ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 19 maggio 2017

Parlare con satana

...et venit locústa, et bruchus, * cuius non erat númerus 
(Psalmus 104, 34)



GrilloShock. "Esiliare Ratzinger per sempre". E vuole chiudere i conti con il Summorum Pontificum


Generalmente quando parliamo di certa gente non facciamo nomi, ma questa volta l'entità delle affermazioni urlate da Andrea Grillo in un'intervista è tale, che è obbligatorio citarlo. Il "teologo" di fama ha infatti rilasciato dichiarazioni sconcertanti riguardo Benedetto XVI, reo di aver semplicemente scritto una postfazione al prossimo libro del card. Sarah. 

Grillo auspica la "morte istituzionale" di Ratzinger

E' chiaro che l'intervista è stata rilasciata in modo concitato, perché il limite della decenza è ampiamente superato. Secondo Grillo l'uscita pubblica di Benedetto è uno sconfinamento inaccettabile, una scelta di campo ben precisa per disconoscere il successore Francesco. Opinione legittima? Forse, però condita con una selva di insulti vomitata contro il nostro novantenne preferito, che fanno presagire solo una grande isteria. "Come è evidente che la veste bianca e la loquacità, oltre alla residenza, debbono essere dettagliatamente normate. Il Vescovo emerito deve allontanarsi dal Vaticano e tacere per sempre." Inoltre "si dovranno prevedere, in futuro, norme che regolamentino in modo più netto e sicuro la “morte istituzionale” del predecessore e la piena autorità del successore, in caso di dimissioni". Dunque la libertà personale del Papa Emerito dovrà essere limitata in qualche modo? Lo mandiamo a Sant'Elena?
Ebbene, secondo Grillo Benedetto è ipocrita, poco umile, troppo loquace. E il cardinal Sarah sarebbe uno che ha "creato continui imbarazzi alla Chiesa" e a Papa Francesco. Quali imbarazzi? Difendere la liturgia è imbarazzante? Secondo Grillo si.

Chiudere i conti con la San Pio X e abolire il Summorum Pontificum

Grillo è un fiume in piena. Il palesarsi sulla scena di Ratzinger, teologo che accademicamente Grillo non vede neanche con il binocolo, lo ha fatto andare fuori dalla grazia divina. Purtroppo però non ha gli strumenti culturali per parlare di liturgia e si lascia andare ad un'inveterata che però spiega molte cose. "La fissazione sul “rito antico” è, precisamente, il segno preoccupante che accomuna il Vescovo emerito di Roma e il Prefetto della Congregazione del culto. E su questo papa Francesco ha preso posizione con giusta fermezza". Posto che Sarah recentemente ha parlato molto di più del rito di Paolo VI, ci chiediamo quale posizione avrebbe preso Francesco, perché a noi non risulta che ci siano state comunicazioni pubbliche o ai vescovi al riguardo.

Poi arriva l'affondo. L'intervistatore chiede a Grillo cosa ne pensi dell'accordo con la San Pio X. Ebbene, la risposta è molto semplice. I lefebvriani avranno una funzione molto importante, nell'economia grilliana. "Mi riferisco, in particolare, all’uso del “rito antico”, che con un accordo di comunione con i lefebvriani – subordinato a specifiche garanzie – sarebbe sottratto all’”uso straordinario” ed entrerebbe nelle caratteristiche rituali di un settore specifico della esperienza ecclesiale, che per questo risulterebbe accuratamente circoscritto e controllato". Rileggete bene.

Sarebbe sottratto all'uso straordinario.  Ciò vuol dire che, stando così le cose, il Summorum Pontificum verrebbe abolito e si rinchiuderebbe praticamente nel recinto della San Pio X, circoscritto e controllato accuratamente, il rito antico.

D'altronde si sa, il Motu Proprio Summorum Pontificum non è mai andato giù a questi signori, soprattutto perché hanno avuto la plastica rappresentazione del loro fallimento. Il movimento collegato alla Messa di San Pio V è ormai talmente numeroso e capillarmente diffuso, che ha fatto saltare tutte le elucubrazioni di chi lo avversa.

