Dichiarazione di don Nicola Bux circa le affermazioni del card. Bagnasco riguardo alla c.d. preghiera degli imam nelle chiese cattoliche
A proposito delle dichiarazioni, apparse sulla stampa, di S. Em.za il card. Bagnasco, Presidente della CEI, riguardo al gesto di alcuni esponenti musulmani (pochissimi in realtà) di “partecipare” alle Sante Messe della scorsa Domenica 31 luglio, secondo il quale si tratterebbe di un “gesto enorme”, “sostegno cruciale” per isolare i terroristi e che sarebbero incomprensibili – a suo modo di vedere – le critiche dei cattolici agli imam in chiesa, rispettosamente faccio presente che il fatto si configura come violazione della communicatio in sacris (v. can. 844 c.i.c.).
Essa, si ricorda, è consentita, a determinate condizioni e con molte cautele, ai cattolici solo con i cristiani ortodossi e con gli evangelici, secondo le disposizioni del Direttorio Ecumenico del 1993 (cfr. nn. 122-128 circa la Condivisione di vita sacramentale con i membri delle varie Chiese orientali; nn. 129-136 circa la Condivisione di vita sacramentale con i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali).
Essa, si ricorda, è consentita, a determinate condizioni e con molte cautele, ai cattolici solo con i cristiani ortodossi e con gli evangelici, secondo le disposizioni del Direttorio Ecumenico del 1993 (cfr. nn. 122-128 circa la Condivisione di vita sacramentale con i membri delle varie Chiese orientali; nn. 129-136 circa la Condivisione di vita sacramentale con i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali).
In nessun caso ciò è consentito con i non cristiani.
Peraltro, è il caso di richiamare l’Istruzione Redemptionis sacramentum del 2004 ed in special modo i nn. 78 e 79, che sembrano fare al nostro caso, quasi con previsione “profetica”:
[78.] Non è lecito collegare la celebrazione della Messa con eventi politici o mondani o con circostanze che non rispondano pienamente al Magistero della Chiesa cattolica. Si deve, inoltre, evitare del tutto di celebrare la Messa per puro desiderio di ostentazione o di celebrarla secondo lo stile di altre cerimonie, tanto più se profane, per non svuotare il significato autentico dell’Eucaristia.
[79.] Infine, va considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni.
Vorrei ricordare, ancora, sempre in maniera rispettosa, al Presidente della CEI quanto stabilito in apposita Nota per gli Orientamenti Pastorali della Commissione Episcopale per le Migrazioni e il turismo della CEI il 4 ottobre 1993, dal titolo “Ero forestiero e mi avete ospitato”. In questo documento, all’art. 34, in merito a “L’incontro con l’Islam”, si statuiva:
«le comunità cristiane, per evitare inutili fraintendimenti e confusioni pericolose, non devono mettere a disposizione, per incontri religiosi di fedi non cristiane, chiese, cappelle e locali riservati al culto cattolico, come pure ambienti destinati alle attività parrocchiali».
Tali Orientamenti non mi risulta siano stati revocati dalla CEI!
In termini pressoché identici si esprimeva l’allora Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Card. Stephen Fumio, nella sua introduzione alla XVI Assemblea plenaria del Dicastero vaticano, svoltasi nel dicembre 2004:
«Ad evitare fraintendimenti e confusioni, considerate le diversità che reciprocamente riconosciamo per rispetto ai propri luoghi sacri ed anche alla religione dell’altro, non riteniamo opportuno che quelli cristiani – chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche dell’evangelizzazione e della pastorale – siano messi a disposizione di appartenenti a religioni non cristiane, né tanto meno che essi siano usati per ottenere accoglienza di rivendicazioni rivolte alle autorità pubbliche».
Nello stesso senso erano pure le indicazione dei Vescovi, Circolare n. 32, 10 maggio 2002, a cura del “Comitato per gli enti ed i beni ecclesiastici - sez. I” della CEI, intitolata “Cessioni di locali e spazi pastorali a terzi per uso diverso”, che ribadivano come la piena disponibilità di immobili e spazi destinati a uso pastorale dovessero essere vincolati alle attività di culto e di religione (sottinteso cattolica).
