La Bella Signora delle Tre Fontane
Quella che presentiamo è la storia della Vergine della rivelazione, un’apparizione della Madonna che sarebbe avvenuta a Roma in tempi relativamente recenti. Usiamo il condizionale perché l’apparizione non è stata ancora riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa, però è cara al popolo cristiano di Roma. Tanto che nel ’56 papa Pio XII ha acconsentito alla costruzione di una cappella per il culto e ne ha affidato la custodia ai Francescani minori conventuali.
Una storia che ci è cara per tanti motivi, questa, non
ultimo il fatto che volevamo scrivere qualcosa riguardante la Madonna in
questo mese di maggio e avevamo incontrato difficoltà. Così la storia
si è scritta da sola, o meglio ci è stata scritta da Paolo Lanzetta,
conosciuto per un caso felice proprio in questi giorni…
C’è sempre un qualcosa, un evento apparentemente
insignificante, un contrattempo che sposta il cammino delle nostre vite un
metro più in là, proprio dove saremo centrati in pieno da quell’aratro dello
Spirito Santo che smuoverà e dissoderà la nostra terra mentre riposa a maggese
da tempi ormai troppo lunghi.
La nostra storia inizia proprio da uno di quei contrattempi
che nella nostra Roma di oggi sono all’ordine del giorno: un treno che parte e
tu che rimani impotente a guardarlo mentre si allontana sui binari.
È andata cosi anche quel sabato 12 aprile del 1947, alla
stazione Roma – Lido di Ostia: alle 14,30 parte il trenino per la spiaggia e
Bruno, con Isola, Carlo e Gianfranco suoi giovanissimi figli, devono
necessariamente affrontare un cambio di programma, dato che il prossimo treno
ripartirà non meno di un’ora e mezza dopo, e l’agognato pomeriggio di
svago in spiaggia si sarebbe risolto invece in lunga attesa presso
quei binari.
Papà Bruno non si perde d’animo e, da buon tranviere,
inventa subito l’itinerario alternativo della giornata: tram destinazione San
Paolo Basilica, poi linea 223 direzione fuori porta.
Giunto sulla via Laurentina, località Tre Fontane,
il mezzo si ferma presso il monastero dei frati trappisti, da sempre
specialisti nella produzione di ottima cioccolata; per Carlo e Gianfranco
è l’argomento giusto per la discesa dal bus.
Dopo l’acquisto della cioccolata, il gruppo percorre un
viottolo che porta su una collinetta caratterizzata da un bel bosco di
eucalipti e una radura abbastanza ampia da permettere il gioco della
palla. È una zona che ha una cattiva fama quella, e le grotte che vi si aprono
di notte si trasformano in luoghi di appuntamenti e di convegni di varia
natura, tra l’altro spesso oggetto di cronaca nera.
Ma in quel meriggio tutto appare tranquillo e Bruno decide
di immergersi nella lettura della sua Bibbia con il quadernino per gli
appunti, mentre i suoi figli, Isola, Carlo e Gianfranco potranno giocare
a loro piacimento.
Tratteggiato sommariamente il quadro della nostra scena,
occorre, per poter procedere nel nostro racconto, specificare un paio di
particolari in merito al pomeriggio che aveva pianificato il nostro Bruno.
La Bibbia di Bruno non era una Bibbia come altre; la sua
aveva una particolarità; recava una scritta vergata di suo pugno: “Questa sarà
la morte della Chiesa cattolica, con il Papa in testa“.
Bruno era un tramviere dell’Atac, ma prima di questo
impiego si era cimentato in teatri più turbolenti, ed aveva affrontato missioni
ben più rischiose dello staccare biglietti all’ingresso delle vetture romane.
Egli nasce a Roma, nel 1913, sulla Cassia Vecchia, in una
stalla, in condizioni di enorme miseria e con un padre in prigione. Per
essere battezzato dovrà appunto attendere l’uscita dello stesso
dal carcere. Sarà lui, infatti, a portare il bambino alla chiesa di
Sant’Agnese per ricevere il sacramento.