Alcune domande

Poniamo alcune domande, sperando che prima o poi qualcuno risponda.
1 - Grillo si presenta spesso come interprete di Bergoglio. Ebbene, è davvero l'interprete di Bergoglio? Ciò che pensa il teologo assieme alla sua compagnia di giro, è condiviso dal vertice?
2 - L'intento recondito dell'operazione "San Pio X" è questo? Nel caso, mons. Fellay ne è a conoscenza? In caso contrario, qualcuno potrebbe per favore smentire?

Chi vuole farsi due risate, legga pure l'intervista completa. 
di Francesco Filipazzi
http://www.campariedemaistre.com/2017/05/grilloshock-esiliare-ratzinger-per.html

Raniero La Valle, Ratzinger e l’evoluzione del dogma




Ecco come i rahneriani ti stravolgono l’insegnamento di Benedetto XVI
Dopo aver letto l’interessante Lectio del domenicano Padre Giovanni Cavalcoli che vi sollecitiamo a conoscere poiché spiega di cosa stiamo parlando, clicca qui, sulle strumentalizzazioni di La Valle – rahneriano puro – nel conferire ai Papi l’encomio (si fa per dire ovviamente) del titolo “modernista”, ci siamo resi conto che in un articolo di La Valle del 2016, vedi qui e dal sottotitolo eloquente “a sinistra da cristiani”, c’è un riferimento a Benedetto XVI allucinante e davvero diabolico per la strumentalizzazione fatta alle sue parole, che non possiamo ignorare.
Perdonate la lunga citazione, ma è fondamentale per capire come lavora il demonio. Scrive La Valle:
Del tutto errata la dottrina della riparazione – Questa sintesi trinitaria di Panikkar ci introduce allora alla terza rivoluzione della fede che oggi è in atto. Anch’essa possiamo coglierla a partire dal Concilio, l’abbiamo vista affermarsi tra i teologi e oggi ne vediamo la solenne proclamazione.
E’ la rivoluzione che riconosce come del tutto errata la dottrina che per secoli la Chiesa ha  presentato, e cioè che il Padre avesse avuto bisogno del sangue del Figlio per ripagarsi dell’offesa subita col peccato originale. Si tratta della dottrina di S. Anselmo, espressa nel suo famoso “Cur Deus homo?”, perché Dio si è fatto carne? E’ la dottrina sacrificale, della riparazione dovuta a Dio, della legittimazione dell’olocausto, dell’espiazione necessaria attraverso il sangue dell’innocente. Una dottrina incompatibile con la misericordia, anzi fautrice della massima ingiustizia, come è la punizione dell’innocente, eppure è stata una dottrina permanente insegnata nel catechismo fino al Concilio Vaticano II e ancora presente, sebbene in modo più sfumato, nel Catechismo della Chiesa cattolica del 1992.
Questa dottrina che è stata causa di abbandoni di massa della fede e della Chiesa, criticata dai teologi, è stata tranquillamente dichiarata in sé del tutto errata dal papa emerito Benedetto XVI in una recente intervista resa nella rettoria dei Gesuiti di Roma, raccolta da un gesuita e pubblicata dall’Osservatore Romano (La fede non è un’idea ma la vita, intervista al Papa emerito Benedetto XVI, O.R. 16 marzo 2016)
Che cosa dice il papa emerito Benedetto XVI? – “La contrapposizione tra il Padre, che insiste in modo assoluto sulla giustizia, e il Figlio che ubbidisce al Padre e ubbidendo accetta la crudele esigenza della giustizia, non è solo incomprensibile oggi, ma, a partire dalla teologia trinitaria, è in sé del tutto errata. Il Padre e il Figlio sono una cosa sola”.
Evoluzione del dogma – E papa Benedetto, che parla esplicitamente di “evoluzione del dogma”, spiega così l’agire di Dio: “Dio semplicemente non può lasciare com’è la massa del male che deriva dalla libertà che Lui stesso ha concesso. Solo lui, venendo a far parte della sofferenza del mondo, può redimere il mondo. “Fu la passione dell’amore. Ma il Padre stesso, il Dio dell’universo, non soffre anch’egli in un certo senso? Il Padre stesso percepisce una sofferenza d’amore (Omelie su Ezechiele 6,6). Il Padre sostiene la croce e il crocifisso, si china amorevolmente su di lui e d’altra parte per così dire è insieme sulla croce. Non si tratta di una giustizia crudele, non già del fanatismo del Padre.
“Non c’è dubbio che in questo punto – dice Ratzinger – siamo di fronte a una profonda evoluzione del dogma. Nella seconda metà del secolo scorso si è affermata la consapevolezza che Dio non può lasciare andare in perdizione tutti i non battezzati e che se è vero che i grandi missionari del XVI secolo erano ancora convinti che chi non è battezzato è per sempre perduto – e ciò spiega il loro impegno missionario – nella Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II tale convinzione è stata definitivamente abbandonata”.
E la folgorante conclusione di  papa Benedetto è questa: “Come Cristo è “essere per”, così cristiani non si è per se stessi, bensì, con Cristo, per gli altri”.

