ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 20 maggio 2017

Una babelica confusione

IL MALE MODERNISTA

    Il male partiva da lontano e non l’abbiamo visto. I tanti preti infedeli e narcisisti che non hanno il fegato di dire che il cristianesimo è solo una creazione umana e che essi non credono in alcun Dio trascendente 
di Francesco Lamendola  





La ventata di modernismo che si è abbattuta sulla Chiesa cattolica in questi ultimi anni, specialmente sotto il pontificato di Francesco, e che ha di fatto sostituito una neochiesa gnostica e massonica, anzi, una vera e propria contro-chiesa, alla Sposa di Cristo, veniva da lontano e non abbiamo saputo vederlo per tempo, né comprendere quanto fosse grande e imminente il pericolo che esso rappresentava, per la fede cattolica e per le anime.
Di fatto, sin dagli anni Novanta del secolo scorso, sotto il pontificato di Giovanni Paoli II, e poi, al principio di questo secolo, durante il pontificato di Benedetto XVI, la ventata modernista ha bussato con la forza di un vento d’uragano alle porte della Chiesa e delle nostre coscienze, mostrandosi con il suo vero volto: non c’era bisogno di riconoscerlo, esso non si nascondeva, né si travestiva, ma sfidava ormai apertamente la vera dottrina per adulterarla e per sostituirla con la sapienza del mondo, sempre rincorrendo le mode, la popolarità, l’applauso facile, gli umori del secolo, e carezzando le debolezze umane. Puntando le artiglierie contro un “nemico” sin troppo facile, cioè una Chiesa e una gerarchia arroccate a difesa, chiuse nel loro orticello e insensibili al “grido” degli ultimi, e specialmente dei “poveri” (una parola passe-partout coniata in omaggio alla demagogia pura e semplice, quasi che il povero abbia sempre ragione, anche in questioni di dottrina e di fede), i modernisti, agendo dall’interno del clero cattolico, hanno mirato a trovare un compromesso e una conciliazione fra il Vangelo e i due aspetti salienti della civiltà moderna: lo scientismo e l’edonismo. 
In omaggio allo scientismo, se la sono presa con il “miracolo”, con un furore pari solo a quello di Voltaire e dei philosophes del XVIII secolo: bersaglio fittizio, poiché, attraverso il miracolo, essi miravano a colpire un obiettivo molto più “sostanzioso”, cioè il soprannaturale in quanto tale. Non osavano farlo, o lo facevamo solo in rari casi: non arrivavano fino al punto di negare la divinità di Cristo, ma lo insinuavano; non mettevano in dubbio la vita eterna, la facevamo precedere da un punto di domanda; non rifiutavano i concetti di giudizio e di peccato, ma, di fatto, li sgretolavano, li sminuivano, li minimizzavano, puntavano a farli evaporare. In omaggio alla ragione scientifica, bisognava togliere lo “scandalo” del soprannaturale, e quindi anche del miracolo: inutile dire che la resurrezione di Cristo, la sua stessa Incarnazione, per non parlare della concezione verginale di Maria, erano, per essi, altrettante pietre d’inciampo, che bisognava rimuovere dal cammino di un “cristianesimo adulto”, com’essi amavano definirlo, sottintendendo che il cristianesimo, fino a quel momento, si era accontentato di favole per bambini: insomma volevano un “cristianesimo” che potesse piacere alla mentalità scientista, secondo la quale non vi è altra verità all’infuori di ciò che la scienza può esaminare, soppesare, studiare, quantificare, approvare o dichiarare falso.
