ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 16 gennaio 2017

Accà nisciuno é fesso

GIORNATA DEL MIGRANTE

    Il papa e Galantino celebrano a modo loro la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Ma di quali migranti forzati parla monsignor Galantino? La maggiornanza non è in fuga da niente: pretendono una vita migliore tutto e subito 
di F.Lamendola  





Domenica 15 gennaio 2017 ricorreva la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato e i vertici della neochiesa non hanno perso l’occasione per ribadire i noti concetti sul “dovere dell’accoglienza cristiana”, facendo anche balenare i “vantaggi” e “l’interesse” che noi pure avremmo, noi Italiani e noi Europei, nell’aprire le nostre frontiere all’ondata strabocchevole degli Africani e degli Asiatici che premono per essere accolti e pretendono che la cosa si svolga in tempi brevi, riducendo al minimo le formalità e chiudendo un occhio, o anche entrambi, sul fatto che, proseguendo di questo passo, nel giro di neppure due generazioni l‘Europa sarà islamizzata e arabizzata, cioè non sarà più l’Europa, avrà cessato di essere quel che è sempre stata e diverrà un semplice prolungamento del Nord Africa e  del Medi Oriente, s’intende sotto la Mezzaluna.
Lasciamo perdere la completa assurdità, anzi, la perfida astuzia che sta dietro l’istituzione di una simile ricorrenza. I rifugiati sono solo una piccola percentuale dei migranti, e i migranti non dovrebbero essere chiamati così, ma invasori: invasione è una penetrazione diffusa nei confini di uno Stato, senza che questi possa opporsi.
Possiamo noi opporci agli sbarchi e alle infiltrazioni via terra? No, e per molte ragioni: quando un comandante della Marina italiana, Fabrizio Laudadio, ci provò, peraltro su istruzioni precise del nostro governo, tentando d’impedire l’approdo di una nave albanese rubata dalla malavita di quel Paese, e ne derivò l’affondamento involontario di questa, lo Stato e i mass media decisero una volta per tutte che ciò non avrebbe dovuto mai più ripetersi. Non siamo mica degli Orchi, noi italiani, come i feroci ungheresi dell’energumeno Orban, che ha fatto costruire una barriera di filo spinato per proteggere le sue frontiere.
Il papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, non ha trattato la questione nella sua globalità, ma ne ha scorporato, per così dire, un aspetto particolare, quello dei bambini, spesso non accompagnati da alcun adulto. Benché si tratti di una quota molto modesta nel complesso dei migranti, focalizzando l’attenzione su di loro e, parlando solo di loro, il papa ha dato l’impressione che si tratti di una questione centrale e assolutamente prioritaria, mentre non lo è, sotto nessun punto di vista; in compenso, ha ottenuto l’effetto di toccare le corde più sensibili del sentimento. Come potrebbe una persona, non diciamo un cristiano, dotata d’un minimo di umanità e sensibilità, restare indifferente al dramma dei bambini che si trovano coinvolti in un fenomeno tanto drammatico? Nel corso del suo discorso, il papa Francesco ha affermato, fra l‘altro:

... Per questo, in occasione dell’annuale Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, mi sta a cuore richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari. Le migrazioni, oggi, non sono un fenomeno limitato ad alcune aree del pianeta, ma toccano tutti i continenti e vanno sempre più assumendo le dimensioni di una drammatica questione mondiale. Non si tratta solo di persone in cerca di un lavoro dignitoso o di migliori condizioni di vita, ma anche di uomini e donne, anziani e bambini che sono costretti ad abbandonare le loro case con la speranza di salvarsi e di trovare altrove pace e sicurezza. Sono in primo luogo i minori a pagare i costi gravosi dell’emigrazione, provocata quasi sempre dalla violenza, dalla miseria e dalle condizioni ambientali, fattori ai quali si associa anche la globalizzazione nei suoi aspetti negativi. La corsa sfrenata verso guadagni rapidi e facili comporta anche lo sviluppo di aberranti piaghe come il traffico di bambini, lo sfruttamento e l’abuso di minori e, in generale, la privazione dei diritti inerenti alla fanciullezza sanciti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. […]
Come rispondere a tale realtà? Prima di tutto rendendosi consapevoli che il fenomeno migratorio non è avulso dalla storia della salvezza, anzi, ne fa parte. Ad esso è connesso un comandamento di Dio: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20); «Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto» (Dt 10,19). Tale fenomeno costituisce un segno dei tempi, un segno che parla dell’opera provvidenziale di Dio nella storia e nella comunità umana in vista della comunione universale. Pur senza misconoscere le problematiche e, spesso, i drammi e le tragedie delle migrazioni, come pure le difficoltà connesse all’accoglienza dignitosa di queste persone, la Chiesa incoraggia a riconoscere il disegno di Dio anche in questo fenomeno, con la certezza che nessuno è straniero nella comunità cristiana, che abbraccia «ogni nazione, razza, popolo e lingua» (Ap 7,9). Ognuno è prezioso, le persone sono più importanti delle cose e il valore di ogni istituzione si misura sul modo in cui tratta la vita e la dignità dell’essere umano, soprattutto in condizioni di vulnerabilità, come nel caso dei minori migranti.

