ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 9 marzo 2016

Hanno scelto il Male



Hanno scelto il Male. E’ questa la diagnosi censurata.


Alcuni lettori insistono perché dica la mia sui due trucidi assassini del loro coetaneo, attratto con la promessa di un rapporto sessuale ben pagato, 100 euro. Scusate, vorrei esimermi; già torme di mosconi e tafani, attratte dallo sterco e dalle carogne, a sciame vi hanno raccontato tutto; son contento di non essere più nel mestiere attivo di questo giornalismo. Del resto, è così chiaro. Ma, fateci caso, la sola cosa chiara da dire, è quella che tacciono tutti: i tafani, le mosche stercorarie, i mosconi attratti dalla putrefazione. Svolazzano a intervistare lo psichiatra famoso, che spieghi lui   come hanno potuto far questo:e lo psichiatra ovviamene annaspa. Sa benissimo che la sua pretesa scienza non ha le categorie per definire questo, non è una patologia che di trova nel Manuale Diagnostico-Statistico.   Si intuisce che lo psichiatra vorrebbe dire la definizione giusta, ma si trattiene: non appartiene alla scienza moderna, né tantomeno è una categoria che si può evocare nella società liberata e postmoderna. La parola sulla punta della lingua è: il Male. Quei due non sono malati, sono giovanotti trucidi e sanissimi. Solo, hanno aderito al Male. Con scelta volontaria, in piena lucidità.

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“Giovedì sono usciti in macchina per fare un giro, per cercare una vittima da sacrificare, fino a quando la scelta è caduta su Varani, che Prato già conosceva negli ambienti dei locali notturni. Quest’ultimo avrebbe telefonato al ragazzo proponendogli 100 euro per un incontro sessuale nell’appartamento. Decine di ferite, da punta e taglio, hanno devastato il volto e il collo. . Ucciso Varani, Foffo e Prato hanno ripulito la scena del delitto – il pavimento della camera da letto e il bagno – fatto sparire gli abiti della vittima e il suo telefonino. «Poi abbiamo passato la giornata e dormito con il morto in casa». Volevano provare l’effetto che fa uccidere uno, uno qualunque.
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La loro scelta deliberata per Satana è visibilissima nelle loro foto, nei loro orribili “profili Facebook”, specchio del narcisismo più velenoso: trucidi belloni, si atteggiano a modelli – come i modelli degli abiti di Armani e di Versace, gente di quel mondo, ragazzi di vita benvestiti e palestrati, il peggiore dei due un bisessuale: meno per inclinazione che per depravazione,  per espandere il limite del male di cui godere. Gente che ha voluto il Male in quanto tale, per sé, con purezza.   Per capire la loro patologia, bisogna fare riferimento alle categorie di ben altra scienza che quella del DSM 5. La scienza che dice: “Chi fa’ il peccato è schiavo del peccato”. Non si evochi, qui, la categoria della possessione: sì, può esserci anche questa – ma  come effetto secondario: il punto è che costoro si sono fatti possedere, hanno chiamato Lui, perché diventasse padrone delle loro anime. E’ ovvio che finisca in omicidio: Lui è “Omicida fin dall’inizio”