Sul fronte dell’edonismo, i modernisti si sono industriati di smantellare, uno dopo l’atro, i precetti morali della dottrina cattolica, adoperando la stessa tecnica usata per il loro programma scientista: minimizzare, banalizzare, smitizzare, ridicolizzare la dottrina tradizionale. Il celibato ecclesiastico, così, diveniva qualcosa di “inumano”; l’esclusione delle donne dal sacerdozio, una forma di bieco “maschilismo”; la condanna della sodomia, un residuo di pregiudizi medievali e un affronto alla libera esplicazione di ciò che le persone hanno di più intimo e naturale: l’istinto sessuale. Anche su questo terreno, si trattava di togliere dal cammino della neochiesa, da essi immaginata, tutto ciò che poteva costituire un problema agli occhi del mondo: si trattava di portare l’etica cattolica allo stesso livello dell’etica, o della mancanza di etica, del mondo profano, consumista, materialista, edonista, affinché nessuno si sentisse escluso dal Vangelo, nessuno fosse respinto, ma tutti potessero entrarvi. Un prete omosessuale, anzi, un santo omosessuale: perché no? Una suora lesbica, che continua a fare la suora, a vestire l’abito religioso: perché no? Se il comandamento più importante è l’amore, e se bisogna amare se stessi, nella stessa misura del prossimo, perché sacrificare i propri istinti, perché reprimere le proprie tendenze? Inutile dire che tutto ciò non ha più nulla a che fare col cattolicesimo, né con la Rivelazione: tutto ciò è umano, troppo umano. È una legittimazione della natura, una naturalismo radicale, senza minimamente tener conto che la natura, per il cristiano, non è quella che era in origine, prima del Peccato, cioè buona in se stessa, ma una natura decaduta, ferita, aberrante, e che sarebbe folle, pertanto, assecondarla in tutte le sue manifestazioni, e pretendere, nel contempo, di dirsi ancora cristiani, anzi, pretendere addirittura di essere chiesa, di essere la “vera” chiesa, autentica perché lontana dal fasti della Gerarchia e dall’’autoritarismo” di un Magistero che si regge ancora – così dicevano i preti modernisti e i loro amici teologi della medesima tendenza – sull’anacronismo della santa Inquisizione, sia pure con un altro nome e una diversa maniera di presentarsi, rispetto all’antica.
Questi concetti, oggi, ci suonano sin troppo familiari, perché sono, in buona sostanza, gli stessi che va predicando e martellando incessantemente, da quattro anni, papa Francesco, sin dal momento della sua elezione: costruire una chiesa senza porte e senza muri, dove chiunque si senta a casa sua, dove chiunque si senta accolto e abbracciato, con una babelica confusione fra il concetto cristiano dell’accoglienza e della umana comprensione ed il concetto, niente affatto cristiano, anzi, addirittura diabolico, della falsificazione sistematica e deliberata della Verità e della sua riduzione al livello di opinione, avvalorando l’idea che tutte le verità sono bene accette, che tutte hanno una loro dignità, che in tutte vi è un riflesso del divino, e, dunque, introducendo, di fatto, una dottrina relativista, gnostica e scettica, basata su opinioni umane, per quanto legittime e rispettabili, al posto della vera e sana dottrina cattolica, che si fonda sulla roccia incrollabile e perenne della divina Rivelazione. E a nulla vale far notare che una casa senza porte non è più una casa, e che una Chiesa senza “muri” è un bazar, nel quale non si custodisce la Verità, così come Gesù Cristo l’ha affidata ai suoi apostoli mediante la Rivelazione, per illuminare le anime di tutti gli uomini, ma un luogo di scambio e di commercio dove ciascuno può vendere e comprare la sua merce come al supermercato, all’ombra di un relativismo e di un soggettivismo radicali, per cui non esiste la minima preoccupazione riguardo alla Verità, ma solo e unicamente, e in maniera sempre più sfrontatamente demagogica, l’accoglienza di tutti, il “rispetto” di tutti, confondendo, di nuovo, il rispetto dovuto alle persone, in quanto persone, cioè in quanto riflessi del Dio vivente, con il rispetto dovuto, o non dovuto, alle dottrine, alle morali, agli