ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 22 agosto 2016

Con o senza i Pastori

Le note della Chiesa militante: Credo la Chiesa «cattolica»

Padre Pierre-Yves Chrissement FSSPX, missionario francese, con bambini a Achalla (Nigeria).

«La Chiesa di Cristo si diffonderà tra tutte le genti e la sua luce divina continuerà a brillare – grazie alle fatiche di sacerdoti fedeli, delle preghiere e delle penitenze dei cristiani ferventi – per la salvezza delle anime». 

«Et in fines orbis terrae verba eorum» (Ps. 18,4). Non fu un capriccio né un’iniziativa personale quella degli Apostoli. Non fu per esotismo né per manie di grandezza che quei Dodici vollero spingersi fino ai confini della terra per predicare il Vangelo, e predicarlo ad ogni creatura . Fu invece un preciso ordine del Signore al quale prontamente e non senza sacrificio essi obbedirono: «Andate ed insegnate a tutte le genti» , e ancora: «Mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e la Samaria, e fino alle estremità della terra» .



La parola “cattolica” riferita alla Chiesa di Roma appare per la prima volta in sant’Agostino, nel trattato De unitate Ecclesiae contra Donatistas , volendo designare la vera Chiesa fondata da Gesù Cristo. Come è noto, la parola ha origine dall’espressione greca kaq’olon, in latino secundum totum, che si potrebbe tradurre con “dappertutto”; donde l’aggettivo kaqolikoj, cioè universale. Non si tratta qui di un aggettivo qualsiasi né di un abbellimento o di una semplice precisazione teologica. La cattolicità è, come insegna il Credo, una vera e propria nota della Chiesa di Cristo, che la distingue dalle sètte che si richiamano falsamente al Redentore. Per sant’Agostino, l’unico motivo per il quale la vera Chiesa di Cristo non si trovava fra i Donatisti era che l’espansione ed il seguito di questi ultimi si limitava all’Africa; ecco dunque in radice tutta la dottrina della cattolicità della Chiesa: la sua espansione (vedremo in quali termini) su tutta la terra. Ma per arrivare a ciò, abbiamo bisogno di distinguere due aspetti di tale nota: si tratta infatti di mostrare in primo luogo come quest’ultima derivi da una precisa volontà di Nostro Signore (sarà la cattolicità di diritto), e in secondo luogo come nella storia concreta sia possibile verificarne la fondatezza (sarà la cattolicità di fatto).
Cattolicità di diritto 
A dire il vero, nessuno mai ha obiettato alcunché su questo punto, che pacificamente è ricevuto da tutti: la Chiesa cattolica, a causa della sua istituzione, dello scopo e della volontà esplicita del suo Fondatore, è concepita in modo tale da doversi (e potersi del resto) espandere su tutta la terra e presso tutti i popoli senza distinzione alcuna. Il passaggio del Vangelo di San Matteo sopra citato non lascia spazio a dubbi: il Salvatore dopo la sua Resurrezione intese inviare i suoi discepoli per propagare la dottrina salvifica, la «buona novella» della Redenzione. La ragione è chiara: il peccato originale toccò tutti, la Redenzione si operò per tutti, l’espansione della dottrina e della trasmissione della grazia tramite i sacramenti non vi è ragione che non fosse destinata a tutti. Ma giova sottolineare che, se il Cristo diede mandato di predicare la Dottrina non solo ai Giudei ma anche ai Gentili, ciò non veniva ostacolato dai princìpi stessi di tale dottrina, e qui sta la peculiarità della vera Religione rispetto, ad esempio, alle pratiche del Giudaismo che non ne erano che una preparazione. In altre parole, il Vangelo di Nostro Signore, i suoi princìpi, le sue leggi, perfino la pratica dei sacramenti, non erano tali da doversi cantonare ad un popolo o ad una élite, ma potevano essere praticati da tutti ed in qualsiasi luogo della terra. Nulla a che vedere, invece, con le pratiche della legge mosaica che non potevano adattarsi ad altri popoli che a quello ebraico in ragione delle specificità di questa legge, propria ad una civiltà con degli usi e dei costumi speciali; e, per citare san Pietro Apostolo, perfi- no a loro mal si adattavano... La legge nuova, il Nuovo Testamento non è legato ad un popolo ma può essere ricevuto da tutti, e fu questa la battaglia dell’altro glorioso Apostolo, san Paolo, il quale, pur fariseo figlio di farisei, impiegò tutte le energie del suo apostolato missionario per portare Cristo alla gentilità, e perdendo anche il sonno pur di dimostrare che la circoncisione non vale più a nulla, ma che solo conta le Fede in Gesù Cristo, vivificata certo dalle buone opere della Carità, ma non dalle opere della Legge . Il messaggio cristiano, poi, non è concepito come una gnosi, cioè come una verità accessibile a pochi tramite una iniziazione: pieno infatti di concetti difficili, può essere per secoli approfondito e minuziosamente sviscerato da fini teologi, i quali tuttavia di fronte al mistero soprannaturale rimarranno sempre un gradino al di qua; allo stesso tempo, gli stessi concetti espressi con formule precise ma chiare nei catechismi possono essere facilmente appresi (e ugualmente creduti) dai bambini e dai semplici; tutto ciò, in qualsiasi lingua o idioma. Come si vede, ancora una volta, la Dottrina di Gesù Cristo non è per un gruppo, ma per tutti.
