La sinistra non è solo un’idea politica. È uno stato d’animo. Un modo di intendere la vita. In alcuni casi una condizione psichiatrica. Non me ne vogliano i lettori di sinistra. C’è una sinistra tollerante, intelligente e critica che fa scuola. Ma non è una mia idea balzana che ne esista anche una clinica. L’autorevolissimo Washington Post ha pubblicato un sondaggio secondo il quale il 69 per cento dei cittadini statunitensi vive con l’ansia che Donald Trump diventi presidente. Fin qui ci sta. Anche se l’ansia sembra un sentimento oggettivamente esagerato. C’è vita anche oltre la politica. Ma la psicoterapeuta Alison Howard ha rincarato la dose spiegando – sempre al quotidiano della capitale – che nelle ultime settimane più di un paziente ha impiegato la costosa ora di terapia per parlare dei fantasmi e delle paure che l’exploit del miliardario gli ha provocato.
“Ci è stato detto per tutta la vita di non dire cose brutte delle persone, di non comportarci da bulli, di non ostracizzare le persone sulla base del colore della pelle – spiega la Howard – ma lui infrange tutti questi costumi morali, ed ha successo. Così le persone si chiedono perché lui
la faccia franca”. In poche parole: il politicamente scorretto nuoce gravemente alla salute. Anche se sarebbe più giusto dire che il politicamente corretto nuove gravemente al cervello, a giudicare dalle lamentele dei suoi pazienti. Perché questo “stress da Trump” – così lo hanno ribattezzato i giornali a stelle e strisce – non è nient’altro che paura del diverso. Intolleranza al cambiamento. E capisco che possa sembrare un paradosso in una società nella quale “il diverso” viene normalmente considerato – per esempio – l’extracomunitario. Ma da un po’ di tempo a questa parte l’extracomunitario del pensiero è il politicamente scorretto che, in quello che qualcuno chiamerebbe un contrappasso, viene emarginato e ostracizzato. Anche quando dice cose di buon senso, come talvolta – non sempre – capita a Trump. Nei suoi confronti non c’è un’opposizione ragionevole e ragionata. Ma una reazione isterica. C’è una sinistra emotiva che al sol pensiero di una vittoria del tycoon finisce sul lettino dell’analista, si strappa i capelli, batte i piedi e cerca di ribaltare il tavolo.
Sempre abituati a vincere e a stare della parte della ragione, sempre viziati, ora si accorgono di non avere più l’appoggio popolare. E non riescono a spiegarselo. Non lo capiscono. Non si adattano. Non si adeguano. Vorrebbero portare via il pallone e interrompere la partita. Solo che il pallone è la democrazia. E con quella non si scherza. Quindi si prendessero le loro pastigliette e accettassero la democrazia anche quando non vincono loro…
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