ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 20 marzo 2017

«Imus ad Ioseph!»

http://www.scuolaecclesiamater.org/2017/03/ite-ad-joseph-in-un-aforisma-di-pio-xii.html
Quel gran Patriarca
San Giuseppe è l’“uomo giusto” al quale solamente fu concesso ciò che molti Re, Profeti e Patriarchi desiderarono vedere e non videro. A lui fu dato non solo di conoscere, ma di portare in braccio, nutrire e custodire il Messia. Quale non dev’essere, in proporzione all’elezione, la sua santità!

Nella pletora dei Santi che si sono distinti per la loro devozione al Santo Patriarca, ricordiamo san Bernardo che illumina la figura di san Giuseppe rapportandolo all’altro grande Patriarca: «Ricordati anche di quel grande patriarca venduto in Egitto, e sappi ch’egli ne ha avuto non solo il nome, ma anche la castità, l’innocenza e la grazia. Quel Giuseppe, venduto e condotto in Egitto, per invidia dei fratelli, era figura di Cristo venduto; questo Giuseppe, fuggendo dall’odio di Erode, portò Cristo in Egitto. Quello, per fedeltà al suo padrone, non volle unirsi alla sua padrona; questo, riconoscendo la verginità della sua padrona e madre del suo Signore, la custodì fedelmente. Quello ebbe l’intelligenza dei sogni; a questo è stato concesso di conoscere ed essere attore dei segreti celesti.
Quello conservò il grano per tutto il popolo; questi ebbe in custodia il Pane vivo venuto dal Cielo per sé e per tutto il popolo. Era certamente uomo buono e fedele questo Giuseppe, cui fu data in sposa la Madre del Salvatore. Servo fedele e prudente, che il Signore costituì consolazione di sua madre, allevatore della sua carne, unico e fedelissimo collaboratore sulla terra del suo grande piano. A questo si aggiunge che Giuseppe è della casa di David. Veramente discende questo Giuseppe dalla casa di David, da stirpe reale; nobile di casato, più nobile ancora di mente. Sicuramente figlio di David, non degenere da suo padre David. Sicuramente, dico, figlio di David, non solo per sangue, ma per fede, santità, devozione. L’uomo che il Signore, come David, riconobbe secondo il suo cuore, l’uomo al quale poteva affidare l’arcano segretissimo e sacratissimo del suo cuore; l’uomo al quale, come a un altro David, confidò i piani occulti della sua sapienza e non volle che fosse all’oscuro del suo mistero, mistero che a nessun principe di questo secolo fu rivelato; l’uomo al quale fu dato ciò che molti Re e Profeti cercarono di vedere e non lo videro, avrebbero voluto sentire e non lo sentirono; e a lui fu dato non solo di vederlo e sentirlo, ma di portarlo in braccio, allevarlo, stringerlo al seno, baciarlo, nutrirlo e vegliarlo. Non solo Giuseppe ma anche Maria dovette essere una discendente della casa di David. Non avrebbe potuto, infatti, sposare un uomo della casa di David, se anch’essa non fosse stata della casa di David».
Altra luce viene profusa da san Bernardo in merito alla delicata questione del licenziamento segreto che san Giuseppe aveva deciso e di cui parla il Vangelo. Tale passo è troppo spesso mal illustrato dai predicatori contemporanei con l’affermare che Giuseppe avrebbe dubitato dell’onestà di Maria Santissima, la qual cosa ripugna pensarla se si considera la santità di Giuseppe e la sovrumana purezza che egli aveva riscontrato e continuamente riscontrava nella sua Sposa immacolata. D’altro canto, san Giuseppe fu “giusto” anche e proprio in questo: nel non attribuire alla Sposa una colpa così grave, ed allo stesso tempo però nel non assumersi la paternità di un mistero a cui non sapeva dare spiegazione, perché intuiva travalicare l’umano.
Ma ecco come dice san Bernardo: «Perché Giuseppe voleva lasciar la sua sposa, Maria? Senti in questo non il mio, ma il parere dei Padri. Pensò di lasciarla per lo stesso motivo per cui Pietro allontanò da sé il Signore, dicendo: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore” (Lc 5,8), o per cui il centurione non lo voleva in casa, dicendo: “Signore, io non son degno che tu entri nella mia casa” (Mt 8,8). Così anche Giuseppe, ritenendosi indegno e peccatore, s’andava dicendo che non poteva convivere familiarmente con una donna così grande, di cui temeva la mirabile e superiore dignità. Vedeva e temeva la donna che portava un segno certo della divina presenza; e poiché non riusciva a penetrare il mistero, la voleva lasciare nascostamente. Pietro si spaventò innanzi alla grandezza della potenza, il centurione innanzi alla maestà della presenza. E anche Giuseppe, come uomo, ebbe paura della novità di così grande miracolo, ebbe paura della profondità del mistero; e pensò di lasciarla nascostamente. Ti meravigli che Giuseppe si ritenesse