ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 8 aprile 2016

«Drammatica incertezza dottrinale»

Francesco è cattolico Le sue encicliche no...

Il filosofo Cuniberto analizza le posizioni del Papa: suonano molto più cattocomuniste e ambientaliste che cristiane
Camillo Langone
Papa Francesco è cattolico? È una domanda che fra i cattolici, non necessariamente ipertradizionalisti, circola. Quando per mettermi in difficoltà o per ansia sincera la pongono a me, io me la cavo dicendo che Bergoglio lo ha messo lì lo Spirito Santo (se i conclavi venissero davvero decisi dai cardinali la Chiesa si sarebbe estinta da molti secoli) e che da lì deve toglierlo lo Spirito Santo. So che la risposta può suonare fideistica ma da credente nel Vangelo (e quindi in Matteo 16,18: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa») non ho molto altro da dire.


Ciò non mi impedisce di essere intellettualmente interessato alle analisi circa la situazione dell'edificio di Dio. Purché siano appunto analisi e non propaganda. Cerco di leggere il meno possibile i plauditores così come gli apocalittici, perché spero che abbiano tutti torto. È ininfluente che la ragione sia di Alberto Melloni o di Antonio Socci (per dire due campioni dei due schieramenti): in entrambi i casi la Chiesa cattolica come da quasi duemila anni viene intesa starebbe per dissolversi, dunque la fine del mondo sarebbe vicina. Siccome la notte voglio dormire bene, senza incubi, preferisco leggere un esegeta non programmaticamente ansiogeno e non partigiano, capace di esaminare i documenti papali sine ira et studio. Sto parlando di Flavio Cuniberto, filosofo torinese che insegna Estetica all'Università di Perugia e che non si palesa né papista né ateista, né di destra né di sinistra, né progressista né tradizionalista, né ciellino né ex ciellino: che sollievo! Leggendo Madonna Povertà. Papa Francesco e la rifondazione del cristianesimo (Neri Pozza, pagg. 96, euro 12) non si capisce nemmeno se l'autore è cattolico e pure questo contribuisce alla sensazione di obiettività. Trovo inoltre positivo che il suo curriculum sia vastamente filosofico anziché strettamente teologico, e quindi pieno di Platone, Schlegel, Nietzsche e non di quei teologi da seminario dai quali è sortito Vito Mancuso. Con bella prosa più letteraria che universitaria Cuniberto non affronta l'esortazione Amoris laetitia, non ha fatto in tempo, ma la Evangelii gaudium e la successiva enciclica Laudato si', insomma i documenti sulla povertà e sull'ambiente. «Un dittico che trasforma la Chiesa cattolica alle radici», leggo nelle prime righe con qualche preoccupazione. L'analisi si basa essenzialmente sulla logica ed è proprio sulla logica che cadono i due testi. Si prenda la questione della povertà: «È una categoria sociologica o teologico-spirituale? Male da combattere o tesoro da custodire?». Se il pauperismo bergogliano non fosse così aggrovigliato sarebbe accusabile di eterodossia ma poiché le accezioni positive e negative, mistiche ed economiche, nell'esortazione apostolica si mischiano di continuo, Cuniberto può parlare di «drammatica incertezza dottrinale». È un giudizio forte? Io temevo di peggio: meglio il dramma della confusione che la tragedia dell'eresia. L'autore, che Dio ce lo conservi, ricorda ciò che noi cattolici lussuosisti continuiamo sempre più vanamente a ripetere: «Non c'è nei Vangeli nessuna enfasi particolare sulla povertà in quanto condizione materiale. Gesù suscita scandalo perché frequenta pubblicani e peccatori (gente ricca), né sono poveri i suoi amici e discepoli stretti (da Lazzaro a Maria di Magdala a Nicodemo)». E rimarca come la Evangelii gaudium torca il Vangelo e San Paolo per far dire al Vangelo e a San Paolo ciò che si vuole dicano: beati i poveri nel senso sociopolitico del termine, e maledette le disuguaglianze provocate dai ricchi. Una volta tutto questo si sarebbe chiamato cattocomunismo.
Analogamente, il pensiero che innerva la Laudato si' è possibile chiamarlo cattoambientalismo? Secondo Cuniberto, sempre pacato ma pure sempre affilato nel ragionamento, no, il prefisso stavolta è di troppo, il pensiero è ambientalista e basta, l'enciclica si allontana dalla Bibbia ancor più dell'esortazione e «spazza via l'antica dottrina del peccato originale attribuendo alla natura una fisionomia edenica». E io che volevo dormire sonni tranquilli... Stavolta ad aleggiare non è l'ambigua teologia della liberazione ma addirittura Rousseau: «La natura assume tratti spiccatamente romantici: diventa la sfera dell'innocenza originaria, il luogo intrinsecamente buono che l'intervento umano altera e corrompe». Un simile documento è stato scritto in Vaticano o nella sede di Greenpeace? Cuniberto ci sente soprattutto la mano del confratello (gesuita come Bergoglio) Antonio Spadaro, direttore della rivista La civiltà cattolica e avventuroso cyberteologo. Che Papa Francesco abbia firmato la Laudato si' senza nemmeno leggerla? Lui che nelle omelie di Santa Marta tante volte ha parlato del diavolo, davvero condivide la trasformazione del Male da entità metafisica a problema antropologico risolvibile per mezzo di riforme sociali e di una migliore raccolta differenziata? «La riconversione eco-teologica proposta dall'enciclica delinea un cristianesimo senza Croce e senza Incarnazione, dove la figura storica di Gesù non è più fondante. Quel che rimane è una sorta di deismo neo-illuministico». Non mi concedo di aderire appieno al virgolettato di Cuniberto ma, dopo Madonna Povertà, sebbene continui a credere che Papa Francesco sia cattolico non sono più tanto sicuro che lo siano le sue encicliche.
http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/francesco-cattolico-sue-encicliche-no-1243219.html
Che peso hanno le esortazioni post-sinodali?

