MA CHE PAPA E' BERGOGLIO ?
E' inquietante. La particolarissima versione del cattolicesimo di Bergoglio: non partecipa alla processione del Corpus Domini, né s’inginocchia davanti al Santissimo, che papa è? Ma è questo il papa che la Chiesa aspettava? di Francesco LamendolaIl coro dei fan di papa Francesco innalza fino al cielo la sua pastorale democratica e progressista, e strilla come un pollaio assalito da una volpe se qualcuno, per caso, come i quattro cardinali dei dubia sulla Amoris laetitia, avanza qualche perplessità, qualche riserva, qualche richiesta di chiarimento a proposito delle sue sparate, delle sue tesi temerarie, della sua misericordia a senso unico, poco cristiana e molto laica; però le immagini dei suoi silenzi, dei suoi gesti mancati, quelle non “passano”, per saperne qualcosa bisogna affidarsi alla rete informatica o a qualche rarissimo resoconto giornalistico non ancora del tutto asservito al potere dominante.
Il papa non partecipa alla processione del Corpus Domini a Roma e non s’inginocchia davanti al Corpo sacramentata di Gesù Cristo: lo ha fatto una volta, lo ha replicato, ma i mass media
non l’hanno riferito, o, al massimo, lo hanno fatto per affrettarsi a
giustificarlo: poverino, soffre di problemi all’anca, e poi l’età, che
volete farci, non si poteva proprio inginocchiare. Strano, però, visto
che i problemi all’anca di papa Francesco vengono fuori solo quando si
tratta di piegare le ginocchia davanti a Nostro Signore Gesù Cristo, e
sia pure per poggiarle su dei soffici cuscini che certamente i suoi
cerimonieri hanno pronti per la bisogna. Viceversa, quando si tratta di
lavare i piedi ai musulmani e alle musulmane, il tutto davanti alle
telecamere in mondovisione, il papa non solo s’inginocchia, ma lo fa per
ben dodici volte consecutive, così come dodici erano gli apostoli di
Gesù nell’Ultima Cena (Giuda compreso); e non basta: non si limita a
inginocchiarsi, si china con le spalle e con la testa per baciare quei
piedi che gli vengono offerti, cosa che il Vangelo non riferisce avere
fatto neanche il divino Maestro: lavare i piedi a quelle persone non era
dunque sufficiente, come gesto di umiltà? Occorreva anche il bacio? E
sia; ma se papa Francesco possiede abbastanza elasticità e flessibilità
vertebrale per chinare la fronte sino quasi a terra, come mai il dolore
all’anca lo blocca e lo paralizza allorché si trova davanti al
Santissimo? È dunque un dolore intermittente, che lo colpisce solo in
certe particolari circostanze?
Ora
è successo di nuovo, nel duomo di Milano, dove il papa si è recato in
fretta e quasi controvoglia, per una visita assai breve, oltretutto
scendendo nella cripta e non fermandosi davanti all’altar maggiore. Lo
ha notato Antonio Socci, quasi il solo: dov’erano e cosa facevano, gli
altri giornalisti italiani e i vaticanisti accreditati e autorizzati,
tutti debitamente liberi, democratici e progressisti? Erano troppo
occupati a cronometrare quanti minuti papa Francesco si trattiene a
parlare con i carcerati, cosa ha mangiato alla loro mensa (risotto
giallo, allo zafferano: e il curioso è servito!) e quanti secondi papa
Francesco si è ritirato nel bagno chimico, fra una benedizione e
l’altra, dove è entrato con tutti i paramenti sacri e si è trattenuto,
per l’esattezza (dicono quelli che si son presi la briga di controllare)
esattamente tredici secondi, né uno di più, né uno di meno: un po’
pochini, vero, anche per espletare una necessità fisiologica “minore” e
assai urgente? Provare per credere; e bisognerebbe provare con tutto
quel po’ po’ di vesti cerimoniali: tanto da far sorgere il sospetto,
malandrino quanto si vuole, ma tutt’altro che campato per aria, che
Bergoglio in quel luogo, sotto la pioggia degli scatti dei telefonini di
centinaia e migliaia d’ammiratori in visibilio, ci sia andato per far
vedere che anche lui è un uomo come tutti, non è mica Dio, anche se,
qualche volta, si direbbe che un pensierino di quel tipo l’abbia fatto
certamente. Diceva un certo Giulio Andreotti che a pensar male si fa un peccato, ma ci si azzecca quasi sempre: vuoi che un uomo di spettacolo così attento alla propria immagine lasci al caso un evento, pardon, un dettaglio di tanta rilevanza psicologica e umana?
