ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 12 luglio 2021

La loro carta moschicida

L'agenda Lgbt, un collante ideologico per le élites Ue

I diritti civili e le libertà personali non c'entrano nulla nello scontro Ue-Ungheria. In nessuno stato dell'Unione, infatti, viene impedito ad alcuno di vivere come vuole la propria vita sessuale e affettiva. Quello che la catena di comando Ue difende a spada tratta è invece il potere delle organizzazioni Lgbt di indottrinare la società, che fa il paio con quello di definire “famiglia” qualsiasi aggregazione volontaria di soggetti.

L'attacco sferrato dai vertici dell'Unione europea contro il governo ungherese a causa della legge approvata dal parlamento di quel paese per proteggere i minori dalla pornografia e da contenuti indebitamente sessualizzati rappresenta l'emergere di uno scontro radicale all'interno della compagine comunitaria, destinato ad essere sempre più decisivo in futuro.

Non è un caso infatti che la Commissione e un numero così alto di Stati membri si siano pronunciati in maniera così netta contro il provvedimento, sostenendo che esso è addirittura in contraddizione con i princìpi fondamentali e i trattati dell'Unione, minacciando lo Stato magiaro di ritorsioni se non lo ritirerà, e addirittura ricattandolo sul piano economico con il ventilato blocco dei fondi del Pnrr.

Quello dei “diritti” Lgbt rappresenta infatti, in tutta evidenza, un elemento centrale, in questa fase storica, per le élites dell'Unione, un perno irrinunciabile del loro potere. Chi sostiene che l'Unione europea è un'organizzazione tenuta insieme essenzialmente da interessi economici sbaglia. Se è vero certamente che questi ultimi contano, e  che prevalgono in essa quelli dei paesi economicamente e politicamente più forti in una struttura gerarchica, è vero pure però che quello ideologico è un collante  irrinunciabile per assicurare la solidità e continuità di questa gerarchia. E l'ideologia oggi assolutamente caratterizzante le élites europee è il relativismo radicale, del quale le dottrine gender Lgbt rappresentano uno tra gli assi portanti.

Si tratta di un collante per loro talmente importante da rendere accettabile un conflitto estremo con Stati membri dell'Unione, che potrebbe portare addirittura, se spinto fino in fondo, ad un allontanamento di essi. Nella politica interna ed estera (almeno in parte, vedremo tra poco in che senso) dell'Ue oggi la promozione dell'agenda Lgbt, e più in generale di un'accezione iper-soggettivista dell'idea di autodeterminazione, è una priorità assoluta, che si va ad affiancare sul piano culturale con gli altri due elementi del relativismo radicale: il  multiculturalismo, con tutte le conseguenze connesse al (non) governo dell'immigrazione che ben conosciamo, e la “sostenibilità” ambientale - non a caso al centro di un programma di stimolo economico ideologizzato quanto mai come il  Pnrr – che sfocia nell'obiettivo della “transizione ecologica” fondata sulla “neutralità climatica”. 

Cosa unisce  questi tre punti? L'idea di una “relativizzazione” dell'Europa, della sua trasformazione in un'entità “fluida”, senza un'identità definita, in un mondo non più occidente-centrico. Un'idea pienamente condivisa con il progressismo d'Oltreoceano, e alla base pure della piattaforma politica globale dei Democrats statunitensi, da Obama all'attuale amministrazione Biden/Harris. 

Da tale punto di vista l'ideologia gender/Lgbt svolge un ruolo altamente paradigmatico. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato davanti al Parlamento europeo che la normativa recentemente approvata dal governo magiaro contraddice “i valori fondamentali dell'Unione europea: la protezione delle minoranze, la dignità umana, l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani”. I vertici del potere Ue, nell'attuale scontro con l'Ungheria, sostengono dunque di difendere i diritti civili delle persone omosessuali e transessuali. Ma se si guarda alla sostanza del dissidio è evidente che qui i diritti civili e le libertà personali qui non c'entrano nulla. In nessuno stato dell'Unione, infatti, viene impedito ad alcuno di vivere come vuole la propria vita sessuale e affettiva. Quello che la catena di comando Ue difende a spada tratta - e che paesi come l'Ungheria e la Polonia, ma anche altri dell'Europa centro-orientale, cercano di limitare – è invece il potere delle organizzazioni Lgbt di indottrinare la società, e in particolare le generazioni più giovani, all'idea che il “genere” è qualcosa di assolutamente soggettivo, legato esclusivamente ad una scelta personale, e non esiste alcun vincolo naturale all'autodeterminazione in tal senso. Un potere che fa il paio con quello, per loro egualmente essenziale, di definire “famiglia” qualsiasi aggregazione volontaria di soggetti, e di attribuire a tali soggetti la facoltà di “progettare” e adottare figli plasmandoli secondo i loro desideri senza alcun limite.

In altri termini, questa presunta difesa dei “diritti umani” è in realtà una ben precisa strategia che ha come suo obiettivo finale la relativizzazione e distruzione della famiglia naturale e l'abolizione pura e semplice della polarità maschile e femminile, per fare posto ad una società composta da individui totalmente “fluidi”, “ibridi”.

