ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 19 dicembre 2016

Verrà la morte corporale, e avrà i suoi occhi..

Francesco, comunista e scomunicato



Messa pontificale in Piazza della Rivoluzione a L'Avana: con Gesù Cristo e Che Guevara

«Francesco», attuale occupante del Trono di San Pietro e supposto Vicario di Cristo, il 7 novembre 2016, ha rilasciato una nuova intervista al suo confidente e portavoce ufficioso: il giornalista laicista e abortista italiano Eugenio Scalfari, che è stata pubblicata, come d’abitudine, nel quotidiano di sinistra La Repubblica (1), di cui Scalfari è stato uno dei fondatori e il primo direttore. Ormai si è perso il conto delle interviste, delle conferenze stampa e dei resoconti con cui Francesco ha diffuso il caos e la confusione tra i cattolici col suo pseudo magistero mediatico, e in verità vengono sempre meno la voglia e l’energia per continuare ad analizzarli e a denunciarli pubblicamente.

E questo per due motivi principali. In primo luogo perché si tratta sempre dello stesso arcinoto discorso naturalista che cerca di trasformare il cattolicesimo in una ONG laica e dei diritti umani, in conformità con lo scopo della massoneria. In secondo luogo perché si suppone che chi non ha ancora aperto gli occhi dopo quasi quattro anni di aberrazioni bergogliane, difficilmente lo farà leggendo l’ennesima critica della sua ennesima intervista. Se, ciò nonostante, mi sono deciso a farlo è perché in quest’ultima si riscontra senza attenuanti l’adesione di Bergoglio all’ideale socialista, per la qualcosa egli incorre nella scomunica automatica – latae sententiae – comminata della Congregazione del Sant’Uffizio col decreto del 1 luglio del 1949, che citerò più avanti dopo le parole di Bergoglio che afferma che «sono i comunisti che la pensano come i cristiani» (2).

Di seguito trascrivo una parte dell’intervista:


Scalfari: Santità - gli ho chiesto - cosa pensa di Donald Trump?

Francesco
: “Io non do giudizi sulle persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi”.




Amico dei nemici di Cristo e della Chiesa, Francesco sostiene pubblicamente il tiranno comunista Fidel Castro


«Francesco» pretende di non dare giudizi sugli uomini politici, ma di fatto li condanna in modo definitivo supponendo unilateralmente che provochino  «sofferenze… ai poveri e agli esclusi». Volere preservare l’identità di un paese e mettere in discussione la vulgata multiculturalista e immigrationista dominante, è oggetto dell’impietoso scherno bergogliano, mentre rivendicare vergognosamente la contronatura, è degno di un indulgente e compiacente «Chi sono io per giudicare?». Ricordiamo, a questo proposito, le sue parole su Donald Trump nella conferenza stampa aerea dopo la sua visita in Messico: «Una persona che pensa solo di fare muri, sia dove sia, e non di costruire ponti, non è cristiana.» (3).

Non ci soffermiamo, per brevità, sull’aspetto esilarante del Nuovo Comandamentobergogliano («costruire ponti e abbattere muri»), completamente alieno sia alla rivelazione divina sia alla dottrina e alla prassi bimillenarie della Chiesa, e consideriamo il grado di giudizio e di condanna inappellabile che egli pronuncia contro coloro che si oppongono alle invasioni migratorie nei loro paesi, ai quali rifiuta  chiaramente e semplicemente il titolo di cristiani. La verità è che per Bergoglio il mondialismo immigrazionista, multiculturalista ed ecologista è più importante dei comandi della legge di Dio e dei precetti della Chiesa, indubbiamente in quanto non sufficientemente «misericordiosi» ed «inclusivi»…

Scalfari: Qual è allora in questo momento tanto agitato la sua preoccupazione principale?