Quindi, dopo la forzatura di presentare il problema dei migranti minorenni come fosse una cosa sola con la questione più generale delle migrazioni in quanto tali (ricordiamo, e il raffronto non paia irrispettoso, che anche i radicali presentavano i casi specifici delle donne stuprate, per creare la sensazione che la legge sull’aborto fosse necessaria a tutte le donne e a tutta la società italiana), l’immancabile abuso del messaggio evangelico sulla fratellanza universale di tutti gli uomini, in quanto figli di Dio. Ma si tratta, ancora, di una forzatura, e anche molto scoperta. Dal fatto che la comunità dei fedeli, chiamata Chiesa, sia destinata ad abbracciare ogni nazione, razza, popolo e lingua (cosa peraltro un po’ difficile a realizzarsi, se, come fa papa Francesco, si frena o si congela ogni discorso sulla evangelizzazione, per non offendere le sensibilità religiose altrui: e anche di questo aspetto, decisamente eretico, della pastorale di questo papa, bisognerà pur parlare, e affrontarne tutte le conseguenze), non discende per niente l’opportunità, e meno ancora l’obbligo, di accogliere tutte le nazioni, i popoli e le lingue nella propria terra, rinunciando ai propri diritti di sovranità e facendosi carico di accettare, entro la propria società, chiunque voglia, o meglio pretenda, di entrarvi, indipendentemente sia dalla quantità – e qui stiamo parlando di milioni di persone, non di singoli casi -, sia dal doveroso accertamento di chi pretende l’accoglienza, e delle sue motivazioni (e sappiamo bene che solo una piccola minoranza ha diritto allo status di rifugiato, per non dire che molti terroristi e moltissimi delinquenti si mescolano alla massa, per venire a delinquere e a seminare il terrore in nome dell’Islam). Che ci si mostri in quale passo del Vangelo si predica, o si ordina, un’accoglienza indiscriminata dello stranero; per non parlare dell’Antico Testamento, nel quale, addirittura, vige lo sterminio in nome dei diritti del popolo eletto alla Terra Promessa, nonché la legge mosaica del taglione: occhio per occhio, dente per dente.
Da parte sua, monsignor Nunzio Galantino, segretario della C.E.I. – quello che sostenne, senza batter ciglio, che Dio risparmiò Sodoma e Gomorra dalla distruzione, per la sua misericordia: cioè uno che si permette di stravolgere e falsificare la Bibbia secondo la sua ideologia immigrazionista, mondialista e omosessualista, mettendosi anche a far politica, sollecitando leggi e provvedimenti urgenti dal Parlamento e dal governo, per facilitare l’invasione dei cosiddetti migranti (ma lui ha ribadito che è non solo improprio, ma assurdo chiamarli invasori), ha, fra l’altro, sostenuto:

Sì a sbloccare una legge che allarga la cittadinanza ai minori che hanno concluso il primo ciclo scolastico, così da allargare la partecipazione, cuore della democrazia, e favorire i processi d’inclusione e integrazione. […] Sì a sbloccare e approvare una legge ferma che tutela i minori non accompagnati, non destinandoli a nuovi orfanotrofi, ma  a case famiglia, a famiglie affidatarie, accompagnate da una formazione attenta a minori preadolesenti e adolescenti. […] Quando ci sono di mezzo situazioni, persone, storie e volti concreti la semplificazione non serve a nessuno. […][È necessaria] un’accoglienza diffusa, in tutti i comuni italiani, dei migranti forzati, in fuga da situazioni drammatiche. […] Si tratta di creare un servizio nuovo nelle nostre comunità per accogliere alcune persone e famiglie in fuga, due su tre delle quali potrebbero fermarsi solo per alcune settimane o mesi.