Che il conflitto non verta su alcun “diritto”, inteso nella tradizione del costituzionalismo occidentale, ma sulla attuazione di questo disegno nichilista e destabilizzatore è dimostrato eloquentemente dal fatto che l'Unione si guarda bene dal prendere posizione con altrettanta decisione nei confronti di tanti paesi, con i quali intrattiene consolidati rapporti politici ed economici, nei quali effettivamente, al contrario che in Ungheria e negli altri presunti “cattivi” Ue, le libertà individuali nel campo della vita sessuale e affettiva vengono strutturalmente violate: in particolare i paesi islamici, in cui ancora ovunque l'mosessualità viene considerata reato e viene punita con il carcere, o addirittura in alcuni casi con la condanna a morte. E dove spesso – per non dire quasi sempre – l'”uguaglianza di genere” e le “pari opportunità” per le donne sono un'utopia.

Ma è chiaro che le élites relativiste Ue, e quelle occidentali in generale, non hanno alcun interesse ad uno scontro con quei governi su questi punti. Perché l'islam rientra nel progetto ideologico “multiculturale” e ad esso vengono attribuite in virtù di ciò aree di “immunità” dai “valori” da esse promossi; e ancor più perché dei diritti autentici in realtà a loro importa ben poco. La loro strategia è attualmente innanzitutto quella di diffondere il relativismo radicale in tutte le aree del mondo permeabili al potere economico e politico euro-occidentale:  soprattutto Africa, estremo Oriente asiatico, Pacifico, America Latina. Una diffusione che avviene attraverso continui ricatti in tutto e per tutto analoghi a quello oggi agitato nei confronti dell'Ungheria, messi in atto dall'Onu, dal Fondo monetario internazionale, dall'Oms, e ora dalal stessa Amministrazione Usa: finanziamenti in cambio di indottrinamento Lgbt e “riforme” nel senso della destrutturazione familiare (aborto,  matrimoni gay).

E' quella che è stata recentemente definita, con riferimento proprio agli Stati Uniti, “diplomazia Lgbt”. E che qualche anno fa papa Francesco chiamò appunto, opportunamente, con il suo nome: colonizzazione ideologica.

Eugenio CapozzI

https://lanuovabq.it/it/lagenda-lgbt-un-collante-ideologico-per-le-elites-ue

SECONDO RUTTE, L’UNGHERIA DEVE ESSERE MESSA “IN GINOCCHIO”

Alla fine, l’Ungheria dovrebbe essere grata a Mr. Mark Rutte per la sua disadorna apertura quando attacca gli ungheresi, perché lui chiama le cose con il loro nome. Inoltre, la sua dichiarazione può diventare un corso di formazione politica per i liberali e globalisti.
Mark Rutte, primo ministro dei Paesi Bassi, ha dichiarato alla stampa liberale vassalla che l’Ungheria deve finalmente essere messa in ginocchio. Allo stesso tempo, Mark Rutte, come drammaturgo politico, ha mostrato (per molti di noi) con sorprendente precisione l’intera struttura nascosta e profonda della sua richiesta di mettere in ginocchio il governo di Viktor Orban e tutti gli ungheresi ribelli. Vi ricordiamo che il nostro coraggioso Mark Rutte è dal 1996 il responsabile delle risorse umane della società commerciale e finanziaria globale Unilever.

In questo momento, nei primi anni ’90, dopo il cambio di potere politico in Ungheria, in base al quale le strutture finanziarie occidentali distrussero o acquistarono per un misero prezzo, miniere, terreni agricoli e altre posizioni di valore del demanio del paese, in modo che questi “nativi-ungheresi” non avrebbero consumato i loro beni, che hanno creato con il loro stesso duro lavoro.
Dopotutto, il reddito della produzione e del commercio di queste ricchezze nazionali dovrebbe essere in un posto migliore, per esempio, nelle tasche dei top manager delle aziende transnazionali, ad esempio, a Mark Rutte, che a quel tempo costringeva attivamente i politici in molti paesi europei a praticare l’inginocchiarsi di routine per conto della sua azienda nativa e dei veri proprietari globali.

Probabilmente è per questo che negli anni è già diventato un vero esperto su questo tema. A nome dei “padroni del mondo inesistenti” per quasi tre decenni, Mark Rutte ha continuato a inveire sulla fantastica prestazione professionale del pacchetto Bush Sr. in Europa, in particolare sul fatto che molti popoli del vecchio continente, ad esempio gli ungheresi, dovrebbero essere grati per il sostegno dell’Europa e degli Stati Uniti per un “sistema libero di cambiare il tuo regime politico”. Nominalmente, Mark Rutte è ancora oggi il primo ministro dei Paesi Bassi come presidente del Partito popolare democratico libero.

Rutte da lezioni anche Conte

Sia lui che i suoi compagni d’armi hanno detto molte volte che l’Ungheria ha bisogno di essere messa in ginocchio perché, invece di ottimi principi liberali, il governo di Viktor Orban sta costruendo nella sua patria una sorta di impossibilmente oscuro, sistema omofobo, transfobico, nazionalista, razzista, antidemocratico e populista. Inoltre, gli ungheresi “vivono cinicamente e riposano sui loro soldi, inoltre, stanno anche derubando l’Unione Europea” (dumping fiscale), l’Ungheria di Orban è semplicemente inaccettabile per il governo liberale globale.
Abbiamo già detto più volte che il famoso politologo ed economista francese Tom Piketty ha dimostrato un paio di anni fa che l'”Occidente globale” ha saccheggiato senza pietà (e continua a depredare) i paesi dell’Europa orientale per decenni dopo il cambio di politica regime negli anni ’90.


