Se sul National Geographic c’è Maria e su San Pietro una
scimmietta
Paradossalmente, nel giorno dell’Immacolata, si sarebbe dovuto cercare sulla rivista ecologista e non sul cupolone l’immagine della donna che disse “sì” a Dio
Paradossalmente, nel giorno dell’Immacolata, si sarebbe dovuto cercare sulla rivista ecologista e non sul cupolone l’immagine della donna che disse “sì” a Dio
Tutti i bambini avranno fatto “oh!” nel vedere la facciata di San Pietro illuminarsi di sagome di animali esotici, lupacchiotti e leoncini, pappagallini e meduse, stormi di uccelli e branchi di tonni. È pur vero che mancava l’attacco dello squalo bianco e la natura nel suo dinamismo letale. L’elefante che sconquassa il villaggio africano piuttosto che il pitone che stritola e ingoia la sua preda. Tutto quanto è veramente natura, come la forza spietata dell’istinto di adattamento e di conservazione, è stato delicatamente espunto dallo spettacolo di tenerezze e emozioni che, con la scusa di onorare l’enciclica Laudato si’, è stato suscitato in san Pietro in onore di Madre Natura.
Paradossalmente, nel giorno della Misericordia annunciata dall’Anno Santo e giorno di Maria Immacolata, madre di Gesù, si sarebbe dovuto cercare sul National Geographic invece che sul Cupolone la notizia del “sì” di una donna che ha reso possibile la misericordia definitiva di Dio-uomo, Amico dell’uomo, nel Natale che stiamo per celebrare. E, in effetti, mai ci fu numero della nota rivista ecologista che ebbe tanto successo come l’ultimo che racconta in copertina la straordinaria vicenda di Maria nel reportage di una rinomata giornalista laica che è andata (e ha trovato) in giro per il mondo i segni della attuale, misteriosa e misericordiosa presenza della “Madre di Dio”.
D’altra parte, come raccontano le cronache estasiate dalle tre ore di spettacolari immagini ispirate ai temi di madre terra e dei suoi virginei cuccioli, al clima e alla salvaguardia della biodiversità, sembra che gli esseri umani siano contemplabili solo dal punto di vista della pena e compassione che fanno. Visti nella loro condizione di poveri del primo mondo. Oppure di bambini affamati del terzo. E anche se sotto Natale gli esseri umani – specialmente i bambini – si propongono ai nostri sguardi con lo spot di una Ong e un numero verde della raccolta fondi, sono niente (gli esseri umani, anche i più sfortunati) davanti a quelle emozioni e tenerezze generati dall’incantevolezza di animali, meglio se cucciolini; e luoghi e paesaggi, meglio se non ci ricordano l’ecatombe di uno tsunami.
Dopo di che, ritornando a questo nostro mondo comune che brucia da Oriente a Occidente, ok: lo smog è un disastro e ci saranno cataclismi se il clima aumenterà di 4 gradi nel 2100. Ma già adesso questo mondo si inerpica su per le più inimmaginabili atrocità (e sappiamo oramai che cos’è l’homo sapiens secondo il Califfato) e scodella in mare migliaia di reietti – propagandisticamente accolti con un “Evviva” e poi con la stessa identica leggerezza propagandistica con un “Abbasso” dalla signora Europa di Angela Merkel (la personalità dell’anno secondo Time). Insomma, cosa sta per finire oltre la tigre bianca e il pesciolino blu? Forse che anche papa Francesco, mentre scende quelle scale di San Pietro visibilmente affaticato e a viso duro, ha anch’egli avuto un attimo di presentimento, di turbamento?
C’è forse un presagio in quella facciata di San Pietro trasformata in una copertina-schermo di nessun lontano ricordo della ragione per cui esiste San Pietro? Ottimo lo scopo benefico di quel meraviglioso teatro per immagini che ha attirato più folla che l’apertura della Porta Santa. Ma beneficenza per chi? Pare che il Solov’ëv e il suo de profundis sui bizantini potrebbe interessare anche noi.
