ANGELO CUSTODE E CASO OVERBERG
Si deve credere nell’Angelo custode. Uno dei racconti più nitidi sull’esistenza e sull’azione efficace degli Angeli in difesa degli esseri umani è quello del tedesco Bernhard Heinrich Overberg teologo e pedagogista (1754-1826)
di Francesco Lamendola
La credenza negli Angeli e nella loro benefica azione soprannaturale in ausilio degli uomini non è un fatto discrezionale, ma, per un cattolico, è un articolo di fede, come lo è la fede nella intercessione dei Santi e di Maria Santissima. Nel Catechismo della Chiesa cattolica, infatti, leggiamo: gli Angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà. Essi, contemplando incessantemente Dio a faccia a faccia, Lo glorificano, Lo servono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini. La Chiesa si unisce agli Angeli per adorare Dio, invocare la loro assistenza e di alcuni celebra liturgicamente la memoria. Fino al Concilio Vaticano II, alla conclusione della Santa Messa veniva recitata una speciale preghiera a San Michele Arcangelo, scritta e voluta da papa Leone XIII in seguito ad una terrificante visione che egli stesso aveva avuto, nel corso di una celebrazione eucaristica; poi, non si sa bene perché, quella preghiera, nella quale il sacerdote e i fedeli supplicavano l’aiuto dell’Arcangelo perché li difendesse dagli assalti, sempre più aggressivi, sferrati dal Maligno contro la santa Chiesa di Gesù Cristo, è stata soppressa dalla normale liturgia; sicché i giovani, in generale, non sanno nemmeno che sia esistita.
Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento si parla degli Angeli. Un intero libro dell’Antico, il deuterocanonico Libro di Tobia (che i protestanti non riconoscono come ispirato, benché la Chiesa dei primi secoli l’abbia sempre ritenuto tale, e dichiarato canonico sia nel Concilio di Cartagine del 397, sia in quello di Trento, nel 1546), è incentrato sulla figura dell’Angelo Raffaele che interviene per aiutare Tobit e Sara, due devoti ebrei che vivono in esilio, il primo a Ninive, in Assiria, la seconda a Ecbatana, in Persia, i quali si dibattono nelle angustie di una vita sempre più difficile, sia pure per motivi assai diversi, e che solo alla fine si dà loro a riconoscere come una creatura soprannaturale, inviata da Dio (ánghelos, in greco, significa appunto “messaggero”), per premiare la loro fede e la loro pietà.
La credenza negli Angeli custodi, preposti alla protezione spirituale, al consiglio e alla difesa, anche fisica, di ogni singolo uomo, fin dalla nascita, trova appoggio in un passo del Nuovo Testamento, e precisamente in una frase pronunciata da Gesù stesso, a proposito dei bambini, che suona così: Guardate di non disprezzare nessuno di questi piccoli, perché vi dico che i loro Angeli nei cieli vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli (Matteo, 18, 10). All’Angelo Custode, inoltre, è indirizzata una delle preghiere più sentite della tradizione cattolica (anche se, negli ultimi anni, caduta forse un po’ in disuso): Angelo di Dio, che sei il mio custode illumina, custodisci, reggi e governa me che ti fui affidato dalla Pietà Celeste. Amen.
Ma perché, in fin dei conti, si dovrebbe credere nell’esistenza e nella assidua protezione dell’Angelo Custode?, potrebbe domandarsi qualcuno; solo perché essa è attestata e trasmessa da una tradizione secolare, avallata dai teologi e dai Padri della Chiesa? No, rispondiamo; non solo per questo: ma anche per una ragione molto più semplice, più pratica e, in un certo senso, incontrovertibile: perché essa è documentata, lungo tutta la storia del cristianesimo, da testimoni assolutamente degni di fede, non di rado anche da santi, i quali ne hanno fatto esperienza diretta e personale. Non si tratta, quindi, “solo” di fonti bibliche e di speculazioni teologiche, ma anche di fatti esperiti e testimoniati da persone che non avevano alcuna ragione per inventarseli.
Uno dei racconti più nitidi, più impeccabili, più persuasivi sull’esistenza e sull’azione efficace degli Angeli in difesa degli esseri umani è quello del tedesco Bernhard Heinrich Overberg (nato a Voltlage, nella Bassa Sassonia, il 1° maggio 1754 e morto a Münster, in Vestfalia, il 9 novembre 1826), eminente personalità di teologo e di pedagogista, che visse nel particolare clima culturale a cavallo fra l’illuminismo ed il romanticismo, e che è tuttora ricordato, in Germania e anche fuori di essa, per le sue innovative concezioni educative e didattiche.
