ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 13 marzo 2017

Discerno, ergo non est

L'ULTIMO TRAVESTIMENTO    

Esempi di astuzia gesuitica. L’ultimo travestimento del relativismo modernista si chiama “discernimento”. Chi vuole cambiare la realtà parte da una operazione truffaldina sul linguaggio crea parole o significati nuovi 

di Francesco Lamendola  


Per capire quel che sta succedendo nel mondo, e, in questo caso, quel che sta succedendo nella Chiesa cattolica, da alcuni anni a questa parte, bisogna fare attenzione ai neologismi o alle espressioni linguistiche adoperate in senso nuovo e particolare, con lo scopo preciso di modificare quello antico, pur restando le parole sempre le stesse. In questo modo, cioè tenendo sempre d’occhio i mutamenti “pilotati” del linguaggio, è possibile riconoscere per tempo un cambiamento più profondo, a livello di dottrina, di catechesi, di pastorale, che qualcuno vuole far passare, dall’alto verso il basso, senza che la maggior parte delle persone si renda conto della reale portata della cosa, senza che si accorgo delle vere intenzioni, degli copi, delle ragioni che stanno dietro il fenomeno, lo orientano e lo determinano. In altre parole, : chi vuole cambiare la realtà, oggi, più che in passato, parte da una operazione truffaldina sul linguaggio: crea parole nuove o nuovi significati delle parole vecchie; e così, apparentemente sotto gli occhi di tutti, ma in realtà con una intenzione nascosta che sfugge ai più, mette in moto un meccanismo di trasformazione non solo delle parole, ma delle cose, che tende a creare dei fatti compiuti, secondo la dinamica del sempre più avanti e secondo la logica del non ritorno: quando una certa cosa è stata spinta avanti fino a un certo punto, oltre un certo limite, non potrà mai più essere ripristinata la situazione precedente, anche sei il cambiamento dovesse incontrare perplessità e critiche e anche se, ad un certo momento, ne venisse riconosciuto il carattere subdolo, occulto e niente affatto spontaneo.