A
Milano, dunque, nel meraviglioso duomo di quella metropoli, papa
Francesco ha voluto scendere nella cripta e sostare qualche attimo
davanti al Santissimo. Come? Seduto in poltrona, e con la papalina in
testa. Non ha voluto l’inginocchiatoio, con o senza morbidi cuscini; non
ha fatto neanche il gesto di piegarsi in avanti, né quello di
congiungere le mani, o di assumere una postura da preghiera; e non si è
tolto la papalina che portava in capo. Era davanti al Santissimo: non
davanti a un migrante marocchino. Certo, ognuno prega come sa e come
può; ma anche i gesti hanno la loro importanza, specialmente se si è il
capo della Chiesa cattolica – responsabilità istituzionale, peraltro,
che Bergoglio sembra rifiutare, visto che si ostina a parlare di se
stesso come del semplice vescovo di Roma. Niente genuflessione,
comunque, e neppure un inchino, davanti al Santissimo: sorge perciò la
domanda, fastidiosa, ma inevitabile: il male all’anca lo trattiene ogni
volta che si trova a faccia a faccia con Domineddio, oppure lui, alla
presenza reale di Gesù Cristo nell’ostia consacrata, non ci crede
proprio, come i suoi amici atei, radicali e luterani? Perché lo abbiamo
visto inginocchiarsi con molta convinzione e devozione, più di una
volta, in occasione delle sue visite ai “fratelli” separati protestanti,
in varie parti del mondo: solo nelle massime ricorrenze della Chiesa
cattolica e nei luoghi più sacro del cattolicesimo, lo vediamo stare
seduto, oppure ritto in piedi, senza neanche accennare una lieve
flessione del collo. Papa Francesco soffre anche di strazianti dolori ai
cervicali? Sono i dolori alle vertebre cervicali che gli vietano di
chinare il capo, anche di pochissimo, davanti al Corpo di Nostro
Signore?
Così
come i suoi silenzi su argomenti importantissimi e su concetti
teologici fondamentali, nel pontificato di Francesco spiccano questi
sconcertanti gesti mancati, questi atti al contrario: è un papa che non
dice quel che dovrebbe dire, in compenso dice parecchie cose che
potrebbe e che dovrebbe decisamente tacere, come il gettarsi a capofitto
nelle questioni politiche degli Stati sovrani, a cominciare dagli Stati
Uniti d’America, dove non ha esitato a scagliare i suoi fulmini contro
Donald Trump in piena campagna elettorale. Quasi che la signora Hillary
Clinton fosse la campionessa, ufficialmente riconosciuta e benedetta,
della visione cristiana della vita. Eppure, è un papa attento,
attentissimo alla sua immagine pubblica; non dice mai nulla a caso,
anche se pare che improvvisi; studia e misura ogni parola e ogni
silenzio per ottenere il massimo effetto mediatico: in questo senso è un
attore nato, come e più di Giovanni Paolo II, che, almeno, era un
teologo e non si scordava del tutto che richiamare l’attenzione su di sé
era un mezzo, almeno nella sua prospettiva, per volgere le anime a Dio.