La rete di agenzie dell’Europa occidentale del sistema di potere finanziario globale, che comprende molte banche, compagnie assicurative e multinazionali olandesi, ha sottratto e continua a sottrarre profitti e interessi dall’economia ungherese (oltre che da quella polacca, ceca e slovacca) in negli ultimi decenni, pari a circa 600 miliardi di dollari. Solo l’importo trasferito da queste strutture dall’Ungheria ai conti offshore è di 250 miliardi di dollari, una parte significativa dei quali finisce nei Paesi Bassi come la più grande lavanderia europea.
Pertanto, quando la stampa vassalla liberale afferma che l’Ungheria riceve “sovvenzioni generose” dall’Unione europea, dichiariamo responsabilmente che una parte modesta di questa quantità di denaro pompata viene effettivamente pompata indietro, ma una parte significativa anche di questa somma ricevuta dall’Ungheria dovrebbero essere immediatamente restituita sotto forma di ordini per società occidentali di strutture economiche globali.
In precedenza, Mark Rutte, essendo il segretario della famigerata organizzazione giovanile del suo partito politico nativo, ha invitato la televisione a legalizzare i rapporti sessuali con bambini e animali in Europa. Laszlo Maracz, un professore di Budapest che vive nei Paesi Bassi, ne ha parlato nel suo programma televisivo olandese, European News. Questo fatto della biografia di Mark Rutte è evidenziato da molti articoli sui giornali di quel tempo. A quanto pare il pubblico olandese pensa indecentemente alla vita privata del loro primo ministro.
Per sua stessa ammissione, Mark Rutte non ha moglie, né fidanzato, e in una delle sue interviste ha anche detto di non aver mai avuto una ragazza, perché semplicemente non aveva tempo per farlo. In un’altra intervista, ha trovato importante affermare di non essere omosessuale.
Quindi, è molto facile immaginare come e da chi sia possibile costringere l’Ungheria a inginocchiarsi ed escluderla dall’Unione Europea, ma prima forse dovremmo chiedere ai vertici delle multinazionali che operano in Ungheria e che ricevono profitti favolosamente alti, sono pronti a rinunciare ai loro soldi da fonti altamente redditizie.

Viktor Orban

Caro Mark Rutte, ci sembra che tu non possa prendere sul serio la tua affermazione, o almeno devi chiedere prima ai tuoi “maestri”. Noi ungheresi comprendiamo che un agente professionista come te vuole soddisfare gli ordini del suo padrone globale ad ogni costo.
Dr. Laszlo Bogar, Miklos Kevehazy, Ungheria, in esclusiva per News Front
Источник: https://news-front.info/2021/07/12/na-koleni-orban-na-koleni-vengry

È così? Ebbene, caro Mark Rutte, contiamo chi sta derubando chi.
Fonte: Источник: https://news-front.info/2021/07/12/na-koleni-orban-na-koleni-vengry

Traduzione: Sergei Leonov

https://www.controinformazione.info/secondo-rutte-lungheria-deve-essere-messa-in-ginocchio/

Aborto, Lgbt e gender. Quo Vadis Südtirol?


Dici Alto Adige e ti viene in mente un paese fatato, contornato dalle montagne più belle del mondo, dove tutto funziona e il tempo sembra essersi fermato. Promosso da forze esterne, è però iniziato da anni un magma sotterraneo che lentamente, a passo di alpino, è emerso alla superficie e intacca lo spirito e le membra della bella provincia. Le tradizioni resistono nonostante l’avanzare di una mentalità anti-identitaria. Molto è cambiato nella visione della vita. Basta sfogliare la stampa e si nota subito che, come peraltro avviene nella vicina Austria, i valori che hanno forgiato queste terre sono in parte un pallido ricordo.

Partiamo dalla vita nascente. Il tasso di natalità della provincia è pari a 9,9 nati vivi ogni 1.000 abitanti (dato del 2019), tuttora il più alto d’Italia, dove la media è di 7,2 nati vivi ogni 1.000 abitanti. La Provincia è generosa nell’elargire assegni di sostegno ai genitori e in favore della natalità. Parallelamente però, nel 2020, le interruzioni volontarie di gravidanza in provincia di Bolzano sono state 532, il 2,9% in più rispetto all’anno precedente. Raramente vengono rispettati e applicati i primi 5 articoli della legge 194, volti alla protezione della gravidanza e all’approfondimento delle ragioni del ricorso all’aborto. Sui media piuttosto ci si lamenta del numero troppo elevato di obiettori di coscienza. Il ricorso ai metodi contraccettivi vede l’Alto Adige al quinto posto nella classifica nazionale, capeggiata (manco a dirlo) dalle rosse Emilia-Romagna e Toscana. Sempre più spesso le mamme regalano alla figlia la pillola contraccettiva per il diciottesimo, talvolta anche sedicesimo compleanno. Per contrastare questa tendenza Pro Vita & Famiglia ha recentemente lanciato una campagna con l’affissione di manifesti alle fermate degli autobus a Bolzano e in altre città altoatesine. Nonostante il suo costante impegno su questo e altri fronti, affiancato da altre organizzazioni a difesa della vita, come Movimento per la Vita e Bewegung für das Leben, ben poco risalto viene dato loro.