Francesco: «Quella dei profughi e degli immigrati. In piccola parte cristiani ma questo non cambia la situazione per quanto ci riguarda, la loro sofferenza e il loro disagio; le cause sono molte e noi facciamo il possibile per farle rimuovere. Purtroppo molte volte sono soltanto provvedimenti avversati dalle popolazioni che temono di vedersi sottrarre il lavoro e ridurre i salari. Il denaro è contro i poveri oltreché contro gli immigrati e i rifugiati, ma ci sono anche i poveri dei Paesi ricchi i quali temono l’accoglienza dei loro simili provenienti da Paesi poveri. E’ un circolo perverso e deve essere interrotto. Dobbiamo abbattere i muri che dividono: tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso, ma per raggiungere questo risultato dobbiamo abbattere quei muri e costruire ponti che consentono di far diminuire le diseguaglianze e accrescono la libertà e i diritti. Maggiori diritti e maggiore libertà


Ed ecco che in un mondo totalmente scristianizzato, in cui la violazione della legge di Dio è divenuta la norma (aborto, «matrimonio» omosessuale, adozione «omoparentale», pornografia, divorzio, contraccezione, eutanasia, ateismo e indifferentismo religioso generalizzati, «ducazione» sessuale nelle scuole e lassismo, ecc.) quello che più preoccupa «Francesco» è che le correnti migratorie verso i paesi occidentali non vengano interrotte né sospese, in perfetta consonanza con i disegni mondialisti e multiculturalisti delle Nazioni Unite. Gli epiteti di «grottesco» e «assurdo» non bastano, poiché qui nessuno offende Dio né può essere condannato perché cerca di regolare e se necessario impedire il flusso migratorio verso il suo paese, come mostra di fare Bergoglio con le aberrazioni morali citate prima…
Secondo lui, invece, la cosa più importante è aumentare e diffondere il «benessere», «abbatere muri e costruire ponti», fomentare indefinitamente il conseguimento dei nuovi «diritti» e «libertà» che soddisfino le richieste capricciose e le interminabili rivendicazioni di una società apostata e immorale che cerca solo di soddisfare in maniera illimitata i suoi bassi istinti e le sue pulsioni più perverse e, soprattutto, che vuole farlo in totale impunità e tranquillità di coscienza…

Scalfari: Ho chiesto a papa Francesco se le ragioni che costringono la gente ad emigrare si esauriranno prima o poi. E’ difficile capire perché l’uomo, una famiglia, e intere comunità e popoli vogliono abbandonare la propria terra, i luoghi dove sono nati, il loro linguaggio.
Lei, Santità, attraverso quei ponti da costruire favorirà il riaggregarsi di quei disperati ma le diseguaglianze sono nate in Paesi ricchi. Ci sono leggi che tendono a diminuirne la portata ma non hanno molto effetto. Non avrà mai fine questo fenomeno?

Francesco: «Lei ha parlato e scritto più volte su questo problema. Uno dei fenomeni che le diseguaglianze incoraggiano è il movimento di molti popoli da un paese ad un altro, da un continente ad un altro. Dopo due, tre, quattro generazioni, quei popoli si integrano e la loro diversità tende a scomparire del tutto».

Scalfari: Io lo chiamo un meticciato universale nel senso positivo del termine.

Francesco: «Bravo, è la parola giusta. Non so se sarà universale ma sarà comunque più diffuso di oggi. Quello che noi vogliamo è la lotta contro le diseguaglianze, questo è il male maggiore che esiste nel mondo. E’ il danaro che le crea ed è contro quei provvedimenti che tendono a livellare il benessere e favorire quindi l’eguaglianza».

Ricerca del «benessere», soppressione delle «disuguaglianze» sociali, positività del «meticciato universale»: ci troviamo al cospetto del falso vangelo bergogliano esposto in tutta la sua crudezza naturalista e la sua orizzontalità immanentista…

Scalfari: Lei mi disse qualche tempo fa che il precetto “Ama il prossimo tuo come te stesso” doveva cambiare, dati i tempi bui che stiamo attraversando, e diventare “più di te stesso”. Lei dunque vagheggia una società dominata dall’eguaglianza. Questo, come Lei sa, è il programma del socialismo marxiano e poi del comunismo. Lei pensa dunque una società del tipo marxiano?