E fin qui la citazione di La Valle. Avete capito bene cosa fa dire La Valle a Benedetto XVI che invece non ha detto? Il testo integrale dell’intervista citata lo trovate qui e vi raccomandiamo di leggerla integralmente… per capire cosa ha detto realmente Ratzinger.
Secondo La Valle Benedetto XVI sarebbe d’accordo nell’evoluzione del dogma, ossia, nel modificarlo a partire dal fatto che il Sacrificio di Cristo non sarebbe affatto L’ESPIAZIONE E LA SODDISFAZIONE e la Giustizia che Dio richiede a causa del nostro peccato. Attenzione, non stiamo parlando di una evoluzione insignificante, qui si arriva a toccare LA SANTISSIMA TRINITA’! La Valle estrapola alcune frasi dalla risposta di Benedetto XVI e gli fa dire che il dogma della Chiesa giunto fino a noi oggi è la causa delle divisioni nella Chiesa…. capite bene a quale livello di perversione siamo arrivati!
La Valle innanzi tutto mischia due domande ben distinte che vengono rivolte a Benedetto XVI per le quali offre due risposte che non sono “la risposta” ma, come ama fare Ratzinger, sono risposte separate e ben distinte, che offrono spunti di discussione e riflessione lasciando all’interlocutore di raggiungere la doverosa risposta attraverso l’insegnamento della Chiesa.
La prima domanda riguarda perciò un certo LINGUAGGIO usato a suo tempo da sant’Anselmo e che oggi sembrerebbe non essere più comprensibile dall’uomo moderno; la seconda riguarda lo stile e la base degli Esercizi spirituali di Loyola, e dunque la curiosità di capire se non vi sia in atto una “evoluzione del dogma”…. La Valle invece unisce le due risposte facendo dire a Benedetto XVI ciò che non ha affatto detto.
Come risponde Benedetto XVI? Nella prima domanda sul metodo di sant’Anselmo Benedetto XVI offre tre spunti di riflessioni (a, b, c,) ma che non sono affatto “l’evoluzione del dogma” come gli attribuisce La Valle, quanto piuttosto la comprensione specifica di un Dio che non manda il Figlio esclusivamente per riparare il Peccato dell’uomo, MA PER AMOREL’Amore di Dio per l’Uomo caduto in disgrazia (Peccato originale al quale La Valle non crede) è il movente che mancherebbe NELL’INTERPRETAZIONE a sant’Anselmo, è questo che fa emergere Benedetto XVI nel punto a) della risposta. Ratzinger sottolinea l’erronea INTERPRETAZIONE ESCLUSIVISTA  di un Figlio che risponderebbe così al Padre SOLO per una esclusiva CRUDELTA’ della soddisfazione della giustizia…. Benedetto XVI rileva che l’interpretazione all’insegnamento di sant’Anselmo potrebbe condurre l’uomo di oggi  a vedere in Dio NON IL PADRE MISERICORDIOSO ma esclusivamente un Dio “crudele” che imporrebbe così al Figlio una certa crudeltà nell’obbedienza della Croce….
Nel punto b) Ratzinger si domanda: “Ma allora perché mai la croce e l’espiazione?” La Valle usa la domanda per far dire a Benedetto XVI che bisogna evolvere il dogma del Sacrificio e della stessa Trinità, ma non è così, Benedetto XVI dopo la domanda, specifica che quel pensiero NON E’ SUOma di teologi modernisti, infatti afferma: “In qualche modo oggi, nei contorcimenti del pensiero moderno di cui abbiamo parlato sopra…“, e spiega come la compresero i Cristiani, e quindi la Chiesa, nei primi secoli.