Insieme a questi fenomeni va diffondendosi a macchia d’olio la cosiddetta cultura gender, così come accade in tutta Italia. La Provincia finanzia corsi e giornate per la diffusione di questa ideologia; la giunta, nella seduta del 29 ottobre 2019 e su esplicita richiesta del governatore Arno Kompatscher, ha votato l’adesione alla Rete RE.A.DY, la Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Furbescamente si era tentato di spacciarla per adesione “simbolica” ma il presidente Kompatscher si è affrettato a smentire il suo Vicepresidente nonché Assessore a Scuola e Cultura italiana, Giuliano Vettorato della Lega, che sosteneva questo, insieme al proposito di non organizzare manifestazioni e attività pro-gender.

Teoria gender che, come ben sappiamo, non solo vorrebbe entrare – e già lo fa abbondantemente – all’interno dello scuole, ma pone tutta una serie di rischi di abusi all’interno del mondo carcerario e in quello dello sport. Pericoli che in Italia sono rappresentati dal ddl Zan attualmente in discussione in Senato e che potrebbero diventare reali proprio come già avviene all’estero e come i seguenti esempi bene rappresentano. Basti pensare, infatti, alla vicenda di Karen White, maschio di 52 anni che si identifica come donna incarcerato in una struttura per donne e che ha abusato sessualmente di due detenute donne. Oppure il caso di Boyd Burton, divenuto Fallon Fox "campionessa" di arti marziali, trans, che finora ha combattuto come donna e ha dichiarato di aver fratturato con gioia il cranio di una sua avversaria.

Il Comune di Bolzano, inoltre, permette nelle scuole iniziative e la diffusione di materiale informativo delle organizzazioni LGBTQ, mentre già nel 2015, con una delibera della Giunta Comunale, la n. 68 del 18 febbraio, aveva fatto da apripista, seguita poi dai Comuni di Merano e Appiano. Lo stesso Comune, come se non bastasse, finanzia l’organizzazione omo-bi-transessualista Centaurus-Arcigay che, come riportato da questo quotidiano l’8 aprile scorso, ha percepito dall’ente pubblico 8.000 euro di contributi per l’anno 2021, il doppio dei 4.000 euro elargiti all’AIDO, l’associazione dei donatori di organi, all’AIL che sostiene chi è affetto da leucemie, linfomi e mielomi e al Verband Ariadne per l’aiuto ai malati psichici. Ai contributi hanno votato contro solo gli esponenti di FdI e il consigliere della Lega Roberto Selle.

Tutto questo quando l’ex candidato civico alla carica di Sindaco, sostenuto dall’opposizione di centro-destra, Roberto Zanin, aveva assicurato il suo pieno sostegno alle cause dei pro-life. Peraltro, per restare nel campo della politica, c’è da segnalare la vera e propria metamorfosi del partito di raccolta, la SVP. Da partito conservatore e di ispirazione cattolica è diventato il perfetto interprete e sostenitore del mainstream. Prova ne è che la Senatrice Julia Unterberger, sfegatata sostenitrice del ddl Zan, è diventata l’alter ego altoatesina della collega Cirinnà, paladina di tutte le cause del mondo LBGT.

Anche sul fronte dell’aiuto ai disabili non si sono fatti grandi passi avanti. Le famiglie dei ragazzi affetti da autismo ma anche gli anziani colpiti da patologie neurologiche non sono sufficientemente sostenuti. Unica lodevole eccezione è costituita dall’operato dell’Assessore Provinciale all’ Edilizia, il leghista Massimo Bessone. Nel solo 2020 ha varato importanti opere come la progettazione di una struttura per persone affette da autismo grave a Brunico, ha fatto approvare la cessione gratuita alla Comunità di Egna di sette vani per persone disabili, insieme a tante altre iniziative di sostegno all’educazione scolastica e alla ripartenza dell’economia dopo le chiusure dovute alla pandemia.

Insieme ad alcune luci, dunque, gravano le tenebre che cercano di attenuare il bagliore dei fuochi che, grazie agli epigoni dell’eroe della val Passiria, divampano ancora nella notte di Herz Jesu. 

di Francesco Avanzini – Referente Pro Vita & Famiglia Alto Adige

articolo già pubblicato su LaVoceDiBolzano.it

https://www.provitaefamiglia.it/blog/aborto-lgbt-e-gender-quo-vadis-suedtirol

Ci mancherebbe una legge che adesso ci “consente” di esprimere una opinione! E il diritto all’indignazione? Un no ragionato al Ddl Zan. Quello che abbiamo sentito che ha detto, Zan nega di aver detto


Il Ddl Zan è sbagliato perché ideologicamente orientato ad imporre un punto di vista di parte. Il Ddl Zan è pericoloso, non solo perché è liberticida e dannoso, ma perché nasconde il suo vero scopo: introdurre l’ideologia gender per legge e punire nonché educare chi la pensa diversamente. L’incertezza giuridica del cosiddetto “reato di omofobia” renderebbe l’applicazione della legge estremamente incerta, affidata all’interpretazione del giudice ed esponendo legittime affermazioni di libertà di opinione al rischio di essere tacciate di omofobia. Si tratta di rifiutare una legge che rischia di diventare un tribunale ideologico liberticida, senza alcuna reale tutela nei confronti delle persone omosessuali. Questa è l’opinione di Marco Zacchera [1], che riportiamo di seguito con un articolo Perché un no ragionato alla legge Zan dal suo sito personale, insieme ad un articolo da Avvenire a firma dell’editorialista Prof. Assuntina Morresi [2] su Gender. La realtà rimossa del «maschile» e «femminile».

