VANGELO CON QUALE DEMOCRAZIA
La democrazia agnostica scettica e relativista come si concilia con il Vangelo? la democrazia è una creazione dell’illuminismo anti-cristiano perciò incompatibile con il Vangelo: o si è cristiani o si è illuministi
di Francesco Lamendola
I sedicenti cattolici modernisti e progressisti, che sanno sempre tutto e devono metter becco su tutto, su una cosa non s’interrogano mai, non riflettono mai, né, soprattutto, dubitano mai: che la democrazia sia il migliore dei sistemi politici possibili, il sistema assoluto, al di fuori del quale nulla è pensabile, nulla è accettabile, nulla è ammissibile; e che il cattolico, pertanto, altro non abbia da fare, quanto alla dimensione politica e sociale dell’esistenza, che rimettersi con piena e incondizionata fiducia alle meraviglie della democrazia liberale, così come essa si è configurata e come si sta attuando nel mondo.
Oggi le cose sono giunte a un punto tale che costoro non riuscirebbero nemmeno a concepire una sia pur minima sfasatura, una sia pure impercettibile distanza fra il cristianesimo e la democrazia: li ritengono come le due facce di una stessa medaglia, sul verso c’è il Vangelo e sul recto l’assemblea generale delle nazioni Unite, con tutto il fardello del sistema democratico da rappresentare nell’universo mondo. Il fatto che la Chiesa, per due millenni, e fino a meno di un secolo fa, abbia convissuto con sistemi politici e sociali diversi dalla democrazia, dalla monarchia assoluta di diritto divino alla monarchia costituzionale, e a quella parlamentare, dallo Stato massonico e anticlericale al fascismo, dapprima anticlericale, poi filo-clericale (anche se più per calcolo che per convinzione), non li turba; né il fatto che, forse, in un futuro neanche troppo lontano, gli uomini potrebbero sentire la necessità di elaborare dei sistemi politico-sociali diversi dalla democrazia, e, possibilmente, migliori di essa, perché quelli peggiori, come il nazismo e il comunismo, li hanno già sperimentati e ne hanno avuto abbastanza. Tutto ciò, a quanto pare, non scalfisce minimamente le loro certezze, dato che non vi dedicano neppure un pensiero.
Abbiamo già trattato questo argomento, che ci sembra di somma importanza, specialmente oggi, in altre occasioni (cfr. Cristianesimo e modernità sono incompatibili?, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 3/02/20015; Cristo Re: una sfida aperta a tutte le idee-cardine della modernità e Ma è compito della Chiesa cattolica fare il tifo per la democrazia?, pubblicati entrambi su Il Corriere delle Regioni rispettivamente il 16/04/2016 e il 17/01/2017); qui vogliamo portare il discorso più specificamente sul piano delle idee e dei valori, dai quali discendono i comportamenti pratici e gli stili di vita delle persone. Ed entriamo subito nel vivo del problema chiedendoci, in maniera spassionata e con animo sgombro da preconcetti: esiste uno stile di vita democratico? E, se sì, come si concilia con lo stile di vita cristiano? Perché uno stile di vita cristiano, di per sé, certamente esiste; anche se saremmo forse più precisi dicendo che “esisteva”, e lo si vedeva chiaramente nel modo di vivere delle famiglie e delle persone, fino a un paio di generazioni fa, specialmente nei paesi di provincia e, più ancora, nelle campagne.
Prendiamo dunque in mano il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, edito a cura del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e vediamo quel che dice su Il sistema della democrazia (Liberia Editrice Vaticana, 2004, §§ 406-407, pp. 222-223):
406. UN GIUDIZIO ESPLICITO E ARTICOLATO SULLA DEMOCRAZIA CONTENUTO NELL’ENCICLICA “CENTESIMUS ANNUS”: “La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati sia di eleggere e controllare i propri governati, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno, Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato. Un’autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e la formazione ai veri ideali, sia della “soggettività” della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità.
a) I VALORI E LA DEMOCRAZIA
407. UN’AUTENTICA DEMOCRAZIA NON È SOLO IL RISULTATO DI UN RISPETTO FORMALE DI REGOLE, MA È IL FRUTTO DI UNA CONVINTA ACCETTAZIONE DEI VALORI CHE ISPIRANO LE PROCEDURE DEMOCRATICHE : LA DIGNITÀ DI OGNI PERSONA UMANA, IL RISPETTO DEI DIRITTI DELL’UOMO, L’ASSUNZIONE DEL “BENE COMUNE” COME FINE E CRITERIO REGOLATIVO DELLA VITA POLITICA. Se non vi è un consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità.
