Padre Pio, la religione cattolica ritorna al Totem
Mancavano all’appello padre Pio e frate Mandic, sono arrivati anche loro e ora siamo al completo. La religione è servita, il popolo, facile alla lacrima, si affolla per chiedere miracoli. I frati che hanno perseguitato padre Pio in vita ora lo portano in spalla e lo esaltano come supereroe. I preti, a cominciare dal vescovo Fisichella che pontifica dalla sacrestia di Porta a Porta, gongolano per la grande fede dimostrata dalle masse religiose, che, dopo quelle operaie dissoltesi in paradiso, sono le uniche rimaste sulla piazza.
Squillano le trombe, rullano i tamburi perché nel Giubileo che celebra il 50 anniversario del concilio Vaticano II, con questi simulacri, issati come Totem ancestrali, si archivia definitivamente la visione conciliare di Chiesa e di fede. Resta solo la religiosità sentimentale, priva di radici, oltre il vangelo, annegata in un’orgia di irrazionalità che offende la dignità della stessa religione e comunque della spiritualità.Sia chiaro che rispetto la buona fede di chi nella propria semplicità è rimasto ancorato a forme religiose che rasentano, se proprio non sono, la superstizione e l’irrazionalità. Sono molto critico con una gerarchia che ha impedito una crescita spirituale per mantenere una sudditanza emotiva e facilona di quanti nulla hanno al di fuori del sentimentalismo religioso che con la fede non possono spartire alcunché
Gli attori e gli scrittori che in tv parlano disinvoltamente di Dio, miracoli, presenze, scie di profumi e amenità del genere, devono essere più prudenti perché spesso non sanno cosa dicono e di cosa parlano e comunque la loro esperienza non sarà mai una norma universale.
Pensavo che il culto dei Totem fosse una forma di religiosità infantile, che ha raggiunto il suo vertice nella cultura indiana del Texas di Tex Willer-Aquila-della-notte. Mi devo ricredere, vedendo le folle ammassate nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura a fare muro alla mummia di padre Pio, sballottato per la goduria del popolo. Se i Romani perseguivano il Welfare del «panem et circenses», oggi la religione cattolica, anche quella rappresentata da Papa Francesco, si affida al simulacro del numinoso e ai Totem cristianizzati. Pazienza, ce ne faremo una ragione.
Deve essere chiaro che tutto quello che accade attorno a padre Pio e a frate Mandic, persone, rispettabilissime in quanto privati cittadini, anche se ammantato da vernice religiosa, non c’entra nulla con la spiritualità e la fede. Si tratta solo di religiosità primordiale che si trova in tutte le religioni e in tutte le latitudini della terra. Nulla di straordinario, solo l’impazzimento generale e la confusione più totale.
Quando nel seconda metà del sec. II si dovette scegliere tra le centinaia di vangeli che circolavano in Palestina e fuori, si stabilì un criterio di discernimento serio: «sono da escludere tutti quegli scritti dove vi è “eccesso di soprannaturale”». A far parte del canone, furono scelti quattro vangeli, i più sobri, che vanno sotto gli pseudonimi di Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Tutti gli altri furono esclusi, non per nascondere questa o quella incresciosa verità, come dicono gli ignoranti della materia, ma perché in essi il divino, il miracolistico, il fascinoso abbondava come la nebbia in val padana o la sabbia nel deserto.
Attorno a padre Pio, l’eccesso è sempre stata la norma e questo mi permette di dire, dal punto di vista eminentemente teologico, che è difficile scorgervi «il dito di Dio». Papa Giovanni XXIII, parlando del frate di Pietralcina, diceva che si trattava di «dolorosa infatuazione religiosa», giudizio che, secondo me, resta ancora valido. Lo stesso vale per Medjugorje, dove la Madonna è diventata una turista professionista.
Il Cristianesimo non è una religione né può esserlo; quello che è accaduto nella storia è una degenerazione riuscita a opera di imperatori e opportunisti clericali che ne hanno voluto fare una religione in sé prima e poi di Stato per avere uno strumento di oppressione e controllo, alla stessa stregua di tutte le religioni istituzionalizzate nel corso della storia degli ultimi quattro millenni.