Ma di quali migranti forzati sta parlando monsignor Galantino? Quelli che fuggono realmente dalla guerra, e sono in parte cristiani della Siria, arrivano dalla rotta balcanica e tentano di passare i confini dell’Unione europea fra Ungheria, Repubblica ceca e Croazia; quelli che sbarcano sulle isole e sulle spiagge italiane sono provenienti quasi tutti dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria, da svariati Paesi dell’Africa Nera, dove non sono in corso né guerre, né emergenze umanitarie. Non sono in fuga da niente: vogliono, pretendono, una vita migliore, tutto e subito: basta vedere come si adattano alle strettezze nei sovraffollati campi di accoglienza. Se il cibo non li soddisfa, lo gettano a terra o fanno lo sciopero della fame; se il riscaldamento è insufficiente, spaccano i mobili e devastano i locali; se credono che un’ambulanza abbia tardato ad arrivare (com’è accaduto a Cona), si ribellano addirittura, prendono in ostaggio il personale che li accudisce e pretendono che la piazza del paese che li ospita cambi il suo nome, da Piazza Dante Alighieri a Piazza Sandrine Bakayoko, in onore della presunta “vittima”. Nei ritagli di tempo, tanto per ingannar la noia, molti di loro escono, si ubriacano, rubano, spacciano droga; qualcuno entra nelle case, rapina, stupra, ammazza i pacifici cittadini, come accadde a Palagonia nel 2015, con una coppia di anziani coniugi. Chi frequenta la stazione di Milano sa quale timore, quale insicurezza provino i cittadini e i normali viaggiatori, assediati, osservati, seguiti con cattive intenzioni da legioni di africani accampati sui cartoni, come in una immensa baraccopoli nel cuore di una delle maggiori città italiane. Dunque, non migranti, ma invasori; anche invasori inconsapevoli, se si vuole, perché manipolati e strumentalizzati dagli sceicchi del petrolio, che pagano loro il viaggio sulle carrette del mare per conquistare l’Europa col ventre delle loro donne, come aveva profetizzato il presidente algerino Boumedienne.
Ora, bisogna sapere chi è Nunzio Galantino. Non è solo quello che ha fatto la memorabile “sparata” su Sodoma e Gomorra. È anche un signore (ci piange il cuore a dire: un vescovo) che, fin dal maggio 2014, sentendosi ormai forte e con le spalle ben coperte dal “nuovo corso bergogliano” - perché certo non avrebbe osato dirlo durante il pontificato di Benedetto XVI – volle assumere l’aria dell’uomo di mondo, pardon, del cattolico di mondo, che non si scandalizza di nulla e ha in uggia le “chiusure” e il “bigottismo” dei clericali, dicendo testualmente: Il mio augurio è che si possa parlare di qualsiasi argomento, di preti sposati, di eucarestia ai divorziati, di omosessualità, senza tabù, partendo dal Vangelo e dando ragioni delle proprie posizioni. Partendo dal Vangelo, monsignor Galantino? A parte il fatto un cristiano non “parte” dal Vangelo, ma “parte e anche arriva” nel Vangelo e col Vangelo, cioè non usa il Vangelo come semplice pretesto o trampolino, ma lo prende e lo vive come norma e modello costante e insostituibile, oltre il quale non si può andare, perché non c’è nulla verso cui andare; a pare questo, dicevamo, ci dica di quale vangelo lei sta parlando, perché a noi non risulta affatto che quello di cui parla sia il Vangelo di Gesù Cristo, l’unico, il solo Vangelo che un cristiano conosce. Tanto per cominciare, le ricordiamo che Gesù, nel Vangelo, non parla né di tabù, né di superamento dei tabù, ma parla del peccato e della grazia: certe cose non sono sbagliate perché sono “tabù”, concetto tipicamente pagano e feticista, ma perché sono peccaminose, ossia perché offendono Dio. Si può parlare di tutto, dunque, ma non si può fare quel che lei vorrebbe fare, per giunta col pretesto del vangelo (ma non quello di Gesù), e ignorando del tutto la sacra Tradizione, che, per il cattolico, possiede lo stesso grado di autorità delle Scritture: mettere sullo stesso piano il peccato e la grazia, e sostenere che, siccome si può parlare di tutto, purché si sappia argomentare e motivare, non ci sono ostacoli, in linea di principio, al fatto che la Chiesa “apra” sia all’abolizione del celibato ecclesiastico, sia all’Eucarestia ai divorziati, sia alla pratica omosessuale (lei sa benissimo che la Chiesa distingue fra la tendenza omosessuale e la pratica, e sa che solo la seconda è riprovata dalla Chiesa, in quanto costituisce un peccato e un disordine oggettivo). Lei si crede furbo, monsignore: ma guardi che non tutti i cattolici sono fessi…