LA DOTTRINA SOCIALE INDIVIDUA UNO DEI RISCHI MAGGIORI PER LE ATTUALI DEMOCRAZIE NEL RELATIVISMO ETICO, CHE INDUCE A RITENERE INESISTENTE UN CRITERIO OGGETTIVO E UNIVERSALE PER STABILIRE IL FONDAMENTO E LA CORRETTA GERARCHIA DEI VALORI: “Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo e il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verità e aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia”. La democrazia è fondamentalmente “un ‘ordinamento’ e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere ‘morale’ non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve”.
Segue un paragrafo, il 409, specificamente dedicato al rapporto fra la democrazia e le singole istituzioni politiche, come il parlamento, e che qui non c’interessa. Abbiamo visto abbastanza: che la Chiesa, adottando l’enciclica Centesimus annus (1° maggio 1991) come base della sua dottrina sociale, intende fare proprio il Magistero di Giovanni Paolo II per il nostro tempo. Ora, se è logico che la dottrina sociale della Chiesa evolva in base al mutare delle condizioni, politiche, economiche e sociali e culturali, proprio la scelta dell’anniversario della Rerum Novarum di Leone XIII (15 maggio 1891) evidenzia tale carattere prettamente storico. E già qui siamo automaticamente su un terreno minato. Infatti, se le condizioni storiche evolvono, la dottrina della Chiesa non dovrebbe evolvere: al massimo si potrebbe parlare di un approfondimento, di uno sviluppo di temi già insiti in essa; diversamente, si farebbe del cattolicesimo una delle tante ideologie di questo mondo, che ora vanno di moda, ora tramontano, e gli si toglierebbe il suo carattere precipuo: quello una dottrina di origine non umana, la Rivelazione di Dio agli uomini, anticipata per mezzo dei profeti e dei patriarchi e attuatasi per mezzo del mistero dell’Incarnazione del Verbo. La quale Incarnazione è, sì, un fatto storico, la nascita di Gesù e la sua vita terrena, fino alla morte di croce, ma è, contemporaneamente, un evento soprannaturale, racchiuso fra due misteri: quello della Concezione verginale di Maria e quello della Resurrezione dal sepolcro e, poi, dell’Ascensione al Padre.
Comunque, se l’attuale dottrina sociale della Chiesa coincide con la concezione esposta da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, non si può non osservare come, pur essendo passati meno di trent’anni, la situazione mondiale complessiva sia enormemente cambiata: allora, era appena caduto il comunismo, l’Unione Sovietica si era dissolta e pareva che un radioso avvenire avrebbe accompagnato l’espansione della democrazia in tutto il mondo. Oggi, invece, alla caduta del comunismo sovietico non è seguita una sostanziale distensione fra la Russia e i Paesi occidentali; l’Unione europea è una realtà, ma, nel giro di pochi anni, essa è riuscita a deludere e disgustare gran parte dei suoi cittadini; in Cina perdura la dittatura, comunista di nome, selvaggiamente capitalista nei fatti; le cosiddette “primavere arabe” si sono rivelate un tragico inganno, se non addirittura una montatura mediatica; gli Stati Uniti hanno mostrato il volto brutale e spregiudicato di una imperialismo di marca democratica, conducendo una serie di guerre destabilizzanti, che hanno sconvolto gli equilibri geopolitici in un’area vastissima, dall’Asia centrale all’Africa; il terrorismo islamico si è scatenato ovunque e rappresenta, oggi, un fattore di estrema tensione nella vita delle società occidentali; una migrazione di proporzioni bibliche si è messa in moto dal Sud del Mediterraneo verso l’Europa, e la sta gradualmente sommergendo, sommandosi ai flussi migratori “regolari” degli ultimi decenni, con la prospettiva di una rapida islamizzazione dell’Europa intera; il potere finanziario mondiale, divenuto incontrollabile, sta realizzando l’obiettivo finale che si è sempre proposto, il dominio incontrastato del pianeta, ora causando una crisi finanziaria ed economica di proporzioni impressionanti, ora manovrando occultamente dietro i fenomeni migratori e lo stesso terrorismo, sicché la linea del “fronte” si è dissolta e l’intero pianeta pare essersi trasformato in un perenne campo di battaglia di tutti contro tutti. Si aggiunga il crollo della natalità nei Paesi europei e il dilagare di nuovi stili sociali e culturali, di nuove legislazioni civili, che hanno portato, di fatto, alla sovversione dei valori morali da sempre professati e la loro sostituzione con nuovi modelli, radicalmente edonisti e individualisti, dei quali il cosiddetto matrimonio omosessuale, l’adozione di bambini da parte di tali coppie, le nascite ottenute per mezzo della fecondazione artificiale e l’acquisto preventivo dei nascituri mediante la pratica dell’”utero in affitto”, hanno determinato una situazione che, nel 1991, era semplicemente impensabile, così come lo era, per la verità, ancora pochissimi anni fa: impensabile, almeno, per la stragrande maggioranza della popolazione, abilmente indottrinata e manipolata da una informazione del tutto asservita ai dettami del potere finanziario.