indegno della comunanza di vita con la Vergine, quando sentì che anche santa Elisabetta non poté sostenere la presenza, se non con timore e riverenza? Disse, infatti: “Come mai la madre del mio Signore viene in casa mia?” (Lc 1,43). Perciò Giuseppe pensò di lasciarla. Ma perché di nascosto e non pubblicamente? Perché non si ricercasse la ragione del licenziamento, non se ne chiedesse il motivo. Che cosa avrebbe potuto rispondere un uomo giusto a un popolo di dura cervice, a un popolo che non credeva e contestava? Se diceva ciò che pensava, ciò che aveva sperimentato della purità di Maria, quali crudeli e increduli Giudei non avrebbero subito deriso lui e lapidato lei? Come avrebbero creduto alla Verità che taceva nel seno, essi che la disprezzarono quando gridò nel tempio? Che cosa avrebbero fatto a uno che non si vedeva, se poi gli gettarono addosso le loro mani empie, quando brillava di miracoli? Rettamente, dunque, l’uomo giusto, per non essere obbligato a mentire, o a infamare un’innocente, pensò di lasciarla nascostamente».
Sant’Alfonso de’ Liguori, di fronte all’eccelsa figura di san Giuseppe, non può fare a meno di considerare che «il demonio ha sempre temuto la vera devozione a Maria poiché è “segno di predestinazione”. Allo stesso modo teme la vera devozione a san Giuseppe [...] perché è la strada più sicura per andare a Maria. Così il demonio fa credere ai devoti ottusi di spirito o disattenti che pregare san Giuseppe va a scapito della devozione per Maria. Non dimentichiamo che il demonio è bugiardo. Le due devozioni sono, invece, inseparabili». Santa Teresa d’Avila nella sua Autobiografia scrisse: «Non so come si possa pensare alla Regina degli Angeli e al molto da Lei sofferto col Bambino Gesù, senza ringraziare san Giuseppe che fu loro di tanto aiuto». E ancora: «Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta. Ed è cosa che fa meraviglia ricordare i grandi favori che il Signore mi ha fatto e i pericoli di anima e di corpo da cui mi ha liberata per l’intercessione di questo Santo benedetto. Ad altri sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol darci a intendere che, a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, altrettanto gli è ora in cielo nel fare tutto ciò che gli chiede».
Ed una necessità particolare in cui tutti, prima o poi, ci verremo a trovare è quella temuta della nostra morte. Ecco perché, oltre a raccomandare la devozione a san Giuseppe e l’imitazione delle di lui virtù, la Chiesa, divinamente ispirata, lo ha costituito come Santo Protettore dei suoi figli nell’ora dell’agonia poiché solo lui ebbe la felice sorte d’essere assistito, nel momento del suo trapasso, da Gesù e da Maria. Con questa scelta la Santa Madre Chiesa vuole assicurarci la speranza di avere al nostro capezzale san Giuseppe, che ci soccorra in compagnia di Gesù e di Maria, lui che ne ha sperimentato l’infinita potenza ed efficacia.
Anche attraverso le voci dei Sommi Pontefici e dei Santi, la Santa Chiesa ha sempre raccomandato la devozione a san Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Padre putativo del Signore. Leone XIII con parole piene d’unzione spirituale dichiara, decreta in perpetuo e raccomanda nella sua Enciclica Quamquam pluries: «Tutti i cristiani, di qualunque condizione e stato, hanno ben motivo di affidarsi e abbandonarsi all’amorosa tutela di san Giuseppe. In lui i padri di famiglia hanno il più alto modello di vigilanza e provvidenza paterna; i coniugi un perfetto esemplare di amore, di concordia e di fedeltà coniugale; i vergini il tipo e, nello stesso tempo, il difensore dell’integrità verginale. I nobili, ponendosi innanzi agli occhi l’immagine di san Giuseppe, imparino a conservare la loro dignità anche nell’avversa fortuna; i ricchi comprendano quali sono i beni che occorre desiderare con ardente brama e radunare con impegno. I proletari, gli operai e coloro che hanno poca fortuna, ricorrano a san Giuseppe per un titolo o diritto loro tutto particolare e imparino da lui quello che debbono imitare. Infatti Giuseppe, sebbene di stirpe regale, unito in matrimonio con la più santa ed eccelsa tra le donne, padre putativo del Figlio di Dio, passò la vita sua nel lavoro e procurò il necessario per il sostentamento dei suoi con l’opera e l’arte delle sue mani». E il Papa Benedetto XV aggiunge: «Poiché questa Santa Sede ha approvato diverse maniere con cui onorare il Santo Patriarca, si celebrino con maggiore solennità possibile il Mercoledì ed il Mese che gli è dedicato».
È quanto mai opportuno dunque obbedire al monito della Chiesa che in vita e in morte ci esorta: «Ite ad Ioseph!»: Andate a Giuseppe!