Francesco: «Più volte è stato detto e la mia risposta è sempre stata che, semmai, sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per ottenere l’eguaglianza e la libertà».

Bergoglio, affermando che i comunisti pensano come i cristiani, contraddice formalmente il magistero ecclesiastico in materia, legittima questa ideologia anticristiana e innaturale e fa pubblica professione di fede comunista, rivendicando il suo ideale utopico e rivoluzionario di una società ugualitaria, senza preoccuparsi minimamente che i suoi membri «abbiano fede nel Dio trascendente oppure no» [!!!].

Stiamo parlando della società senza classi marxista, del «paradiso in terra» comunista, dell’utopia rivoluzionaria bolscevica, laica e internazionalista, senza religione né frontiere, nello stile della celebre e sovversiva canzone Imagine di John Lennon: «Immagina che non ci siano paesi, non è difficile. Niente per cui uccidere e morire, e nessuna religione. Immagina che tutti vivano la loro vita in pace […] Immagina un mondo senza possessi […] La fratellanza tra gli uomini»

E’ questo l’ideale bergogliano, quello di un mondo unificato, senza distinzioni di classe ed esente da diseguaglianze sociali, un falso paradiso terrestre per un’umanità suppostamente «riconciliata» e «fraterna», che vive in pace, senza che manchi nulla a nessuno, però orfana di Dio e costruita con lo sforzo umano, in un modo puramente naturale e immanente, mediante la «cultura dell’incontro», l’«inclusione» e il «dialogo», il «costruire ponti» e l’«abbattere muri», con l’integrazione sociale delle «periferie esistenziali»…

L’ideale di «Francesco» coincide perfettamente con quello di Karl Marx e quello di John Lennon, posto agli antipodi della rivelazione divina e del magistero della Chiesa, i quali ci insegnano che, per un verso, la pace e la fraternità umane sono utopiche, fallaci e perverse se vengono perseguite prescindendo da Dio, e, per altro verso, la Gerusalemme Celeste, in cui «tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno» (Ap. 21, 4), è un dono gratuito e soprannaturale ricevuto direttamente dalle mani di Dio attraverso il Suo intervento personale e manifesto nel corso dello sviluppo dell’umanità…

E allora cito qui il decreto del Sant’Uffizio del 1949 che commina la scomunica automatica agli aderenti alla dottrina comunista e  soprattutto a coloro che la propagano:

«E’ stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione: … 4. se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano, incorrano ipso facto nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in quanto apostati della fede cattolica. Gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri preposti alla tutela della fede e della morale, avuto il voto dei Consultori, nella riunione plenaria del 28 giugno 1949 risposero decretando: … 4. Affermativo.» (4).

Con il che appare chiaro che “Francesco” non professa la fede cattolica, dato che, in virtù delle sue dottrine eterodosse relative al comunismo, è incorso nella scomunica latae sententiae, e cioè automatica: senza che ci sia necessità di una previa dichiarazione di un’autorità ecclesiastica che la faccia diventare effettiva.

Dico subito che, in realtà, questo nuovo elemento dell’interminabile lista delle eresie bergogliane non apporta alcuna informazione ulteriore, né modifica assolutamente  alcunché  della sua posizione ecclesiale, già da tempo nota a coloro che hanno seguíto con attenzione la sua scandalosa carriera in Argentina e da quasi quattro anni anche in Vaticano. In realtà si tratta solo di un’altra delle innumerevoli prove della non cattolicità di Bergoglio, la quale è di sicuro di molto anteriore alla sua elezione al pontificato nel 2103 (5) che però ritengo utile sottolineare perché può aiutare alcuni incauti ad aprire gli occhi sul falso profeta argentino… (6).