Nel caso della società profana il mutamento di paradigma linguistico è talvolta – non sempre – abbastanza chiaro ed esplicito, e viene perfino motivato, ovviamente allegando ragioni di ordine ideologico, egualitario, democratico, e via dicendo in senso politically correct. Il passaggio da “invertito” a “omosessuale” va in questa direzione, specie se si tiene presente che “omosessualità” è una parola priva di senso, perché in biologia la sessualità, per definizione, è sempre e solo l’incontro di un elemento maschile e di un elemento femminile (e quindi si dovrebbe dire, semmai, “omofilo” oppure “omoerotico”). Il passaggio successivo, da “omosessuale” a “gay”, implica una piena accettazione della cosa (vedi la “finestra di Overton”) attraverso l’adozione della parola che la stessa ideologia omosessualista e gender adopera per definire i membri della propria “comunità”, con l’aggiunta di quella patina di modernismo che l’adozione di una parola inglese riveste agli occhi dei meno “evoluti” cittadini dei Paesi non anglosassoni. “Gay”, in lingua inglese, significa innanzitutto “allegro”, poi designa un invertito, cioè, volevamo dire un omosessuale. Ora, è irrilevante sapere quanta “allegria”, e quanti veri motivi di “allegria”, ci siano nella vita di una tale persona, la quale esibisce ed ostenta la propria “differenza”, però, nello stesso tempo, con il supporto delle associazioni LGBT, esige e pretende una assoluta integrazione e rivendica la propria totale “normalità” (una singolare contraddizione, tipica delle minoranze che giocano su due piani: come minoranze vogliono essere tutelate, ma come individui pretendono l’assoluta parità con gli “altri”), ognuno può vedere e giudicare da sé, ad esempio assistendo alle disgustose esibizioni che caratterizzano il Gay Pride, cioè la Giornata dell’orgoglio omosessuale.
Nel caso della Chiesa e del mondo cattolico, il mutamento di paradigma linguistico viene più spesso contrabbandato in maniera implicita e surrettizia, con l’obiettivo di far sì che i fedeli si accorgano, sì, che qualcosa sta cambiando, ma che non si rendano esattamente conto della reale portata del cambiamento fino a quando, a forza di adoperare, un po’ tutti, le nuove parole d’ordine, si sia andati troppo avanti per poter poi invertire la direzione di marcia, qualora sorgano delle critiche o delle perplessità. Un caso emblematico di questa strategia è offerto dalla parola “discernimento”, una tipica parola-chiave, che, una volta riconosciuta come tale, permette di capire che cosa bolla in pentola nel cosiddetto “nuovo corso” bergogliano, e quali obiettivi si prefiggano i sacerdoti, i vescovi e soprattutto i teologi della neochiesa o controchiesa gnostico-massonica, progressista e modernista, che si è sviluppata, come un’escrescenza, o meglio come un tumore, all’interno della vera Chiesa cattolica, quella fondata da Gesù Cristo e rimasta fedele alla Sua Parola, per circa duemila anni, pur fra cadute e riprese. Cadute e riprese, però, che sono state quasi sempre di ordine morale e non di ordine dottrinale, come invece adesso sta accadendo. In altre parole, nessuno potrà accusare di lassismo, di concubinato, di simonia, di corruzione, papa Francesco e i suoi fidati collaboratori, gli ex preti di strada che egli ha nominato vescovi e arcivescovi, i cardinali temerari e i teologi post-cristiani che stanno avallando e pubblicizzando, con ogni strumento possibile, e avvalendosi del controllo ormai quasi totale della stampa e dell’informazione di area cattolica, il suo “nuovo corso”; in compenso, se pure si mostrano pressoché irreprensibili sul piano morale, costoro stanno operando scientemente, costantemente e pervicacemente, un vero e proprio disegno strategico di ampia portata per incrinare, sovvertire e infine capovolgere la dottrina cattolica, con l’obiettivo di giungere alla sua totale distruzione e alla sua sostituzione con una neo-dottrina modernista e progressista, che sia compatibile con la mentalità del “mondo” (nel senso giovanneo della parola) e, più ancora, con i poteri forti del mondo moderno, che dominano, attraverso la finanza, ogni manifestazione della vita pubblica e privata (si osservi, ad esempio, la singolare coincidenza d’intenti fra la dottrina bergogliana dell’accoglienza indiscriminata, in Italia, di masse strabocchevoli di “profughi” dell’Africa centrale, e la strategia di George Soros mirante ad incoraggiare e agevolare in ogni modo tali “migrazioni” verso l’Europa, che, ormai, solo i più ingenui e sprovveduti si ostinano a credere il risultato di fattori “naturali”).