Nel punto c) Benedetto XVI riprende un passaggio da Origine, offrendo ulteriore spunto alla comprensione del Sacrificio offerto dal Figlio al Padre. Punto. Non c’è alcuna evoluzione del dogma, ma tre riflessioni per comprendere meglio il Sacrificio del Padre nel Figlio e con lo Spirito Santo. Ed anzi, in chiusura di questi aspetti Ratzinger dice: “In alcune zone della Germania ci fu una devozione molto commovente che contemplava die Not Gottes (“l’indigenza di Dio”). Per conto mio ciò mi fa passare davanti agli occhi un’impressionante immagine che rappresenta il Padre sofferente, che come Padre condivide interiormente le sofferenze del Figlio…(…) il Padre sostiene la croce e il crocifisso, si china amorevolmente su di lui e d’altra parte per così dire è insieme sulla croce. Così in modo grandioso e puro si percepisce lì cosa significano la misericordia di Dio e la partecipazione di Dio alla sofferenza dell’uomo. Non si tratta di una giustizia crudele, non già del fanatismo del Padre, bensì della verità e della realtà della creazione: del vero intimo superamento del male che in ultima analisi può realizzarsi solo nella sofferenza dell’amore. ” Dove sta, qui, l’evoluzione del dogma?
Per capire poi la risposta di Benedetto XVI su sant’Anselmo, è fondamentale andarsi a rileggere la Catechesi che egli tenne il 23 settembre 2009, nella quale afferma:
” … questo grande Santo dell’epoca medievale, fondatore della teologia scolastica, al quale la tradizione cristiana ha dato il titolo di “Dottore Magnifico” perché coltivò un intenso desiderio di approfondire i Misteri divini, nella piena consapevolezza, però, che il cammino di ricerca di Dio non è mai concluso, almeno su questa terra. La chiarezza e il rigore logico del suo pensiero hanno avuto sempre come fine di “innalzare la mente alla contemplazione di Dio” (Ivi, Proemium). Egli afferma chiaramente che chi intende fare teologia non può contare solo sulla sua intelligenza, ma deve coltivare al tempo stesso una profonda esperienza di fede. L’attività del teologo, secondo sant’Anselmo, si sviluppa così in tre stadi: la fede, dono gratuito di Dio da accogliere con umiltà; l’esperienza, che consiste nell’incarnare la parola di Dio nella propria esistenza quotidiana; e quindi la vera conoscenza, che non è mai frutto di asettici ragionamenti, bensì di un’intuizione contemplativa. Restano, in proposito, quanto mai utili anche oggi, per una sana ricerca teologica e per chiunque voglia approfondire le verità della fede, le sue celebri parole: “Non tento, Signore, di penetrare la tua profondità, perché non posso neppure da lontano mettere a confronto con essa il mio intelletto; ma desidero intendere, almeno fino ad un certo punto, la tua verità, che il mio cuore crede e ama. Non cerco infatti di capire per credere, ma credo per capire”..” (Benedetto XVI)
Da questa Catechesi si capisce come vanno lette le parole di Benedetto XVI riportate malamente e perversamente, invece, da La Valle.
E veniamo allora alla parte in cui Benedetto XVI parla di “evoluzione del dogma” e in quale contesto lo ha espresso, e capiremo che non è come dice La Valle. Benedetto XVI parte da una domanda sugli Esercizi spirituali di Loyola e sulla differente applicazione-evoluzione tra il Santo Fondatore e il Santo delle Missioni, il gesuita Francesco Saverio. Va subito spiegato che questi Esercizi spirituali di Loyola hanno perduto da anni il loro fondamento originale, qui in questo studio sul gesuitismo vi abbiamo portato le prove. Inoltre bisogna fare attenzione alla domanda che chiede quanto segue: “Si può dire che su questo punto, negli ultimi decenni, c’è stato una sorta di «sviluppo del dogma» di cui il Catechismo deve assolutamente tenere conto?”
