ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 7 aprile 2016

Con un po' di fantasia?

I MEZZI CHE ABBIAMO PER NON FINIRE ALL'INFERNO



Nella vita terrena, buoni e cattivi vivono insieme come il grano e la zizzania si trovano nello stesso campo, ma alla fine del mondo l'umanità sarà divisa in due schiere, quella dei salvati e quella dei dannati. II Giudice Divino confermerà allora solennemente la sentenza data a ciascuno subito dopo la morte.

Con un po' di fantasia, proviamo a immaginare la comparsa davanti a Dio di un'anima cattiva, che sentirà fioccare su di sé la sentenza di condanna. In un lampo sarà giudicata.

Vita gaudente... libertà dei sensi... divertimenti peccaminosi... indifferenza totale o quasi nei confronti di Dio... derisione della vita eterna e specialmente dell'inferno... In un lampo la morte tronca il filo della sua esistenza quando meno se l'aspetta.

Liberata dai legami della vita terrena, quell'anima si trova subito davanti a Cristo Giudice e comprende fino in fondo di essersi ingannata durante la vita...

- Dunque, c'è un'altra vita!... Come sono stata stolta! Se potessi tornare indietro e rimediare al passato!...

- Rendimi conto, o mia creatura, di ciò che hai fatto in vita. - Ma io non sapevo di dover sottostare ad una legge morale.

- lo, tuo Creatore e Sommo Legislatore, ti chiedo: Che ne hai fatto dei miei Comandamenti?

- Ero convinta che non ci fosse un'altra vita o che, comunque, tutti si sarebbero salvati.

- Se tutto finisse con la morte, Io, tuo Dio, mi sarei fatto Uomo inutilmente e inutilmente sarei morto su una croce!

- Sì, ho sentito di questa cosa, ma non vi ho dato peso; per me era una notizia superficiale.

- Non ti ho dato l'intelligenza per conoscermi e per amarmi? Ma tu hai preferito vivere come le bestie... senza testa. Perché non hai imitato la condotta dei miei buoni discepoli? Perché non mi hai amato fin che eri sulla terra? Tu hai consumato il tempo che ti ho dato alla caccia di piaceri... Perché non hai mai pensato all'inferno? Se tu l'avessi fatto, mi avresti onorato e servito, se non per amore almeno per timore!

- Dunque, per me c'è l'inferno?...

- Sì, e per tutta l'eternità. Anche il ricco epulone di cui ti ho parlato nel Vangelo non credeva all'inferno... eppure vi è finito dentro. A te la stessa sorte!... Vai, anima maledetta, nel fuoco eterno!

In un attimo l'anima si trova nel fondo degli abissi, mentre il suo cadavere è ancora caldo e si preparano i funerali... "Maledetta me! Per la gioia di un attimo, che è svanita come un lampo, dovrò bruciare in questo fuoco, lontana da Dio, per sempre! Se non avessi coltivato quelle amicizie pericolose... Se avessi pregato di più, se avessi ricevuto più spesso i Sacramenti... non mi troverei in questo luogo di estremi tormenti! Maledetti piaceri! Maledetti beni! Ho calpestato la giustizia e la carità per avere un po' di ricchezza... Ora altri se la godono e io devo scontare qui per tutta l'eternità. Ho agito da pazza!

Speravo di salvarmi, ma mi è mancato il tempo di rimettermi in grazia. La colpa è stata mia. Sapevo che mi sarei potuta dannare, ma ho preferito continuar a peccare. La maledizione cada su chi mi dato il primo scandalo. Se potessi ritornare in vita... come cambierebbe la mia condotta!" Parole... parole... parole... Troppo tardi ormai...!!!

Dal libro: ”L’inferno c’è” di Don Giuseppe Tomaselli.

Nel peccato originale c’è il modello di tutti i peccati

stellamatutina-antonio-rosminiNelle prime pagine dei Frammenti di una storia dell’empietà Rosmini analizza brevemente il primo peccato della storia umana. Egli vi scopre tre caratteristiche, Che si ripeteranno, in futuro, in tutti gli altri peccati: desiderio di programmarsi da solo, senza dover ricorrere all’aiuto di Dio; ambizione a diventare come Dio, come dire che non si trova di meglio sulla terra di quanto c’è in quella divinità dalla quale pur ci si vuole staccare; frivolezza e in inadeguatezza del vile mezzo adoperato (la materia, il senso) per raggiungere un fine spirituale così alto, quale è quello di diventare felici e grandi come lo è Dio.
La narrazione del peccato originale, così analizzata, ci si presenta fornita di tre caratteri singolari.
1° Un tentativo che fa la creatura di rendersi grande e felice da sé medesima, indipendentemente dal Creatore.
2° Un decadimento che fa subito la creatura in Dio, pigliando la divina natura a modello di quella grandezza e felicità che essa cerca.
3° Una assurda e goffa contraddizione fra i mezzi e il fine, scegliendo dei mezzi sensuali e materiali, cose che più la abbassano e la impiccoliscono, a doveva innalzare, ingrandire e felicitare oltremisura, come nella se viene immaginando.
Analizzando così il fatto celeberrimo che nel principio della Genesi si racconta, ciò che io voglio chiamare ad osservare è che quel fatto non è per caso solitario ed unico nelle storie del genere umano.
La maniera costante di operare dell’umanità si accorda mirabilmente col fatto descritto nell’Antico dei libri. Tutto ciò che avvenne nel mondo in seguito, sembra non essere che una ripetizione, vagliata solo nelle parti accessorie, di quel fatto primitivo.
Infatti dappertutto, nelle opere dei figlioli degli uomini, si trova stampato profondamente quel triplice carattere di cui abbiamo visto marcato il primo loro delitto. Ci sono sempre degli sforzi replicati di eseguire l’impresa temeraria di rendersi grandi e felici indipendentemente da Dio. E sempre con gli stessi frivoli mezzi, con la stessa contraddizione, col persuadersi di dover pervenire ad una felicità e grandezza divina, secondo le promesse incessanti del serpente, nel tempo appunto che le cose sensibili e materiali più ciecamente si abbandonano.
Per quel fatto descritto da Mosé è, insieme, parabola della natura umana. E quelli che non volessero ammetterlo per vero, sarebbero tuttavia costretti ad ammetterlo come figura di tutto ciò che è avvenuto in seguito sulla terra, di tutto ciò che offrono concordemente le memorie dell’umanità.
FONTE: A. Rosmini, CHARITAS, anno XC, n.3, marzo 2016

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