Discernimento, dunque, dovrebbe indicare la capacità di “discernere”, di vedere, riconoscere e distinguere, all’interno di un fenomeno, o di una classe di fenomeni, ciò che i singoli casi hanno di comune e ciò che hanno, invece, di unico o di eccezionale; e, di conseguenza, dovrebbe indicare la capacità di porsi davanti alla complessità del reale con un atteggiamento elastico, duttile, aperto, intelligente, e suscettibile di modificare i propri giudizi e le proprie posizioni, a seconda della varia casistica con cui ci si deve confrontare. Ora, considerata la parola in questo senso più ampio e generale, non crediamo ci siano mai stati un solo prete, un solo vescovo, i quali, fin da quando esiste la Chiesa, cioè fin dal tempo di san Pietro e di san Paolo, non abbia fatto ampio uso del proprio discernimento, in tutti quei casi e quelle situazioni che richiedevano, appunto, un approccio elastico e duttile; non crediamo che nessun ministro di Dio si sia mai arroccato in un atteggiamento di rigidità e di chiusura, se non quando fosse in gioco un bene di ordine superiore: la Verità insegnata da Gesù Cristo, la Verità di cui la Chiesa si è fatta custode e testimone, anche, se necessario, al prezzo del martirio dei suoi preti e dei suoi fedeli laici. Ora, però, la parola ha assunto un significato nuovo, subdolo e mellifluo al tempo stesso. Essa fa da passepartout per scardinare il magistero della Chiesa, quale finora si è sempre pronunciato, in maniera incontrovertibile e immutabile, a proposito di matrimonio, famiglia e divorzio, per aprire delle brecce, gesuiticamente presentate come “discernimento” caso per caso, cioè tenendo conto di situazioni particolari. Ora, se tutti coloro i quali hanno contratto un matrimonio religioso, e poi si sono separati o hanno divorziato, risposandosi o andando a convivere con un nuovo partner, se tutti costoro invocassero la specificità e l’eccezionalità delle loro rispettive situazioni, bisognerebbe dire che ciò costituirebbe una ipocrisia bella e buona, mirante a capovolgere la dottrina cattolica su matrimonio e famiglia in nome di casi particolari che, in realtà, particolari non sono, se non rarissimamente. Eppure, questo è precisamente ciò che la Amoris laetitia, nel controverso capitolo ottavo, si proponeva di fare: mutare l’immutabilità della dottrina, fondata su una affermazione quanto mai netta e recisa di Gesù Cristo, e riportata dai Vangeli, in nome di situazioni speciali, considerate particolarmente delicate, o meritevoli di una valutazione più indulgente. Insomma, la vecchia strategia adoperata con successo dai radicali per introdurre in Italia la legislazione sul divorzio, prima, sull’aborto, poi, indi sulle unioni di fatto, anche quelle omosessuali, e adesso, nelle loro intenzioni, sulle adozioni e sulla genitorialità surrogata (leggi: utero in affitto), nonché sull’eutanasia: perché ovunque vi è un caso umano particolarmente pietoso e commovente, particolarmente straziante e spettacolare, quei signori sono pronti a piombarvi sopra come avvoltoi o come sciacalli, e, sbattendolo in prima pagina sui giornali o sui radiogiornali, fare in modo che l’opinione pubblica e il parlamento si orientino nel senso di una nuova mentalità, e, di conseguenza, di una nuova legislazione su quelle specifiche materie.
Un buon esempio di questo uso truffaldino del linguaggio, che serve da piattaforma per una sovversione della dottrina cattolica, è stato recentemente offerto da Arturo Sosa Abascal, il sacerdote venezuelano che papa Francesco ha voluto nominare, il 14 ottobre 2016, generale dell’ordine dei gesuiti. In una intervista da lui concessa al vaticanista svizzero Giuseppe Rusconi per il blog Rossoporpora e per il Giornale del Popolo di Lugano, il 22 febbraio 2017 (a soli quattro mesi dalla sua nomina) Sosa Abascal – non un prete qualsiasi, dunque, ma il numero uno dell’ordine religioso numero uno, al quale appartiene lo stesso pontefice regnante, primo e unico papa gesuita della storia – ha sostenuto, sempre facendo leva sul concetto del “discernimento”, che, in buona sostanza, i cattolici devono prepararsi ad assistere a radicali cambiamento nella dottrina della Chiesa, non perché – si noti l’astuzia gesuitica! – la Parola di Gesù sia cambiata, ma perché sta cambiando la nostra capacità di comprenderla (evidentemente in meglio), per cui non possiamo più “restare fermi”, dobbiamo marciare in avanti, seguendo le indicazioni della critica biblica più aggiornata e della esegesi neotestamentaria più recente: il vecchio sogno dei preti modernisti, scomunicati da san Pio X nell’ormai lontano 1907, che diventa infine realtà! Ecco cosa dice il generale dei gesuiti all’intervistatore, prendendo lo spunto da una sua domanda a proposito di quanto affermato al cardinale Müller, secondo il quale le parole di Gesù su matrimonio e divorzio sono molto chiare e nessun vescovo o cardinale, né alcun concilio, ha il potere di modificarle:

