ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 7 aprile 2017

La strategia di papa Francesco

GESU' SI E' FATTO DIAVOLO ?

    Nuova bestemmia del papa che tranquillamente e testualmente afferma: "Gesù si è fatto diavolo, si è fatto peccato, serpente, per noi". Ad accorgersene è stato Antonio Socci: ma gli altri giornalisti e i cristiani dove sono? 
di Francesco Lamendola  








Ad accorgersene per primo, ancora una volta, è stato Antonio Socci. Domanda: ma gli altri giornalisti, e, soprattutto, gli altri cristiani, dove sono, cosa fanno? Guardano altrove, fanno finta di non udire? Si turano il naso per non sentire la puzza di bruciato, la puzza dell’inferno? Cosa avranno pensato, cosa avranno provato i fedeli che, il 4 aprile scorso, assistevano alla santa Messa mattutina nella chiesa della Casa Santa Marta, a Roma, quella officiata quotidianamente da papa Francesco?
Evidentemente, anche se qualcuno è rimasto scioccato e traumatizzato – almeno lo speriamo; perché, se così non fosse, vorrebbe dire che cattolici non ce ne sono più in circolazione – l’ordine di scuderia è stato, ancora una volta, come sempre: minimizzare, rimpicciolire, banalizzare. O non parlarne affatto, oppure trattare la cosa come del tutto normale e naturale. Radio Vaticana, per esempio, ha scelto di presentare la predica del papa come una normalissima predica di un normalissimo sacerdote cattolico, nel quadro di una normalissima catechesi: ha riportato, sì, le parole di Francesco, ma senza rilevarne, neppure alla lontana, il carattere a dir poco strano. E, del resto, come avrebbe potuto fare altrimenti? Da quando il papa umile e misericordioso proveniente “dalla fine del mondo” si è insediato in Vaticano, tutti quelli che esercitano una qualche funzione vivono nel terrore d’incorrere nel suo cruccio, e di essere rimossi, commissariati, anatemizzati. E dunque, acqua in bocca e avanti, marsch, in fila e coperti.
Stava commentando l’episodio biblico del serpente di bronzo. Come è noto, molti commentatori della Bibbia hanno fatto notare una segreta corrispondenza fra il serpente di bronzo innalzato nel deserto da Mosè e la croce di Cristo, innalzata sul Golgota: la croce, non Cristo, significativa differenza. Il serpente sta alla croce come la salvezza dal morso dei serpenti nel deserto sta alla salvezza potata agli uomini dall’evento della crocifissione del Signore. Ma Gesù non è la croce, quindi non c’è una relazione fra Gesù e il serpente. Se poi si dice, come ha fatto papa Francesco, che il serpente è il simbolo del diavolo, si dice una cosa sbagliata, perché non tutti i serpenti sono simbolo del diavolo: lo è il serpente nel Giardino dell’Eden, che tenta Eva e che la spinge a mangiare il frutto proibito e a farlo mangiare anche ad Adamo; ma non lo è il serpente di bronzo fatto innalzare da Mosè, che, anzi, è il simbolo della salvezza.
Da qui all’eresia e alla bestemmia, il passo è stato breve. Se il serpente di bronzo, in base alla sua personalissima interpretazione, è il simbolo del demonio, allora anche Gesù, che è il corrispettivo di quel serpente (il che, come si è detto, non è vero), è il corrispettivo del diavolo; e così il papa può affermare tranquillamente, e testualmente, che Gesù si è fatto diavolo, si è fatto peccato, serpente, per noi. Parole assurde, insopportabili, blasfeme; parole che avrebbero ferito gli orecchi di un presbiteriano o di un quacchero, ma che non hanno fatto fare una piega ai cattolici, e specialmente agli esponenti della Chiesa, ai teologi alla Enzo Bianchi. I quali, del resto, sono perfettamente sulla stessa lunghezza d’onda, per esempio quando dicono, parimenti bestemmiando, che Maria Vergine non deve essere sopravvalutata, perché è solo una ruota del carro. Si nota il medesimo stile di Bergoglio: uno stile che vuole provocare, nel senso peggiore del termine: cioè che vuole sfidare, con il massimo della rozzezza, da parte di chi parla, e che punta a causare il massimo del disagio e del turbamento in coloro che lo ascoltano.