Alla rituale domanda del sacerdote sul nome da mettere al
fanciullo, il padre, piuttosto ubriaco, risponde: ”Giordano Bruno, come quello
che avete ammazzato voi a Campo de’ Fiori!”.
Solo in seguito a una trattativa serrata ci si accorda su
Bruno, senza Giordano. Il bambino si chiamerà Bruno Cornacchiola.
Dopo una vita piuttosto difficile, passata in miseria in una
Roma che, a cavallo dei due conflitti, era preda a una povertà
diffusa, Bruno trova una sua dimensione di sopravvivenza nel servizio militare,
dove apprezza soprattutto la regolarità dei pasti e si cimenta con l’arte
bellica, eccellendo soprattutto nel tiro a segno.
Una disciplina che tornerà molto utile quando, nel 1936,
viene cooptato come volontario nell’Oms (operazione militare in Spagna)
dai compagni del partito d’azione. Le truppe italiane si
schierarono con Francisco Franco ed i suoi alleati, mentre Bruno riceve come
missione dal partito quella di sabotare le operazioni dei suoi compatrioti.
In Spagna, Bruno fa un incontro che determinerà il suo
percorso futuro: è qui che diventa amico di un soldato tedesco,
assiduo lettore della Bibbia. Fu questi a trasmettere a Bruno
il suo personale credo protestante, ferocemente avverso alla Chiesa
cattolica, e a indicargli il nemico da abbattere nel Papa di Roma. Ecco
spiegata la ragione della Bibbia personalizzata che aveva in mano Bruno in
quell’aprile del ’47.
Nel 1939, terminata la campagna di Spagna, Bruno rientra a
Roma e trova lavoro come uomo delle pulizie presso l’Atac, l’azienda dei
trasporti pubblici della capitale e, in seguito, vince il concorso per
bigliettaio per la stessa azienda.
In questo periodo si avvicina alla chiesa Battista e, in
seguito, agli Avventisti del settimo giorno. Il suo fervore religioso e il suo
zelo lo conducono in breve tempo a ricoprire la carica di
direttore della gioventù missionaria avventista di Roma e del Lazio.
E siamo finalmente giunti al 12 Aprile 1947 e al motivo per
cui Bruno scruta la sua Bibbia: deva preparare una relazione da tenere il
giorno seguente in piazza della Croce Rossa, nella quale è chiamato a esporre
le sue teorie sull’Eucaristia, sulla Chiesa romana cattolica e apostolica e
sulla figura di Maria Vergine Madre di Dio.
Ed ecco, inatteso, l’intervento divino. I bambini giocando
perdono la palla e, non riuscendo a ritrovarla, richiedono l’intervento del
padre. Bruno sospende le sue annotazioni, posa il taccuino per terra e
corre in aiuto dei figli. Il taccuino rimarrà lì, in terra, per sempre. Non ne
avrà mai più bisogno: quella relazione non si farà più.
Sono le 15.30 circa di quel sabato 12 aprile 1947, e la
Madre di Dio appare in una grotta sudicia e abbandonata. E catalizza
l’attenzione dei bambini prima e, dopo aver effuso un meraviglioso
profumo di fiori, si presenta in tutta la sua magnificenza a Bruno, colui che
aveva osteggiato fino a quel momento la loro devozione per Lei.
“Bella Signora… Bella Signora “ non fanno che ripetere i
bambini, e Lei, rivolgendosi a Bruno, comincia a parlare: “Sono la Vergine
della Rivelazione… Tu mi perseguiti, ora basta! Entra nell’ovile santo, corte
celeste in terra. Il giuramento di Dio è e rimane immutabile: i nove venerdì
del Sacro Cuore che tu facesti, amorevolmente spinto dalla tua fedele sposa,
prima di iniziare la via dell’errore, ti hanno salvato!”