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Omicidio gratuito: la sapeva bene Dostoyevski, che ha esplorato fino in fondo queste anime. Nei Demoni,   in Delitto e Castigo, l’ assassinio gratuito è la firma dei super-uomini che si sentono immensamente liberi e superiori, e solo dopo – col cadavere e il sangue da pulire – si rendono conto di essere stati schiavi: non di aver vissuto, ma di essere stati vissuti,  “agiti” da Un Altro.
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Ha colto l’orrore di quella scelta assoluta il procuratore che ha chiesto 26 anni per il tizio della coppia all’acido, Alexander Boetcher: “rapporti interpersonali segnati da sadismo, narcisismo, antisocialità”, “un figlio di papà che fa il mantenuto e si atteggia a dio, come lui dice di sè stesso, con le donne con cui ha a che fare”. Anche di lui, la il profilo face book, dice tutto: trucido bellone da sfilata di moda, che tatua le sue amanti e le marchia, strappa il collo a galline e posta il tutto in video.
E poi c’è l’altro, quel De Filippi che ha ammazzato la professoressa che aveva sedotto, in combutta col suo amante maschio cinquantenne: anche lui bisessuale amorale, anche lui il dio di se stesso  in forma di maschietto di vita e di ragazza di vita, la boccuccia imbronciata come ha visto nei video porno, senso di onnipotenza personale. “Se Dio non c’è, allora tutto è permesso”, dice un personaggio dei Demoni, Aleksei, e per dimostrare la sua libertà si spara un colpo di rivoltella. De Filippi, Boetcher, i due ributtanti uccidono altri, Ma possono uccidere se stessi con la stessa indifferenza: Marc Prato, uno dei due (il peggiore) dopo l’omicidio è andato in albergo per finire i suoi giorni. Allo stesso modo, nei Demoni, Stavroghin — il giovane ricco, annoiato e immorale, che ha un orribile segreto, la cui sola entrata in una stanza provoca nei presenti quel senso di gelo inconfondibile, si impicca alla fine in una stanza d’albergo in Svizzera. Posson farlo perché si vivono solo come corpi, sono solo corpi , senz’anima.
Stanno diventando sempre più numerosi, questi piccoli Nietszche delle periferie e della modernità. Sono il tipico prodotto di una società che ha cancellato nelle coscienze, e anzitutto in sé stessa, la distinzione fondamentale: che l’uomo sceglie fra Bene e Male, e la scelta del Male è peccato e colpa, e porta rovina.
Persino la Chiesa ha abbandonato quella scienza antiquata. Non ci sono più colpevoli, la misericordia avvolge tutti, Cristo non giudica, chi sono io per giudicare? Così sono venute meno tutte le difese. No, Cristo giudica; no ogni uomo sorvegli se stesso, per vedere a chi si dà schiavo. Si deve imparare, però.
Forse molti crescono così perché non sono più battezzati?  “Rinuncio a Satana, alle sue seduzioni, alle sue opere”, la protezione sacramentale non è stata pronunciata a nome loro da nessun padrino credente.   Una generazione abbandonata ai suoi satana interiori, alle sue voglie, al “tutto è permesso” perché Dio non c’è. I “social media” aumentano le occasioni di Male, la rendono precoce. E per ogni bambina dodicenne corrotta, per ogni ragazzino che perde la purezza, sono piccole luci che si spengono. Lui sta spegnendo le luci, e così può dominare nel mondo per la sua definitiva dittatura sull’uomo.
E tutto così chiaro, se si vuol vedere. La Merkel che dà 20 miliardi a Erdogan perché si tenga i profughi che aveva prima chiamato, ma che ora gli fanno perdere le elezioni; il ministro Schauble che nega ogni aiuto alla Grecia, “Non confondiamo il suo debito con la questione migranti, teniamo distinte le due cose”, solo – abbiamo finalmente il coraggio di dirlo – fanno l’opera   del Principe d Questo Mondo, e lo sono volontariamente. Questi sono disposti a regalare al turco i miliardi che hanno risparmiato per i greci negandoli a questi fratelli europei. Che ne dite?

Direte che esagero. Ma sveglia! Sono anni ed anni che il Male devasta paesi interi nel mondo, uccide un milione in Irak, mezzo milione in Afghanistan, ora in Libia, in Siria. E’ forse qualcosa di logico, ancorché machiavellico? Ciò supera le ragioni geopolitiche, anche le più ciniche. E’ un fine in sè.