[…] Scalfari: Santità l’ho trattenuta forse troppo tempo ed ora la lascio. A quel punto ci siamo salutati con un abbraccio pieno d’affetto. Io gli ho detto di riposarsi ogni tanto e lui mi ha risposto: “anche lei deve riposarsi perché un non credente come lei deve essere più lontano possibile dalla “morte corporale”.

L’empietà di quest’ultima frase è semplicemente inqualificabile. Invece di preoccuparsi per la salvezza eterna del suo empio interlocutore, invece di invitare l’ateo Scalfari a convertirsi a Gesù Cristo, realizzando una vera opera di misericordia spirituale, Bergoglio, dando prova di un cinismo a tutta prova e di un umorismo nero che provoca i brividi, lo incita semplicemente a differire il più possibile l’istante della sua morte e, quindi, della sua condanna eterna. Queste parole, venendo dalla bocca di un supposto successore di San Pietro e Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo, sono chiaramente e semplicemente diaboliche…




Francesco riceve sorridente il crocifisso comunista dalle mani del presidente boliviano Evo Morales        

NOTE

1 - http://www.repubblica.it/vaticano/2016/11/11/news/intervista_del_papa_a_repubblica_
abbattere_i_muri_che_dividono_bisogna_costruire_ponti_-151774646/

2 - Non è la prima volta che Bergoglio mente vergognosamente sulla questione del  comunismo, cercando di far credere alla gente che questa ideologia diabolica e anatemizzata continuamente dalla Chiesa, coinciderebbe, nelle sue linee fondamentali, con il messaggio evangelico: «Ebbi anche una insegnante verso la quale concepii rispetto e amicizia, era una comunista fervente. Spesso mi leggeva e mi dava da leggere testi del Partito comunista. Così conobbi anche quella concezione molto materialistica. Ricordo che mi fece avere anche il comunicato dei comunisti americani in difesa dei Rosenberg che erano stati condannati a morte. La donna di cui le sto parlando fu poi arrestata, torturata e uccisa dal regime dittatoriale allora governante in Argentina». - Il comunismo la sedusse? - «Il suo materialismo non ebbe alcuna presa su di me. Ma conoscerlo attraverso una persona coraggiosa e onesta mi è stato utile, ho capito alcune cose, un aspetto del sociale, che poi ritrovai nella dottrina sociale della Chiesa». Intervista con Eugenio Scalfari del 24 settembre 2013,  pubblicata il 1 ottobre ne La Repubblica.
http://www.repubblica.it/cultura/2013/10/01/news/papa_francesco_a_scalfari_
cos_cambier_la_chiesa-67630792/?ref=HRER3-1

3 - http://www.tv2000.it/tg2000/video/papa-francesco-una-persona-che-pensa-solo-a
-fare-muri-non-e-cristiano/

