ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 22 marzo 2017

Il popolo del Grillo parlante del papa


Il papa non abita più qui

Il papa non abita più qui

All’apparire di Francesco sulla loggia di S. Pietro, quella sera del 13 marzo di 4 anni fa, e all'ascolto del suo primo discorso, così forte e così toccante, così nuovo e così antico, ci sembrava di sognare. Troppi elementi venivano a sovrapporsi e a dar forma reale a un presentimento, cresciuto da decenni, per quanto minacciato da ostacoli, da dimenticanze e da tradimenti.
La luna di miele di Francesco con la Curia romana già allora era destinata a durare un battito d'ali, ma quella con il popolo di Dio sembra proprio perpetuarsi senza fine. 
La Curia – almeno in una sua parte – aveva subito registrato un gesto simbolico potentissimo, percependolo come altamente minaccioso. Aveva capito in un lampo: il papa non abita più qui. Resta periferico, anche stando al centro. Lavora con la Curia, ma non ne fa parte. Resta extraterritoriale, non controllabile, non addomesticabile. Presta servizio, ma resta libero.
Il popolo di Dio, invece, ha subito gustato due parole-chiave, anzi tre: povertà e misericordia, che erano già scritte nel nome prescelto dal cardinale argentino, ma che diventavano – inevitabilmente e progressivamente –principio di riforma della Chiesa.
Esse prendono forma solenne in alcuni gesti simbolici che hanno fatto epoca, fin dal giorno stesso in cui sono stati compiuti:
- la cura per tutte le marginalità, che diventa attenzione radicale all’altro, dinanzi al quale "levarsi i calzari”, in quanto barbone, migrante, profugo o carcerato.
- la Chiesa come ospedale da campo o campo profughi deve "uscire" e scoprire l’altro fuori di sé; l’eresia protestante e l’ostilità atea rilette come fraternità.
Di qui scaturisce il duplice fronte di riforma, quello ad extra e quello ad intra:
- ad extra: una Chiesa che non deve "portare Dio dove non è" ma che deve “riconoscerlo dove già si trova" muta il rapporto con la politica, con le altre confessioni e le altre fedi. Procedendo da una nuova comprensione della libertà di coscienza, e da una nuova relazione alla città secolare e aperta, si lascia sorprendere dall’altro proprio in quanto diverso, sul piano civile, cristiano, religioso. E può insegnare solo se è disponibile a dialogare e a imparare.
- ad intra: la condizione interna per l’esercizio di questa libertà esterna è di essere Chiesa come popolo in cammino. Ciò chiede un rilancio del discepolato che brilla anzitutto in una esigente riforma dei sacramenti del servizio (matrimonio e ordine). Quel mutamento che Amoris Laetitia introduce nella pastorale familiare e che l’inizio del dibattito su diaconato femminile e sulla ordinazione di viri probati approfondisce, per non parlare della sorpresa per il “metodo sinodale" con cui scegliere il cardinal vicario, contro tutte le previsioni in apparenza già acquisite... 
Sulla via del Concilio Vaticano II, papa Francesco non si nasconde dietro a una tradizione paralizzata da sé medesima. Esce dal sofferto e comodo "non possumus" che aveva incantato e sedotto i suoi predecessori. Riconosce alla Chiesa l’autorità di poter rispondere creativamente al dono di grazia. Con i suoi gesti semplici e quotidiani restituisce autorevolezza alla tradizione, traducendola.
La Chiesa riscopre di poter davvero perdonare e camminare. Questo cammino e questo perdono, finalmente riconosciuti possibili, sono per pochi un errore imperdonabile, per i molti la consolazione preziosa che apre una nuova stagione.
Grazie al Vaticano II il presentimento di un papa possibile è divenuto evento reale. Ora tocca alla Chiesa.
* Andrea Grillo è liturgista laico, docente di Teologia Sacramentaria presso la Facoltà Teologica del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e di Teologia presso l'Istituto di Liturgia Pastorale di Padova, nonché dell'Istituto Teologico Marchigiano di Ancona.
Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 25/03/2017

Papa Francesco: "Continui l'accoglienza per profughi e rifugiati"

Papa Francesco lancia un messaggio per l'accoglienza dei migranti: "Proseguire nell’impegno per l’ospitalità per i profughi e per i rifugiati"

"Non fermatevi". Papa Francesco torna a parlare dell'accoglienza dei migranti e salutando i direttori diocesani della Fondazione Migrantes e afferma: "Incoraggio a proseguire nell’impegno per l’accoglienza e l’ospitalità dei profughi e dei rifugiati, favorendo la loro integrazione, tenendo conto dei diritti e dei doveri reciproci per chi accoglie e chi è accolto".
Poi aggiunge: "Non dimenticate - ha aggiunto - che questo problema è la tragedia più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale".
Il Pontefice intanto si prepara per la visita a Milano nei prossimi giorni dove ada attenderlo ci sarà l'Arcivescovo Angelo Scola che a "Il Diario di Papa Francesco" su Tv 2000 afferma: "Milano è in un momento di rinascita. Anche dal punto di vista artistico - ha sottolineato il cardinal Scola - i visitatori sono enormemente aumentati, stiamo raggiungendo Roma e Firenze. Sta tornando la grande tradizione milanese: 'Milano con il cuore in mano'. Sta crescendo qualcosa soprattutto nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti che sta rendendo attuale in una forma nuova questa attitudine che è propria della 'Milano città di mezzo'. E un ruolo importante lo detiene il volontariato non solo quello cattolico".