La conversazione è lunga, dura circa un’ora, alcuni
argomenti riguardano la vita personale di Bruno, altri la Chiesa intera, con
particolare riferimento ai sacerdoti. Poi c’è un messaggio da riportare
personalmente a Pio XII: “Il mio corpo non poteva marcire e non marcì. Mio
figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso”. Parole
che anticipano il dogma dell’Assunzione in cielo in anima e corpo della
Madonna che lo stesso Pio XII proclamerà tre anni più tardi.
Commovente anche quanto rivela sull’efficacia della preghiera:
“Le Ave Maria che voi dite con fede e con amore sono tante frecce d’oro che
raggiungono il cuore di Gesù”. E fa una promessa preziosa, “Io convertirò i più
ostinati con prodigi che opererò in questa terra di peccato”.
Di prodigi, la Vergine della Rivelazione –
così si è soliti chiamare la Bella Signora delle Tre Fontane – ne ha compiuti
in grande numero nel tempo, partendo proprio da quella terra di peccato.
Basta visitare la galleria di ex voto adiacente
la grotta delle apparizioni per meravigliarsi di tutte quelle
storie di guarigioni, di intercessioni, di piccoli e grandi miracoli avvenuti
in questi settanta anni.
A partire dal primo, che ha visto protagonista Bruno
Cornacchiola il quale, da quel pomeriggio del 12 aprile 1947, è stato sempre
accompagnato dalla presenza costante della Vergine, la quale ha continuato
negli anni a indicargli la via, lo ha chiamato a dare testimonianza,
anticipandogli tutte le difficoltà che la Chiesa di Roma avrebbe dovuto
affrontare.
Silvio Negro, saggista e noto vaticanista del Corriere della
Sera, amante della città eterna, nel 1962 dava alle stampe un libro
meraviglioso con un titolo (Roma non basta una vita ed. Neri
Pozza), che spiega da solo quanto questa città sia indissolubilmente legata
all’infinita scoperta e ai miracoli che si ripetono nel corso della
storia. Piccoli e grandi miracoli, vissuti più o meno inconsapevolmente, da
romani e non, in angoli nascosti e periferie dimenticate.
Come quello della Bella Signora della Tre Fontane, che ha
chiamato a raccolta il suo popolo attraverso la salvezza dell’ultima pecorella
del suo gregge, quella smarrita ed a lungo cercata.
Prodigio che ci affascina anche per un altro motivo, dal
momento che unisce la storia del povero Bruno a quella del più noto Paolo,
l’apostolo dei gentili. Il primo zelante avversario della Chiesa di Roma,
il secondo altrettanto zelante persecutore dei cristiani, hanno fatto delle Tre
Fontane un luogo che rimanda al divino.
Il primo terminando qui la sua corsa, come scrive lui
stesso, e conseguendo la gloria del martirio. Il secondo iniziando da qui una
corsa del tutto diversa ma partecipe della stessa gloria. Una corsa iniziata
dall’improvvisa, inattesa apparizione della Bella Signora.
«La tua benignità non pur soccorre/ a chi domanda, ma molte
fïate/ liberamente al dimandar precorre», scrive Dante nella sua bellissima
preghiera alla Madonna. La storia di Bruno, in fondo, sta tutta nell’ultima,
stupenda, riga di questa preghiera
http://piccolenote.ilgiornale.it/32203/la-bella-signora-delle-tre-fontane
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PREGHIERA DI SUA SANTITÀ PIO XII ALLA VENERATA IMMAGINE DELLA «MADONNA DEL DIVINO AMORE»
14/5/2017
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Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo – Domenica, 13 novembre 1949
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Non tanto ad acclamare, diletti figli e figlie, quanto a pregare, sì, a pregare, vi trovate qui raccolti in un così intenso fervore di fede, che è già da sè solo insigne grazia impetratavi in quest’ora da Colei che è dispensiera di grazie.
A pregare ci troviamo qui uniti. E la nostra comune preghiera giunga al cuore della cara Madonna del Divino Amore, così ardente da commuoverla sui nostri mali e da ottenerci con la sua potentissima intercessione grazie di salvezza e di pace.