«Il transgender riguarda qualcosa di radicalmente diverso dall’omosessualità. Si tratta di una identità umana in cui la differenza uomo/donna viene cancellata, modificando radicalmente i corpi» (Assuntina Morresi).

Però, prima – ieri avevamo altro da pensare… tra cui l’Italia campione d’Europa, che è cosa seria – occorre ritornare su quanto abbiamo scritto in mattinata, nell’articolo Zan: «Bisogna aiutare i bambini in un percorso di transizione». Il mondo che vogliono gli zannuti. Identità di genere: una guerra di civiltà tra l’esercito del bene e le truppe oscure del maligno. L’affondo di Povia.

Perché Alessandro Zan, in una diretta video su Facebook [QUI], come di consueto pieno di fake news, cioè bugie e informazioni ingannevoli (di cui accusa ovviamente chi non la pensa come lui e per cui Facebook non ha niente da obiettare), ha fatto sapere di aver ricevuto delle minacce legate a una “bugia di Salvini” sul suo conto, quella di avergli attribuito la falsa affermazione di “voler far cambiare sesso ai bambini”. «Salvini ha oltrepassato i limiti. È terribile, innanzi tutto perché è falsa, destituita di fondamento, la solita ignobile bugia che hanno estrapolata da un mio intervento, e decontestualizzato. È la macchina del fango. Lo fanno sempre per disorientare l’opinione pubblica attraverso le fake news. È il solito modus operandi di Salvini che non ha argomenti, non conosce il testo della legge sull’omofobia, si rifà a pregiudizi che non sono propri della politica».

Invece sono Zan e gli zannuti che sono andati oltre ogni limite. E non da ieri. Zan afferma clamorosamente: “Non ho mai detto di volere aiutare i bambini a cambiare sesso!”. Non da credere, nega le sue stesse parole dette due giorni prima! “Non ho mai detto…”. Mente spudoratamente sapendo di mentire. Follia allo stato puro! Se pensa di fare il furbo e che con il calcio siamo distratti al passaggio in Senato del Ddl S. 2005 liberticida, inutile, dannoso e pericoloso, come si è approfittato un anno fa del Covid-19 con il passaggio alla Camera, sbaglia i conti terribilmente. Non vogliamo vivere in un mondo a misura degli zannuti. #RestiamoLiberi

Al parlamentare Pd risponde Matteo Salvini a giro di posta: «Assoluta e totale solidarietà al collega Zan, ogni tipo di minaccia, insulto o violenza vanno sempre condannate, senza se e senza ma. Per quello che riguarda invece le sue parole su come “aiutare i bimbi a fare la transizione” di sesso, pronunciate in diretta sui suoi canali social e da me semplicemente rilanciate, tutte le persone che le hanno ascoltate hanno capito quali siano le intenzioni del parlamentare Pd».

Inoltre, è importante attirare l’attenzione ad un breve inciso di Zan, dopo aver negato di aver detto quello che invece ha detto, “propria per non disorientare, spaventare la gente”. Ecco, non occorre altro. Dice, con altre parole, che quello che aveva in mente gli è sfuggita dalla bocca inavvertitamente… Perciò, avevamo scritto correttamente che lo diceva “candidamente”. Nega e con la smentita ci mette la classica toppa peggio del buco.

          
Il video della smentita e il video che conferma.
Perché un no ragionato alla legge Zan

di Marco Zacchera
Il Punto N. 823, 9 luglio 2021


Se fosse possibile discutere seriamente sul decreto legge Zan senza farlo da “tifosi” credo che arriveremmo alla conclusione che non c’è comunque nulla di urgente né di indispensabile per dover approvare questa legge. A parte gli imbecilli e gli ignoranti che ci sono da sempre ed ovunque, mi sembra che l’Italia non sia un Paese particolarmente ostile alle persone omosessuali, né lo è secondo le graduatorie europee dei Paesi “gay-friendly”, né tantomeno nei dati relativi agli episodi di aggressione a persone omosessuali.

Ci sono stati in passato singoli episodi, certamente da condannare, ma non sono certo prevalenti; sono infinitamente più numerose le violenze sulle donne o sui minori – tanto per fare un confronto – e quando ci sono casi di omofobia possono (e devono) essere perseguiti, anche aspramente, già nell’attuale quadro normativo, per esempio considerando le aggravanti “per futili motivi”.

Certamente ci sono poi persone che soffrono per la loro situazione di “diversi” ma certo non sarà una legge a risolvere i loro problemi psicologici interiori, anche perché credo che l’omosessualità sia una situazione personale assolutamente trasversale anche in politica e chi conosce un po’ di storia sa che ha sempre fatto parte dei nostri costumi già dai tempi di Atene o dell’Impero Romano.

Il Ddl Zan è invece sbagliato perché – almeno secondo me – prima di tutto è ideologicamente orientato ad imporre un punto di vista di parte. La totale incertezza giuridica del cosiddetto “reato di omofobia” renderebbe l’applicazione della legge estremamente incerta, affidata all’ interpretazione del giudice ed esponendo legittime affermazioni di libertà di opinione al rischio di essere tacciate di omofobia.