Tutto bene, dunque, tutto normale? Lo vorremmo chiedere a monsignor Nunzio Galantino, a monsignor Vincenzo Paglia, a monsignor Pio Vito Pinto, al cardinale Walter Kasper. Lo vorremmo chiedere al vescovo Lorefice, che scaccia don Alessandro Minutella dalla sua parrocchia, perché troppo cattolico, ma non trova nulla da eccepire sullo stile pastorale di don Fabrizio Fiorentino e di don Cosimo Scordato; lo chiediamo agli altri “vescovi di strada”, a monsignor Cipolla, per esempio, che, nell’enorme scandalo causato da don Andrea Contin nella diocesi di Padova, dopo essere stato zitto e perfettamente inattivo per dei mesi, pur essendo al corrente della cosa, non ha saputo fare altro che dire: chi sa qualcosa, vada dal magistrato; e si è lavato le mani come Ponzio Pilato. Vorremmo chiedere: può, il papa, parlare a questo modo; può esprimersi così, nel corso della omelia della santa Messa? Non c’è nessuno, attorno a lui, che lo possa consigliare, che lo possa correggere, che lo possa, almeno, trattenere dal parlare a braccio, risparmiano a se stesso e a noi tutti queste esternazioni penosissime, che sarebbero di sapore quasi dadaista o surrealista, se non fossero terribilmente serie, e perciò blasfeme? No, non c’è nessuno; e ciò per due ragioni. La prima è che papa Francesco si è circondato non di consiglieri, ma di yes-men. La seconda è che i suoi collaboratori la pensano come lui; e che non si è trattato di un errore, di una svista, di una defaillance, ma di un nuovo tassello nella sua ben precisa strategia, di un’altra mossa nel disegno che sta portando avanti dal primo istante in cui è stato eletto.
La strategia di papa Francesco è questa: abituare i cattolici, un po’ alla volta, giorno dopo giorno, pazientemente, tenacemente, instancabilmente (è la tecnica della rana bollita: la si fa bollire a fuoco lento, così che non si accorga di essere arrostita viva, e quando se ne accorgerà, sarà ormai troppo tardi) all’apostasia; abituarli a non pensare, a non sentire più da cattolici, ma da eretici; abituarli a dimenticare la loro tradizione, la vera dottrina, la sana teologia, per salire sul carro dei tempi nuovi, gloriosi e misericordiosi, e totalmente anticristiani. No, non è in buona fede colui che colleziona ogni settimana, quasi ogni giorno, sparate di questo tipo: quella di dire che Gesù si è fatto diavolo non è che l’ultima di una lunga serie, e domani ce ne sarà un’altra, forse ancor peggiore. Si tratta di abituare gli orecchi, la mente e il cuore dei credenti a non meravigliarsi più di niente, a non inquietarsi più di niente, a non scandalizzarsi di niente. Ed è una strategia che funziona, tanto è vero che sta dando degli eccellenti risultati. Se i cattolici fossero ancora svegli e fedeli alla propria tradizione, sarebbero insorti, si sarebbero scandalizzati, avrebbero preteso chiarimenti, spiegazioni. Ci sarebbe stato almeno un po’ di rumore, almeno un minimo di dibattuto sulla stampa cattolica, perfino in questo clima di unanimismo bulgaro; un filo di disagio, d’imbarazzo, di sconcerto, sarebbe trapelato, pur nel rispetto della vecchia massima che i panni sporchi vanno lavati in casa. Un papa non può dire, nel bel mezzi della santa Messa, Gesù si è fatto diavolo, come se niente fosse, e andare avanti per la sua strada, tranquillo e sicuro, anzi, sprezzante, con quel suo sorriso beffardo, come se dicesse: Vi ho fatto ingoiare anche questa, vedete come è stato facile? Domani ve ne farò ingoiare un’altra, ancor più grossa.