Si tratta, pertanto, di un testimone assolutamente degno di fede: nulla a che vedere con una personalità poco equilibrata, incline alla credulità o all’esaltazione misticheggiante: al contrario, un serio e assai posato sacerdote cattolico, una persona colta, uno studioso e, nello stesso tempo, un uomo di grande fede e di intensa spiritualità. Per dare un’idea della stima e del credito di cui godeva presso la società del suo tempo, basterà dire che nel 1789 venne richiesto quale confessore privato dalla principessa Adelaide Amalia Gallitzin, una notevolissima personalità di donna dalle spiccate qualità intellettuali e spirituali; e che alla sua influenza discreta e piena di tatto si dovette anche la conversione al cattolicesimo del conte Friedrich Leopold zu Stolberg-Stolberg, importante poeta e traduttore del preromanticismo tedesco.
È questa la persona che ha vissuto, e narrato, una delle esperienze più interessanti e impressionanti riguardo alla partecipazione degli Angeli alla vita degli uomini, specialmente nelle situazioni di pericolo.
Scrive, dunque, padre Overberg, nel riferire l’esperienza soprannaturale da lui fatta (citato in: Paola Giovetti, I misteri intorno a noi, Milano, Rizzoli Editore, 1988, pp. 136-138):
Un giorno stavo riaccompagnando a casa due suore che erano venute a trovarmi per certe questioni importanti e che abitavano ad alcune giornate di viaggio da me. Durante il viaggio arrivammo sul far della sera a una grande brughiera, che si estende fino a N., città dove abitavano le suore e che richiedeva tre ore di viaggio per percorrerla. Nonostante l’attenzione del nostro cocchiere, ci perdemmo: dopo un’ora di inutili ricerche della strada giusta, essendo ormai scesa la notte, decidemmo di chiedere ospitalità in una casa di campagna che casualmente trovammo sul nostro cammino. I proprietari, marito e moglie, ci accolsero con grande gentilezza e si dimostrarono felicissimi di ospitarci tutti e quattro. Ci prepararono la cena, che consumarono con noi e solo dopo le dieci ognuno di noi si ritirò nella sua stanza. Io prima di andare a dormire lessi il breviario e dal libro cadde un’immagine di un angelo, che avevo sempre considerato il mio angelo custode: e per qualche minuto meditai sull’opera benefica degli angeli. Durante questo temo sentii bussare alla porta, andai ad aprire e vidi un giovane molto bello e ben vestito che s’inchinò davanti a me e disse: “Signore, andate via da questa casa con le suore prima dell’una di notte, in silenzio e senza fare alcun rumore: il motivo lo saprete domattina presto”. Dette queste parole, uscì dalla stanza lasciandomi enormemente stupito.
Erano le 11,30: riguardai l’immagine dell’angelo e mi resi conto che era identica al giovane che mi aveva fatto visita nella mia stanza. Allora non esitai: andai a svegliare il cocchiere e gli dissi di preparare in fretta e in silenzio i cavalli, poi svegliai le suore e così in pochi minuti uscimmo da quella casa sena che nessuno se ne accorgesse: in tre ore raggiungemmo N., svegliammo i gestori della locanda postale e ci facemmo preparare il caffè.
Ci eravamo appena messi a sedere quando arrivò un giovane commerciante, tutto agitato; scese in fretta da cavallo e venne verso di noi. Si sedette accanto a me, poi corse alla finestra , si sedette di nuovo, dando sempre segni di grande preoccupazione . Infine lo pregai di dirmi il motivo della sua agitazione e lui mi fece capire che voleva parlarmi da solo. Io feci segno alle suore di uscire e, rimasti soli, mi sentii fare questo discorso: “Signore, il motivo della mia agitazione è un’incredibile vicenda che mi è capitata stanotte. Di certo è avvenuto un delitto! Per motivi di lavoro volevo raggiungere N. in serata, ma mi sono perso nella brughiera e dopo ore di inutile vagare sono giunto a una casa di campagna. Dato però che avevo con me molto denaro, esitavo a chiedere ospitalità per timore di essere derubato. Girando intorno alla casa, mi accorsi che a una finestra c’era luce: guardai dentro e vidi sette omaccioni dall’aria spaventosa, seduti intorno a un tavolo. In quel momento uno di loro prese l’orologio e vista l’ora disse agi altri: “È l’una: di sicuro le suore e l’uomo che le accompagna dormono della grossa. È il nostro momento!”. Si alzarono con aria minacciosa e io non aspettai che uscissero: misi il cavallo al galoppo ed eccomi qui. Sono sicuro che quegli uomini hanno commesso qualche delitto…!”. Io che, nella descrizione della casa avevo riconosciuto quella nella quale avevamo ricevuto ospitalità, fui ben felice di poterlo rassicurare spiegandogli che il delitto non c’era stato perché noi, avvertiti dall’angelo, eravamo fuggiti…
Come si vede, l’intervento dell’Angelo, in questo racconto, si configura come un intervento di salvezza e assume le forme di un avvertimento dato all’interessato, in stato di veglia; a parte quest’ultimo particolare, cioè il fatto che Overberg era perfettamente sveglio, udì bussare e andò ad aprire la porta della camera, il contenuti del messaggio dell’Angelo ricorda moltissimo quello che ebbe in sogno Giuseppe, il padre putativo di Gesù, poco dopo la Natività, quando un Angelo lo ammonì a non ritornare, con Maria e il Bambino, a Nazareth, in Galilea, ma a fuggire in Egitto, fuori dai confini del regno di Giuda, perché il crudele re Erode stava scatenando una persecuzione sanguinosa, passata alla storia come “la strage degli innocenti”, e il cui scopo era, appunto, quello di eliminare, fra i tanti bambini appena nati, anche quello cui si riferivano certe profezie le quali, indicandolo come un futuro Re, parevano segnalare un pericolo il suo stesso trono. Il sogno di Giuseppe, inoltre, si intreccia, in un certo senso, con un altro sogno e con un altro avvertimento ricevuto in sogno, questa volta dai Magi, i quali, dopo aver trovato e adorato Gesù, a Betlemme, furono avvertiti di non ripassare da Erode, come lui aveva chiesto loro, ma di tornare al loro Paese in silenzio; anche se, di quest’altro sogno (fatto da uno di essi o da tutti e tre?), l’evangelista non fornisce che pochissimi particolari (cfr. Matteo, 2, 12).