Se per esempio affermo che un bambino ha diritto ad un papà e ad una mamma sono omofobo oppure no? Se sostengo che non è legittimo “reperire” all’estero un figlio partorito su commessa da una donna sono omofobo? Il rischio sicuramente c’è e si presta ad ogni tipo di strumentalizzazione favorito da una “lobby gay” che controlla buona parte dell’informazione.

Ho sempre avuto l’impressione che promozioni e favoritismi in tv e sui giornali abbiano spesso origine tra le lenzuola, sia “omo” che “etero”. Secondo me è una assoluta verità, ma solo dirlo potrebbe diventare perseguibile.

Comunque se oggi io insulto una persona sono condannabile in ogni modo, se esprimo un giudizio con una forma adeguata credo di poterlo liberamente fare.

Se dicessi però che certe manifestazioni gay “pubbliche” non solo mi sembrano di cattivo gusto, ma a volte “mi fanno schifo” supero o no la linea rossa del punibile?

Per esempio, c’erano tante persone che festeggiavano liberamente e simpaticamente ai vari “gay pride” (e siano le benvenute nella loro libertà di espressione), ma certi costumi, pose, travestimenti a me hanno fatto letteralmente schifo: potrò ancora dirlo? Non era offensivo il gay che andava in giro sculettando facendo la macchietta di Gesù con tanto di maxi-croce di cartone sulle spalle?

E chi tutela il mio diritto all’indignazione?

Perché il Ddl Zan non si limita a chiedere pene più pesanti per atti concreti di violenza (reali, non di opinione), ma costruisce soprattutto una serie di attività di “propaganda gender” (la giornata nazionale del 17 maggio, i corsi nelle scuole, anche a bambini di dieci-dodici anni, la “rieducazione” di chi viene condannato) che evidentemente servono a condizionare le libere opinioni, più che a proteggere le eventuali vittime.

Ma perché dovrei subire una propaganda in questo modo? La Zan non è una legge per “salvaguardare” ma per “rovesciare le carte” ovvero diventare apertamente fonte di propaganda. C’è di più: ogni espressione contraria in questo campo (ovvero sostenere idee “normali”, senza per questo qualificare “anormali” chi la pensa diversamente, ma dobbiamo pure intenderci) rischia di essere accusata di essere “discriminante” e quindi perseguibile.

L’articolo 3 della legge per esempio è un autentico guazzabuglio, un minestrone. Nella versione emendata recita: “Ai fini della presente legge sono fatte salve (testo originale: sono consentite) la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Vi sembra un modo chiaro di esprimere un concetto? Perché – attenzione – l’articolo 3 non si riferisce agli omosessuali ma ai “normali” e ai loro limiti di potersi esprimere “contro”. Fatemi capire: devono essere “fatte salve” le MIE opinioni? Siamo al travisamento della situazione perché tutti questo diritto dobbiamo averlo perché è nelle leggi, nella Costituzione, nei diritti acquisiti di omosessuali e non omosessuali, ci mancherebbe una legge che adesso ci “consente” di esprimere una opinione!

All’estero dopo leggi come queste il concetto si è esteso al punto che un giudice può perseguire un cittadino che dica “La famiglia è fondata su un padre ed una madre!”.

Qui non si tratta quindi di negare diritti e tutela a persone quando ne hanno bisogno; si tratta invece di rifiutare una legge che rischia di diventare un tribunale ideologico liberticida, senza alcuna reale tutela nei confronti delle persone omosessuali.

Cosa succederà alle prossime persone (anche omosessuali) che hanno comunque pubblicamente condannato l’utero in affitto, e che sono state ferocemente accusate di omofobia da tante associazioni e leader LGBT e da opinion leader di vario genere? Verranno portate in tribunale, per il reato di omofobia previsto dal Ddl Zan?

Sì, se passerà questa nuova legge di cui non ne abbiamo alcuna necessità.


                   Un’installazione artistica al Gay Pride di Milano.

Gender. La realtà rimossa del «maschile» e «femminile»
Con l’identità di genere svanisce la connotazione binaria sessuata dell’identità umana, sostituita con una nuova, senza alcun riferimento al corpo e al biologico. Una questione etica e culturale seria
di Assuntina Morresi
Avvenire, 10 luglio 2021