stili di vita. Quale enorme confusione, e, soprattutto, quale confusione voluta e intenzionale! Sarebbe come se Gesù, nel faccia a faccia con la donna adultera, le avesse detto: Se così ti sembra giusto, se la tua coscienza ti dice che va bene, va’ pure e continua a fare quel che stai facendo: a tradire tuo marito. Chi sono io per giudicarti? È impossibile, a nostro parere, non vedere che una siffatta impostazione equivale a una bestemmia, a una falsificazione deliberata del Vangelo; eppure è esattamente quel che si sta facendo; e i “precursori” son venuti allo scoperto fin da dieci, venti o trenta anni or sono.
Qualche nome? Ma certo.
Ecco, ad esempio, Paul Collins, missionario del Sacro Cuore, australiano, che, nel suo libro Papal Power, del 1997, negava la Rivelazione, l’identificazione della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica, l’infallibilità papale, e sosteneva che anche i fedeli devono approvare la dottrina, perché essa sia valida; e di un secondo libro, From Inquisition to Freedom, nel 2001, nel quale, fra le altre cose, dava voce, intervistandoli, a sei noti contestatori della Chiesa cattolica, come Hans Küng e Robert Nugent, quest’ultimo campione della “apertura” a gay e lesbiche. Nel 2001 ha rinunciato di sua iniziativa a indossare l’abito religioso, senza aspettare i provvedimenti che la Congregazione per la Dottrina della Fede stava maturando nei suoi confronti: così ha potuto inscriversi egli stesso nella nutrita schiera dei “perseguitati”, degli “incompresi”, degli “annunciatori del nuovo” che una Chiesa retriva e obsoleta non ha voluto ascoltare. Ora se ne va in giro a far conferenze e dibattiti televisivi, e ha avuto la soddisfazione di vedere che quasi tute le sue idee sono state accolte dalla neochiesa bergogliana, o stanno per esserlo. Senza dubbio si sente un pioniere ed è fiero di aver precorso i tempi, soffrendo un’ingiusta condanna per amore di “Cristo” e della “verità”. E come lui, gli altri. Questo è il momento della grande rivincita per tutti i modernisti: ciascuno di essi può gonfiare il petto e dire: io l’avevo detto, ma era troppo presto!
Poi c’è don Franco Barbero, che si è conquistato una pagina di Wikipedia per aver tenuto testa a Giovanni Paolo II, dal quale è stato ridotto? allo stato laicale nel 2003, dopo di che si è sposato, coerentemente con le sue idee contro il celibato ecclesiastico. È stato anche un antesignano della liberalizzazione nei confronti del peccato di sodomia, e un contestatore di alcuni punti essenziali della dottrina cattolica: la verità dei dogmi cristiani; la funzione del sacerdote quale alter Christus nel sacramento della Confessione; la fede nei miracoli, considerata come una forma di idolatria e di superstizione; la critica al papato e agli atteggiamenti da primadonna del pontefice. Chissà se è ancora della stessa opinione, adesso che fare la primadonna è un papa come Francesco, che sembra aver accolto una buona parte delle idee moderniste; ne dubitiamo. Questi preti di sinistra sono fatti con lo stampino: abbaiavano contro l’autoritarismo di papi “conservatori”, come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma l’autoritarismo, assai più pronunciato, di papa Francesco, a loro va benissimo, perché serve ad imporre il “nuovo corso”: quel nuovo corso nel quale hanno creduto e per il quale si sono spesi con tutte le loro forze e con tutta la loro protervia. Perciò sono passati dal latrare e dall’abbaiare continuo, al cinguettare festoso di chi vede finalmente trionfare la buona causa, e si sente ricompensato di tutti i sacrifici fatti e le incomprensioni subite.