Tu sai, o Maria, i bisogni di questo popolo e di tutta la Chiesa. Gli errori delle menti: Tu li dissipi, maestra di verità, Sede della Sapienza. Gli errori del cuore: Tu li plachi, correggendo i costumi, ispirando l’aborrimento del vizio e della colpa, l’amore della virtù, la passione del bene.
Perchè la comunità sia felice, ottieni ad ognuno il santo timor di Dio, la fede viva nelle opere, la speranza dei beni che non passano, la carità che si eterna con Dio.
Ottieni alle famiglie la fedeltà, la concordia, la pace; infondi o conferma nei reggitori della cosa pubblica la piena consapevolezza della loro responsabilità, dei loro stretti obblighi nei riguardi della religione, della morale, del bene temporale di tutti.
E come sulle anime, così, o Maria, si spanda la tua misericordia su tutti i mali che affliggono questo popolo e la intiera famiglia cristiana. Pietà ti prenda dei poveri, dei carcerati, dei perseguitati per la giustizia, degli sventurati di ogni nome.
Salve, o Maria! Madre degli esuli erranti quaggiù; loro vita, loro dolcezza, loro speranza. Madre del divino Amore, conserva nei tuoi figli il fuoco di questo amore divino; ravvivalo nei cuori fervorosi, rianimalo nei cuori tiepidi, riaccendilo nei cuori degl’indifferenti che lo hanno lasciato spegnere; rigenera alla vita di questo amore le povere anime che l’hanno perduta per il peccato.
E su tutti, quanti qui ti supplicano, scenda, Madonna del Divino Amore, larga, consolatrice, la tua materna benedizione.
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fonte: Sito della Santa Sede
Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo – Domenica, 13 novembre 1949
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Non tanto ad acclamare, diletti figli e figlie, quanto a pregare, sì, a pregare, vi trovate qui raccolti in un così intenso fervore di fede, che è già da sè solo insigne grazia impetratavi in quest’ora da Colei che è dispensiera di grazie.
A pregare ci troviamo qui uniti. E la nostra comune preghiera giunga al cuore della cara Madonna del Divino Amore, così ardente da commuoverla sui nostri mali e da ottenerci con la sua potentissima intercessione grazie di salvezza e di pace.
Tu sai, o Maria, i bisogni di questo popolo e di tutta la Chiesa. Gli errori delle menti: Tu li dissipi, maestra di verità, Sede della Sapienza. Gli errori del cuore: Tu li plachi, correggendo i costumi, ispirando l’aborrimento del vizio e della colpa, l’amore della virtù, la passione del bene.
Perchè la comunità sia felice, ottieni ad ognuno il santo timor di Dio, la fede viva nelle opere, la speranza dei beni che non passano, la carità che si eterna con Dio.
Ottieni alle famiglie la fedeltà, la concordia, la pace; infondi o conferma nei reggitori della cosa pubblica la piena consapevolezza della loro responsabilità, dei loro stretti obblighi nei riguardi della religione, della morale, del bene temporale di tutti.
E come sulle anime, così, o Maria, si spanda la tua misericordia su tutti i mali che affliggono questo popolo e la intiera famiglia cristiana. Pietà ti prenda dei poveri, dei carcerati, dei perseguitati per la giustizia, degli sventurati di ogni nome.
Salve, o Maria! Madre degli esuli erranti quaggiù; loro vita, loro dolcezza, loro speranza. Madre del divino Amore, conserva nei tuoi figli il fuoco di questo amore divino; ravvivalo nei cuori fervorosi, rianimalo nei cuori tiepidi, riaccendilo nei cuori degl’indifferenti che lo hanno lasciato spegnere; rigenera alla vita di questo amore le povere anime che l’hanno perduta per il peccato.
E su tutti, quanti qui ti supplicano, scenda, Madonna del Divino Amore, larga, consolatrice, la tua materna benedizione.
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fonte: Sito della Santa Sede
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