Colpisce, in modo particolare, il fatto che Overberg, quella sera, aveva visto, caduta dalle pagine del breviario (caduta, e non intravista mentre lo sfogliava: come se qualcuno avesse voluto estrarla ed evidenziarla) l’immagine di un Angelo, che, da parte sua, aveva sempre identificato, come per una intuizione divina, con il suo stesso Angelo Custode; e che il giovane uomo presentatosi a tarda ora alla porta della sua camera, per metterlo in guardia contro un grave ed imminente pericolo - che, però, non volle affatto precisare, pur anticipando che l’indomani mattina tutto sarebbe divenuto chiaro – aveva precisamente l’aspetto e la fisionomia dell’Angelo raffigurato nella sua immaginetta. A quel punto, non poteva essere più una mera coincidenza, e Overberg comprese che quel giovane, subito ritiratosi dopo aver pronunciato quelle poche parole, inquietanti ma infinitamente preziose, non poteva essere una creatura di questo mondo, ma doveva essere una creatura celeste. Lo comprese così bene che non ebbe un attimo di esitazione e ordinò, nel massimo silenzio, la partenza alle suore e al cocchiere; e ciò nel cuore della notte, poco più di un’ora dopo che, stanchi per il viaggio e per le emozioni causate dall’inutile vagare nella brughiera, avevano terminato di cenare e si erano ritirati nelle loro camere, per abbandonarsi ad un sonno ristoratore. Chi altri avrebbe agito in maniera apparentemente così bizzarra, se una certezza di tipo non meramente razionale, e tuttavia fortissima, non gli si fosse presentata al di là di ogni umano riscontro?
Il racconto, poco dopo essere giunti in salvo, fatto dal giovane agente di commercio, rese piena luce su quella precipitosa fuga notturna, che essi avevano fatto solo sulla parola di uno sconosciuto, presentatosi a uno di loro in maniera poco spettacolare, e, nondimeno, stranamente persuasiva. Se non avessero dato ascolto alle sue parole, sarebbero morti, e la loro scomparsa sarebbe rimasta un mistero, in quanto i loro corpi certamente sarebbero stati fatti sparire, e nessuno avrebbe mai più saputo che cosa fosse accaduto loro e qual genere di sventura li avesse colpiti e occultati. Perciò, riflettendo, la conclusione cui dovettero giungere i quattro viaggiatori fu che si trovavano ancora in vita, dopo essere scampati ad un pericolo vicinissimo e tremendo, e che tuttavia ignoravano, per la sola ragione che un Angelo li aveva protetti, apparendo ad Overberg quasi in risposta alla sua preghiera e alla sua meditazione sulla preziosa assistenza che gli Angeli forniscono agli uomini timorati di Dio.
La morale di questa storia, che, da sola, costituisce una valida prova dell’esistenza degli Angeli, è che, per poterci aiutare, essi hanno bisogna di qualcosa su cui appoggiarsi, cioè hanno bisogno della nostra fede, e della nostra convinzione che essi sono pronti e disposti a volare in nostro soccorso. In altre parole, gli Angeli non possono aiutare se non coloro i quali, per la loro attitudine interiore, sono disposti a lasciarsi aiutare; ma non possono far nulla per quelli che, negando, disprezzando o ignorando la loro presenza, si pongono da se stessi al di fuori della loro possibilità d’intervenire...
Si deve credere nell’Angelo custode
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