Quel che vogliamo dire è che, una volta adottata una prospettiva sostanzialmente storica, il Magistero sociale della Chiesa è già largamente superato dai fatti; e, in effetti, una possibile chiave di lettura di certi comportamenti di papa Francesco, di monsignor Galantino o di monsignor Paglia è proprio questa: che essi si muovano ancora all’interno delle linee guida della Centesimus annus e non abbiamo pienamente compreso quanto radicale sia stato il mutamento verificatosi negli ultimi cinque lustri. Quanto ai contenuti specifici di tale dottrina, il documento del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – che, istituito da Paolo VI nel 1967, è stato soppresso il 1° gennaio 2017 da papa Francesco – ha il merito di mettere bene a fuoco il nodo fondamentale della questione: cioè che una democrazia agnostica, relativista e scettica, priva di valori, si riduce a un guscio vuoto ed è incompatibile con la visione e con la pratica cristiana della vita, come del resto è oggi del tutto evidente. Però non sa, e non può, indicare alcun rimedio a tale situazione: la democrazia non tollera una definizione univoca della verità, della giustizia, del bene, eccetera, ma si riserva la piena facoltà di riformulare il proprio giudizio in base al volere della maggioranza; mentre il cristianesimo è portatore di una morale e di una dottrina che presuppongono una fonte oggettiva di certezza, Dio, e una tavola di valori che non sono umanamente negoziabili, alla luce del Vangelo. Una democrazia fondata sui valori è una contraddizione in termini; tutt’al più, si può pensare – e, di fatto, stiamo incominciando a vederla - una democrazia fondata su dei contro-valori, cioè sulla sovversione sistematica di tutti i valori dell’Europa cristiana, della sua tradizione, delle sue radici (tanto è vero che ricordare le radici cristiane dell’Europa è diventato politicamente scorretto). Logico, se si pensa che la democrazia è una creazione dell’illuminismo, e precisamene di Rousseau; e se si riflette che l’illuminismo nasce come rivolta anticristiana ed è perciò assolutamente incompatibile con il Vangelo. O si è cristiani o si è illuministi.
Resta perciò la domanda: è compito specifico della Chiesa, quello di elaborare e proporre una propria dottrina sociale? Gesù lo ha fatto? Se si vuol essere onesti, la risposta è no. Ha parlato dei poveri, della giustizia, ma non ha proclamato alcuna dottrina sociale; al contrario, ha ribadito che il suo Regno non è di questo mondo. Ogni tentativo di fare di Gesù un riformatore sociale equivale a un tradimento nei confronti della sua missione, e, perciò, anche nei confronti della sua Chiesa…
La democrazia, agnostica, scettica e relativista come si concilia con il Vangelo?
di Francesco Lamendola
MALI DELLO SPIRITO MODERNO
Un disegno diabolico? Menzogna, immoralità e irreligiosità sono i tre grandi mali dello spirito moderno. Oggi è come se un Potere occulto, maligno ma intelligente, stesse imponendo questi tre grandi mali a livello mondiale
di Francesco Lamendola
Se dovessimo indicare i tre grandi mali che minacciano l’integrità dell’individuo e della società odierni, diremmo che essi sono la menzogna, l’immoralità e l’irreligiosità; e che, per quanto essi siano sempre stati presenti nella storia, perché sono presenti nel profondo dell’animo umano quando esso è lontano da Dio, pure si nota oggi non solo una recrudescenza, ma un disegno complessivo, una organicità e sistematicità di spinte e di condizionamenti, come se un Potere occulto, maligno ma intelligente, stesse imponendo questi tre grandi mali a livello mondiale, dalle legislazioni degli Stati sino alla morale pratica delle singole persone, nei loro ci portamenti quotidiani.