Ricordo anche le dichiarazioni dell'ex Segretario della CEI, S. Ecc.za mons. Betori – oggi cardinale arcivescovo di Firenze – nel 2008, riguardo ad un fatto di cronaca verificatosi all’epoca: «Quando un parroco presta i locali della parrocchia deve sapere che in quel momento aliena quello spazio alla religione cattolica e lo affida per sempre all’Islam, … le moschee non sono un luogo di culto, ma luoghi di preghiera e di formazione».
A questo punto, mi auguro che si sia trattata di una dimenticanza di S. Eminenza Bagnasco.
Va anche aggiunto, ad onor del vero, che in chiesa l’accesso è permesso a chiunque voglia accostarsi alla conoscenza del Mistero cristiano: nondimeno va rammentato che tale accesso, la Chiesa lo ha sottoposto da sempre all’itinerario catecumenale e dell’iniziazione cristiana, vigilato, un tempo, dal ministero degli Ostiari.
Quanto alla proclamazione di versetti di altri libri, ritenuti sacri dagli adepti delle altre religioni, ma non dalla Chiesa cattolica, ciò implica un andare contro la funzione del Tempio cristiano, che, come noto, viene dedicato con rito solenne. Questo configura una vera e propria profanazione! Per dimostrare la solidarietà non si deve usare la Casa di Dio, ma una piazza o altri ambienti non cattolici o, comunque, dedicati al culto.
Con riferimento, infine, alla distribuzione, pare al momento della Comunione, di un pane, non si sa bene se benedetto o meno, e comunque non consacrato, che ricorda l’Antídōron dei bizantini, non pare che possa avere come destinatari i non cristiani. A questo proposito, gli Orientali sono particolarmente attenti ad evitare fraintendimenti.
Si dovrebbe, infine, sapere che i musulmani sono convinti di essere la vera religione e di non dover perdere alcuna occasione per “correggere”, quelli che essi definiscono “appartenenti alle religioni del Libro”, ossia ebrei e cristiani, che avrebbero deviato dall’autentica fede – l’islam appunto. Non a caso, l’imam a Bari, nella Cattedrale di Bari, ha recitato la prima sura del corano, detta Al-Fâtiha, l’Aprente, nella quale si stigmatizza, appunto, gli ebrei ed i cristiani, rei di essere, agli occhi dei musulmani, miscredenti. Tra l’altro, a quanto mi risulta, è la stessa sura che viene recitata nel momento in cui vengono sgozzati i cristiani: così è stato, se non erro, in occasione dello sgozzamento dei 21 martiri copti uccisi dall’Isis. Lo stesso imam barese, peraltro, pochi giorni fa, in diretta TV, parlando ad un talk show, affermava: «l’Italia è casa mia. Sono qui per rieducare e purificare gli italiani».
Entrare nelle chiese cristiane, dunque, ha almeno per i loro imam il senso di indottrinamento per ricondurre dall’«errore» i cristiani, i quali vi sarebbero caduti falsificando le Scritture!
A mio modesto avviso si è trattata di un’iniziativa, dunque, dal dubbio significato, tanto più che ha interessato in Italia ed in Francia, in entrambi i casi, meno del 2% dei musulmani presenti in queste nazioni! A ciò si aggiunga la buona dose di ipocrisia che siffatte iniziative hanno comportato. Basti solo pensare alle spalle rivolte dai musulmani, nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, alla lettura dei Vangelo! A ragione, quindi, l’imam di Lecce ha parlato di gesto sensazionalista, ipocrita e sincretista. Il rispetto non lo si instaura perdendo la propria identità. E soprattutto la propria fede.
Spero infine che S. Eminenza chiarisca una buona volta un punto equivocato in questi tempi e cioè che figli di Dio si diventa con il Battesimo, e non con la nascita biologica; pertanto, non si può affermare, come avanzato da alcune parti, che tutti gli uomini, e quindi anche i musulmani, siano figli di Dio, perché sarebbe come dichiarare l’inutilità del Battesimo.
