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mercoledì 9 marzo 2016

Scombonionati

I comboniani sdoganano il gender in classe
Lezioni di gender theory in classe
Il canovaccio è quello solito: una storia strappalacrime inventata sul cliché del ragazzino sensibile e premuroso a cui piace giocare con le femmine, i compagni che lo prendono in giro, lo “bullizzano” e alla fine lui che si toglie la vita. Segue il pistolotto sulle scuole che per paura delle polemiche sul gender provocate dai “movimenti che dicono di voler sostenere la famiglia”, non organizzano corsi di sessualità finalizzati al rispetto delle persone omosessuali. Infine l’invito a bambini e genitori: “Fate pressione sulle scuole affinché si insegni il rispetto verso gli omosessuali” e “non ascoltate i movimenti anti gender perché con questa scusa gli insegnanti non potranno neanche parlarvi del rischio pedofilia in rete.

No, non è un volantino firmato dall’Arcigay. Ma è il dossier dedicato al gender che si trova nel numero di gennaio 2016 della rivista Il Piccolo Missionario, versione per bambini dagli 8 ai 15 anni di Nigrizia, il think tank dei missionari Comboniani nel mondo. I comboniani dunque sdoganano il gender? Sembrerebbe di sì, almeno a leggere l’articolo a firma Marco Braggion, che in 4 paginette demolisce tutto quello che la dottrina millenaria della Chiesa dice su omosessualità, gender, educazione all’affettività e morale. Il tutto evidentemente con la benedizione de padri comboniani.
L’articolo, dopo la storia esemplificativa, vira decisamente su un versante molto politically correct: “Vi vogliamo dire – si rivolge l’autore ai bambini che leggono – di non isolare queste persone, ma di coinvolgerle e di rispettarle”. Pensiero inattaccabile, ma applicabile allora anche ai bimbi miopi, con gravi handicap, figli di famiglie sfasciate, e ancora: ai Franti di turno e a tutti i personaggi del libro Cuore, dall’obeso Garrone al disastrato Precossi. Serve di più: serve istillare il virus della gender mania.
Così si spiega qual è il vero obiettivo della storia appena raccontata: “Un invito alla scuola e alle famiglie affinché incomincino ad educarvi al rispetto dei compagni che sono diversi perché non si comportano come voi. Ve lo diciamo perché anche in Italia ci sono dei movimenti che con la scusa di difendere la famiglia fatta da una mamma e un papà, spingono le scuole a non occuparsi delle questioni del rispetto verso i ragazzi, uomini e donne che, per una serie di motivi che non spetta a noi giudicare, si innamorano di persone dello stesso sesso”. Ecco qua spiegato in quattro e quattr’otto il complesso fenomeno delle tendenze omosessuali in adolescenza.
Ma il libello si spinge fino a spiegare al bambino che cosa è importante: “Che voi ragazzi siate educati a conoscere come “funzionano” il vostro corpo, la vostra testa e il vostro cuore nel rispetto verso chi pensa e ama in modo diverso”.  Un passaggio subdolo perché lascia sottinteso che il nostro funzionamento naturale possa portare o all'eterosessualità o all'omosessualità mentre l’associare l’educazione sessuale al rispetto nei confronti degli omosessuali e delle loro famiglie sembra precludere qualunque altro obiettivo alla cosiddetta educazione all’affettività. Come se al centro della confusione e della disperazione dei giovani di oggi non ci fosse la loro difficoltà alla costruzione di relazioni di amore vere e affidabili, ma solo il pallino dell’amore con persone dello stesso sesso.
Quale è dunque il modo per saltarci fuori? “Un’azione combinata famiglia e scuola unite nell’impegno di formare gli uomini e le donne di domani anche con l’aiuto di tanti e bravi esperti di educazione alla sessualità perché l’unica arma che abbiamo per sconfiggere la paura è la conoscenza”.
Gramsci approverebbe, un po’ meno il capo dei vescovi e lo stesso Papa Francesco che hanno più volte tuonato contro la rieducazione di stampo totalitario del gender e in particolare del gender in classe. Ma poco importa: se c’è un esperto, possibilmente pagato coi soldi pubblici, tutto si risolve. Non poteva mancare una “marchetta” al ministro della scuola Giannini della quale si ribadisce la celebre frase che “chi continua a parlare di gender nella scuola compie una truffa culturale”.
Ma il motivo è presto detto: l’autore dell’articolo non è un missionario tornato dall’Africa nera, ma è, guarda caso, un consigliere comunale del Veronese e il responsabile di sezione del Pd del suo paese.  A proposito di campi di rieducazione! In realtà l’articolo confonde la questione dell'omosessualità con quella del gender mentre dimentica il vero fine dell’educazione all’affettività nei ragazzini: la verità sull’amore umano è l’unico diritto di ogni uomo, in particolare per i giovani, mentre la radice del bullismo non è l’omofobia, come Arcigay e a questo punto anche i comboniani vogliono farci credere, ma una totale mancanza di educazione, dentro la quale viene inclusa la educazione all’affettività.
Se non si danno indicazioni morali ed educative a cominciare dai genitori, i bulli continueranno a fare i bulli e i comboniani a scrivere che il gender non esiste. Invece esiste, è subdolo nella sua definizione e la Dottrina della Chiesa in questi anni ha iniziato a codificarne rischi e derive attraverso pronunciamenti magisteriali come quello di papa Benedetto XVI del 21 dicembre 2012 alla curia romana o l’ultimo di Papa Francesco all’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia dell’11 aprile 2014 in cui ha coniato la celebre frase sugli orrori della manipolazione educativa dei bambini. A questo punto bisogna capire se con un titolo come quello del Piccolo Missionario “Gender, il fantasma che fa paura”, la rivista per bambini dei comboniani possa ancora definirsi cattolica.

di Andrea Zambrano
09-03-2016

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