«sviluppo del dogma»…. è questo che intende dire Benedetto XVI quando usa, vuoi anche impropriamente, il termine “evoluzione”, infatti la risposta è: “Non c’è dubbio che in questo punto siamo di fronte a una profonda evoluzione del dogma…” NON è l’evoluzione che intende La Valle e tutto il rahnerismo appresso, ma è inteso per come la domanda si è espressa “SVILUPPO del dogma” che non ha affatto una negatività se è ben spiegato il senso. Sviluppare qualcosa non significa, come intende La Valle MODIFICARE, ma andare avanti, comprendere meglio, aumentarne il senso…. attribuendo, per altro, questo SVILUPPO a partire da Loyola, dal Concilio di Trento e da san Francesco Saverio!! Benedetto XVI, piuttosto, col suo metodo mite che NON condanna nessuno, fa emergere dove si annidano i problemi e spiega in questo passaggio, quanto La Valle omette:
“Nella seconda metà del secolo scorso si è completamente affermata la consapevolezza che Dio non può lasciare andare in perdizione tutti i non battezzati e che anche una felicità puramente naturale per essi non rappresenta una reale risposta alla questione dell’esistenza umana. Se è vero che i grandi missionari del XVI secolo erano ancora convinti che chi non è battezzato è per sempre perduto — e ciò spiega il loro impegno missionario — nella Chiesa cattolica dopo il concilio Vaticano II tale convinzione è stata definitivamente abbandonata. Da ciò derivò una doppia profonda crisi. Per un verso ciò sembra togliere ogni motivazione a un futuro impegno missionario. Perché mai si dovrebbe cercare di convincere delle persone ad accettare la fede cristiana quando possono salvarsi anche senza di essa? Ma pure per i cristiani emerse una questione: diventò incerta e problematica l’obbligatorietà della fede e della sua forma di vita. Se c’è chi si può salvare anche in altre maniere non è più evidente, alla fin fine, perché il cristiano stesso sia legato alle esigenze dalla fede cristiana e alla sua morale. Ma se fede e salvezza non sono più interdipendenti, anche la fede diventa immotivata….”
Si evince chiaramente che qui Ratzinger pone come riflessione UNA CRITICA a quell’aver abbandonato la vera motivazione che spingeva i cristiani a diventare missionari, fino a dare la propria vita…. perché farsi cristiano, cattolico, se tanto mi salverei lo stesso? Altro che “evoluzione” come la pretende La Valle.
Perdonate ora un altra lunga citazione ma è fondamentale per capire la perversione di Raniero La Valle. Questa è la VERA RISPOSTA DI BENEDETTO XVI CHE DENUNCIA RAHNER – il maestro che La Valle difende – QUALE IDEATORE DI IDEE CONTROVERSE E PER NULLA CATTOLICHE, leggiamolo:
Negli ultimi tempi sono stati formulati diversi tentativi allo scopo di conciliare la necessità universale della fede cristiana con la possibilità di salvarsi senza di essa. Ne ricordo qui due: innanzitutto la ben nota tesi dei cristiani anonimi di Karl Rahner. In essa si sostiene che l’atto-base essenziale dell’esistenza cristiana, che risulta decisivo in ordine alla salvezza, nella struttura trascendentale della nostra coscienza consiste nell’apertura al tutt’altro, verso l’unità con Dio. La fede cristiana avrebbe fatto emergere alla coscienza ciò che è strutturale nell’uomo in quanto tale. Perciò quando l’uomo si accetta nel suo essere essenziale, egli adempie l’essenziale dell’essere cristiano pur senza conoscerlo in modo concettuale. Il cristiano coincide dunque con l’umano e in questo senso è cristiano ogni uomo che accetta se stesso anche se egli non lo sa. È vero che questa teoria è affascinante, ma riduce il cristianesimo stesso a una pura conscia presentazione di ciò che l’essere umano è in sé e quindi trascura il dramma del cambiamento e del rinnovamento che è centrale nel cristianesimo….”