Il Cristianesimo è una relazione, anzi un nuovo modo di concepire la vita, la storia e in essa le relazioni tra le persone: l’istinto di sopravvivenza che induce a vedere nell’altro il nemico da abbattere è compensato dal dinamismo della collaborazione e condivisione che in un processo di crescita e di sviluppo arriva fino all’esperienza della fraternità, trasformando il presunto nemico in carne della propria carne.
La fede cristiana è l’esercizio storico di questa nuova prospettiva che i vangeli definiscono come «Regno di Dio». In questa visione non c’è posto per i miracoli e l’eccesso del miracolistico, ma solo della nudità della Parola e della fiducia che si abbandona e si affida per costruire insieme a tutte le persone di buona volontà un mondo più giusto, umano, dove ognuno possa trovare il suo posto nella piena uguaglianza e nell’assoluto rispetto. Figli di Dio vuol dire persone con gli stessi diritti e doveri.
La dottrina cattolica tradizionale considera apparizioni e fenomeni (per altro incontrollati) alla stregua di padre Pio come fatti privati per cui, come cattolico, credente e consapevole dichiaro pubblicamente che faccio a meno di padre Pio e soci perché mi basta Gesù Cristo e, credetemi, ne avanza anche in abbondanza.
(4 febbraio 2016) - don Paolo Farinella
http://temi.repubblica.it/micromega-online/padre-pio-la-religione-cattolica-ritorna-al-totem/
14/02/2016 09:28:00
Ecco come Padre Pio ha ridato vita al Giubileo
Zoppicava, il Giubileo, i pellegrini erano pochi. A farli crescere ci hanno pensato due santi cappuccini, Leopoldo Mandic e, più ancora, Pio da Pietrelcina. Per quest’ultimo una ulteriore ricompensa per i molti guai e persecuzioni subiti in vita, anche per opera del papa Buono e di padre Agostino Gemelli, che nella relazione al Santo Uffizio non ebbe dubbi: «le stimmate? se le fa da solo».
Le loro salme, vigilate e scortate, sono giunte a Roma nel tripudio del popolo da Padova e da S. Giovanni Rotondo: ottanta mila persone commosse, che hanno atteso ore e ore per vedere, toccare, baciare la teca, far leggere ai santi attraverso il vetro le richieste di grazie. I gadget si sono presto esauriti. A S. Pietro resteranno sino all’11 febbraio. Da anni le loro tombe sono visitate e toccate da migliaia di fedeli, che non si accontentano di venerarli e pregarli solo da lontano, li vogliono vicini, presenti materialmente in modo che la loro trasmissione di grazie sia più forte.
Fede o fanatismo? Razionalisti e laicisti scuotono la testa e sorridono, vi leggono un revival di superstizione nel mondo della televisione e del computer, dei viaggi interspaziali e dei trapianti. Per gli anticlericali si tratta di un’operazione promozionale per fini di potere e danaro. Ma una cosa è certa, che le reliquie, dichiarate dalla modernità roba da medioevo, stanno dovunque tornando. I preti le avevano gettate via ma la natura umana è più forte dei loro calcoli. Dopo il Concilio Vaticano II (Lutero lo aveva fatto quattro secoli prima) si voleva purificare la Chiesa, liberarla dalle sovrastrutture. Anche le reliquie furono rottamate. Nascoste, gettate, vendute al mercato delle pulci.Ma non c’era stato un commercio truffaldino delle reliquie? E le Chiese che le ospitavano non ne traevano grandi vantaggi? Il Boccaccio da maestro l’aveva descritto nella novella di frate Cipolla, che mostra la penna dell’agnolo Gabriello. Le spine della corona di Cristo, le cinture della Madonna e le Veroniche, sono davvero troppe. Come, in Islam, i peli della Barba di Maometto. O in India i denti di Buddha.