"Le navi ong accendono i fari e gli scafisti mandano i migranti"

Il racconto dell'ammiraglio Enrico Credendino, comandante dell'Operazone Sophia dell'Ue: nuove accuse sulle missioni delle ong al largo della Libia
Se due indizi fanno una prova, contro le navi ong che "soccorrono" i migranti ci sono tutti i presupposti per lanciare un'accusa. E non è un caso se, con tutti i termini diplomatici di un ammiraglio, anche Enrico Credendino, comandante dell'operazione Sophia per i respingimenti in mare, ha puntato il dito contro le tecniche utilizzate dalle navi umanitarie per abbordare i gommoni e trarre in salvo i disperati.




L'attacco alle navi ong

In una intervista al Corriere, il 54enne ammiraglio che da due anni guida l'operazione Ue Navfor Med, ha confermato che l'aumento dei salvataggi in mare ha avuto (anche) l'effetto negativo di spingere gli scafisti ad incrementare i viaggi della morte. E la "colpa", se così si può chiamare, non è di Sophia. Ma delle missioni: "Nonostante abbiamo salvato 34mila persone, abbiamo fatto solo l'11,8% dei soccorsi. Ci sono ong che fanno quasi il 40% e attraggono molto più". Facciamo attenzione alle parole di Credendino: quando dice "attrarre migranti", lo fa a ragion veduta. Le onlus, spiega infatti, "lavorano spesso al limite delle acque libiche e la sera hanno grossi proiettori: gli scafisti li vedono e mandano il gommone verso questi proiettori". Avete capito? Gli scafisti se ne stanno sulla spiaggia aspettando che le navi umanitarie accendano i fari notturni e poi fanno partire i barconi carichi di migranti. Tutto molto semplice. Perché indirizzarli verso Lampedusa, se lì vicino c'è una nave umanitaria che li "attrae" a sé? I barconi così devono fare solo poche miglia (visto che le ong operano quasi sempre a poche miglia nautiche dalla costa libica) e gli scafisti raggiungono il massimo risultato col minimo sforzo: possono caricare i gommoni con molti più immigrati e consegnare meno benzina. Un vero e proprio affare.
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Le accuse contro le missioni umanitarie

Che Medici senza Frontiere, Croce Rossa e via dicendo siano alacremente impegnate nei salvataggi in mare non è una novità. E la cosa gli fa anche onore: salvare delle vite umane è cosa sempre positiva. Il problema è quando cominciano a fioccare le accuse di essere "colluse" con gli scafisti, di aiutare - di fatto - il business dei trafficanti e di incrementare i viaggi della speranza (e di conseguenza i morti in mare). I radar delle navi dimostrano che le ong arrivano a poche miglia dalle coste libiche, gli stessi scafisti assicurano ai migranti che "tanto ti vengono a salvare quelli delle missioni" e ora si scopre che di notte accendono pure i fari per indicare la strada ai trafficanti.
Qualche dubbio l'ammiraglio Credendino lo ha pure sulle capacità di spesa delle organizzazioni non governative, che con risorse proprie riescono a levare l'àncora per più tempo di quanto possano fare le missioni europee. "Stare in nave 24 ore - spiega l'ammiraglio - è costoso. Alcune navi ong sono avanzate, hanno anche piccoli droni. Sono investimenti importanti". Una domanda sorge legittima: dove prendono le risorse?






Migranti, ombre sui fondi alle ong. "Navi da 400mila euro al mese"

Indagine conoscitiva sulle ong che "aiutano" gli immigrati nel mediterraneo. La procura di Catania: "Quali sono le fonti di finanziamento?"

A partire dal settembre dell'anno scorso la procura di Catania ha registrato un improvviso proliferare di unità navali delle ong.
"Fanno il lavoro che prima svolgevano gli organizzatori - denuncia il procuratore Carmelo Zuccaro - accompagnano fino al nostro territorio i barconi dei migranti". Nei momenti di maggior picco è stata, infatti, registrata la presenza di ben tredici assetti navali.
Intervenendo alla seduta del Comitato di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro è tornato a denunciare gli oscuri rapporti tra le ong e l'emergenza immigrazione su cui la procura ha recentemente aperto un fascicolo conoscitivo. "Ci siamo voluti interrogare - ha spiegato - sulle evoluzioni del fenomeno e perché vi sia stato un proliferare così inteso di queste unità navali e come si potessero affrontare costi così elevati senza disporre di un ritorno in termine di profitto economico".
Quello che è emerso da questa indagine conoscitiva è che il Paese europeo che ha dato vita alla maggior parte di queste ong è la Germania cui fanno capo cinque di queste organizzazioni con sei navi, tra cui le due di Sos Mediterranee. Il tutto, sottolinea Zuccaro, con costi mensili o giornalieri "elevati". "Aquarius" di Sos Mediterranee, a esempio, ha un costo di 11.000 euro al giorno. Il Moas di Christopher e Regina Catrambone, ong con sede a Malta, "ha costi per 400.000 euro mensili" e ha due navi Phoenix, battente bandiera del Belize, e Topaz con bandiera delle Isole Marshall. "Crea sospetti - ha proseguito il procuratore di Catania - anche questo dato dei Paesi che danno bandiera alle navi". A questo punto, ha quindi concluso Zuccaro, "ci si deve porre il problema di dove venga il denaro per sostenere costi così elevati, quali siano le fonti di finanziamento: sarà compito della successiva fase conoscitiva. Faremo verifiche ulteriori sulle ong che portano migranti nel nostro distretto".

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