Cattolicità di fatto 
Giova precisare, prima di tutto, cosa si intenda per “di fatto”. Quando diciamo che la Chiesa è “dappertutto” non vogliamo dire necessariamente che vi appartenga un grande numero di fedeli, né la maggioranza degli uomini, bensì che la dottrina cristiana sia diffusa in tutti i luoghi della terra anche se qua o là soltanto una piccola minoranza la rappresenti. Ciò basta a rendere questa caratteristica una vera nota di credibilità perché una dottrina che si adatti a tutti i popoli (essendo anche l’unica a riuscire a farlo) è la dottrina vera, poiché Dio non rivelerebbe una verità se essa non potesse essere ricevuta da tutti coloro ai quali è stata rivelata. Ora, se il cattolicesimo si diffonde dappertutto anche in piccole “dosi”, è segno che tutti possono recepirlo. Viceversa, se esso si diffondesse anche in quantità massiccia ma come espansione di un gruppo, di una famiglia, di una razza, o si diffondesse solo in un luogo particolare, ciò sarebbe spiegabile con ragioni puramente naturali quali ad esempio la fecondità di tale razza, particolari condizioni sociali, ecc. Invece, la Chiesa di Cristo realizza perfettamente la profezia di Isaia riguardante il regno messianico: «E il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo si accovaccerà col capretto; e il vitello e il leone e la pecora staranno assieme e un piccolo fanciullo li condurrà» . Tuttavia due sono gli elementi che compongono più precisamente questa cattolicità di fatto: il primo (che si scompone a sua volta in due elementi) è l’espansione simultanea della dottrina nello spazio (cattolicità che potremmo definire geografica), e la sua diffusione continua nel tempo (cattolicità storica); il secondo è la progressiva crescita della diffusione delle dottrina nel corso dei secoli. Una nota della Chiesa, per essere tale e quindi visibile, non va dimostrata ma semplicemente mostrata: ora è incontestabile che nei vari momenti della storia, a partire dalla Pentecoste, la Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo sia stata presente dappertutto seguendo progressivamente lo sviluppo numerico dei suoi membri. Quando si dice che gli Apostoli portarono il cristianesimo “fino ai confini della terra” non si esagera né si parla per metafora, ma anzi va detto che ciò corrisponde a precisa verità storica, in quanto già all’epoca apostolica gli sforzi missionari, commisurati all’estensione delle terre conosciute e alle effettive possibilità di viaggio, permisero tale massiccia e umanamente inspiegabile diffusione. Insomma, ovunque fosse possibile andare, gli Apostoli andarono (pensiamo a san Tommaso e alle sue missioni in India) e portarono la Buona Novella. È certo però che per vedere un aumento esponenziale della diffusione del cristianesimo in senso spaziale si dovranno aspettare le scoperte geografiche; le Americhe, e poi a seguire il continente asiatico furono miniere di cristiani, fertile terreno per lo zelo missionario e spesso fucina di gloriosi martiri; la Chiesa arrivava laddove poteva arrivare l’uomo. Questa cattolicità geografica, vera in ogni momento della storia a partire dall’inizio della Chiesa, è corroborata da quella temporale, il fatto cioè che tale espansione spaziale non si è limitata ad un periodo storico per poi ristagnare; ma anzi, ha seguito tutto il corso della storia, a partire dalla fondazione fino ad arrivare ad oggi; inoltre – e risiede qui l’aspetto soprannaturale di tale espansione – nonostante persecuzioni, scismi, eresie. Ecco tra l’altro un elemento che manca del tutto alle confessioni protestanti, ammesso che esse pretendano ritrovare nelle loro società la nota di cattolicità: sulla linea del tempo i fatti li smentiscono, poiché la loro istituzione non è più antica del XVI secolo. Quest’ultimo aspetto ci porta al secondo elemento della cattolicità di fatto: la straordinaria fecondità della dottrina cristiana che ne ha permesso non soltanto l’espansione, ma l’espansione continuamente crescente e l’inarrestabile spinta missionaria di una società che altrimenti non potrebbe venire da Dio. La Chiesa diffonde il suo messaggio salvifico perché vuole trasmetterlo. La Chiesa di Roma, a ben vedere, è l’unico gruppo sociale ad