Il prezioso sangue

Ho davanti agli occhi le foto delle due suorine di Madre Teresa trucidate per la fede nello Yemen. In Yemen, capite. Da cui tutti scappano se possono, e loro erano lì. Curavano degli anziani musulmani, malati, di quelli che nessun musulmano curerebbe, se non è un suo familiare. Scusatemi,   hanno dimostrato la superiorità di Cristo sull’Islam, su qualunque altra religione. Quando ho visto queste suorine andare sempre affaccendate nelle strade di Calcutta, o della Ucraina di prima a lavare malati vecchi e cattivi, o negli orridi sobborghi di New York dove erano le sole a rendersi cura dei malati di Aids, le ricchissime checche che improvvisamente tutti gli amanti abbandonavano – ho sempre pensato:   non corrono alcun pericolo. Sono protette, anche agli occhi di chi non crede, dalla loro stessa innocuità, dal loro inerme sorriso. Chiunque dica: “Il Dio di Madre Teresa non è il mio dio” condanna se stesso. Chi può essere così stupido nella malvagità?
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In Yemen dei wahabiti in uniforme l’hanno fatto. Le hanno ammazzate con i loro assistenti e pazienti. E il Papa? Vi sembra normale quel che ha detto su quelle sorelline uccise? “Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi (sic)  e anche dell’indifferenza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cui non importa”. Non ha avuto il coraggio di dire il nome “di quelli che li hanno uccisi”, né la religione, né che sono morte per la fede. Per lui sono state uccise “dall’indifferenza globale”. Voleva dire: dal fatto che non sono comparse sui giornali e i tg?
E’ questo che conta? Per lui forse. Per loro no.
Riguardo le foto. Due sorelline giovani, dai piedi scuri del Terzo Mondo. Si vede che avevano i grembiuli a quadri delle serve, delle badanti, per non sporcare i sari – ne hanno solo due, uno lo indossano l’altro lo lavano, e lo cambiano ogni giorno.   Sari di poco prezzo, grembiuli di poco prezzo, il cibo che mangiano è di poco prezzo: tutto è di poco prezzo nella loro vita. Tranne il sangue che hanno versato. Questo sangue è detto prezioso. Non è una parola a caso: anche nel Buddhismo si prega il “Prezioso Signore”, il Buon Pastore. E’ una parola che ogni teologia seria, che ha scelto il Bene, trova spontaneamente. Indica la natura di gioiello, di diamante e di rubino; allude alla essenza minerale incorruttibile, rara, trasparente e inestimabile, di quel sangue che viene sparso senza alcun risparmio, invece di essere tesaurizzato.
Mai il sangue dei martiri ha fatto notizia sui giornali, o Papa. Sono sempre morti dimenticati, nessuno a difenderli, nessuno a raccontare. I mosconi e i tafani non sentono l’odore di quel rubino, di quello zaffiro e diamante di chi ha rinunciato a Satana, alle sue seduzioni alle sue opere. La sua morte è umile come la sua vita indifesa, come la Giacinta di Fatima che a nove anni morì “per salvare le anime dall’inferno” in un ospedale d Lisbona,fra quegli odori di ospedale dei poveri, senza mamma e senza papà. E senza giornalisti a dare la notizia. “Ora ne salverai tanti, Gesù, perché ho fatto un sacrificio molto grosso”, disse una volta in quel lettino. Aveva conquistato dei diritti su Dio.
L’Altro, il nemico,  invece, sa benissimo dove colpire. Non poteva tralasciare le sorelline di Madre Teresa. Sta avanzando, sta spegnendo tutte le luci ad una ad una – le luci sacramentali, le luci della Presenza Reale, le luci di coloro che hanno rinunciato, ed ogni giorno rinunciano, alle sue seduzioni e le sue opere.
E tutti fanno finta di non accorgersi di questa avanzata. Tra i pochi, sono lieto di poter citare uno che per formazione dovrebbe essere lontano da questo genere di sapienza e sensibilità : è Giulietto Chiesa. Su Facebok, ha postato questo
MESSAGGIO AI NAVIGANTI
Mi arrivano messaggi inquietanti, anche dalla cronaca quotidiana. Segni di vero e proprio impazzimento dei singoli. E dei popoli (perché da tempo ho capito che i popoli possono uscire di senno, esattamente come gl’individui). In altre epoche succedeva. Ma più raramente. Non posso qui fare esempi, ma ciascuno può trovarli nella propria esperienza. 
Ciò che accade in questa epoca è tuttavia molto angosciante. È come se tutti, molti, stessero “perdendo il controllo” di se stessi. Ho una spiegazione possibile (non certa, ma probabile
): stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana, dove le nostre abitudini non funzionano più a difesa dei nostri equilibri. È l’effetto dello choc da “modernizzazione”, da “globalizzazione”. Le tecnologie che abbiamo costruito stanno accelerando con violenza inaudita molte delle nostre funzioni cerebrali. Ma l’evoluzione tecnologica (che si misura ormai sulla scala di pochi anni) non ha nulla a che vedere con i tempi dell’adattamento dell’individuo, che si misurano sulla scala delle centinaia di migliaia di anni, come minimo dei secoli. Per questo, io credo, stiamo diventando sempre più “squilibrati”: a seconda del grado di dipendenza dei fattori “innaturali” che ciascuno di noi (e tutti insieme) stiamo introiettando nella nostra psiche.
“Stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana”: ben detto.