Con papa Francesco, la cosa è diversa. I suoi ammiratori e adoratori
sembrano decisamente più simili a quelli di un divo pop o rock, di una star del cinema o del calcio: non si direbbe proprio che a loro importi qualcosa del Signore, ma che siano a caccia di selfie con
il santo padre, e che, per riuscirci, sarebbero disposti a fare
qualsiasi cosa; e lui, a sua volta, che sia più che disposto a qualunque
espediente, a qualunque pagliacciata, a qualunque gesto volgare o
sconveniente (come quello di fare le corna ai fedeli, accanto
all’arcivescovo di Manila, che gli fa da maestro). La sua è una
emotività apparente, un’avventatezza studiata a tavolino: lo sguardo
freddo, gelido, tradisce la piena padronanza di se stesso, anche quando
le mascelle si aprono e si deformano pensosamente per dare l’impressione
d’un sorriso. Un sorriso che può sembrare tale solo da lontano
o visto in fretta e senza osservarlo bene: è un sorriso duro, a volte
cattivo, quello che gli balena nello sguardo. E se un uomo così non dice
nulla e non tace nulla per puro caso, si può pensare che i suoi gesti
mancati siano frutto del caso?
Si
ha l’impressione che questo papa, più che con i documenti ufficiali
(disastrosi) e con le pur fluviali esternazioni ed interviste ai
giornalisti (stipati servilmente sull’aereo che lo porta qua e là nel
mondo, e paganti un biglietto che è di molte volte superiore al costo
reale di trasporto: all’andata su viaggi Alitalia, al ritorno
con compagnie di bandiera straniere; e niente mal di schiena o male
all’anca, in quelle occasioni), voglia imprimere la sua personale
catechesi coi gesti e con la studiata astensione da essi. L’accogliere a
braccia aperte, con sfoggio di gran sorrisi davanti ai fotografi, una
coppia di omosessuali suoi amici, il suo connazionale Yajo Grassi
insieme al di lui “compagno” indonesiano, e, viceversa, il non farsi
vedere, né mandare uno straccio di messaggio al Family Day, a tutte quelle famiglie cattoliche che cercano di porre un argine al dilagare dell’ideologia gender nella società e nella scuola: questi non sono gesti, o assenza di gesti, lasciati al caso.
Perciò siamo portati a credere che il non partecipare alla processione del Corpus Domini
e il non inginocchiarsi, neanche per un attimo, davanti all’altare del
Santissimo, non siano affatto gesti casuali, ma perfettamente voluti e
calcolati. Il papa sa bene che ogni suo passo è contato e seguito da
migliaia di occhi e da decine di giornalisti e fotografi, i quali
faranno vedere quelle immagini nei cinque continenti: lo sa e lo
desidera più di ogni altra cosa al mondo. Del resto, affinché non si
pensi che queste sono solo elucubrazioni dettate da una mal disposizione
preconcetta nei suoi confronti, si faccia attenzione alla famose messe
nella chiesa di Santa Marta, il suo pulpito preferito per distribuire al
mondo la sua particolarissima versione del cattolicesimo; un cattolicesimo che ha persino fastidio di chiamarsi tale, visto che Dio non è cattolico,
e che i peggiori nemici della vera religione, a suo dire, sono il
fondamentalismo dei cattolici e il clericalismo (sarà, ma lui dove li
vede?; noi vediamo solo il fondamentalismo e il terrorismo islamici, che
lui non solo non vede, ma non vuol neppur sentire nominare, avendo
sentenziato una volta per tutte che, semplicemente, non esistono).
Qualcuno lo ha mai visto inginocchiarsi? E, se ci si viene a parlare dei
problemi all’anca, torniamo a domandare: ma quando s’inginocchia fino a
terra e bacia i piedi ai “fratelli” musulmani, quei dolori
improvvisamente scompaiono? Perché, se così fosse, allora questa sarebbe
una notizia eccezionale per la medicina alternativa, un vero e proprio scoop: basta inginocchiarsi davanti a un islamico e baciargli i piedi, e il mal di schiena se ne va.