Abusi, certo. Che non cancellano tuttavia ciò che la fenomenologia ha mostrato in tutte le religioni: il fedele con le sue azioni cerca la potenza (non il potere) e anche le reliquie, per il fatto che appartenevano ad un Santo, possono trasmetterla. Come nel sacramento dell’eucaristia ciascuna parte dell’ostia, per quanto piccola, è carica di fluido soprannaturale: ecco perché le reliquie venivano spezzettate in tante particole. Potevano essere reliquie anche quelle che avevano toccato in qualche modo altre reliquie. Tutte, infatti, essendo state in contatto con l’uomo santo, conservano ciò che i melanesiani chiamano «mana», ossia «la forza misteriosa che alcuni individui posseggono, riflesso di quella cosmica che emana dalla divinità» (Eliade, Trattato di storia delle religioni). Essi non la tengono per sé, ma la trasmettono agli altri e li beneficano rendendoli pieni di forza. Anche se implica sacrifici, la religione non è rinuncia, ma esprime «volontà di potenza».
A tal punto l’uomo non può fare a meno di reliquie, che le società laiche e anche atee conservano questo culto (si pensi a Napoleone agli Invalidi o Lenin nella piazza Rossa). Spesso dei geni e degli eroi morti verranno fatti i calchi del volto e anche delle mani. E se ne conserverà a parte il cuore. Le donne del romanticismo custodivano, nel medaglione appeso sul petto, una ciocca di capelli della persona amata e perduta. E anche nella nostra civiltà tecnologica alcune reliquie sono state acquistate all’asta a prezzi iperbolici: una cicca di sigaretta fumata da Marilina, un’unghia del piede di Presley, le corde delle chitarre dei Beatles, il pallone che vinse il Mundial. Tutte esprimono la potenza dei nuovi santi della civiltà del benessere.
Ma, si dirà, in questi casi è commercio, collezionismo e anche idolatria. Forse, ma non solo: c’è dietro la venerazione per le qualità straordinarie della persona cult, di cui si conservano le reliquie. Mal posta, ma anche sincera. La verità indiscutibile è che, nella mente dei fedeli, «santo è chiunque possiede potenza» (van der Leeuw, Fenomenologia della religione). E rivela questa potenza non solo durante la vita, ma ancor più da morto. La Chiesa cattolica richiede, per dichiararne la santità, che uno abbia compiuto miracoli dopo la morte.
Come ha scritto Mircea Eliade (Mito e realtà) i miti (nel senso di storia sacra riattualizzata nel rito) sopravvivono e si camuffano. La nostra società, irreligiosa e postcristiana, non ne ha meno delle altre. Dato che senza miti (e senza reliquie) l’uomo non può vivere. Nonostante abusi, frodi e lotte, il culto delle reliquie testimonia la fede in ciò che il paleontologo gesuita Teilhard de Chardin chiamava «trasfigurazione della materia», ossia nella sublimazione del corpo in pura e potente spiritualità (L’ambiente divino).L’uomo o crede in Dio o crede in un idolo. In entrambi i casi ha bisogno delle reliquie, questi brandelli di materia carichi di soprannaturalità. Parti del corpo o di oggetti che toccarono il Super-uomo e ne conservano il fluido. Ricordi del passato solo perché possono divenire potenza nel presente.
(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)
non si può confondere un "eccesso" di devozione riprovevole con la genuina santità di Padre Pio x avere la scusa di rigettare l'uno e l'altra!poi se Farinella non crede nei miracoli da solo si mette fuori dal vangelo dove Gesù conferma la venuta del regno di Dio con la liberazione delle schiavitù del maligno e se non è un miracolo questo ...che anche oggi avviene come promesso Sarò con voi fino alla fine del mondo confermando con i "segni"....
RispondiEliminadon Farinella è parecchio che con i suoi interventi 'progressisti' (progredire verso dove?) è fattore di confusione per i credenti.
RispondiEliminaSpero vivamente per lui che avvii qualche riflessione in proposito.
Marisa
E questo sarebbe uno dei nostri pastori? Questo è proprio un lupo, e non ha nemmeno la decenza di travestirsi da pecora! Spudorato!
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