Si comprende che c’è qualcosa di nuovo, e di diabolico, nella situazione spirituale dell’uomo moderno, precisamente dal fatto che egli non coglie più tali presenze come male, ma come bene, o, comunque, come legittimo esercizio dei suoi diritti, riconosciuti e accettati dalla società o dalla maggioranza degli individui. Questo è un fenomeno estremamente preoccupante, perché non si ripresentava da qualcosa come duemila anni, almeno nell’ambito della nostra civiltà. Per trovare qualche cosa di smile, bisogna andare indietro fino all’epoca della civiltà greco-romana, caratterizzata, specie nella sua fase discendente, dalla schiavitù, dalla brutalità nei rapporti umani, dal disprezzo della vita, dalla guerra e dalla violenza come sole attività nobili e gloriose, dall’aborto e dall’omosessualità dilaganti, dai massacri sanguinari del circo, dove gladiatori e bestie feroci si alternavano alle crocifissioni e alle torture pubbliche più raffinate. Questa orrenda palude è stata bonificata dal cristianesimo e, per duemila anni, gli istinti inferiori sono stati tenuti a bada, le anime si sono rivolte al Bene, alla Verità e all’Amore, pur se non sempre gli uomini sono stati capaci di perseguirli e di realizzarli nella propria vita. Però, mai il male veniva eretto a bene, e viceversa; mai la menzogna veniva spacciata per verità, e viceversa, se non in casi rari e limitati, in situazioni aberranti e particolari, dovute a circostanze eccezionali, e, comunque condannate sia dal sentire comune che, in linea di massima, dalle autorità religiose e civili.
Senza dubbio, questo è un “salto di qualità”, ma nella direzione sbagliata. La civiltà moderna sta riportando gli uomini allo stadio in cui si trovavamo duemila anni fa: spregiatori della vita, idolatri, mentitori, lussuriosi, superbi, iracondi, violenti, invidiosi, calunniatori, omicidi; e quel che è peggio, li sta persuadendo, con il veleno sottile di una cultura radicalmente laicizzata e secolarizzata, che ogni capriccio è legge, che ogni impulso è un diritto, che qualunque aberrazione, anche il sadismo, la pedofilia, l’omicidio volontario, possono trovare scusanti, comprensione, legittimazione, e, in certi casi, perfino essere esaltati come cose buone e giuste in se stesse. Il diavolo, che, senza dubbio, dirige questo Potere occulto assai più di quel che i suoi servi sciocchi non credano, gonfi d’orgoglio come sono, e convinti d’essere i vindici e i restauratori dell’autentica libertà dell’uomo contro le menzogne e gl’inganni dei preti, sta celebrando il suo trionfo: mai, forse, nel corso della storia umana, si era avvicinato di tanto alla sua meta finale: staccare e separare irrimediabilmente l’uomo da Dio, facendogli scordare la sua natura spirituale e persuadendolo di essere solo un bruto, evoluto secondo le leggi del caso e interamente “risolto” nel quadro della dimensione naturale; sicché non c’è nulla, in lui, che non sia buono e meritevole di essere portato alla luce, compresi gl’istinti di parricidio, d’incesto, di furto, di ricchezza e potere ad ogni costo, con qualsiasi mezzo. Ma l’uomo non si risolve tutto nella dimensione naturale; in lui vi è anche la vita soprannaturale, impressagli da Dio col sigillo della propria somiglianza; dimentico di ciò, l‘uomo regredisce al livello d’un bruto.
Scriveva a questo proposito padre Giuseppe De Rosa, una delle penne più prestigiose della rivista dei gesuiti La civiltà cattolica, nel suo libro Sì, Dio esiste (Elle Di Ci/La Civiltà cattolica, 1998, pp. 220-221):
Ma il male fisico non è che una faccia del problema del male. L’uomo non è soltanto corpo, sensibilità, affettività; è anche – e soprattutto – spirito, fatto per la verità, per il bene, per la giustizia, per la bellezza, per l’amore, e dunque per Dio, che è la Verità assoluta, il Bene infinito, la fonte e la pienezza dell’amore. In realtà, non c’è solamente il male che fa soffrire il corpo; c’è anche il male che corrompe e uccide lo spirito.