     

IL PROGRESSO SENZA IDEALI

    Il delitto “per vedere che effetto fa” al tempo del progresso senza ideali. Il progresso ci ha tagliato la libbra di carne più vicina al cuore ci tiene in vita con la flebo così vanno bene anche gli omicidi per-vedere-che-effetto-fa di Silvia Valerio  



Roma. Il delitto “per vedere che effetto fa” al tempo del progresso senza ideali

di Silvia Valerio
Barbadillo


Dobbiamo essere felici, in fondo, perché viviamo in un’epoca di progresso. Dobbiamo ringraziare il progresso se le donne non muoiono più di parto e i bambini di morbillo, se possiamo volare da un capo all’altro dell’Europa in giornata, se ci è garantito uno stile di vita alto e non c’è più la guerra – quelle in Medio Oriente non contano, sono troppo, troppo lontane perché ci possano colpire davvero. Ora i bambini possono avere tutti i giocattoli che vogliono, le ragazze tutti i vestiti, tutti gli studi, tutte le cover del cellulare, gli adulti tutto il cibo, tutte le donne, tutto il divertimento che vogliono – anzi, stiamo diventando raffinati e capricciosi intenditori di questi nuovi piaceri: dal cibo non ci aspettiamo solo nutrimento, vogliamo un’‘esperienza’, dal vestito pretendiamo una ‘storia’, dal divertimento una ‘rivoluzione’. Rivoluzioni, passioni, storie, esperienze, abnegazione le abbiamo eliminate dalle nostre giornate per confinarle nello spazio dopo le 19 e nel weekend.
Non ci sentiremo mai soli grazie alle nuove tecnologie, ai social network. Possiamo connetterci, contattarci, conoscerci con ogni creatura al di là del mare. Non siamo più costretti ad andare in guerra, finalmente, non siamo costretti a contare le provviste, a risparmiare energia (lo facciamo solo se vogliamo sentirci buoni e bravi e raccontarlo agli amici), a fare una famiglia con qualcuno, a essergli/le fedeli. Insomma, viviamo in una società civile.
Credo che abbiate seguito quello che è successo a Roma. Due ragazzi del jet set della capitale, figli di ottimi professionisti e con studi altrettanto ottimi alle spalle, si sono rinchiusi nella casa di uno dei due e per due giorni non hanno fatto altro che consumare alcol e droga, non hanno mangiato, non hanno dormito, poi hanno sentito un ineffabile desiderio di far del male a qualcuno, sono usciti in macchina e, siccome non hanno trovato nessuno di comodo, a portata di mano, da seviziare, hanno chiamato un terzo ragazzo, un amico; appena arrivato gli hanno fatto bere qualche intruglio, si sono provvisti di un martello e un paio di coltelli e da quel momento hanno iniziato ad ammazzarlo in una maniera che non starò certo a ripercorrere. Uno dei due ragazzi, finito l’omicidio, già l’ex di Flavia Vento, quello che lei descrive come un bravo ragazzo con la passione per la natura e gli animali, stava pensando a come e dove suicidarsi e aveva già in mente l’albergo. L’altro è uno che ha sempre scopato qua e là in maniera sportiva, ma ai giornalisti tiene a dirci che potrebbe riuscire a innamorarsi. Chissà, magari pensa che così gli diano la condizionale. Poi ci sono le coppiette di sfregiatori e marchiatori, con la fanciulla laureata alla Bocconi. Le donnine americane appassionate d’arte che si tirano in casa il ragazzo africano, ci stanno insieme, evidentemente se ne pentono, lo vogliono cacciare e si ritrovano fatte fuori. Poi i poveri morti per i giochini erotici, tutti gli impiccati, gli strozzati, i soffocati, gli annegati, i malmenati, gli infartuati e così via. E ancora tutti i drogati, gli alcolizzati, i disperati, i suicidi. Il nostro mondo civile ha nuovi eroi, nuovi cattivi, nuovi martiri, nuove tristezze. Il fatto è che il nostro progresso, insieme alle guerre, alle ristrettezze e al servizio militare, ha spazzato via troppe cose. Oggi nessuno sarebbe così pazzo da voler morire per un proprio ideale. Di più: nessuno vuole nemmeno rischiare qualcosina per esso. Di più ancora: forse sono davvero, davvero pochi quelli che possono dire di avercelo ancora, una specie di ideale. Perché se c’è una cosa che il progresso detesta sono gli ideali. Una persona innamorata di qualcosa non ha bisogno di gratificazioni, di compensazioni, non cerca esperienze al ristorante, se ne strafrega di mettere in moto l’economia. Non è vantaggiosa.
Il progresso ci ha tagliato la libbra di carne più vicina al cuore e ci tiene in vita con flebo e integratori. E così vanno bene anche gli omicidi per-vedere-che-effetto-fa, pur che non ci sia una guerra per passione ideologica.