Ecco la vera risposta di Benedetto XVI, altro che “l’evoluzione del dogma trinitario”, bugiardo e mistificatore!! E se non bastasse, Ratzinger aggiunge ancora:
Ancor meno accettabile è la soluzione proposta dalle teorie pluralistiche della religione, per le quali tutte le religioni, ognuna a suo modo, sarebbero vie di salvezza e in questo senso nei loro effetti devono essere considerate equivalenti. La critica della religione del tipo di quella esercitata dall’Antico Testamento, dal Nuovo Testamento e dalla Chiesa primitiva è essenzialmente più realistica, più concreta e più vera nella sua disamina delle varie religioni. Una ricezione così semplicistica non è proporzionata alla grandezza della questione… (…) Quello di cui la persona umana ha bisogno in ordine alla salvezza è l’intima apertura nei confronti di Dio, l’intima aspettativa e adesione a Lui, e ciò viceversa significa che noi assieme al Signore che abbiamo incontrato andiamo verso gli altri e cerchiamo di render loro visibile l’avvento di Dio in Cristo. È possibile spiegare questo “essere per” anche in modo un po’ più astratto. È importante per l’umanità che in essa ci sia verità, che questa sia creduta e praticata. Che si soffra per essa. Che si ami. Queste realtà penetrano con la loro luce all’interno del mondo in quanto tale e lo sostengono. Io penso che nella presente situazione diventi per noi sempre più chiaro e comprensibile quello che il Signore dice ad Abramo, che cioè dieci giusti sarebbero stati sufficienti a far sopravvivere una città, ma che essa distrugge se stessa se tale piccolo numero non viene raggiunto. È chiaro che dobbiamo ulteriormente riflettere sull’intera questione.
Lo ripetiamo: dove sta “l’evoluzione del dogma” descritto dal rahneriano La Valle?
Infine l’ultima domanda che sintetizziamo: Il sacramento della confessione è, e in quale senso, uno dei luoghi nei quali può avvenire una «riparazione» del male commesso?
Risponde saggiamente Benedetto XVI: “Ho già cercato di esporre nel loro complesso i punti fondamentali relativi a questo problema rispondendo alla terza domanda. Il contrappeso al dominio del male può consistere in primo luogo solo nell’amore divino-umano di Gesù Cristo che è sempre più grande di ogni possibile potenza del male. Ma è necessario che noi ci inseriamo in questa risposta che Dio ci dà mediante Gesù Cristo. Anche se il singolo è responsabile per un frammento di male, e quindi è complice del suo potere, insieme a Cristo egli può tuttavia «completare ciò che ancora manca alle sue sofferenze» (cfr. Colossesi 1, 24).
Il sacramento della penitenza ha di certo in questo campo un ruolo importante. Esso significa che noi ci lasciamo sempre plasmare e trasformare da Cristo e che passiamo continuamente dalla parte di chi distrugge a quella che salva…”
Lo ripetiamo: dove sta “l’evoluzione del dogma” descritto dal rahneriano La Valle, attribuito diabolicamente a Benedetto XVI? Ecco come si strumentalizza la Verità. Noi abbiamo cercato succintamente di darvi un aiuto alla comprensione dei fatti, a voi fare lo stesso discernimento e fuggire dalle perverse dottrine! E non è da sottovalutare l’ultimo recente intervento di Benedetto XVI attraverso un breve testo al libro del cardinale Sarah, Prefetto per il Culto divino, attraverso il quale egli nel difendere la sacralità liturgica della Messa contro arbitrari tentativi di sovvertirla, ribadisce così la dottrina SUL SACRIFICIO DI CRISTO, cliccare qui per il testo integrale.
ricordiamo che da questo link, potrete accedere a tutti gli scritti di Ratzinger-Benedetto XVI, che stiamo pian piano pubblicando, anche con molti inediti.
Laudetur Jesus Christus