Con deferenza
in Domino Iesu
don Nicola Bux
Bari, 4 agosto 2016, S. Giovanni M. Vianney
http://www.scuolaecclesiamater.org/2016/08/dichiarazione-di-don-nicola-bux-circa.html
Imam in chiesa: una grave offesa alla fede e alla ragione
(di Roberto de Mattei su Il Tempo del 03-08-2016) Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco ha criticato quei cattolici che si sono mostrati sconcertati e in molti casi indignati, per l’invito ai musulmani di pregare, domenica 31 luglio, nelle chiese italiane: «Veramente non capisco il motivo – ha detto –. Il motivo non mi sembra proprio esistente».
A suo dire l’adesione di migliaia di musulmani alla preghiera davanti all’altare vuole essere «una parola di condanna e una presa di distanza assoluta, da parte di chi, musulmani ma non solo, non accetta alcuna forma di violenza». In realtà come ha osservato monsignor Antonio Livi, sul sito La nuova Bussola quotidiana, la partecipazione dei musulmani alle cerimonie liturgiche, in Italia e in Francia, è stato un atto al tempo stesso, sacrilego e insensato.
Sacrilego perché le chiese cattoliche, al contrario delle moschee, non sono centri di conferenze o di propaganda, ma luoghi sacri, dove si rende il dovuto culto di adorazione a Gesù Cristo, realmente presente «in corpo, sangue, anima e divinità» nell’Eucaristia. Se si giudicava necessario un incontro per condannare la violenza, quest’atto politico poteva avvenire da qualsiasi altra parte, ma non nella casa di Dio che, per il Papa e i vescovi italiani, non può che essere l’unico vero Dio in tre Persone, combattuto nel corso dei secoli, manu militari, dall’Islam.
A Roma, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere dov’erano seduti in prima fila tre imam della Capitale, due di loro, Ben Mohamed Mohamed e Sami Salem, hanno parlato dal pulpito citando più volte il Corano, però hanno dato le spalle al Vangelo durante l’Omelia, bisbigliando una preghiera musulmana, mentre i cattolici recitavano il Credo. Nella cattedrale di Bari il cosiddetto Imam Sharif Lorenzini, ha recitato in arabo la prima Sura del Corano che condanna la miscredenza dei cristiani con queste parole: «Mostraci la retta via, la via di coloro che tu hai favorito, non (la via) di coloro che guadagnano la tua ira, né quella di coloro che hanno deviato».
Ciò che è avvenuto è anche un atto senza ragione, proprio perché non c’è alcun motivo per cui i musulmani debbano essere invitati a pregare e a tenere sermoni in una chiesa cattolica. L’iniziativa dei vescovi italiani e francesi lascia credere che l’Islam, in quanto tale, sia privo di ogni responsabilità, nella strategia del terrore, come se non fosse in nome del Corano che musulmani fanatici ma coerenti massacrano i cristiani nel mondo. Negare, come Papa Francesco, che quella in atto sia una guerra religiosa, è come se si fosse negato che negli anni Settanta i brigatisti rossi conducessero una guerra politica contro lo Stato italiano.
Il movente dei terroristi dell’Isis è religioso e ideologico e trae pretesto da un certo numero di versetti del Corano. In nome del Corano decine di migliaia di cattolici sono perseguitati in tutto il mondo, dal Medio oriente, alla Nigeria, all’Indonesia. Mentre il nuovo numero di Dabiq, la rivista ufficiale del Califfato invita i propri militanti a distruggere la Croce e ad uccidere i cristiani, la CEI libera la religione maomettana da ogni responsabilità, addossando a pochi estremisti i massacri degli ultimi mesi. È vero esattamente il contrario: è solo una minoranza (23.000 su oltre 2 milioni di islamici ufficialmente registrati) il numero dei musulmani che hanno aderito alla dissennata iniziativa promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Come dar torto alla maggioranza che ha respinto l’invito al mittente, accusando di ipocrisia coloro che lo hanno accettato? Perché i musulmani, che professano una fede religiosa non solo diversa ma antitetica alla fede cattolica dovrebbero andare a pregare e a predicare in una chiesa cattolica o dovrebbero invitare i cattolici a predicare e pregare nelle loro moschee? Ciò che è avvenuto il 31 luglio è, sotto tutti gli aspetti, una grave offesa sia alla fede che alla ragione. (Roberto de Mattei)
Nella chiesa vige la libertà di pensiero...
