Postato da Cesare Baronio
In attesa del Papa, i vescovi italiani inaugurano “il nuovo stile sinodale”
Oggi Francesco parla al Convegno ecclesiale della Cei
L'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, ha tenuto la Prolusione del Convegno ecclesiale nazionale (Lapresse)
Roma. Ci sarà silenzio, questa mattina nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, a Firenze, quando il Papa terrà il suo discorso alla chiesa italiana riunita per il Convegno (gli stati generali) della chiesa italiana centrato sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Nove anni fa a Verona ci si interrogava sul lascito del ruinismo tramontante, sull’emergere di direttrici nuove e su quel che pensava l’allora Pontefice Benedetto XVI circa i destini della chiesa italiana.
Dionigi Tettamanzi, cui fu affidata la relazione introduttiva, provò a indicare un nuovo corso, con l’obiettivo di superare l’epopea di Camillo Ruini tornando indietro di decenni, a prima dell’assise di Loreto del 1985 con cui Giovanni Paolo II inaugurò una nuova stagione per la Cei. Tettamanzi citò espressamente le parole d’ordine del convegno ecclesiale di Roma (1976), esortando la platea a “tradurre il Concilio in italiano” e rievocando la difesa del Vaticano II fatta a suo tempo da Paolo VI contro chi lo accusava “di un tollerante e soverchio relativismo al mondo esteriore”. Il tentativo di superare Ruini fallì, la prolusione fu accolta da applausi di circostanza e definita dai più “generalista”. Stavolta, quasi un decennio dopo, tutto è cambiato. Il Papa, il mondo, la società italiana. Non c’era, ieri sul palco, il “progressista” Tettamanzi a tenere la prolusione, ma Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e “creatura” proprio di Ruini, di cui fu ausiliare e vicegerente a Roma. Ed è lui che ha anticipato l’inversione di agenda che Francesco aveva già abbozzato ricevendo i vescovi della Cei poco dopo l’elezione, nel maggio del 2013, in San Pietro e che oggi sarà resa esplicita, secondo quanto dicono coloro che sono più vicini al nuovo corso.
ARTICOLI CORRELATI Alla Cei lo scontro è Forte, se doveva essere la svolta post Ruini, non va Ma che silenzio c’è alla CeiD’altronde, due anni e mezzo fa il Pontefice esplicitamente delineò una via che prevedeva meno burocrati d’ufficio impegnati a vergare carte e documenti e più vescovi di strada, pastori “con l’odore delle pecore”. Nosiglia chiarisce subito che “non siamo qui per predisporre dei piani pastorali, né per scambiarci informazioni, neppure per partecipare a dotte conferenze o a un corso di aggiornamento: siamo qui per inaugurare uno stile”. E lo stile di cui parla è quello “sinodale”, che “deve accompagnare il lavoro di questi giorni e sarebbe già un grande risultato se da Firenze la sinodalità divenisse lo stile di ogni comunità ecclesiale. Il cammino ci consegna innanzitutto un metodo: non una mera metodologia, ma il desiderio di cercare e di crescere insieme per una chiesa capace di tenere il passato, ma di slanciarsi con forza e coraggio verso il futuro”.
di Matteo Matzuzzi | 10 Novembre 2015
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