Dicembre 10, 2015 Luigi Amicone @LuigiAmicone«Se non si tenesse in conto il lungo lavorio anticristiano del Basso impero, non vi sarebbe nulla di più sorprendente della facilità e della rapidità che caratterizzarono la conquista musulmana. Cinque anni furono sufficienti per ridurre a un’esistenza archeologica tre grandi patriarcati della Chiesa orientale. Il fatto è che non vi erano conversioni da compiere, ma solo un vecchio velo da strappare. La storia ha giudicato e condannato il Basso Impero. Esso non solo non ha saputo compiere la propria missione – fondare lo Stato cristiano – ma si è attivamente adoperato per far fallire l’opera storica di Gesù Cristo. Non essendo riuscito a falsare il dogma ortodosso, lo ha ricondotto a una lettera morta; ha voluto minare alla base l’edificio della pace cristiana attaccando il governo centrale della Chiesa universale; e nella vita pubblica ha sostituito la legge del Vangelo con le tradizioni dello Stato pagano. I Bizantini hanno creduto che, per essere veramente cristiani, fosse sufficiente conservare i dogmi e i riti sacri dell’ortodossia senza preoccuparsi di cristianizzare la vita sociale e politica; hanno creduto che fosse cosa lecita e degna di lode confinare il cristianesimo nel tempio e abbandonare l’agone pubblico ai principi pagani. Non poterono certo lagnarsi del loro destino. Hanno avuto quello che volevano: hanno conservato il dogma e il rito e solo la potenza sociale e politica è caduta in mano ai musulmani, eredi legittimi del paganesimo».
La donna più potente del mondo
FOTOREPORTAGE Rispettata e venerata anche al di fuori del mondo cristiano, la Vergine Maria ha molti volti diversi VEDI ANCHE LA MAPPA: Quelli che hanno visto Maria
di Maureen Orth Fotografie di Diana Markosian
Al tramonto fedeli di religioni e nazionalità diverse si radunano per pregare a Medjugorje, in Bosnia-Erzegovina. Ogni anno un milione di pellegrini viene qui sperando in un messaggio o in un miracolo.
Sono le 17.40, è il momento dell’apparizione. In una piccola chiesa cattolica di Medjugorje, in Bosnia-Erzegovina, Ivan Dragicevic avanza lungo la navata, si inginocchia davanti all’altare, china il capo per un secondo poi, sorridendo, alza lo sguardo verso il cielo. Sussurra qualcosa, ascolta con attenzione e si rimette a sussurrare. In questi dieci minuti non ha mai battuto le palpebre. È iniziata la sua conversazione quotidiana con la Madonna.
Dragicevic è uno dei sei giovani pastori a cui la Madonna sarebbe apparsa per la prima volta nel 1981. Presentandosi alle quattro ragazze e ai due ragazzi come la “Regina della pace”, la Vergine Maria avrebbe dato loro il primo delle migliaia di messaggi in cui raccomanda ai fedeli di pregare più spesso e chiede ai peccatori di pentirsi. Dragicevic aveva 16 anni e Medjugorje, che all’epoca faceva parte della Jugoslavia comunista, non era ancora il centro dei miracoli e delle conversioni che negli ultimi trent’anni sarebbe stato visitato da 30 milioni di pellegrini.
Sono a Medjugorje con un gruppo di americani dell’area di Boston, tra cui due uomini e due donne con un tumore al quarto stadio. A guidarci è Arthur Boyle, 59 anni e padre di 13 figli, che venne qui la prima volta nel settembre del 2000. Malato di cancro con la prospettiva di pochi mesi di vita, era talmente sconsolato che non avrebbe mai fatto quel viaggio se due amici non avessero insistito. Eppure già la prima sera, dopo essersi confessato nella chiesa di San Giacomo, aveva provato un grande sollievo psicologico.
«L’ansia e la depressione erano sparite», racconta. «Hai presente quando giochi a fare la lotta in piscina con qualcuno sulle spalle? Il tuo compagno scende e tu ti senti finalmente leggero e libero. Ero sbalordito e pensavo: “Ma cosa mi è successo? Perché mi sento così?”».