Silvia Valerio




1. ALTRO CHE ''VEDERE L'EFFETTO CHE FA'': DIETRO L'AGGHIACCIANTE OMICIDIO DI LUCA

VARANI CI SAREBBE IL SUO RIFIUTO DI PRATICARE SESSO A TRE PER 120 EURO, CHIEDENDONE DI PIÙ
Dagospia, 9 MAR 2016 08:34 Alberto Dandolo per Dagospia
2. NON SOLO COCAINA: GLI AMICI DICONO CHE I DUE USAVANO MOLTA GHB, LA DROGA-STUPRO PIÙ AMATA DALLA COMUNITÀ GAYA DI ROMA E MILANO, CHE PERMETTE DI ''CAVALCARE'' PER ORE
3. CHI È MARCO PRATO: EX ADOLESCENTE SOVRAPPESO E BULLIZZATO PER LA SUA OMOSESSUALITÀ, SI ERA RIFATTO L'IMMAGINE, E C'È CHI DICE ANCHE I CAPELLI, TANTO DA ESSERE SOPRANNOMINATO 'LA LESBICA CON LA PARRUCCA'. TRE TENTATI SUICIDI ALLE SPALLE
4. LUI E MANUEL FOFFO ERANO COMPAGNI DI GIOCHI ESTREMI: BORGHESI, RICCHI, PROTETTI DALLE FAMIGLIE CHE LI RIEMPIVANO DI SOLDI, BRUCIATI IN ESCORT E FESTINI VIA GRINDR
5. VOLEVA DIVENTARE FAMOSO A TUTTI I COSTI, TANTO DA FINGERE UN FLIRT CON FLAVIA VENTO
6. NEI GIORNI DEL FESTINO C’ERANO ALTRI DUE GIOVANI, ALEX DELLA TIBURTINA E TALE GIACOMO
Nella Romanella frociona e godona Marco Prato era noto come “la lesbica con la parrucca”. Eh si! Uno dei due protagonisti dell' (apparentemente) insensato delitto di Luca Varani, era assai noto nella Roma gaya e benestante. Tutti lo ricordano per il suo carattere molto vivace ma anche per i suoi bizzarri cappelli ai i quali, solo poco tempo fa, aveva sostituito un parrucchino (o trapianto?) degno dell'ultimo modello sfoggiato a “Ballando” dal mitologico Sandro Mayer!
Un ciuffo posticcio che Marco “indossava” con spavalderia e fierezza e dal quale non si separava mai, nemmeno durante le sue folli notti etiliche e drogherecce.
Prato, che gli amici dicono si sentisse la reincarnazione della cantante francese Dalidà, era uno della Roma bene. Viziatissimo dai genitori, un'adolescenza al liceo romano Giulio Cesare sovrappeso e bullizzato per la sua omosessualità, negli ultimi anni era diventato fico, popolare e palestrato, una classica storia di rivalsa contro gli ''haters'' di una volta.
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Col soldo facile in tasca e soprattutto con una smania d'apparire che rasentava l'ossessione. Come quando concordo' con Flavia Vento un fidanzamento fatto apposta per i paparazzi. Marco voleva uscire sui giornali, voleva essere famoso. E chissenefrega se tutti sapevano che era gay! Preferiva farsi fotografare fuori dai ristorantini di Roma Nord con la Vento piuttosto che rimanere anonimo.