-  http://www.treccani.it/enciclopedia/la-condanna-dei-comunisti-del-1949_(Cristiani-d'Italia)/
5 -  http://saint-remi.fr/fr/anti-liberalisme/1464-limpostura-bergogliana-i-cronache-di-un-empio.html
6 - Presentare in maniera esaustiva i documenti magisteriali che condannano senza riguardi il comunismo è cosa che eccede lo scopo di questa nota. Si raccomanda vivamente, quanto meno, la lettura integrale dell’enciclica Divini Redemptoris di Pio XI, della quale trascriviamo il seguente passo a titolo illustrativo, perché ci si possa convincere definitivamente della radicale incompatibilità esistente fra l’insegnamento della Chiesa e le elucubrazioni bergogliane: «Condanne anteriori - 4. – Di fronte a tale minaccia la Chiesa Cattolica non poteva tacere e non tacque. Non tacque specialmente questa Sede Apostolica, che sa essere sua specialissima missione la difesa della verità e della giustizia e di tutti quei beni eterni che il comunismo misconosce e combatte. Fin dai tempi in cui i circoli colti pretesero liberare la civiltà umana dai legami della morale e della religione, i Nostri Predecessori attirarono l’attenzione del mondo apertamente ed esplicitamente alle conseguenze della scristianizzazione della società umana. E quanto al comunismo, già fin dal 1846 il venerato Nostro Predecessore Pio IX, di santa memoria, pronunciò solenne condanna, confermata poi nel Sillabo, contro « quella nefanda dottrina del cosiddetto comunismo sommamente contraria allo stesso diritto naturale, la quale, una volta ammessa, porterebbe al radicale sovvertimento dei diritti, delle cose, delle proprietà di tutti, e della stessa società umana » [Enciclica Qui pluribus, 9 novembre 1846 (Acta Pii IX, vol. I, p. 13). Syllabus., § IV (A.S.S., vol. III, p. 170)]. Più tardi, l’altro Nostro Predecessore, d’immortale memoria, Leone XIII, nell’Enciclica Quod Apostolici muneris lo definiva « peste distruggitrice, la quale, intaccando il midollo della società umana, la condurrebbe alla rovina »; e con chiara visione indicava che i movimenti atei delle masse nell’epoca del tecnicismo traevano origine da quella filosofia, che già da secoli cercava separare la scienza e la vita dalla fede e dalla Chiesa. – Atti del presente pontificato - 5. – Noi pure durante il Nostro pontificato abbiamo sovente e con premurosa insistenza denunziate le correnti atee minacciosamente crescenti. Quando nel 1924 la Nostra missione di soccorso ritornava dall’Unione Sovietica, Ci siamo pronunziati contro il comunismo in apposita Allocuzione diretta al mondo intero. Nelle Nostre Encicliche Miserentissimus RedemptorQuadragesimo annoCaritate ChristiAcerbaanimiDilectissima Nobis, abbiamo elevato solenne protesta contro le persecuzioni scatenate ora in Russia, ora nel Messico, ora nella Spagna; né si è ancora spenta l’eco universale di quelle allocuzioni da Noi tenute l’anno scorso in occasione dell’inaugurazione della Mostra mondiale della stampa cattolica, dell’udienza ai profughi spagnuoli e del Messaggio radiofonico per la festa del Santo Natale. Persino gli stessi più accaniti nemici della Chiesa, i quali da Mosca dirigono questa lotta contro la civiltà cristiana, con i loro ininterrotti attacchi a parole e a fatti rendono testimonianza che il Papato, anche ai giorni nostri, ha continuato fedelmente a tutelare il santuario della religione cristiana, e più frequentemente e in modo più persuasivo che qualsiasi altra pubblica autorità terrena ha richiamato l’attenzione sul pericolo comunista.»
http://w2.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19370319_divini-redemptoris.html 
di Alejandro Sosa Laprida 