Intanto bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù. A quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito. (…) Nell’ultimo secolo nella Chiesa c’è stato un grande fiorire di studi che cercano di capire esattamente che cosa volesse dire Gesù… Ciò non è relativismo [si noti la tipica excusatio non petita, rivelatrice di cattiva coscienza] ma certifica che la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri umani, è accettato dalla Chiesa che è fatta di persone umane… Perciò è vero che nessuno può ambiare la parola di Gesù, ma bisogna sapere quale è stata”! (…) Io mi identifico con quello che dice papa Francesco. Non si mette in dubbio, si mette a discernimento…

Che meraviglioso esempio di astuzia gesuitica! Non si mette in dubbio, si mette a discernimento. Un classico da manuale. Si tira il sasso e si nasconde la mano. Si ammette che la parola di Gesù è immodificabile, ma si afferma che bisogna capire quale essa sia. Evidentemente, non bastano più i Vangeli. Sono bastati per duemila anni: ora non più. Ora sono arrivati Bergoglio, Sosa Abscal, Paglia, Kasper, Bianchi, Marx, Galantino: per nostra fortuna! Dove sta il trucco? Nella frase: la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri umani, è accettato dalla Chiesa che è fatta di persone umane. Tre errori teologici in una sola riga: complimenti. Primo, il Vangelo non è parola umana, ma è la Parola divina, cioè divinamente ispirata, per cui il Vangelo è scritto da esseri umani, ma non in forma umana, bensì per azione dello Spirito Santo; secondo, il Vangelo non è “accettato”, nel senso di “subito”, ma pienamente accolto e testimoniato dalla Chiesa, che lo fa suo e lo annuncia come verità assoluta; terzo, la Chiesa è fatta anche di persone umane, ma anche, e soprattutto (di nuovo!) dall’azione dello Spirito Santo. Padre Sosa Abascal, ha mai sentito parlare della Chiesa invisibile? Non gliel’hanno insegnato, in seminario? Nel seminario da lei frequentato, oltre alla teologia della liberazione e alla sociologia di Gilberto Freyre, nessuno le ha mai spiegato che nella Chiesa si dispiega la presenza stessa di Dio? Non ha mai letto nel Vangelo la frase di Gesù: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono Io, in mezzo a loro (Mt 18,20)? Ah, già, ci stavamo dimenticando: la parola di Dio va interpretata… Scusi, ma non diceva così anche Lutero? 

L’ultimo travestimento del relativismo modernista si chiama “discernimento”

di

Francesco Lamendola

13 marzo 2017. Quarto anniversario dell’Alba Radiosa. Un lettore ci scrive

Caro Direttore,
per normalissimi motivi familiari mi trovo spesso in auto la mattina fra le 7.30 e le 8.30, e fra un semaforo e l’altro ascolto sovente il GR1 appunto delle ore 8, come chissà quanti altri italiani. Forse oggi il traffico era un po’ più lento, o chissà: fatto sta che, benché quando si guida si debba prima di tutto guidare, per l’incolumità propria e degli altri, ho posto un po’ più attenzione del solito a quello che sentivo. E mi sono reso conto che era un vero bollettino di guerra. Non mi riferisco, ahimè, alla notizia dedicata alla (sempre drammatica, beninteso) situazione in Siria: quella è la guerra ai corpi, e per tragica che sia non è quella che a un cristiano dovrebbe fare più paura. S’intende che non vorrei peccare di cattiveria e presunzione, e infatti prego quotidianamente Iddio che me ne scampi (e sa solo Lui come potrei comportarmi qualora vi incappassi); ma in questo caso mi pare più grave la guerra alle anime, e mi riferisco quindi a un’altra “pagina” di GR, anzi: addirittura alla copertina.
Oggi è il quarto anniversario dell’Alba Radiosa dell’elezione di J.M.Bergoglio al soglio di Pietro. Panegirico ad opera della giornalista, e poi intervista a padre Antonio Spadaro. Non sono abbastanza bravo a “smanettare” sul cosiddetto podcast per riascoltare tutto, quindi devo affidarmi solo alla memoria: ma temo che non la stupirei più di tanto anche se riportassi (noiosi) passaggi testuali.