A Prato piacevano assai le “notti sbagliate”. Quelle in cui all'alcol e al sesso si univano abbondanti dosi di coca e di GHB. Quest'ultima è la droga “frocia” che in questo periodo va per la maggiore tra l'upper-class gaya meneghina e capitolina. E' meglio nota come la droga dello stupro, che ti permette di “cavalcare” per ore, manco ti fossi iniettato in vena una dose massiccia di viagra liquido!
Ma a Marco pare piacesse anche “basare”. La coca, dicono persone a lui vicine, se la fumava ... ma amava farlo solo in compagnia. In particolare di giovani escort che raccattava sulla chat porcina Grindr e sui siti frocioni PlanetRomeo e PianetaEscort.
A lui l'amore mercenario piaceva assai e pagava profumatamente anche solo per attuare giochi di ruolo estremi.
Uno dei suoi amici più cari ha dichiarato a Dagospia che Prato aveva già tentato il suicidio almeno altre tre volte. Ma sempre per “futili motivi”. Per un amore finito, una “basata” troppo aggressiva e per il rapporto conflittuale che aveva con uno dei due genitori. Ma di morire non gli era mai riuscito.
Marco da alcuni gay romani era considerato anche una specie di “stalker”. Una sua “preda” (un ragazzo di ottima famiglia di nome Fabrizio) ci ha confessato che ha dovuto bloccare ogni comunicazione con lui. Marco era compulsivo nelle richieste di sesso e incontri. Ma sempre lucido, presente a se stesso e con un ego smisurato.
E Manuel Foffo era il “complice” perfetto. Il compagno di giochi e giochini ideale. Bello, borghese, ricco, con una doppia vita. Una mente fragile, facile da plasmare e dirigere. L'amichetto con cui si può decidere di arrivare a viversi il “limite”, oltrepassare i confini della lucidità, gestendo le fila di un rapporto folle e assassino.
Ma in queste ultimissime ore persone molto vicine a Prato avanzano un'altra ipotesi. Pare che il delitto possa avere un movente. Stupido. Ma un movente. I due ragazzi non volevano “giocare ad uccidere” –per vedere l'effetto che fa – il povero Luca Varani. No. La vittima avrebbe rifiutato di praticare sesso a tre per 120 euro, la cifra pattuita, chiedendone molti di più. A questo punto avrebbe avuto inizio un gioco punitivo sfociato in un omicidio agghiacciante.

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