Quale è il peso di una esortazione post-sinodale? Quanto pesa come magistero papale? Alla vigilia della pubblicazione dell’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia, che chiude due anni di percorso sinodale sul tema della famiglia, vale la pena comprendere in che modo i documenti pontifici possano eventualmente “aggiornare” la dottrina (è bene comunque sapere che la dottrina della Chiesa è stata rivelata, e non può essere cambiata).

In una lettera inviata ai vescovi di tutto il mondo, nella quale presentava una sorta di “guida alla lettura” per l’esortazione, il Cardinal Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, ci teneva a sottolineare il carattere eminentemente pastorale del documento, cercando di tranquillizzare sul fatto che “la preoccupazione pastorale non deve essere interpretata come opposta alla legge”.
Di fatto, però, dottrina e pastorale sono molto difficili da separare. La forma utilizzata dal Magistero è, di fatto, di natura secondaria: talvolta, una semplice lettera del Papa (come ad esempio la Ordinatio Sacerdotalis) contiene affermazioni molto autorevoli; sebbene l’esortazione sia normalmente un testo più pastorale ed esortativo, si deve ricordare che la Familiaris Consortioera sì una esortazione post-sinodale, ma conteneva alcune affermazioni di grande rilievo.
L’esortazione post-sinodale, come documento, ha comunque un valore inferiore – nell’ordine – a quello della Costituzione Apostolica e dell’enciclica, ma è comunque superiore in peso al semplice messaggio del Papa.
Ma quali sono i documenti pontifici?
L’enciclica è il documento più importante. Si tratta di una lettera del Papa, indirizzata tutto l’orbe cattolico, che riguarda importanti materie dottrinali, morali o sociali.
Di assoluta importanza, poi, è la Costituzione Apostolica, un atto promulgato direttamente dal Papa come Capo della Chiesa. Le Costituzioni apostoliche riguardano disposizioni che hanno una particolare rilevanza e sono generalmente di natura giuridica.
L’esortazione apostolica post-sinodale si elabora a partire dai suggerimenti del Sinodo, ma ci sono anche esortazioni che non sono frutti del lavoro di un Sinodo.
E poi ci sono le lettere, i messaggi, e i motu propri, vale a dire documenti, nomine, o decisioni prese dal Papa di propria iniziativa.
In tutti questi documenti, dunque, può essere contenuto magistero del Papa, a vari livelli. Ma quando questo magistero può essere davvero portatore di una novità? Quando l’insegnamento del Papa è infallibile?
Al di là della natura del documento, si deve ricordare che la dottrina della Chiesa insegna che quando il Papa parla, da solo ex cathedra o in unione con i vescovi nel Concilio, è sempre infallibile.
Ma un pronunciamento è infallibile se risponde a tre requisiti. Ovvero: che il Papa parli in quanto Papa e pastore della Chiesa universale; che si esprima su fede o costumi; che il modo in cui esprime deve essere solenne e definitivo, con l’intenzione di obbligare tutti i fedeli. Se una di queste condizioni manca, il Magistero è sempre autentico, ma non è infallibile.
L’infallibilità della Chiesa non si limita solo a questo caso straordinario. Si estende anche al magistero ordinario universale. Ovvero, che un pronunciamento, anche se non è di per sé infallibile, lo diventa quando riafferma una dottrina proposta da sempre dal Magistero ordinario universale della Chiesa. Secondo la Costituzione Dei Filius del Concilio Vaticano I, ci sono verità che debbono essere credute, con fede divina e cattolica nella Chiesa, proprio perché espresse dal magistero ordinariouniversale, e senza che sia necessaria una definizione solenne.
Quando il magistero ordinario universale è infallibile? Quando si esprime su una dottrina riguardante la fede e la morale, insegnata in maniera autorevole in ripetute dichiarazioni dei Papi e dai vescovi, con un carattere indubitabile e impegnativo. E la parola universale – come spiegava il Cardinal Joseph Ratzinger nella Nota Dottrinale illustrativa della formula conclusiva dellaProfessio Fidei del 1998 – sta a significare non il fatto che impegni tutta la Chiesa in senso geografico, ma nel senso che esprime un consenso che abbraccia tutte le epoche della Chiesa.
Da qui viene la definizione di cattolico. È cattolico non solo quello che in un momento particolare viene creduto da tutti in “ogni luogo”, ma quello che è sempre e ovunque creduto da tutti, senza equivoci o contraddizioni. Vale a dire che anche le eventuali novità pastorali – o la “rivoluzione del linguaggio” – che potrebbero essere contenute nel documento post-sinodale non possono cambiare di una virgola la dottrina.

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