Il transgender riguarda qualcosa di radicalmente diverso dall’omosessualità. Si tratta di una identità umana in cui la differenza uomo/donna viene cancellata, modificando radicalmente i corpi. C’è differenza fra “sessuato” e “sessualità”: l’orientamento sessuale riguarda la sessualità, le relazioni sessuali interpersonali, e presuppone di riconoscere l’umanità sessuata, fatta da maschi e femmine, e che la sessualità è praticata fra persone di sessi definiti. Il riconoscimento anche legale delle relazioni omosessuali riguarda comportamenti umani descritti in base alla differenza sessuale. L’omosessualità non nega il corpo sessuato, al contrario: per affermarne la legittimità si presuppone che esistano due sessi definiti, tanto che si usano parole per indicare donne con relazioni fra loro – lesbiche – analogamente per gli uomini – gay –, con associazioni distinte di militanti (Arcigay e Arcilesbica, per limitarsi a due note). Con l’identità di genere invece svanisce la connotazione binaria sessuata dell’identità umana – maschio/femmina – sostituita con una nuova, senza alcun riferimento al corpo e al biologico: ogni essere umano è un punto nello spettro delle identità di genere, fa parte di un fluido continuo di possibili identità esclusivamente auto-percepite, cioè soggettive, differenti fra persona e persona e, per ciascuna persona, mutevoli nel tempo. In questa visione – che si diffonde a livello globale – non ha senso parlare di orientamento sessuale: a una persona con un’identità variabile, non riconducibile al maschile/femminile, non ha senso chiedere qual è il genere di appartenenza della persona con cui ha rapporti fisici. Le relazioni sessuali fra transgender possono essere solo relazioni fra partners. Quella transgender è un’identità nomade, indefinita. Un’identità che si vorrebbe connaturata all’umano: per questo c’è tanta insistenza sulle transizioni dei bambini: se tale è il paradigma antropologico proposto, deve poter valere sempre, senza limiti di età. I bloccanti della pubertà sono questione centrale per l’umanità transgender: è con la pubertà che si differenziano il maschile e il femminile. Bloccandola, gli interventi ormonali e chirurgici successivi potranno più facilmente modellare il corpo nella direzione voluta, perché intervengono in un fisico ancora non segnato dalle caratteristiche sessuate. Trattamenti irreversibili che disegnano un corpo mutante, seguendo una filosofia che vuole dimenticare il maschile e il femminile.



[1] Marco Zacchera (Verbania, 10 ottobre 1951), laureato in economia aziendale all’Università commerciale Luigi Bocconi e in storia delle civiltà presso l’Università degli studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”. È giornalista pubblicista e dottore commercialista. È stato Sindaco di Verbania dall’8 giugno 2009 al 30 aprile 2013 e Deputato della Repubblica Italiana per la Circoscrizione Piemonte 2, dal 15 aprile 1994 al 14 marzo 2013 (dal 1994 al 1995 con MSI, dal 1995 al 2009 con Alleanza Nazionale e dal 2009 al 2013con il Popolo della Libertà). Fortemente impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell’Africa ed in America del Sud. Dal 2003 è Commissario italiano alla pesca nei laghi Maggiore e di Lugano. Per molti anni è stato arbitro di calcio.



[2] Assuntina Morresi è Professore Associato di Chimica Fisica presso la Facoltà di Scienze MM.FF.NN. dell’Università degli Studi di Perugia, dove insegna Chimica Fisica Avanzata, Chimica Fisica delle Biomolecole e Crioconservazione e Biobanche, ed è Presidente del Corso di Studi Magistrale in Biotecnologie Molecolari e Industriali. Dal 2006 fa parte del Comitato Nazionale per la Bioetica e dal 2012 del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze per la Vita, organo di consulenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal luglio 2008 al gennaio 2010 e dal febbraio al novembre 2011 è stata consulente scientifico del Ministro Maurizio Sacconi, in relazione ai temi eticamente sensibili, ed in qualità di esperta in questo ambito ha partecipato ad audizioni parlamentari, ha fatto parte di alcune commissioni ministeriali e di un gruppo di lavoro del Consiglio Superiore di Sanità. È stata consulente esperta del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Fa parte della delegazione italiana dello “European Committee (Partial Agreement) on organ transplantation (CD-P-TO)” del Consiglio d’Europa. Ha svolto attività di ricerca presso il CSIC (Consejo Superior de Investigaciones Científicas) a Madrid e alla Technische Universität di Braunschweig (Germania). È autore di più di 90 lavori già pubblicati su riviste scientifiche internazionali nel settore della Chimica Fisica e di più di cento contributi a congressi nazionali ed internazionali. Collabora con i quotidiani Avvenire e Il Foglio. È autrice con Eugenia Roccella di La favola dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola abortiva Ru486 (Franco Angeli Editore 2006). Nel 2013 Giorgio Napolitano le ha conferito l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”.

12 Luglio 2021   Blog dell'Editore

di Vik van Brantegem

Identità di genere – Ddl Zan – Protesi sensoriale in vista! Siamo alla Farsa.

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, il direttore de Il Borgo Mensile di Monopoli ci offre questa riflessione sul DDl liberticida Zan, di cui ben sapete cosa pensiamo…E per rafforzare quanto scrive, ci permettiamo di citare qualcuno che di sicuro è ideologicamente ben lontano da noi, e che non si può accusare certo di servilismo nei confronti della Chiesa, Marco Rizzo, che trovate nell’immagine qui sotto. Ringraziamo di cuore Marasciulo, e vi auguriamo buona lettura.

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 Identità di genere – Ddl Zan

Protesi sensoriale in vista! 

Il Vaticano per voce del ministro degli Esteri e dello stesso segretario di Stato, rispettivamente l’arcivescovo Paul Richard Gallagher e il Card. Pietro Parolin, ha preso posizione sul discutibile DDL Zan che introduce i reati di omofobia, transfobia e lesbofobia. La breccia si è aperta il 17 giugno scorso con la richiesta formale al governo italiano fatta da Gallagher: “Il ddl Zan violerebbe l’accordo di revisione del Concordato”. La Santa Sede chiede di “rimodulare” il testo Zan.  La presa di posizione della Santa Sede è stata fatta propria da più parti del mondo laico. Il giurista Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale e vice presidente del Csm ha affermato: “Ci sono aspetti del ddl che possono ledere i diritti fondamentali”. Già i diritti fondamentali che fa dire che quel testo lederebbe e avrebbe in ultima istanza la pretesa di “riscrivere” per legge la natura umana e di educarla a colpi di codice. Vi è però da fare una distinzione che nel mondo arcobaleno vi sono delle differenze che sintetizziamo nella parte fanatica e nella parte buona quest’ultima è del parere che il testo Zan va equilibrato, rimodulato.