Ora, sono mali spirituali il trionfo della menzogna sulla verità e dell’inganno sulla sincerità e la lealtà; la vittoria sfacciata del vizio in tutte le sue forme sulla virtù calpestata e derisa; il trionfo dell’iniquità e dell’ingiustizia, l’oppressione dei poveri e lo sfruttamento dei deboli; il potere sovrano che esercita il denaro al quale tutti si vendono e col quale tutto si compra, anche la coscienza; lo scadimento dei valori morali, il trionfo dell’irreligiosità, il disprezzo e la derisione delle persone religiose. A questo proposito, dobbiamo rilevare che, soprattutto oggi, siamo in presenza di un’instaurazione del “regno del male”, cioè di un “potere” organizzato della menzogna, dell’immoralità e dell’irreligiosità. Non si tratta soltanto di questi mali dello spirito – menzogna, immoralità e irreligiosità sono sempre esistite nella storia umana -, ma di un “potere” del male, che, servendosi di strutture politiche, sociali e culturali della società e, soprattutto, del potere economico, riesce a far apparire verità ciò che è menzogna e falsità, e a far apparire menzognero e falso quello che è vero e giusto; riesce a far apparire bene quello che è male, e male quello che è retto e benefico per l’uomo; riesce a far apparire Dio, la religione, la fede cristiana come realtà che alienano l’uomo, lo opprimono, privandolo della sua libertà, e ne impediscono il pieno sviluppo umano, e invece l’irreligiosità e il rifiuto di Dio e delle norme morali come forze liberatrici dalla servitù che la religione imporrebbe all’uomo. Questo potere domina gli uomini di oggi e ha su di essi una presa così capillare e profonda che difficilmente riescono a liberarsi dal suo influsso e a pensare e agire secondo la verità, secondo la legge morale e secondo una visione religiosa della vita.
È questo il fatti veramente nuovo del nostro tempo. Esso mostra a quale profondità si situi il male spirituale oggi e come, perciò, possa avvenire che il suo potere corruttore non sia più nemmeno avvertito, In realtà, siamo di fronte a un gigantesco tentativo di corrompere lo spirito dell’uomo nelle sue radici più profonde e vitali, di deviarlo radicalmente dalla verità, dal bene e dalla rettitudine per cui è naturalmente fatto, e, soprattutto, d spogliarlo di quello che, pur nelle sue miserie e deviazioni, forma la nobiltà e la grandezza dell’uomo: la sua aspirazione alla verità e al bene, la sua nostalgia di ciò che è retto e buono, la sua fame e sete dell’Infinito e dell’Assoluto. È un tentativo di distruzione dell’uomo nella sua più vera e profonda “umanità” e di corruzione del suo spirito, ben più grave e radicale della minaccia del’annientamento fisico che fa pesare sul mondo un’eventuale guerra nucleare generale.
Non si può non ammirare la chiarezza e la lucidità dell’analisi di padre Giuseppe De Rosa (1921-2011), doti da lui mostrate anche nel difendere la dottrina e nel combattere l’errore, sia dentro la Chiesa, come quando smentì vigorosamente Ennio Pintacuda che voleva formare un’aggregazione politica di sinistra, con l’adesione dei cattolici progressisti, chiarendo che tale non era la posizione complessiva dei gesuiti (progetto che alla fine, ahimè, si è comunque realizzato, ben al di là delle più rosee speranze di padre Pintacuda, e non solo nell’ambito politico), sia fuori, come quando denunciò il libro di Augias e Pesce, Inchiesta su Gesù, per quello che effettivamente è: un attacco alla religione cristiana, intellettualmente disonesto, perché tenta di far passare Gesù per quel che non è stato: un ebreo ortodosso che non voleva affatto creare una nuova religione, e, naturalmente, un semplice uomo, che i suoi discepoli, peraltro fortemente discordi tra loro, avrebbero voluto far “resuscitare” perché non accettavano che tutto fosse finito sulla croce.
Ma, tornando al nostro tema, si vede come un cristiano acuto e coerente non può non vedere che il Male, oggi, ha fatto enormi progressi: esso è quasi giunto a convincere l’uomo moderno, secondo i desideri dello Zarathustra di Nietzsche, che tutti i valori devono essere letti alla rovescia. In radicale discontinuità con i secoli precedenti, nei quali si è formata la nostra civiltà con i suoi valori, egli ora s’immagina di essere non una creatura, ma un ente di questo mondo, originato dalla natura stessa, e di non avere alcuna meta superiore da realizzare; un ente che guarda alla credenza in Dio e alla obbligatorietà di una morale assoluta con un sorrisetto d’ironico disprezzo, come segni della sua passata sudditanza, della quale non vuol neanche sentir più parlare. Ma l’uomo, senza Dio, è come se venisse privato delle sue radici: la stessa umanità di cui è fatto subisce una orribile perversione, una deformazione, uno stravolgimento, che lo aliena da se stesso e lo getta in un abisso d’infelicità, di cui non sa neanche riconoscere le vere cause. E anche questa è una vittoria del diavolo: portare l’uomo alla disperazione, dopo averlo gonfiato di folle orgoglio e di sacrilega superbia: perché la disperazione, come diceva Kierkegaard, è per definizione la malattia mortale, e l’uomo disperato è definitivamente perso nel nulla, lontano da Dio, al quale non sa più rivolgere nemmeno una richiesta di soccorso, come Giuda che morì disperato e suicida (non pentito, come ha detto papa Francesco: perché il pentimento cristiano è inseparabile dalla richiesta di perdono a Dio, cosa che in Giuda, appunto, non vi fu).