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1775_Sosa-Laprida_Francesco-comunista.html
Cuba, "nessuna Messa" permessa alla dissidente
di Stefano Magni19-12-2016
Dame in Bianco
A Cuba, Fidel Castro è morto, ma il castrismo continua. Soprattutto nella repressione, il regime comunista non mostra alcun segno di cambiamento. Come denunciato dall’oppositrice Martha Beatriz Roque sul suo profilo Twitter, Berta Soler, la leader delle Dame in Bianco (mogli dei dissidenti in carcere), ha subito un intimidatorio arresto-lampo, mentre stava lasciando la sede del movimento. La polizia, rilasciandola, le ha chiaramente detto che non potrà seguire la Messa nella chiesa di Santa Rita “e in nessun’altra chiesa di Cuba”.
Le Dame in Bianco sono diventate il simbolo della resistenza pacifica femminile contro il regime comunista. Costituitesi nel 2003, raggruppano le mogli, ma anche madri e sorelle dei 75 prigionieri politici arrestati nella “primavera nera”, l’ondata repressiva scatenata da Fidel Castro dal 18 al 20 marzo di quell’anno contro giornalisti, scrittori, attivisti per i diritti umani, librai indipendenti. La maggior parte di questi sono ancora in carcere, dove scontano pene detentive che arrivano fino ai 25 anni. Quasi un ergastolo, per un reato di opinione. Le Dame in Bianco non violano alcuna legge. Di domenica marciano in silenzio, vestite di bianco, simbolo di pace, per far riconoscere la loro protesta e partecipano alla Messa. In forza del rinnovato diritto alla libertà di culto, lo possono fare. All’Avana, la chiesa da loro scelta è quella di Santa Rita. Le Dame in Bianco hanno ottenuto riconoscimenti e sostegno internazionale. Nel 2005 hanno vinto il Premio Sakharov dal Parlamento Europeo. Il premio era stato ritirato da Berta Soler otto anni dopo, nel 2013, in occasione dell’alleggerimento delle regole sull’espatrio. Cuba accusa le Dame in Bianco di essere agenti al servizio degli Usa, parte di una covert operation dei servizi americani per delegittimare il governo di Castro. Benché WikiLeaks riveli che alcuni contatti ci sono (o per lo meno c’è un interesse americano nel sostenere il movimento), le Dame in Bianco non sono affatto delle “agit prop”, non fanno neppure politica, la loro protesta è legata all’incarcerazione dei loro parenti: mariti, padri, fratelli. Nulla che possa essere costruito a tavolino, insomma.
Le Dame in Bianco hanno subito numerosi arresti. Nel 2010 era stata fermata dalla polizia Ivonne Malleza Galano, assieme a suo marito, per aver esposto uno striscione. Isabel Haydee Alvarez Mosqueda, per aver protestato contro l’arresto, era finita anche lei dietro le sbarre. L’ondata più massiccia di arresti, il movimento l’ha subita due anni dopo, fra il 16 e il 17 marzo 2012: settanta, arrestate mentre si preparavano a partecipare alla messa domenicale, alla vigilia dell’anniversario della “primavera nera”. Scarcerate dopo appena tre giorni, erano comunque “avvertite” dalle autorità in vista dell’imminente visita di Benedetto XVI. Un altro arresto massiccio è stato effettuato nel dicembre successivo: 80 arrestate dopo che avevano partecipato alla Messa. E ancora nel febbraio 2015: 53 arrestate dopo la Messa in Santa Rita. Le visite di Stato, in particolar modo, sono momenti pericolosi per le Donne in Bianco. Alla vigilia dell’arrivo di Barack Obama, per il suo storico incontro con Raul Castro, il 19 marzo scorso, 50 sono finite dietro le sbarre, perché il presidente americano non le potesse incontrare e nemmeno vedere.
La prima conseguenza della morte del Lìder Maximo, il 25 novembre scorso, è stata un’intensificazione della repressione, con arresti e pestaggi di dissidenti, come fa presente la Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione nazionale. Le Dame in Bianco, denunciano fonti dell’opposizione, sono particolarmente nel mirino. La polizia politica impedisce loro di effettuare la marcia e la messa domenicale e tiene sotto controllo la sede all’Avana. Almeno 13 militanti del movimento sono in carcere. L’arresto di Berta Soler rientra in questa campagna di arresti e intimidazione, come conferma l’avvertimento della polizia (da lei stessa denunciato) a non partecipare alla Messa in Santa Rita o in qualunque altra chiesa cubana. Il regime lo intenderebbe come un atto sovversivo.
Ma a questo punto è anche lecito chiedersi quanta libertà di culto vi sia realmente sotto il regime caraibico. Vantata come una delle conquiste del periodo riformatore, specie durante le visite dei tre pontefici (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco), la libertà di culto e di religione è evidentemente limitata. Se si prega per un dissidente in carcere, è un atto sovversivo. Se anche la polizia non fa irruzione durante la Messa, esegue gli arresti subito dopo, o subito prima. E avverte anche: “non ci provare più, né in questa chiesa né in altre”. Un po’ come nella Polonia comunista, insomma, dove la libertà della Chiesa era ufficialmente garantita dalle autorità, ma solo finché non “disturbava”.

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