Dai parlamentari di sinistra si parla “d’intromissione indebite da parte della Santa Sede”. Lo stesso    Presidente del Consiglio, Mario Draghi ha affermato “che il nostro è uno Stato laico e non confessionale”. Facciamo un po’ di chiarezza e la chiarezza vorrebbe che quel testo andrebbe rivisto e corretto alla luce del rischio di interpretazioni difformi, fuorvianti e finanche liberticide che potrebbero palesarsi, favorite dalla discrezionalità della Magistratura Italiana.  Il termine laico (popolo) usato dal premier Draghi non ha più una stabilità di significato; nel tempo ha subito una progressiva evoluzione e a volte un punto di vista personale dalla parte politica in cui si milita.  Ci troviamo dunque di fronte ad una varietà di accezioni che fa perdere l’originale significato. Personalmente non voglio cucirmi addosso il termine laico come oggi lo si concepisce, perché mi sento libero dalla prigione del pensiero unico, libero di pensare, eticamente saldo nelle verità cristiane, non appartenente al popolo bue in cui i diritti naturale sono alterati.  Se laico è riferito al popolo e dunque alla democrazia del popolo, il popolo oggi non c’è più, perché la società è individualista, l’uomo è polverizzato nella sua identità, è volatile, ancorchè emancipato tecnologicamente e nella conoscenza. Tanto sapere, tanta libertà, tanta tecnologia, di converso sul piano etico si trasformano in negativo con i diritti e i doveri disarmonici con la naturale costituzione dell’uomo. Per dirla evangelicamente modus operandi “senza sale”, perché ha smarrito il senso d’essere cristiano, d’essere figlio di Dio, per meglio dire, dipendente e arruolato a Lui. Perché l’uomo è uomo quando si annulla e vive in Cristo (S. Paolo).

Il significato di laico è inficiato dall’ideologia del pensiero unico dell’elite massonica, che ha trasformato gli Stati occidentali da sovranisti in globalisti. Quest’onda malefica si è riversata inficiando anche la Costituzione Italiana nell’art. 21 e nei primi tre articoli. Si dovrebbe concludere che l’affermazione del premier Draghi “Lo Stato è laico” è inopportuna, perché si dovrebbe parlare di cittadinanza. Che fa ricordare non il popolo greco (ignoranza) ma la cultura romana, la “civitas romana”, lo status giuridico della cittadinanza romana, basata sulla legge, non sula retorica greca. Ancora. Il significato di laico oggi non garantisce la democrazia, semmai la dittatura democratica: da una parte il rispetto di ciascuna persona, di ciascuna libertà d’espressione e di coscienza, di confessione, dall’altra la dittatura democratica che abbatterebbe le libertà e il rispetto delle coscienze in nome di un laicismo sfrenato e in ossequio del Pensiero Unico, non rispettoso della dignità sacrale dell’uomo, animato da libertà senza freni e da diritti ideologici da psichiatria se è vero come è vero che esistono – secondo la senatrice del PD, Monica Cirinnà –  “più di 100 specie di identità di genere”. Se l’ideologia di sinistra è da psichiatria si dovrebbe convenire che vi è una grave distonia che dovrebbe portare i nostri governanti a comprendere meglio del perché esistono più di 100 identità di genere; a capire meglio del perché oggi vi è un proliferare di varietà di genere. C’è un’unica via tra l’altro suggerita dall’art 9 della Costituzione che parla dello sviluppo della ricerca scientifica: investire nella ricerca, anche se la scienza ha già appurato che la verità biologica è scritta nel patrimonio genetico.

Ad inficiare il significato di laico nella connotazione positiva troviamo anche la Chiesa cattolica, fino al 1984 religione di Stato. L’istituzione gerarchica ecclesiale nel tempo si è man mano sgretolata, fino ad entrare oggi in piena crisi, non più in grado di guidare il popolo di Dio, il fedele laico.

Permettetemi di fare una riflessione: il testo Zan se venisse approvato senza correzioni, aiuterebbe e migliorerebbe l’occupazione in Italia e dunque favorirebbero le industrie, perché quest’ultime produrrebbero protesi di sensori genitali. Ne consegue che i  cittadini oltre alle mascherine dovrebbero dotarsi della tecnologia sensoriale per capire a quale punto sessuale si trova a che fare; a che livelli, chi sta di fronte, è dal punto di vista dell’identità sessuale. Siamo alla farsa.

Un ultimo appunto. Tutto il discorso dell’approfondimento sul termine laico dovrebbe portare a cogliere il senso della cives. E’ più consone parlare di cives e non di laico, in quanto il soggetto è un cittadino culturalmente preparato ed essendo libero, sa, e per ciò stesso non è più laico o del popolo (profano – ignorante).  La persona culturalmente preparata è un cittadino che produce pensiero, attività, associazione, rispetto.

 

Vitantonio MARASCIULO

                                                                                                                                                              (borgomensile@libero.it)

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https://www.marcotosatti.com/2021/07/12/identita-di-genere-ddl-zan-protesi-sensoriale-in-vista-siamo-alla-farsa/

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