Uno che sicuramente si è sentito risarcito e trionfante è stato padre Bernard Kroll, che è stato anch’egli ridotto allo stato laicale perché, scrive Claudio Rendina, che ne gongola, essendo pieno di astio velenoso contro il Vaticano e la Chiesa, durante un primo Kirchentag ecumenico della storia, celebra la messa insieme a pastori protestanti e comunica alcuni luterani (cfr. C. Rendina,  La santa casta della Chiesa, Newton Compton, 2009, p.  205). Ma dopo che il papa Francesco, a Lund, in Svezia, ha fatto la stessa cosa, il 31 ottobre 2016, con un falso viaggio apostolico che si è risolto in una solenne celebrazione dello scisma luterano, si può star certi che costui è diventato un profeta dello Spirito Santo e che verrà riabilitato, e, se possibile, reintegrato, con tante scuse per i maltrattamenti patiti e con gli omaggi della casa.
Poi c’è don Aitor Urresti, della diocesi di Deusta-S.Ignacio di Bilbao, rimosso e destituito nel 2004 per le sue simpatie verso il movimento Noi siamo Chiesa, aperto all’omosessualità. Lo stesso anno era accaduta la stessa cosa al parroco di Rignano Garganico, don Fabrizio Longhi, il quale aveva avuto la bella pensata di far dire l’omelia di Natale a un giovane omosessuale dichiarato di Salerno, Pasquale Quaranta. Naturalmente La Repubblica si butta a pesce sull’ingiusto trattamento riservato dalla Chiesa questo “prete scomodo”, trasformandolo in un martire; e riferisce che i parrocchiani volevano quasi far le barricate perché non se ne andasse. Infatti, come è noto, nella Chiesa cattolica i parroci vengono eletti o licenziati dalla comunità parrocchiale e non per decisone dei loro vescovi. L’elenco sarebbe lungo e potrebbe continuare per un pezzo. Ma quasi tutti costoro hanno avuto la loro rivincita, se non altro morale. Ora che “l’autorevole” gesuita James Martin pubblica libri in favore del riconoscimento dell’omosessualità da parte della Chiesa, e prospetta la beatificazione di santi gay, tutti i don Fabrizio che ieri si agitavano invano, hanno il loro momento di gloria, magari postuma: le loro qualità profetiche vengono riconosciute.
La cosa triste è che tutti questi preti infedeli, disobbedienti, presuntuosi, narcisisti, non hanno avuto il fegato di dire sino in fondo il loro pensiero: che il cristianesimo è solo una creazione umana e che essi non credono in alcun Dio trascendente, ma solo in una generica etica della “bontà”, insegnata da un uomo come tutti gli altri, vissuto in Palestina duemila anni fa. E anche quei pochi che l’hanno avuto, come Franco Barbero, per il quale Cristo è stato solo un maestro di saggezza, non hanno osato trarne le logiche conseguenze: che il cristianesimo è stato un’impostura durata due millenni, e che la Chiesa ne è stata l’autrice; che non bisogna attendersi alcuna vita dopo la morte, e che ogni preghiera rivolta al Cielo è del tutto sprecata, una forma di alienazione. No, questo fegato non l’hanno avuto: sono stati incoerenti, oltre che distruttivi: non hanno osato andare sino in fondo. Proprio come la neochiesa modernista di Bergoglio, che si trattiene sul limite estremo dell’eresia, si finge ancora in continuità con la vera Chiesa, dice di voler “solo” applicar integralmente il Vaticano II, come se questo fosse una cosa diversa dal Magistero di sempre. Bisognava udire il campanello d’allarme e correre ai ripari, finché si era in tempo: metter in guardia i fedeli contro le tesi aberranti di questi preti eretici e ribadire la vera dottrina cattolica, punto per punto. Ma si è fatto il contrario...

 
Il male partiva da lontano, e non l’abbiamo visto

di Francesco Lamendola


1 commento:

  1. A fronte d'ipocrisia coltivata
    non c'è calce idrata
    che possa disinfettar il letamaio.

    Un sepolcro, pur con sei mani di calce,
    sempre tomba rimane,
    dalle ossa ormai corrotte.

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