aver voluto a tutti i costi (a costo, anche, della vita di migliaia di suoi membri e ministri) la diffusione della sua dottrina nel mondo intero. Tante religioni o anche solo sètte cristiane, più o meno esigenti nella morale, più o meno elaborate nella loro dottrina, hanno potuto realizzare un considerevole numero di adepti o di simpatizzanti, ma nessuna di esse ha mai solo immaginato o preteso proporre al mondo intero una dottrina come salvifica, e salvifica per l’uomo in generale. Si noterà la (solo parziale) eccezione di alcuni gruppi protestanti, che contano ancor oggi numerose missioni; va detto, però, che in primo luogo la spinta missionaria del protestantesimo non risale a prima del ‘700, poiché precedentemente non vi era, né in Lutero, né in Calvino né in altri riformatori l’intenzione di portare ad esempio oltremare la loro dottrina; in secondo luogo bisogna notare come, nonostante lo zelo impiegato dai riformatori nelle missioni (in Africa e in Asia specialmente), i risultati furono sovente scarsi in paragone agli sforzi e alle risorse impiegate. Cattolicità di nome Molto spesso, un gruppo sociale è individuato dal nome che viene pacificamente riconosciuto dagli altri, estranei a tale gruppo; non già invece dal nome che ci si dà senza che gli altri lo riconoscano. È tipico il caso degli adepti della Riforma che, nelle loro varie suddivisioni, si definiscono Riformati, Evangelici ecc., ma che vengono comunemente riconosciuti col nome generico di protestanti. Comunemente noi cattolici riconosciamo (nominalmente s’intende) la nomenclatura di “ortodosse” per le sètte scismatiche d’oriente; è però vero che ognuna di queste sètte si pretende tale, senza che ciò possa essere vero di tutte, data spesso la differenza di dottrine in esse professate. Non rimane dunque che una semplice denominazione indicativa. Il problema non si pone e non si pose mai per la Chiesa cattolica, la quale sempre si definì tale e sempre tale fu riconosciuta. Secondo la testimonianza di sant’Agostino, molti eretici avevano la pretesa di dirsi cattolici, ma quando uno straniero si presenta e domanda dov’è il tempio cattolico, mai lo si osa condurre alla basilica o alla casa degli eretici. Divinità della Chiesa cattolica Una società che presenti caratteristiche simili non può venire dall’uomo: diffusione spaziale dovunque l’uomo sia in grado di arrivare, permanenza di tale stato attraverso i secoli, slancio missionario continuo e costante. Ma, aggiungiamo per precisare, ciò che suggerisce ancora maggiormente l’origine soprannaturale della Chiesa di Roma è non soltanto la perfetta capacità di adattarsi ad ogni popolo, lingua, situazione sociale; è inoltre l’enorme diversità dei gruppi umani, dei popoli, delle razze, dei caratteri degli individui perfino, tutte cose che vengono ridotte ad una ammirevole unità che non è una unità matematica o fisica, come un semplice mucchio di pietre riunite in un sacco; si tratta invece di una unità di ordine, ordine nel quale i vari elementi si trovano, anziché soltanto giustapposti, strutturati ognuno al suo posto ed accomunati da questo medesimo spirito il quale non è altro, poi, che l’unica vera Fede che in questo senso ha carattere pienamente “universale” (cattolica, appunto). La storia dimostra, del resto, che solo questa Fede è stata capace non già di sostituirsi alle varie civiltà, ma anzi di amalgamarsi per sostituire (questo sì) le false credenze lasciando intatto il genio proprio dei vari popoli e le loro caratteristiche sociali; la produzione dell’arte sacra nelle differenti epoche e luoghi ne è ulteriore dimostrazione. Ammirevole in questo senso, ad esempio, fu l’opera dei gesuiti del ‘5oo nel nord America che, avendo a che fare con i selvaggi Uroni, riuscirono (lavorando spesso la notte) a mettere innanzitutto per iscritto il loro incomprensibile idioma fino a quel momento solo orale, per poi tradurvi il catechismo e insegnarlo. Abbondanti furono le conversioni tra quei popoli, abbeverati all’autentica fonte di grazie che è la Santa Messa che quei selvaggi devotamente ascoltavano, in latino naturalmente, senza che nessuno di loro si fosse mai posto il problema di tradurre anche quella nella loro lingua: segno, questo, della divinità di un rito che anche in questo senso può dirsi l’unico autenticamente cattolico perché adatto a tutte le civiltà. Dottrina e sacramenti, allora, che possiamo de- finire eterni ed universali proprio perché adattabili a tutti i popoli senza forzature: elegantemente, il card. Wiseman ci illustra come invece ciò non sarebbe stato possibile per altre confessioni religiose: «Né l’arte né i talenti avrebbero potuto far abbracciare all’Urone selvaggio l’astemia religione