La mattina dopo Boyle si trovava in una gioielleria insieme ai suoi amici Rob e Kevin quando incontrò Vicka Ivankovic-Mijatovic, un’altra dei veggenti, e le chiese aiuto. La donna gli posò una mano sulla testa e chiese alla Madonna di intercedere con Dio per farlo guarire. Boyle racconta di aver provato una strana sensazione anche lì nel negozio. «Iniziò a pregare per me. Rob e Kevin mi toccarono e il calore che sprigionava dal mio corpo li fece sudare».
Tornato a Boston una settimana dopo, si sottopose a una Tac al Massachusetts General Hospital e scoprì che il tumore era quasi del tutto scomparso. Da allora Boyle è tornato a Medjugorje 13 volte. «Faccio una vita normale», dice. «Mi piacciono l’hockey e la birra. Gioco a golf». Ma, prosegue, «altre cose sono cambiate. Oggi sento il dovere di parlare del potere di guarigione di Gesù e della forza dell’intercessione della Madonna».
Sono le 17.40, è il momento dell’apparizione. In una piccola chiesa cattolica di Medjugorje, in Bosnia-Erzegovina, Ivan Dragicevic avanza lungo la navata, si inginocchia davanti all’altare, china il capo per un secondo poi, sorridendo, alza lo sguardo verso il cielo. Sussurra qualcosa, ascolta con attenzione e si rimette a sussurrare. In questi dieci minuti non ha mai battuto le palpebre. È iniziata la sua conversazione quotidiana con la Madonna.
Dragicevic è uno dei sei giovani pastori a cui la Madonna sarebbe apparsa per la prima volta nel 1981. Presentandosi alle quattro ragazze e ai due ragazzi come la “Regina della pace”, la Vergine Maria avrebbe dato loro il primo delle migliaia di messaggi in cui raccomanda ai fedeli di pregare più spesso e chiede ai peccatori di pentirsi. Dragicevic aveva 16 anni e Medjugorje, che all’epoca faceva parte della Jugoslavia comunista, non era ancora il centro dei miracoli e delle conversioni che negli ultimi trent’anni sarebbe stato visitato da 30 milioni di pellegrini.
Sono a Medjugorje con un gruppo di americani dell’area di Boston, tra cui due uomini e due donne con un tumore al quarto stadio. A guidarci è Arthur Boyle, 59 anni e padre di 13 figli, che venne qui la prima volta nel settembre del 2000. Malato di cancro con la prospettiva di pochi mesi di vita, era talmente sconsolato che non avrebbe mai fatto quel viaggio se due amici non avessero insistito. Eppure già la prima sera, dopo essersi confessato nella chiesa di San Giacomo, aveva provato un grande sollievo psicologico.
«L’ansia e la depressione erano sparite», racconta. «Hai presente quando giochi a fare la lotta in piscina con qualcuno sulle spalle? Il tuo compagno scende e tu ti senti finalmente leggero e libero. Ero sbalordito e pensavo: “Ma cosa mi è successo? Perché mi sento così?”».
La mattina dopo Boyle si trovava in una gioielleria insieme ai suoi amici Rob e Kevin quando incontrò Vicka Ivankovic-Mijatovic, un’altra dei veggenti, e le chiese aiuto. La donna gli posò una mano sulla testa e chiese alla Madonna di intercedere con Dio per farlo guarire. Boyle racconta di aver provato una strana sensazione anche lì nel negozio. «Iniziò a pregare per me. Rob e Kevin mi toccarono e il calore che sprigionava dal mio corpo li fece sudare».
Tornato a Boston una settimana dopo, si sottopose a una Tac al Massachusetts General Hospital e scoprì che il tumore era quasi del tutto scomparso. Da allora Boyle è tornato a Medjugorje 13 volte. «Faccio una vita normale», dice. «Mi piacciono l’hockey e la birra. Gioco a golf». Ma, prosegue, «altre cose sono cambiate. Oggi sento il dovere di parlare del potere di guarigione di Gesù e della forza dell’intercessione della Madonna».
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