Siamo purtroppo convinti, assolutamente, convinti, che simili sparate non sono frutto del caso, che non sono dovute solo a ignoranza e ingenuità, che non nascono dalla buona fede, e sia pure priva di prudenza e di discernimento; e ciò per una ragione molto semplice. Il concetto espresso nella frase Gesù si è fatto diavolo non è, “semplicemente” (si fa per dire), un concetto balordo, senza capo né coda; ha un significato ben preciso: è un concetto esoterico, gnostico-massonico. Dire che Gesù si è fatto diavolo equivale a dire che Dio non è solo il bene, ma anche il male. Ecco: a questo ci vuol preparare Bergoglio, a questo ci vorrebbe predisporre, indirizzare, piano, piano, un poco alla volta. Il Dio degli gnostici non è solo buono, ma anche malvagio: è l’una e l’altra cosa insieme, perché non è un dio trascendente e distinto dalla sua creazione, ma è, in ultima analisi, la creazione stessa. Il passo successivo sarà quello di lasciar cadere al maschera e dire chiaro e tondo che Dio non è nei cieli, così come a Bergoglio è bastato l’animo per dire che Dio non è cattolicoma che, a ben guardare, Dio siamo noi. Ecco: questa è la meta finale, questo è l’obiettivo ultimo: l’auto-deificazione dell’uomo. In piena dottrina gnostico-massonica, appunto. Altro che Madonne. E qui si capisce bene la sparata del falso padre Enzo Bianchi, che la Madonna è solo una ruota del carro. Indelicatezza mista a qualcos’altro: l’introduzione, per adesso cauta e graduale, della dottrina gnostico-massonica. Quando tutti i muri saranno caduti e ci saranno solo ponti, come auspica il bravo Bergoglio. Strano che nessuno, o così pochi, abbiano riflettuto che, in un mondo senza muri e dove ci siano solamente ponti, tutto sarà uguale a tutto, e il cattolicesimo sparirà e si mescolerà in un unico calderone con il giudaismo, con l’islamismo, col buddismo, con l’induismo, con l’ateismo, con la massoneria, con la gnosi, con il New Age, e perché no?, anche con il satanismo. Visto che Gesù stesso si è fatto diavolo…
Perché meravigliarsi, perché arretrare davanti a simili conclusioni? Di eresia in eresia, vi è una logica ineccepibile, anche se eretica e blasfema. Del resto, la cosa sta passando molto più facilmente del previsto: forse nemmeno la massoneria ecclesiastica, che tanto ha brigato per costringere Benedetto XVI ad abdicare (e, quasi certamente, dopo aver fatto assassinare Giovanni Paolo I: non lo si dimentichi mai), in quel marzo del 2013, si sarebbe immaginata di poter procedere con tanta speditezza e disinvoltura nel trascinare la Chiesa cattolica verso l’apostasia generalizzata. Forse qualche resistenza se la sarebbero aspettata, quei signori; almeno un minimo, almeno pro forma. Invece, a dar segno di vita, e di preoccupazione, sono stati quasi soltanto i laici: Socci, De Mattei, Sandro Magister, Blondet; personalità molto diverse fa loro, da cui non verrà mai fuori un fronte comune. È stato facile, facilissimo: come affondare un coltello nel burro. Si vede che i tempi erano maturi, e che le fondamenta erano marce. Oltre a questo, bisogna pur dire che papa Francesco è stato abile; dietro la sua estrema rozzezza, dietro la sua vistosa e arrogante ignoranza, si deve riconoscere che c’è un metodo, c’è una certo adeguamento dei mezzi al fine da raggiungere: dunque, che c’è una intelligenza non comune. Per trascinare la Chiesa nell’apostasia partendo dal suo vertice, ci vogliono doti d’intelligenza: non è un lavoro che si possa affidare al primo stupido e vanitoso che si offra