Pare
che stiamo scherzando, ma è uno scherzare amaro; il problema esiste, ed
è serio, serissimo. Pirandello parlerebbe di “umorismo”, inteso come sentimento del contrario:
ossia la scoperta che ci sono delle cose nascoste, che non appaiono in
evidenza, dietro i comportamenti e le situazioni in cui le cose non sono
come dovrebbero essere, ma sono appunto all’incontrario, come avviene
di un papa che bacia i piedi ai non cristiani, ma non si china davanti
al suo Signore e al suo (e nostro) Dio. Non si può fare a mano di
chiedersi se ci creda, lui, alla presenza reale del Corpo di Gesù Cristo
in quel pezzetto di pane, e del suo Sangue preziosissimo, in quel
calice di vino. Se ci crede, come mai non mostra un po’ di adorazione, o
almeno di rispetto? Come mai si comporta come uno che cristiano non è,
anzi, che non è cattolico (visto che neppure i protestanti ci credono)?
Si può parlare di semplice inavvertenza, di gaffes involontarie?
Non crediamo, per le ragioni dette sopra. Si può trattare, allora, di
una incomprensione dei giornalisti, di un malinteso mediatico? Neppure, e
per lo steso motivo. Senza contare che il papa, quando vuole, sa farsi
intendere benissimo: non è uomo da lasciar correre, quando gli pare che
una sua frase, un gesto, siano stati equivocati, o che possano esserlo:
in quei casi, si affretta a mettere tutti i puntini sulle “i”, senza
fare sconti a nessuno e, si direbbe, senza troppa misericordia, lui che
della misericordia di Dio parla sempre. Qualcuno ricorda ancora la
durezza spietata con cui stigmatizzò il tentativo dell’allora sindaco di
Roma, Ignazio Marino, di far credere che era andato negli Stati Uniti
dietro suo invito? Qualcuno ricorda ancora non solo le parole, ma lo
sguardo, lo sguardo cattivo (appunto), e quel Chiaro? finale,
con gli occhi scintillanti, dopo aver scandito che Marino, negli Stati
Uniti, c’era andato per conto suo, e che lui, il papa, non c’entrava
niente, né voleva entrarci? Perché la gente, e soprattutto i
giornalisti, quando si parla di lui, ha la memoria molto corta:
dimentica tutto quel che non gli garba ricordare. Della vita di
Bergoglio in Argentina, quand’era arcivescovo di Buenos Aires, si parla
infatti poco e niente: forse perché, allora, diceva e faceva cose ben
diverse da quelle che fa e dice adesso? Forse perché era considerato un
vescovo conservatore, e, come se non bastasse, pare sia implicato
nell’arresto di due preti, ricercati dalla polizia al tempo della
dittatura, e poi persino torturati? Ma lasciamo stare quel periodo, che,
per i fan di Bergoglio, antico come la preistoria, mentre
tutti vogliono parlar solo del luminoso presente; e torniamo al “caso”
Marino. Qualcuno ricorda ancora quando il misericordioso Bergoglio disse
di lui che si definisce cristiano, come dire che, a suo
parere, non lo era affatto? Eppure, sull’aereo, in una delle primissime
interviste, aveva spiazzato tutti, dicendo: Chi sono io per giudicare un gay che sta cercando Dio?
Insomma, lui si riserva chi giudicare e chi no. A suo insindacabile
giudizio. Quanto al fatto di non inginocchiarsi davanti al Santissimo,
diciamo solo che è inquietante. Uno dei segni della
presenza diabolica è l’impossibilità d’inginocchiarsi davanti al Corpo
di Gesù. Non stiamo insinuando nulla: stiamo solo facendo una legittima
constatazione. Di più, non è possibile dire. Ma è questo il papa che la
Chiesa aspettava?
Non partecipa alla processione del Corpus Domini, né s’inginocchia davanti al Santissimo: che papa è?
di Francesco Lamendola
Forse è il papa che questa chiesa in uscita si merita. Un papa che non crede nell'esistenza di Gesù nell'Ostia consacrata. Abbiamo un papa luterano per una chiesa che da molti anni è diventata luterana. jane
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