Nella Chiesa è l'ora dei laici. Ad essi la parola. Ebbene, eccone due che hanno parlato, con voce saggia. Senza concordare nulla tra loro, eppure levando all'unisono lo stesso segnale d'allarme, contro la deriva ondivaga che investe in pieno l'attuale magistero pontificio.
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Il primo è un filosofo e antropologo di chiara fama, il professor Stanislaw Grygiel (nella foto, con la moglie), già allievo e consigliere di Karol Wojtyla. Che in una sua analisi della "Amoris laetitia" pubblicata su "Il Foglio" di del 27 maggio ha scritto tra l'altro:
"Alcuni dei nostri pastori e 'arcipastori', cercando di non commettere apertamente l’errore di Mosè e nello stesso tempo di non esporsi anche alle critiche da parte dei 'cuori sclerotici', ci assicurano che l’indissolubilità del matrimonio è fuori discussione. Entrano però in un vicolo cieco quando comunque pretendono che il pensiero pratico sui matrimoni falliti si appoggi anche su una piccola parola – 'ma' – che permetta loro di costruire commenti casistici con i quali giustificare l’adulterio. Propongono una casistica 'sì, ma' che prende in considerazione non tanto la coscienza dell’uomo, quanto la sua inclinazione al male. Se si dovesse andare avanti così, c’è da aspettarsi che a breve seguirà il caos, in cui le persone soggette all’inclinazione al male andranno in giro per le parrocchie e perfino per le diocesi in cerca dei casuisti più furbi. Oggi ci serve urgentemente un Pascal, che scriva 'Le nuove Provinciali'".
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Mentre l'altro è lo stimato numero uno dei vaticanisti della televisione di Stato italiana, Aldo Maria Valli, che il giorno successivo ha pubblicato sul suo blog personale una nota sulla logica del "ma anche" che ormai contrassegna il magistero di papa Francesco.
Questo è l'esordio della sua nota:
"Noi cristiani lo sappiamo, o dovremmo saperlo: la nostra fede è all’insegna dell’'et et', non dell’'aut aut'. Non siamo esclusivisti. Dio è uno e trino. È Padre e Figlio e Spirito Santo. Gesù è Dio e uomo, vero Dio e vero uomo. Per il cristiano, l’uomo è carne e spirito, corpo e anima. Al cristiano piace integrare, includere, non ergere barriere. Con l’incarnazione Dio si è fatto uomo. La Chiesa stessa vive all’insegna dell’'et et'. È Chiesa di preghiera e di azione, di grandi asceti e grandi lavoratori, di contemplazione e di missione. 'Ora et labora', non 'ora aut labora'. La Chiesa ha i predicatori e i confessori, i monaci e le monache di clausura e i preti di strada. La Chiesa accoglie tutti: poveri e ricchi, colti e incolti, giovani e vecchi.
"Da qualche tempo però sembra di notare che alla logica dell’'et et' si stia sostituendo nella nostra Chiesa una logica diversa: quella del 'non solum, sed etiam', cioè del 'non solo, ma anche'. Potrebbe sembrare che, tutto sommato, non vi siano differenze, ma non è così.
"Pensiamo ad 'Amoris laetitia', nella quale la logica del 'ma anche' si trova un po’ ovunque. Quanto alla 'vexata quaestio' circa la comunione ai divorziati risposati, qual è la conclusione? Dopo aver letto e riletto il testo più e più volte, la risposta è: comunione sì, ma anche no. Oppure: comunione no, ma anche sì. Nel documento, in effetti, entrambe le conclusioni sono legittimate. A ciò conduce la logica del caso per caso, a sua volta figlia dell’etica della situazione. Mi devo considerare un peccatore? Sì, ma anche no. No, ma anche sì. Dipende.
"I sintomi della logica del 'ma anche' emergono qua e là, in occasioni diverse, ma sono sempre più frequenti"...
E Valli cita alcuni esempi lampanti: dalle parole dette da Francesco nellachiesa luterana di Roma, a quelle del cardinale Schönborn, che commentando 'Amoris laetitia' a nome del papa "ha detto che il divieto di fare la comunione, per i divorziati risposati, non è stato revocato, ma, attraverso la 'via caritatis' indicata da Francesco, 'si può dare anche l’aiuto dei sacramenti in certi casi'. E quindi in pratica ha detto: no, ma anche sì; sì, ma anche no".
Il seguito della nota è tutto da leggere:
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Ma a queste due voci significative del laicato cattolico è utile aggiungere anche una terza voce, questa volta della gerarchia, quella del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna, che negli stessi giorni ha levato anch'egli l'allarme contro il "magistero incerto" che promana oggi dalla sede di Pietro e trova espressione clamorosa appunto nella "Amoris laetitia".
Ha detto il cardinale in un'intervista a "La Nuova Bussola Quotidiana" del 25 maggio 2016:
"Il capitolo ottavo della 'Amoris laetitia', oggettivamente, non è chiaro. Altrimenti come si spiegherebbe il 'conflitto di interpretazioni' accesosi anche tra vescovi? Quando ciò accade, occorre verificare se vi siano altri testi del magistero più chiari, tenendo a mente un principio: in materia di dottrina della fede e di morale il magistero non può contraddirsi. Non si devono confondere contraddizione e sviluppo. Se dico S è P e poi dico S non è P, non è che abbia approfondito la prima affermazione. L’ho contraddetta.
"'Amoris laetitia', dunque, insegna o no che vi sia uno spazio di accesso ai sacramenti per i divorziati risposati?
"No. Chi versa in uno stato di vita che oggettivamente contraddice il sacramento dell’eucaristia, non può accedervi. Come insegna il magistero precedente, possono invece accedervi coloro che, non potendo soddisfare l’obbligo della separazione (ad esempio a causa dell’educazione dei figli nati dalla nuova relazione), vivano in continenza. Questo punto è toccato dal papa in una nota, la n. 351. Ora, se il papa avesse voluto mutare il magistero precedente, che è chiarissimo, avrebbe avuto il dovere, e il dovere grave, di dirlo chiaramente ed espressamente. Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in teologia è sempre stato ammesso. Il magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente".
Va tenuto presente che Caffarra, specialista di teologia del matrimonio e della famiglia, ha partecipato a entrambi i sinodi su invito diretto di Francesco, ma è anche uno dei tredici porporati che, lo scorso ottobre, hanno firmato la lettera al papa contro i rischi di manomissione dell'assise.
Evento poi effettivamente verificatosi, come prova, tra l'altro, il retroscena recentemente messo in pubblico dal segretario speciale del sinodo Bruno Forte, al quale il papa disse nel mezzo dell'assise:
"Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati risposati, questi non sai che casino ci combinano. Allora non parliamone in modo diretto, tu fai in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io".
Dire, non dire, disdire, contraddire. È questa la nuova liquidità del magistero pontificio?
Da queste autorevoli trattazioni, che fanno realmente tirare un respiro di sollievo, emerge il concetto di 'Magistero Incerto'.
RispondiEliminaTengo però a dire che, per tutto quel che è stato finora, si dovrebbe parlare di 'Magistero Manomissivo', per non rincarare la dose e parlare di 'Magistero Astuto e Manomissivo', che è uguale a quello precedente ma più precisamente definito.
Il tutto senza tradire la verità.