dal Numero 11 del 19 marzo 2017
di Claudia Del Valle


Giuseppe, il nome più bello che ci sia


di Alfredo Incollingo

Giuseppe è un nome bellissimo perché è un concentrato di amore paterno. Chi meglio di San Giuseppe sa cosa vuol dire essere padre! Ne ha passate tante e non ha mai smesso di amare Gesù e di riconoscere il grande dono che Dio gli ha concesso.

Essere padre è un dono perché significa dare tutto sé stessi per la cura dei propri figli: non solo nel generarli, ma anche nelle cure. Il lavoro, il proprio tempo libero e le proprie energie sono spesi per dare solidità alla vita del proprio pargolo. E noi, tuttavia, siamo spesso irriconoscenti nei suoi confronti. Quante volte lo abbiamo insultato, purtroppo, e quante volte abbiamo speso lacrime nel gridare la nostra antipatia nei suoi confronti! Eppure lui non smette di amarci, perché nei momenti di difficoltà ci conforta e tra le sue braccia troviamo la serenità che cerchiamo. Un papà c'è sempre e non manca mai di aspettare suo figlio, anche quando questi si mostra iracondo. Perdona le nostre colpe, perché sa che l'intemperanza giovanile è passeggera e che capiremmo alla fine quanto sia stato fondamentale per la nostra vita. Capiremo un giorno i suoi insegnamenti e testimonieremo il suo affetto ai nostri figli.

Anche Gesù avrà chiamato Giuseppe “papà”. “Papà” è una parola cosmica. E' la parola che pronunciavamo quando da piccoli volevamo allontanare l'insensatezza della vita. Tra le sue braccia, nel suo abbraccio, trovavamo quel confine sacro e inviolabile che ci proteggeva da una vita che ci appariva minacciosa. Nelle sue parole trovavamo il significato del vivere e il conforto che ci aiutava a sopportare il trascorrere dei giorni. Giuseppe è un nome bellissimo che ricorda l'importanza del padre nella nostra vita. Senza il papà c'è l'insensatezza, c'è la vertigine e manca un senso alle nostre esistenze.  

La generazione attuale soffre l'assenza paterna, Edipo pare aver vinto la sua battaglia. I suoi progetti nichilisti sono sabotati da Telemaco che parte per il mare alla ricerca del padre disperso e poi alla fine ritrovato. Questa riscoperta deve avvenire con San Giuseppe che è latore di una paternità responsabile e matura e pronta al dono per il bene della propria famiglia. Nella Sacra Famiglia pare avere un ruolo marginale, rispetto a sua moglie Maria e a suo figlio Gesù. Invece è un titano che prende sulle spalle il difficile fardello di essere padre e di esserlo per un figlio speciale.
Giuseppe svolge questo ruolo in silenzio, come tanti papà, che ogni giorno perseverano nell'amare e nell'educare i propri bambini. Oggi quale silenzio avvolge il padre? Il silenzio della sua inesistenza, perché la sua personalità si è eclissata. Quest'immagine si riverbera nelle coppie divorziate, dove il papà è latente e molto spesso subisce le angherie della legge e di un'ex coniuge rapace. Oppure nelle famiglie “libere”, dove i genitori sono ridotti a pure presenze. Invece San Giuseppe, pur nel silenzio, agisce senza gloria né avidità. E' un papà per Gesù e come tale lo cresce in vista della sua missione in Terra. Non tutti i figli sono i Messia, ma tanti papà oggi affrontano le stesse difficoltà d'allora, con i problemi dovuti ad una società che li rinnega. Giuseppe è un nome bellissimo, lo abbiamo già detto, perché è un carico di virtù e d'amore inestimabile. Prezioso è questo nome.