La sintesi di ciò che ha espresso la giornalista, di voce briosa e probabilmente tanta buona volontà, è che con papa Francesco finalmente la Chiesa: 1) è misericordiosa; 2) guarda agli umili; 3) è sobria; 4) è ecumenica; e via di questo passo. Sorvoliamo pure sul fatto che quanto al punto 1 (osservando, per inciso, che è Iddio a potersi permettere di essere misericordioso, perdonando il peccatore, mentre la Chiesa dovrebbe essere inflessibile nel condannare il peccato: cose che invece mi pare oggi siano un po’ confusette), al punto 2 e al punto 3 sia storia della Chiesa già da una ventina di secoli; caso mai, è quanto al punto 4, questo sì, ad aver disgraziatamente avuto una stupefacente accelerazione con il corrente pontificato. Comunque, tutti aspetti rigorosamente umani, scollegati dalla loro Origine divina. Ma fin qui è anche tutto in regola: è comprensibile che i laicissimi giornalisti RAI non indulgano a considerazioni cristiane neppure parlando di un Papa, limitandosi a commentare le ricadute sociali del suo operato.
Ciò che sconforta è che anche chi si fregia del titolo di “padre”, nella Chiesa cattolica, alla fine dica più o meno le stesse cose; non metto virgolette perchè, come scrivevo prima, devo affidarmi alla sola memoria, ma la sostanza è stata: nessun accenno a Dio e a Gesù; di vita eterna, Paradiso e inferno non parliamone neppure ché ci faremmo ridere dietro; i “peccati” sono solo quelli fatti (prima) dalla Chiesa; senzatetto e migranti, poi, come se per duemila anni non fossero né esistiti né ripetutamente accolti e aiutati dalla Chiesa (sempre quella di prima). Per arrivare a concludere, in crescendo e alla grande, che questo papa è una sorta di guida morale per il mondo.
Aggiungerei modestissimamente una pericolosa maiuscola: per il Mondo, appunto. Chi è questo tipo di guida per questo tipo di Mondo, rischia di essere alleato (consapevole o no) del suo principe. Non riesco, – mi perdoni Iddio e mi correggano i fratelli se sbaglio – a trovare in questo papa niente, dico niente, che mi avvicini a Nostro Signore; né, in lui o in questa nuova chiesa, niente che richiami l’uomo (ossia prima di tutto me, non per egoismo né egocentrismo ma per semplice fatto costitutivo) alla salvezza eterna della propria anima; quanto piuttosto programmi e manifesti politico-sociali come in una delle tante ONLUS: tutto terra e mondo, appunto. C.S.Lewis faceva dire al diavolo (Lettere di Berlicche, n.23) “Gli uomini e le nazioni che pensano di poter far rivivere la Fede al fine di avere una società buona potrebbero con lo stesso ragionamento pensare di adoperare la scala del Cielo come una scorciatoia per recarsi alla farmacia più vicina”. Profetico: mi pare che la situazione sia molto simile a questa, e vediamo da chi è ispirata.
Spero di sbagliarmi. Sono quattro anni, giusto oggi, che mi piacerebbe potermi ricredere.
Sempre grazie per il lavoro suo e dei collaboratori. Un cordialissimo saluto, e sia lodato Gesù Cristo.
A.F., Milano

2 commenti:

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  2. Ecco perchè Chi ne sa di più ci aveva avvisati: SI SI NO NO. Tutto il resto schifezza gesuitica...oops!...demoniaca.

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