La menzogna non è solo la negazione della verità; è anche una bestemmia, perché la verità ha, in se stessa, qualcosa di sacro: è il riflesso di una verità più alta, che, di rado in grado, arriva fino alla Verità suprema, Dio. Chi mentre, non mente solo sulle cose circoscritte di cui sta parlando o delle quali si sta occupando: offende anche Dio, che, essendo la Verità, è anche il custode e il garante di ogni singola verità. Le verità umane non sono, né potrebbero essere a sé stanti; sono parte di un qualcosa di molto più vasto, di cosmico, che è la Verità. Dunque, tutte le persone che, mentendo, calpestano e travisano la verità, recano una offesa agli uomini, ma anche a Dio, e a Dio ne devono rispondere. Arrivare al punto di capovolgere la verità e di spacciare la menzogna per il vero, è il peccato più grave che si possa commettere: è come tentar di contraffare Dio. Per l’immoralità, vale un ragionamento analogo: il vizioso contamina e svilisce la vita che gli è stata data, il corpo che gli è stato dato, tempio di Dio; il superbo reca offesa non solo ai suoi simili, ma a Dio, dei quali il suo fratello è l’immagine vivente; il violento, il ladro, l’omicida, portano il disordine nell’ordine morale voluto da Dio, e inscritto anche nella coscienza naturale di ciascun essere umano.
Da qualsiasi lato si consideri la cosa, si arriverà sempre alla medesima conclusione: ogni qualvolta un essere umano sceglie il male invece che il bene, reca un danno e una offesa all’intero universo, e al Creatore dell’universo; e se il peccatore spinge la sua audacia fino al punto di voler chiamare bene il peccato, che è male, e di voler chiamare male, invece, il bene, che è l’amicizia con Dio, allora si tratta di un danno e di una offesa assoluti, radicali, che hanno realmente qualcosa di satanico. Satana, infatti, è la scimmia di Dio, è il mentitore e il sovvertitore per eccellenza, è colui che inverte l’ordine voluto da Dio (si pensi ai culti satanici e alla messa nera, che è un a Messa cristiana alla rovescia, officiata con un’Ostia profanata) e quindi il capovolgimento della morale, oggi in atto, non è, semplicemente (si fa per dire) un allontanamento dalla morale, ma una sua falsificazione, atto blasfemo più di qualsiasi altro, e dannosissimo, perché immensamente pericoloso per le anime. Un bambino, nato in questa società demoniaca, rischia di ricevere una educazione spirituale e morale alla rovescia, e di diventare, così, senza rendersene conto, un figlio del diavolo, tanto quanto se i suoi genitori, satanisti praticanti, lo avessero consacrato al principe delle tenebre. Tale è la minaccia che incombe sulla nostra società, oggi; e chi non l’ha compreso, non ha capito molto di quale sia la vera posta in gioco nella lotta perenne fra il male e il bene. La posta in gioco è più alta, infatti, che in ogni altra epoca passata: non si tratta della salvezza o della perdizione di un certo numero di anime, ma della società nel suo complesso, e quindi di tutte le anime, o quasi tutte (perché perfino a Sodoma, nella città del vizio per antonomasia, c’erano Lot e i suoi familiari, che vivevano nel rispetto delle leggi umane e divine). E se la posta in gioco è ormai globale, globale dovrà essere anche la risposta: cioè un sincero ritorno alla verità, alla moralità e alla religiosità. Infatti il Vangelo è la sola garanzia che abbiamo contro le forze della dissoluzione...
Menzogna, immoralità e irreligiosità sono i tre grandi mali dello spirito moderno
di Francesco Lamendola
Grandi articoli. un grazie al prof. Lamendola
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