del Gange, a fargli impiegare la metà delle sue giornate in lunghe e frequenti abluzioni nei laghi ghiacciati, e porre in queste pratiche la speranza della salvezza. [...] Gli abitanti molli e voluttuosi del Tibet non avrebbero mai impiantato nei loro boschetti profumati gli oscuri incantesimi e le divinità sanguinarie delle foreste della Scandinavia, oppure gioito nell’ascoltare le storie di sangue e di gloria che infiammavano il coraggio del re del mare nel pieno delle tempeste del Nord. E costui non avrebbe mai acconsentito ad istruirsi delle religioni d’Oriente, con le loro brillanti pagode, i loro fastosi dipinti, i loro variegati profumi, e i loro costumi effeminati»13. Qualche obiezione Si dirà che, oggi più che mai, per quanto riguarda l’aspetto della fecondità del cattolicesimo, i fatti smentiscono la teoria: le centinaia di sètte protestanti oggi esistenti continuamente raccolgono adepti, specie nelle regioni dell’America del Sud; i Testimoni di Geova, anche nei paesi europei, raggiungono cifre inquietanti. In realtà, a ben vedere, l’aspetto missionario di una confessione cristiana va valutato soprattutto in relazione alla religione “di partenza”. La Chiesa cattolica ha ottenuto nel corso della storia tantissime conversioni dal paganesimo o da altre religioni; le sètte protestanti invece, soprattutto oggi (è il caso eclatante dell’America Latina), raccolgono adepti... dal cattolicesimo! Ciò non deve stupire, poiché le confessioni protestanti comportano una morale molto più rilassata rispetto alla religione Cattolica, la quale con le sue severe esigenze umanamente non ha potere di attrazione o di facile salvezza; perché si possa parlare di “miracolo morale” in una conversione, bisogna che si passi da una condizione di vita semplice o comoda ad una più difficile ed austera, in vista di un bene più alto. Anche in questo la cattolicità della Chiesa di Roma dimostra la sua origine divina e non un semplice potere di convinzione, un potere “pubblicitario” meramente umano. Altra obiezione: dov’è finita, oggi, la spinta missionaria della Chiesa, dopo il Vaticano II? Dov’è quell’esigenza di diffusione della Fede che animava gli Apostoli per portare la Novella fino ai confini della terra? Sembrerebbe invece che ci sia stata una rinuncia a tutto ciò, essendo ormai prioritario (è quanto si evince dai discorsi pontifici e dalla costante attenzione dell’episcopato mondiale) il raggiungimento di una “pace” universale che consiste nell’assenza di conflitti, nell’uguaglianza dei diritti, in una parola nella libertà religiosa. Grave errore sarebbe quello di voler dimostrare tutto ed in poche righe, o addirittura pretendere di risolvere in due parole il problema dell’odierna crisi della Chiesa. È fuor di dubbio, tuttavia, che anche questa nota della Chiesa sembra scomparsa. Certo, la fede cattolica continua ad essere presente ai quattro angoli del mondo (grazie a duemila anni di storia e, aggiungiamo, nonostante l’opera di distruzione del Vaticano II); però i suoi pastori hanno abdicato alla coraggiosa e doverosa funzione di continuarne l’espansione fino alla fine dei tempi. L’ecumenismo è la ricerca di una unità delle fedi, e non più dell’unica Fede; si cerca, oggi, l’unità del mucchio di pietre giustapposte e senza ordine, purché in pace tra loro. Ora, non è questa la Chiesa cattolica, poiché essa ha una dimensione trascendente e non terrena. Non resta che affermare allora la realtà dei fatti: in questo clima generale di crisi e di confusione nella Fede, ciò che finora è stato costruito da millenni di cristianità, e che ancora si regge in piedi, continua ad essere un faro ed una luce per il mondo; soltanto, per ora (e fino a quando la Provvidenza lo permetterà) il tutto ristagna e non si sviluppa; la nota di cattolicità è ancora visibile, ma non pienamente evidente come poteva esserlo un tempo. Ciò è frutto dell’inganno che rischia di «sedurre, se possibile, anche gli eletti»14. Allora, di certo, possiamo affermare che dei Pastori che non vogliano più la diffusione della Fede su tutta la terra anche a costo della loro vita (e, soprattutto, a rischio della loro popolarità...), questi Pastori, dunque, non sono più cattolici. Ma la Chiesa è fondata su Gesù Cristo, capo invisibile. È Lui che l’ha fornita di questa nota. E allora, con o senza i Pastori, attraverso la loro collaborazione o nonostante la loro opera distruttrice, la Chiesa di Cristo si diffonderà tra tutte le genti e la sua luce divina continuerà a brillare – grazie alle fatiche di sacerdoti fedeli, delle preghiere e delle penitenze dei cristiani ferventi – per la salvezza delle anime.

di don Gabriele D’Avino

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