di Paolo D’Arpini - 03/08/2016
Fonte: Paolo D’Arpini
Non sono un “fedele” cristiano, anzi sono perfettamente laico, pur che da quando a Treia la Curia ha deciso di tenere aperta la chiesa di San Francesco, dove si respira una bella atmosfera di pace, non manco di soffermarmici quasi ogni sera per diversi minuti in raccoglimento e meditazione. Nessun altro entra in chiesa perciò posso starmene tranquillo in attesa quasi rituale dell’anziano custode che verso le ore 19.45 giunge a spegnere le luci ed a chiudere le porte. La chiesa è un luogo sacro dedicato alla divinità ed è giusto che resti aperto a tutti.
Teoricamente -da questo punto di vista- sembrerebbe corretto che le alte cariche ecclesiastiche abbiano invitato a preghiere comuni i praticanti di fedi diverse, in particolare musulmani, come segno di pace, di fratellanza e di rispetto per le reciproche religioni. Ma è veramente così?
Prima di andare avanti con questo discorso debbo fare un passo indietro a quando ancora giovane e desideroso di girare il mondo mi trovai in diversi paesi islamici e non mi fu mai impedito di entrare nelle moschee, anche se mi veniva chiesto di accedervi senza scarpe e di lavarmi i piedi in apposite vasche prima di entrare, ma questo avveniva solo durante le ore di “riposo” ovvero non quando si celebravano cerimonie religiose. In certi casi si poteva andare incontro ad estremi rifiuti, come avviene a La Mecca dove la visita alla Kaaba è strettamente consentita ai soli maomettani certificati (alieni di altri credo se scoperti sono sottoposti a minacce e scacciati in malo modo se non picchiati).
Ma torniamo all’Italia, anzi torniamo a Roma, ove fino all’avvento del cristianesimo vigeva una grande libertà di culto. A Roma, ed in tutte le grandi città romane, esistevano basiliche aperte ai devoti di qualsiasi dio (vedasi ad esempio il celebre Panteon) e fu in seguito a questa apertura sincretica che pian piano i cristiani, che appartenevano alle classi più derelitte e quindi più numerosi e determinati, riuscirono a prendere il sopravvento occupando pian piano questi templi collettivi e rendendoli loro sede esclusiva. Questa abitudine si ampliò sino ad occupare tutti i templi della paganità che furono riconvertiti in chiese cristiane (è un fatto storico riconosciuto che le antiche chiese siano state tutte edificate su mura e fondamenta di precedenti templi romani).
Ed ora vediamo cosa sta succedendo in Italia in seguito alle richieste vaticane di aprire le chiese agli islamici, per svolgervi funzioni comuni, con lettura di brani del vangelo e del corano e con diverse testimonianze di fede. Se questo atteggiamento sembra una apertura ed una mano tesa per pacificare gli animi, soprattutto in seguito agli eccidi di cristiani nel mondo -parecchie migliaia in tutta l’Africa ed in Oriente (ivi comprese donne e bambini)- e di vari attentati terroristici compiuti in questi recenti anni, mesi e giorni da parte di “fondamentalisti” (definiti per quieto vivere “squilibrati"), in realtà questo gesto di apertura e perdono cattolico, basato sul detto “porgi l’altra guancia”, è una sorta di sdoganamento dell’invasione islamica in corso.
A mali estremi estremi rimedi e l’abbiamo visto attraverso tutti i gesti compiuti dal papa nei confronti dei fedeli di Maometto (lavacro di piedi, accoglienza nelle parrocchie, gestione dei profughi, etc.). Bisogna però capire come vedono i musulmani questa apertura e chi sono realmente i musulmani che hanno accettato l’invito a presenziare alle funzioni comuni in chiesa.