È l’ora di san Giuseppe, patrono della Chiesa e della famiglia


(di Cristina Siccardi) Celebrare la festa di san Giuseppe del 19 marzo (i primi furono i monaci benedettini nel 1030, seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai Francescani nel 1399; venne infine promossa dagli interventi dei papi Sisto IV e Pio V e resa obbligatoria nel 1621 da Gregorio XV) significa rendere onore liturgico al Patrono universale della Chiesa e all’avvocato di ogni famiglia. Oggi più che mai occorre pregare ed implorare la sua intercessione per l’una e per l’altra realtà. Alla Vergine Maria si tributa il culto di iperdulia (al di sopra di tutti i Santi), mentre a san Giuseppe il culto di proto dulia (primo fra tutti i Santi).
Santa Teresa d’Avila affidò sempre a lui la risoluzione dei suoi problemi e dei suoi affanni e mai San Giuseppe la deluse. Lasciò scritto la mistica spagnola: «Ad altri Santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol farci intendere che a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, così anche in cielo fa tutto quello che gli chiede». Perciò, «qualunque grazia si domanda a S. Giuseppe verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada», infatti, «ho visto chiaramente che il suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare» (Vita, VI, 5-8).
Come implorarlo per le necessità? La Chiesa invita a pregarlo, in particolare, praticando la devozione del Sacro Manto di San Giuseppe (risalente al 22 agosto 1882, data in cui l’Arcivescovo di Lanciano, Monsignor Francesco Maria Petrarca, la approvò: orazioni da recitarsi per 30 giorni consecutivi in ricordo dei 30 anni del casto sposo di Maria Santissima a fianco e a tutela di Gesù). Un Manto che molto potrebbe ottenere nell’anno del centenario di Nostra Signora di Fatima, perché, proprio a Fatima, anche san Giuseppe apparve. Era il 13 ottobre 1917, ultima delle apparizioni mariane alla Cova d’Iria.
Pioveva a dirotto. Racconterà suor Lucia: «Arrivati (…) presso il leccio, spinta da un istinto interiore, domandai alla gente che chiudesse gli ombrelli, per recitare la Corona. Poco dopo, vedemmo il riflesso di luce e subito dopo la Madonna sopra il leccio» (Quarta Memoria di Lucia dos Santos, in A.M. Martins S.j., Documentos. Fátima, L.E. Rua Nossa Senhora de Fátima, Porto 1976, p. 349). «Cosa vuole da me?». «Voglio dirti che facciano qui una cappella in Mio onore; che sono la Madonna del Rosario; che continuino sempre a dire la Corona tutti i giorni» (Ivi, pp. 349; 351).
A questo punto Lucia chiese se poteva guarire malati e convertire peccatori, la Madonna disse che non tutti avrebbero ricevuto la grazia: «Devono emendarsi; chiedano perdono dei loro peccati» e, con un aspetto più triste, non «offendano più Dio Nostro Signore, che è già tanto offeso» (Ivi, p. 351). In seguito la Madonna aprì le mani, che emanavano luce, e le fece riflettere e proiettare nel sole. Lucia allora gridò a tutti di guardare l’astro in cielo. Mentre la Madonna si elevava congedandosi, il riflesso della sua luce continuò a proiettarsi nel sole. E accanto al sole apparvero ai veggenti: san Giuseppe, il Bambino Gesù, la Madonna, vestita di bianco, con il manto azzurro. San Giuseppe e il Bambino benedicevano il mondo: la Sacra Famiglia si presentò nel suo splendore celeste per assicurare la protezione in terra. Poi Maria Vergine divenne Addolorata, con aspetto simile alla Madonna del Carmine.
In seguito iniziò il miracolo danzante del sole. Padre premuroso e sollecito, san Giuseppe, a differenza di una certa letteratura modernista che lo tratteggia soltanto come uomo di tenerezza, fu assai forte e coraggioso (si pensi all’aver preso in sposa, contro il suo pubblico onore, la Vergine Maria in attesa di Gesù, oppure alla fuga in Egitto) e fu uomo mistico, visto che in più occasioni gli fu dato il privilegio di conoscere la volontà di Dio attraverso gli angeli. San Giuseppe, che ebbe così alta dignità e così alta responsabilità di capo della Sacra Famiglia, proteggendo la sua sposa e il Figlio di Dio, se invocato dai credenti e, principalmente, dai puri di cuore e, dunque, in grazia di Dio, non abbandonerà la Sposa di Cristo ai peccati e agli errori dei nostri tempi, sia clericali che civili. Ricorrere a lui significa affidarsi al giusto difensore celeste.
Il beato Pio IX, l’8 dicembre del 1870, quando proclamò san Giuseppe patrono della Chiesa universale, disse: «In modo simile a come Dio mise a capo di tutta la terra d’Egitto quel Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, affinché immagazzinasse frumento per il popolo, così, all’arrivo della pienezza dei tempi, quando stava per mandare sulla terra suo Figlio unigenito Salvatore del mondo, scelse un altro Giuseppe, del quale il primo era stato tipo e figura, che rese padrone e capo della sua casa e del suo possesso e lo scelse come custode dei suoi principali tesori».