per la bisogna – e Dio quanti ce ne sarebbero, pronti a mettersi in fila, pur di occupare quella tal poltrona. L’abilità più grande di papa Francesco è stata quella di attirare, fin dall’inizio, tutta l’attenzione su di sé, sulla sua persona, sulla sua “semplicità”, sulla sua “umiltà”, sul suo stile sobrio, misericordioso e, soprattutto, “francescano” (anche se lui non  è affatto francescano, né d’abito, né di spirito; è invece un gesuita nel più puro stile di una volta, tanto per l’uno che per l’altro aspetto). Intendiamoci: non ha inventato nulla. Si è limitato a riprendere lo stile inaugurato da Giovanni Paolo II, quello del bagno di folla sempre più teatrale, accentuandolo ulteriormente, caricandolo fino al limite della spettacolarità e della facondia, esasperandolo. Dopo aver fatto di se stesso una star, ha reso credibile, anzi, aprioristicamente bello e buono, tutto ciò che avrebbe poi detto e fatto. La gente, ubriacata dal culto della personalità, in una misura che nessun leader del passato, anche profano, aveva mai coltivato e raggiunto, si è letteralmente dimenticata della dottrina cattolica. La dottrina è roba vecchia, per topi da biblioteca; non interessa più a nessuno. Quel che conta è la misericordia, l’essere con la gente, ergersi a difensore degli ultimi; chi possiede tali caratteristiche, può dire e fare tutto ciò che vuole: nessuno gliene domanderà conto. Al contrario, gli applausi arriveranno quasi prima che abbia potuto aprire bocca: basterà l’atto di dischiudere le labbra. Nello stile di Ettore Petrolini, allorché il grande comico interpretava il dialogo fra Nerone e la folla: E noi rifaremo Roma più bella e più superba che pria…, e il popolo si sbucciava le mani ad applaudirlo ancor prima che finisse la frase; poi, dopo che la battuta era stata ripresa e interrotta alcune volte consecutive, ancora prima che la incominciasse.
Così, mentre le folle vanno in estasi per le tournée di papa Francesco, tutto semplicità, bontà e misericordia, nessuno pare accorgersi di tanti, troppi particolari strani, inquietanti: perché il sommo pontefice non s’inginocchia mai, specie davanti al Santissimo? O meglio: perché s‘inginocchia, con molto fervore, solo per lavare e per baciare i piedi ai musulmani, o per celebrare messa (ma che messa?) con qualche setta protestante? Perché ha commissariato i francescani dell’Immacolata? Perché non ha mai risposta ai dubia dei quattro cardinali Burke, Caffarra, Brandmüller e Meisner? Perché non vuole che si adoperi l’espressione “terrorismo islamico”? Perché ordina ai cattolici italiani ed europei di accogliere illimitatamente i falsi profughi dell’islam? Perché ha autorizzato i musulmani a pregare in chiesa Allah, profanando la santa Messa? Perché non ha mai dato alcun appoggio, non ha mai mostrato la minima simpatia per i movimenti cattolici sorti spontaneamente a difesa delle famiglie contro l’imposizione della ideologia genderPerché si è immischiato, entrandovi a gamba tesa, nelle elezioni politiche di uno Stato sovrano, e si è messo a polemizzare fin da subito con il presidente eletto, Donald Trump? E perché ne spara una al giorno, in fatto di dottrina cattolica, scandalizzando le anime, lui che dovrebbe essere il loro pastore attento e premuroso? È così che ottempera al comando di Gesù a san Pietro: Pasci le mie pecorelle? Già una volta aveva bestemmiato: Gesù si è fatto come un serpente, brutto che fa schifo; e un’altra volta: La Via Crucis è la storia del fallimento di DioNo, non sono incidenti, questi: è una precisa strategia…

Nuova bestemmia del papa: Gesù si è fatto diavolo

di Francesco Lamendola

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