I maomettani più tradizionalisti riconoscono in questa apertura cattolica un segno dei tempi che verranno. In primis la concessione di liberalizzare il loro culto nelle chiese è un chiaro segnale di apostasia da parte dei cristiani e di riconoscimento implicito della superiorità coranica, tutto ciò in attesa del Giudizio Universale, in cui verrà il Madhì che proclamerà una guerra santa per stabilire l’islam su tutta la terra, dopo aver sterminato o soggiogato tutti i non-musulmani.
C’è poi la posizione dei cosiddetti musulmani “liberali”, che sono quei fedeli di convenienza, tra cui parecchi italiani convertiti, che hanno tutto da guadagnare dal “sincretismo” papalino, anche per tamponare un’incipiente islamofobia che metterebbe a rischio gli affari milionari in corso legati allo spaccio di prodotti halal, alla costruzione di nuove moschee e di centri culturali di promozione islamica, etc. Dove ci sono affari da portare avanti è sempre meglio assumere il sorriso invece del ghigno (eventualmente il ghigno seguirà più tardi quando il potere sarà consolidato).
Stranamente ho notato che queste mie riflessioni “laiche” sono anche state fatte da cristiani senza paraocchi, persino da preti e vescovi che hanno avuto il coraggio di criticare le posizioni dei “vertici”, affermando che “nella chiesa vige la libertà di pensiero”. Questa frase mi sembra molto significativa… visto che per la “libertà di pensiero” in passato molti martiri furono messi al rogo. Ma evidentemente i tempi sono cambiati e non mi stupirei se il blocco monolitico cattolico si frantumasse, confermando così la profezia che questo sia l’ultimo papa…
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=54926
Apprendiamo dagli organi di informazione che al defunto Marco Pannella è stato conferito alla memoria il premio “L’Abolizionista dell’anno”, che con l’occasione diventa “L’Abolizionista del secolo”, per sottolineare l’impegno ultraventennale del Pannella in favore dell’abolizione della pena di morte.
Il premio è promosso dall’Associazione “Nessuno tocchi Caino”, organizzazione benemerita il cui sottotitolo sarebbe (secondo alcuni incurabili maligni) “e poi fate quel che volete ad Abele…”.
I nostri lettori conoscono bene i meriti di Marco Pannella (dall’aborto, alla diffusione delle droghe, all’eutanasia, alla pederastia, eccetera) e quindi non ci dilunghiamo in materia, passando subito alla lettura dell’articolo con cui si comunica l’importante notizia:
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Apologia di Pannella. Indovinate chi l’ha pubblicata. Concorso a premi
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con un clero fagocitato dal mondo o reso innocuo dai vescovi che li zittiscono x compiacere il "vizio" e non si grida allo scandalo x le "nozze" gay ma i cristiani che non possono dirsi tali se le approvano e anzi dovrebbero essere scomunicati!Che ci possiamo mai aspettare? è palese che a causa dell'apostasia dei "vertici" della chiesa con il dissacramento del tempio Dio ormai stiamo per subire la punizione per i peccati....speriamo che il Signore nella sua Grande Bontà li illumini affinché si convertano o li fulmini!
RispondiEliminaUna cosa ormai è assodata: questo papa è portatore di una specificità 'spirituale' contagiosa.
RispondiEliminaNon si spiegherebbero altrimenti gli allarmanti fenomeni come quelli a cui si deve assistere ogni volta:
- movimenti ecclesiali che - tutti d'un pezzo fino a ieri nella loro ortodossia - dopo l'udienza papale diventano ipso facto 'svagati' (eufemismo) di fronte a tematiche bioetiche di assoluta gravità, come quelle ad es. che hanno mosso due milioni di credenti per l'ultimo Family Day, evento al quale essi hanno brillato per la loro stupefacente assenza;
- prelati, fin qui fedelissimi a Nostro Signore e pertanto affidabilissimi nella loro predicazione, che improvvisamente iniziano ad esternare in modo strano, sconcertante e del tutto sganciato da qualsiasi criterio di, quanto meno, DOVEROSA CAUTELA;
- gli esempi
In assenza fin qui di risposte razionali a questo curioso fenomeno di imitazione contagiosa, mi domando se per caso ora in Vaticano, in ossequio al santo padre, non venga servita la bevanda papalina del mate in luogo di tè e caffè.
Gli esempi potrebbero continuare a iosa...
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