la celebrazione dei riti neopagani del consumo compulsivo; è qualcosa di più e di peggio: è l’ulteriore, drammatico, e – forse - irreversibile allontanamento dell’uomo da se stesso, dal proprio centro di gravità.
Il centro di gravità dell’uomo è la vita dell’anima; per il credente, al centro della vita dell’anima c’è l’incontro con Dio – un incontro che ha bisogno di ritmi lenti, di silenzio, di riflessione, di quiete e di pace. Se l’uomo si allontana da quel centro, perde se stesso: e nessuna merce, nessun vestito firmato, nessun oggetto tecnologico di ultima generazione, riuscirà a riempire quel bruciante senso di vuoto, quella disperante sensazione di abbandono e solitudine. Uccidendo la domenica, l’uomo contemporaneo uccide se stesso: perché la domenica, il giorno del Signore, è anche il giorno in cui si celebra la sua più vera umanità, e in cui ciascuno va alla ricerca della parte migliore di se stesso. La parte migliore di un uomo o di una donna non si trovano fra le vetrine scintillanti dei negozi, ma nel dialogo con Dio e con i propri cari: quelli vivi e quelli che lo hanno preceduto sulla strada dell’eternità, e che non sono meno vivi per il fatto di esser divenuti invisibili.
Ecco, allora, che il sospetto di un grande complotto satanico ai danni dell’uomo contemporaneo, di cui la distruzione della festività religiosa domenicale è solo un anello, si fa strada con forza sempre maggiore: basta riflettere un poco, e ci si accorge che tutto torna, che certe coincidenze diventano significative e vanno a formare, come le tessere di un vastissimo mosaico, un disegno preciso, dai contorni inequivocabili. Accorgersi di questo, vuol dire essere già sulla strada della salvezza. Ecco perché dobbiamo impedire che la domenica diventi la celebrazione del Diavolo: per salvare le nostre anime, attualmente in gravissimo pericolo. Sappiamo bene che dire ciò significa passare per dei profeti di sciagura, per visionari e allucinati. Ma chi è a suggerire simili critiche, a ridicolizzare questo allarme? Egli ha un nome: è l’antico Nemico dell’uomo, che si serve dei suoi docili schiavi...
Perdere il significato cristiano della domenica equivale a perde la propria anima
di
Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
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