Padre Brown il vangelo non è una via mediana
14 ottobre 2015
La Lettera ai Romani di San Paolo è una grande omelia,
divisa in quattro parti, che non difetta di chiarezza, di quella che viene
detta appunto parresia, quella difficile parola greca ultimamente
tornata di moda.
San Paolo annuncia quello che deve annunciare. Ciò che
l’Apostolo delle genti sente di dover dire ai suoi fratelli e sorelle nella
fede, affinché essi godano della vita eterna, lo dice, e non lo nasconde
affatto!. Non fa sconti a se stesso, prima di tutto, ma neppure agli altri.
“Non mi vergono – scrive – del Vangelo,
perché è potenza di Dio e salvezza di chiunque crede in Lui”.
Questo è un ammonimento anche per tutti noi. Non possiamo
far sconti a noi stessi, pensando di poter trovare una via di mezzo, un
compromesso, tra il peccato e la Grazia.
San Paolo sapeva che la “via mediana” è quella della
mediocrità, che porta ad un esito drammatico: la perdizione della propria
anima. In una parola: l'inferno.
L’Apostolo infatti parla di Ira di Dio. Noi non siamo più
abituati a sentire l’espressione Ira di Dio. Le nostre orecchie
sono molto sensibili, delicate, non sono più adatte a sentire parole come
giustizia e ira di Dio.
Abbiamo nei nostri occhi l'immagine di un Signore (Dio mi
perdoni!) bonaccione, indifferente di fronte al bene e al male.
In questo mondo tutti ormai pensiamo di essere buoni, quindi
ogni discorso sul giudizio di Dio e la salvezza o la dannazione dell’anima
vengano accantonati.
Eppure San Paolo, per amore della Verità – sapendo che solo
la Verità rende liberi –, afferma chiaramente che chi si ribellerà a Dio subirà
la sua Ira, perché Egli giudicherà ogni empietà e ogni ingiustizia.
Allora che cosa dobbiamo fare, noi battezzati? Ascoltare San
Paolo, dandoci tutti una “regolata”, oppure andare avanti “trotterellando”
verso il burrone?
Guai a noi quando pensiamo di essere più buoni di
Dio!
Infatti quando nascondiamo la sua Giustizia – in particolare
noi pastori – noi pensiamo di essere più buoni di Dio… di saperla più lunga, di
vedere più lontano di Lui.
Dio non voglia che questo capiti alla Gerarchia di oggi!
Preghiamo affinché la Gerarchia non cada nella diabolica
trappola della popolarità di questo mondo, presentando se stessa come più
misericordiosa di Cristo.
La Gerarchia non deve aver paura di annunciare il Vangelo,
soprattutto quando respinto. Come capitò anche a San Paolo quando annunciò agli
Ateniesi che il “Dio ignoto” è morto ed è risorto: molti se ne andarono, non
interessati, perché increduli. Del resto, è inevitabile che spesso vada a
finire così: Gesù non è forse morto da solo sulla Croce? Il Signore non aveva
con sé la maggioranza dei Gerusalemme. In quel momento i sondaggi sulla Sua
popolarità stavano al minimo.
Se la Gerarchia s’interessa agli indici di gradimento, si
ricordi che quello di Cristo Crocifisso era pari a zero.
È un forte ammonimento allora quello che San Paolo scrive ai
Romani, lo stesso duro rimprovero di Gesù ai farisei.
È importate che ciò che c’è fuori sia in sintonia con ciò
che dentro, non ci devono essere contraddizioni. Gli uomini, ovviamente, vedono
l’esterno, ma Dio vede l’interno.
Che cos’è più importante, ciò che vedono gli uomini o ciò
che vede Dio?Naturalmente questa è una domanda retorica.
Il brano della Lettera ai Romani di oggi, se fosse
possibile, andrebbe meditato versetto per versetto, ma mi limito a
sottolinearne alcuni punti, invitandovi a meditare anche gli altri.
San Paolo spiega che dato che è possibile conoscere con
l’intelletto, con la ragione, le opere compiute da Dio, coloro che le mettono
in dubbio, non sono scusabili, perché non gli hanno dato gloria, né gli hanno
reso grazie.
Uno dei peccati contro lo Spirito Santo, come insegna il Catechismo,
è proprio questo: impugnare la Verità conosciuta. Cosa significa? Prendiamo la
Verità, la facciamo nostra, per usarla a nostro piacimento, per il nostro
tornaconto, non a servizio di Dio e del prossimo.
Inoltre, ecco l’ironia, costoro mentre si dichiaravano
sapienti, cioè pensavano di saperla lunga, sono diventati stolti, cambiando
l’immagine incorruttibile di Dio con l’immagine corruttibile dell’uomo.
Sembra la descrizione esatta dell’ora in cui viviamo. Siamo
una società ipertecnologica, conosciamo tantissime cose, abbiamo raggiunto una
certa potenza dell’intelletto come mai prima d’ora, ma allo stesso tempo ci
siamo disonorati e diventati stolti davanti a Dio.
La situazione è fotografata in maniera precisissima. E San
Paolo ha scritto questa lettera quasi 2000 anni… segno che sapeva vedere molto
lontano.
Fratelli e sorelle, abbiamo un’opportunità grandiosa: quella
di essere rimproverati, scossi, dai santi, perché Dio ci ama, ci corregge.
Vuole che ci svegliamo, prima che sia troppo tardi.
San Paolo infatti ci dice di svegliarci dal sonno, di
muoverci, di dire al Signore: “Eccomi, sono pronto. Voglio te, Signore, non
voglio nessun altro. Cedo finalmente alla forza del tuo Amore, mi lascio
vincere dalla nostalgia di essere amato da Te, di essere posseduto dalla tua
Verità”.
Preghiamo gli uni per gli altri, affinché in questi tempi
oscuri, in queste ore difficili per la Chiesa, in cui regna tanta confusione,
sia la Verità – quella che rende liberi – a trionfare.
Sia lodato Gesù Cristo.
Sempre sia lodato.
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