Il papa e Galantino celebrano a modo loro la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10849:giornata-del-migrante&catid=114:civiltaoccidentale&Itemid=145

Restituita l'Africaagli africani, il delirio progressista contempla infine la metamorfosi sincretista dell'Occidente, un devastante progetto, che contempla la metamorfosi terzomondiale della civiltà cristiana”.
Don Miche Rosati


 Afflitti da una crisi economica, che produce mortificanti disoccupazioni giovanili e diffonde sconforto e malessere nelle famiglie, gli italiani (specialmente i giovani) subiscono anche la soffocante pressione esercitata da una congrega buonista e masochista, agitata dalla ridicola convinzione che alla tavola dell'esausto benessere ci siano posti e cibi abbondanti (succulenti e gratuiti) per gli avventizi mangiatori terzomondiali.
 Naturalmente al buonismo gastronomico e alberghiero sono associati lauti guadagni per gli ecumenicicuochi e albergatori e per i loro autorevoli e pii protettori, attivi nei partiti consacrati allo scialo impropriamente detto misericordioso.
 A monte delle allegre ed ecumeniche mense, allestite dalla untuosa e scialante bontà del governo costituito dalla distrazione irrealistica, il segnale più allarmante è costituito dalla presenza di circa un milione di islamici, avanguardie di una rivoluzione antropologica, che è progettata e finanziata dalle nazioni petrolifere del Medio Oriente, entità seminatrici dell'impostura maomettana e della generazione aggressiva.
 Il rovente sadismo e la conclamata idiozia degli iniziati (anglo americani ed europei) ai demenziali e criminogeni misteri della massoneria e del vespasiano, non vede e se vede pavidamente tollera l'aggressione dell'islam selvaggio contro il mondo cattolico, che ha sempre rigettato sia il delirio maomettano che la frusciante musica della moneta americana.
 E' in corso imperterrito la radunata dei cialtroni e degli allucinati, che si incontrano nelle sedi delle sette iniziatiche, nei salotti d'alto indirizzo pederastico e lesbico, negli ambulacri delle banche ladrone, nelle scuole del delirio filosofante, e nei bassi vespasiani. Solo la Russia di Vladimir Putin pone freno alla tracotanza islamica.
 Mentre l'aristocrazia del vizio occidentale gongola negli indisturbati salotti progressivi, gli islamici mettono in scena la loro manfrina.
 Avanguardie islamiche, in sonno tattico, costituiscono, sotto la pioggia del delirio sedicente ecumenico, robuste comunità (criminogene e potenzialmente eversive) nei grandi centri, ad esempio a Roma (dove sono presenti 365 mila credenti nel falso profeta Maometto) e a Milano (dove i residenti islamici sono 254 mila).
 L'obbligo di rifiutare le ottuse generalizzazioni, e il dovuto rispetto dei princìpi neo ecumenici, continuamente gridarti da Giorgio Bergoglio, non sono sufficienti a nascondere l'allarmante presenza di numerosi fanatici islamici, intesi a sostituire la religione di N. S. Gesù Cristo con la delirante ferocia in corsa tra le righe lugubri e laide del Corano.
 Fleshato dal galoppante buonismo. il volontariato cattolico nuota nelle acque torbide e agitate, nelle quali gorgogliano le parole del disordine mentale e della capitolazione.
 Di qui la delusione dei fedeli refrattari all'eresia circolante sotto la cappa pseudo ecumenica della tolleranza ad ogni costo. Tolleranza che contempla l'allestimento di tavole culinarie al servizio degli islamici, a costi che aggravano il disagio degli italiani impoveriti dalla sanguisuga europea.
 Secondo ragionate previsioni entro mezzo secolo gli immigrati islamici diventeranno padroni (ossia devastatori) della cultura italiana e avvieranno l'estromissione della Chiesa cattolica e il declassamento dei credenti in Gesù Cristo.
 Riconosciuta la veridicità di tale desolante previsione si afferma la necessità di porre un freno all'immigrazione islamica, anche se un tale atto contrasta duramente con l'allegro buonismo circolante, senza freni e ripugnanze di fede e di ragione, nella chiesa ecumenica di Bergoglio.

 Si tratta, in ultima analisi, di riconoscere la distanza enorme che corre tra la carità (che incomincia dai benefici dovuti al prossimo ovvero ai propri connazionali) e il buonismo pseudo ecumenico, in corsa incontrollata nella direzione imperiosamente indicata dai poteri inziatici, che gestiscono il delirio unico.

Piero Vassallo

1 commento:

  1. una cricca di santi in più nel calendario "la giornata del migrante"....

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.