Mercoledì 27 luglio, nella sua prima giornata in Polonia, papa Francesco ha incontrato a porte chiuse, nella cattedrale di Cracovia, i 130 vescovi di quel paese (vedi foto), scambiando con loro domande e risposte.
I vescovi polacchi, si sa, non sono in buona sintonia con l'attuale papa. Lo si è visto al sinodo sulla famiglia, dove erano compattamente schierati contro le innovazioni poi entrate in circolo con la "Amoris laetitia".
È un disagio, quello di tanti vescovi italiani nei confronti di Francesco, che cova sotto la cenere, raramente espresso "apertis verbis".
Ma ecco che in questi giorni un osservatore al di sopra di ogni sospetto ha sollevato il velo. È Luigi Accattoli, vaticanista "senior" del "Corriere della Sera", che ha pubblicato su "Il Regno" un'antologia di giudizi sul papa personalmente raccolti dalla viva voce di un buon numero di vescovi da lui incontrati durante il suo peregrinare per l'Italia di conferenza in conferenza.
Dei vescovi Accattoli non dà i nomi. Ma garantisce che le citazioni sono testuali.
Eccole riportate qui di seguito. Con l'avvertenza – fornita dallo stesso Accattoli – che si tratta di vescovi "tra i più disponibili nell'ammirare l'audacia apostolica bergogliana" e nel "simpatizzare per il papa argentino".
Se questi sono i giudizi e i timori dei favorevoli, immaginiamo quelli dei contrari.
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«Ammiro la sua generosità. C’era in giro tanta demotivazione, il suo arrivo è stato un riscatto psicologico. Ma perché tanta inquietudine, qual è il suo disegno?».
«Rimprovera, spinge a muoversi: ma dove ci vuole portare?».
«Ho l’impressione che abbia un giudizio negativo su noi vescovi e non capisco da dove gli venga. L’Italia è pur sempre lo zoccolo duro della Chiesa cattolica. Perché ci bastona?».
«Ammiro la capacità del papa di porre gesti di misericordia "in uscita", poniamo verso i diseredati, verso i non credenti; ma mi chiedo che ne sia di tutto il resto: del catechismo, del Codice, dei seminari, delle parrocchie, delle leggi sempre più lontane dal sentimento cristiano. Che dire, che fare?».
«Ma che vuol dire "uscita"? È facile dirlo, ma farlo? In una situazione data, nella mia diocesi, che cosa comporta?».
«Ha bloccato il tormentone dei valori non negoziabili ma con che cosa l’ha sostituito? Con una mezza parola. Perché è una mezza parola, o no?».
«Accenna ai padrini di battesimo e cresima, dice che non è giusto escludere chi è in situazione matrimoniale irregolare, ma poi non modifica le regole esistenti e così ci mette in difficoltà di fronte al popolo».
«I fedeli continuamente ci obiettano che “il papa ha detto”. Per lo più hanno capito male ma vai a convincerli. Lui fa presto a parlare e purtroppo non tiene conto di noi che siamo in trincea. Sembra che non sia stato vescovo».
«Nella "Amoris laetitia", al paragrafo 300, ha scritto che il discernimento delle situazioni personali va condotto nel dialogo con il confessore “secondo gli insegnamenti della Chiesa e gli orientamenti del vescovo”: li devo dare io – vescovo – questi orientamenti? Non li ha dati il papa, immagino perché non li aveva; e come posso darli io?».
«L’ultimo sinodo gli aveva posto la domanda su quali servizi ecclesiali potessero essere affidati a chi è in situazione matrimoniale irregolare e lui al paragrafo 299, invece di onorare quella richiesta, riaffida la questione a noi, che siamo incalzati dall’attesa della gente».
«Al paragrafo 122 della "Amoris laetitia" afferma che “non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa”: la considero un’affermazione imprudente. Facciamo un paragone con il clero: diremo che non si deve gettare sul prete il peso di doversi porre come figura del buon pastore?».
«Nella riforma del processo per le nullità ha posto il vescovo come giudice unico e ora vengono da me – povero – come se io potessi affrontare ogni caso: è lei il giudice, l’ha detto il papa. E tutti vogliono il processo breve».
«Quello che interessa ai fedeli è la comunione. Se il discernimento arriva ad autorizzare l’accesso ai sacramenti, del riconoscimento della nullità non importa più».
«Sulle nomine non segue la prassi, fa di testa sua. Si capisce che vuole contraddire il carrierismo e le filiere, ma la prassi era un salvagente per evitare errori. Procedendo senza rete che garanzia ha di non sbagliare?».
«Si prende una libertà che mette in imbarazzo i collaboratori di curia e i responsabili della CEI. Per tanti è come se fosse venuto meno il rapporto di fiducia».
«Non solo bastona preti e vescovi ma ora è arrivato a minacciare la rimozione dei vescovi che non s’adoperano per contrastare la pedofilia del clero. Quest’uscita proprio non l’ho capita: è un terreno delicato, il vescovo è un padre e deve anche trovare il modo d’essere un padre misericordioso, o no?».
«Capisco che voglia apparire povero ma portare una veste trasparente che mostra il nero dei pantaloni non è trascuratezza? Quando noi vescovi veniamo nominati ci danno istruzioni severe sull’abbigliamento, di presentarci sempre in ordine, guai! Per il papa non vale?».
«Parla tanto della sinodalità ma poi decide da solo. Dice che bisogna decentrare ma un accentramento personale del governo così forte non si era mai visto».
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