Allo stesso modo Leone XIII, nell’enciclica Quamquampluries del 15 agosto 1889, afferma: «è affermata l’opinione, in non pochi Padri della Chiesa, concordando su questo la sacra liturgia, che quell’antico Giuseppe, nato dal patriarca Giacobbe, aveva abbozzato la persona e i destini di questo nostro Giuseppe e aveva mostrato col suo splendore, la grandezza del futuro custode della sacra famiglia». La stessa interpretazione venne espressa da Pio XII quando istituì la festa di san Giuseppe artigiano nel 1955. Possa il paterno discendente del Re Davide infondere nei responsabili terreni della Chiesa e nei genitori un poco del suo virile coraggio proveniente dalla sua indefettibile Fede. (Cristina Siccardi) URL to article: http://www.corrispondenzaromana.it/e-lora-di-san-giuseppe-patrono-della-chiesa-e-della-famiglia/
San Giuseppe e la paternità che non si compra
Centro Jurídico Tomás Moro20-03-2017
«La paternità non si compra». E’ il forte appello che in occasione della festa del papà, ricordata ieri e della memoria di San Giuseppe sposo della beata Vergine Maria che viene celebrata oggi, il Centro Giuridico San Tommaso di Madrid ha fatto per ribadire che in un tempo sconvolto da figli acquistati e uteri in affitto, la figura paterna non è sottoposta alle leggi di mercato. Un appello forte e chiaro che risulta attuale e che si può estendere anche alla situazione italiana dove sono ormai molte le persone omosessuali che pretendono che venga riconosciuta loro la paternità attraverso la tecnica della gestazione per altri. La Nuova BQ fa suo l’appello del Centro Giuridico San Tommaso e lo propone ai suoi lettori. 
In occasione della festa del papà il centro giuridico San Tommaso Moro ricorda che la paternità non si compra e lancia un nuovo video per chiedere ai poteri pubblici libertà e indipendenza per l’istituzione famigliare. 
In ocasione di questa festa si vuole onorare la paternità e l’influenza dell’uomo nella vita dei figli, tuttavia questo giorno si è tramutato in un pretesto commerciale che ci impedisce di vedere la realtà della paternità. E’ necessario ricordare che la festa del papà è anzitutto una celebrazione dedicata all’istituzione famigliare, istituzione fortemente attaccata negli ultimi tempi.
Commemorare l’amore ai padri una volta all’anno è un obbligo morale, però allo stesso tempo dobbiamo ricordare che la famiglia è una istituzione naturale fondamentale per la società, per questo in questo giorno, il centro giuridico San Tommaso vuole ricordare:
  • Che la paternità non si compra
  • Che la famiglia necessita di libertà e indipendenza. 
E’ necessario ricordare che che né la paternità né la maternità si comprano, anche se ultimamente si sta intensificando la campagna per legalizzare in Spagna (come anche in Italia ndr.) l’utero in affitto.
E’ necessario sottolineare che la gestazione surrogata (eufemismo per definire l’utero in affitto) prevede il riconoscimento giuridico dello sfruttamento sessuale delle donne e la mercificazione della vita.
La donna affitta il suo corpo, di solito sotto una qualche forma di coercizione (in alcuni paesi la maternità surrogata è legata alla prostituzione), divenendo la pratica di una nuova forma di sfruttamento, con l'aggravante che il bambino, frutto del contratto è usato come prodotto commerciale.
Davanti ai costanti attacchi alla dignità della donna e all’implemento del traffico internazionale di minori, è necessario denunciare la realtà della maternità surrogata, per questo nel giorno del padre il Centro Giuridico San Tommaso vuole ricordare che la paternità non si compra e per questo ha lanciato un video denuncia.
Il centro giuridico ha fatto coincidere il lancio del nuovo video con la celebrazione della festa del papà per denunciare che la mercantizzazione di questa festività si sta diffondendo pericolosamente e ora si prendete di mercanteggiare la vita umana attraverso la compravendita di bambini come fossero una mercanzia. 
Approfittiamo di questo giorno per sollecitare il governo della nazione e i governi autonomi ad astenersi a ideologizzare i nostri minori attraverso leggi di indottrinamento Lgbt o qualsivoglia altro strumento che limiti le libertà famigliari.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-san-giuseppee-la-paternita-che-non-si-compra-19293.htm

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