5 commenti:

  1. "Nel recinto della San Pio X"? Il cretino non si accorge che sta praticamente invocando uno scisma. O forse è quello che auspica... i "tradizionalisti" per conto loro, tanto (pensa lui) son 4 gatti.

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  2. «... Come è nata allora questa fama di un Ratzinger restauratore della Chiesa? Probabilmente dal fatto che egli ha mosso più volte critiche precise e circostanziate a certe degenerazioni e si è sempre dissociato dagli elementi più estremisti (vedi sì sì no no n. 17 1994, pp. 1-4), ma ciò nulla toglie all'impianto modernistico della sua visione teologica: «Ratzinger è sempre così: agli eccessi, dai quali prende (spesso con battute felicemente caustiche) le distanze, non oppone mai la verità cattolica, ma un errore apparentemente più moderato e che tuttavia nella logica dell'errore porta alle stesse rovinose conclusioni» (sì sì no no n. 6 1993, cit., p. 6).

    Ci fu chi paragonò felicemente il Vaticano II agli Stati Generali della Rivoluzione francese. Per restare nel paragone, ci piace definire il cardinale Ratzinger un girondino. I Girondini erano certo più moderati politicamente dei Giacobini e della loro ala sinistra (i cosiddetti «Enragés», gli «Arrabbiati», paragonabili oggi ai vari Küng, Drewermann [Rahner, N.d.R.] etc.), ma non erano meno rivoluzionari: volevano realizzare gli stessi obiettivi, in modo più graduale, più pragmatico. Identica era la visione del mondo: l'esaltazione della ragione umana posta al centro dell'universo, della democrazia, dell'individualismo borghese; identico l'odio per il Cristianesimo, il desiderio di impadronirsi dei beni della Chiesa, etc. ...» (da: Sì sì no no anno XXIV n° 15 e 16, 15 e 30 settembre 1998)

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  3. Il grillo Sparlante!

    certi Scommentatori Steologici, se non ti suscitassero indignazione, ti farebbero buttar via dalle risate...

    La pulce che strilla al gigante.
    Troppo buffo!

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  4. Ratzinger è modernista quanto Rahner (e quanto Bergoglio), solo più moderato: è però, in quanto moderato, meno riconoscibile, e quindi molto, molto più pericoloso.

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  5. «La gravità del modernismo consiste nel fatto che esso cerca di trasformare la Chiesa dal di dentro e, segretamente, pian piano di trasformare la nozione stessa di religione, di Fede, di dogma e di verità oggettiva mediante l’immanentismo o soggettivismo, che è l’anima della filosofia moderna (la quale va da Cartesio +1650 sino a Hegel +1831). P. Fabro fa notare che a tal fine i modernisti raramente hanno voluto esprimere chiaramente e in maniera sistematica i loro princìpi, per poter passare inosservati e non essere condannati. Essi preferiscono il metodo storicistico a quello teoretico, ma il primo è pur sempre infarcito di soggettivismo, relativismo (ivi, col. 1191), onde tra Rahner (teoretico [Cfr. sì sì no no, 30 novembre 2009, pp. 1 ss.]) e Ratzinger (storicista [Cfr. sì sì no no, 15 maggio 2010, pp. 1-2.]) il più intrinsecamente modernista è il secondo, anche se apparentemente più conservatore (“L’estremismo è la malattia infantile del modernismo”, parafrasando Lenin). Frutto di tale
    soggettivizzazione della Fede è la trasformazione della religione cristiana e la sua “transustanziazione” in una vaga religiosità immanentistica, antropocentrica (v. sì sì no no, 15 febbraio 2010) e antropolatrica, che riduce ogni realtà ad istinto soggettivo, come la pseudo-riforma luterana. P. Fabro giustamente paragona il modernismo allo gnosticismo del II secolo (ivi, col. 1192), poiché entrambi hanno cercato di rinchiudere tutta la realtà e la verità (che è “conformità dell’intelletto al reale”) in un principio unico: la conoscenza o ‘gnosis’ [Cfr. E. Peterson, voce “Gnosi” in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, vol. VI, 1951, coll. 876 ss. Il card. Pietro Parente definisce lo gnosticismo come “un’alta scienza riservata ai dotti, che offre una spiegazione filosofica della fede comune. […] La gnosi ‘cristiana’ può definirsi un filosofismo teosofico, che tende ad assorbire la Rivelazione divina per farne una filosofia religiosa […]. Lo gnosticismo fu uno dei pericoli più gravi per il cristianesimo nascente: l’altro fu il giudaismo” (Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, 4a ed., 1957, p. 184). Nei tempi moderni lo gnosticismo si è servito del modernismo per attuare il suo antico piano: assorbire la Rivelazione nella filosofia e rendere la religione rivelata una teosofia naturalistica teurgica e mistagogica (v. sì sì no no, luglio 2009, pp.1 ss.).] soggettiva e misterica della verità naturale e soprannaturale (v. sì sì no no, 30 settembre 2009, pp. 5-7), donde la relatività di tutte le formule dogmatiche e l’unità trascendente di tutte le religioni (v. sì sì no no, 15 novembre 2009, pp. 6 ss.).»

    (Da: Sì sì no no, anno XXXVII n. 1, 15 gennaio 2011 pag. 1-6.)

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