Un Papa duro, non "pazzo".
Tre episodi con tre spiegazioni.
In principio furono i suoi confratelli di Buenos Aires: tornato Jorge Mario Bergoglio dalla Germania, dove si era recato per avviare una tesi di dottorato su Romano Guardini (mai completata), lo spedirono immediatamente a Cordoba, a 800 km dalla capitale, “perché malato, pazzo”.
Poi ci furono le indiscrezioni apparse sul “Quotidiano Nazionale”, riprese da vari altri giornali, nell’ottobre 2015, circa il tumore al cervello di Bergoglio, eletto Papa due anni e mezzo prima. Fu intervistato un oncologo giapponese, il professor Fukushima, che negò decisamente la ricostruzione apparsa sul quotidiano.
Adesso abbiamo le parole stesse del Pontefice, che afferma di essere stato in cura per 6 mesi da una psicologa ebrea quando aveva 42, nel 1978.
Tre fatti, in apparenza anodini, che insistono tutti su un punto: la psiche dell’attuale Vicario.
A una prima occhiata, tutti questi episodi hanno o possono avere una spiegazione razionale. Bergoglio fu definito “pazzo” per la sua gestione della Compagnia di Gesù all’epoca del suo incarico come Superiore provinciale dei Gesuiti in Argentina, che provocò gravi dissi in seno all’Ordine e la fuoriuscita di centinaia di confratelli, alcuni dei quali passati perfino all’agnosticismo e a un’aperta opposizione alla Chiesa Cattolica.
Riguardo alle voci di un tumore al cervello, esse furono interpretate successivamente come “segnali” mandati a Bergoglio da certi settori della Curia a mezzo stampa, a causa del ritardo nell’applicazione delle riforme. Impossibile accertare (e, per quanto mi riguarda, anche accettare) la fondatezza di tale interpretazione, che porrebbe sul banco dell’accusa gli elettori progressisti del Papa. Fu però curioso notare, all’epoca, che a difendere il Papa da queste insinuazioni furono gli ambienti cosiddetti “tradizionalisti”, quelli più pesantemente sanzionati da alcune scelte del pontificato del gesuita argentino.
Infine, riguardo la rivelazione papale di essere stato in cura presso una psicologa, dobbiamo ricordare che quelli erano anni difficili in Argentina: Bergoglio ricopriva incarichi di responsabilità, doveva governare fra le Scilla e Cariddi della dittatura militare e le infiltrazioni della Teologia della Liberazione (da lui avversata) nel clero argentino e fra gli stessi gesuiti. Nulla di strano che ricorresse a un aiuto, sia pure fa specie che un uomo di fede si rivolga a un medico per ritrovare la tranquillità del proprio Io interiore. Ma è da rilevare come Papa Paolo VI, nel 1967, concesse la possibilità per i sacerdoti di ricorrere a “all’aiuto di un medico o di uno psicologo competenti”, quindi l’allora superiore non violò nessuna regola della Chiesa. Certo, fa effetto sapere che colui che siede sul Seggio di Pietro è stato un paziente di una psicologa, per sua stessa ammissione, cosa che ricorda in modo impressionante un film degli ultimi anni, opera mediocre di un mediocre registra, in cui l’attore che interpreta il Papa si fa psicanalizzare, anche in questo caso da una donna (perché poi proprio una donna?).
Il Papa tra la folla, quando è spontaneo e quindi è più se stesso. |
Malattia mentale? No. Ma...
Questi episodi suggeriscono tutti un’idea: l’instabilità mentale del Papa, la sua debolezza psichica rispetto al grave compito di guida delle coscienze di un miliardo e passa di esseri umani su questo pianeta. E riaprono la questione della possibile rinuncia all’esercizio della funzione pontificale da parte di Bergoglio.
Tale questione è tornata alla ribalta in seguito ai fatti suesposti, ma abbiamo visto come essi, se pure insistono nel sottolineare una presunta deficienza di cognizione del Papa, hanno spiegazioni che fanno uscire di scena il medico e fanno entrare in campo le voci di corridoio, gli inciuci di carta, gli equilibri di potere nella Città Leonina.
Bergoglio non è pazzo, ma sicuramente è molto furbo. Se qualcosa non va nella sua personalità, sempre rispetto alla carica che ricopre (fosse rimasto cardinale, neppure avremo affrontato la discussione, poiché non c’è nulla di personale contro di lui), è il suo mostrare due volti, uno pubblico e l’altro privato. Della famosa intervista di Miguel Ignacio Mom Debussy, ex gesuita e intimo dell’attuale Papa ai tempi del provincialato in Argentina, mi è rimasto nella memoria questo passaggio: “Bergoglio politicamente è molto abile ed è una persona molto intelligente. È molto capace di muoversi tra due acque e far sentire tutti vicino a sé”. Non avessimo avuto riscontri nel corso di questi anni a quanto detto in questa intervista dell’aprile 2013, l’avremmo volentieri classificata come il rigurgito d’odio di un ex gesuita un tempo amico del Papa – che a mio parere ben fece a rompere i rapporti con questo terzomondista voglioso di compagnie e non della Compagnia. Ma visto che gli episodi a conferma del carattere poliedrico del Papa ce ne sono stati a bizzeffe, dobbiamo riconoscere che, con tutto il suo odio verso ciò che un tempo aveva venerato, questo ex gesuita divenuto agnostico ci aveva avvisati per tempo. O meglio: aveva avvisato per tempo chi non conosceva Bergoglio, chi non aveva letto qualcosa di lui dopo il conclave del 2005, chi s’era affrettato ad applaudirlo la sera dell’elezione. Perchè l’autoritarismo, il piglio forte, il carattere adamantino, l’attendere per le “soddisfazioni” personali di essere in posizione di potere, l’ambiguità del “ma anche” erano tutte cose già note della pastorale dell’arcivescovo di Buenos Aires a chi si occupava di Chiesa prima dell’Abdicazione benedettiana.
Sa aspettare e sa quello che vuole. Sa che deve costruirsi un’immagine bonaria, e l’ha fatto fin dal primo affaccio dalla Loggia delle Benedizioni. Non che la cura dei poveri e dei diseredati lo lasci indifferente, anzi, fa parte del suo modo d’essere e gli va reso merito per questo, ma sa che esse sono anche un mezzo per accattivarsi l’opinione pubblica, la mediaticità di facciata e far passare i suoi affondi verso gli altri come “opere necessarie alla riforma”, come scrivono i lacchè. Ecco la furbizia di Bergoglio, il suo “muoversi tra due acque”, la sua poliedricità nell’operare a seconda dell’interlocutore e della situazione – del resto, il poliedro è la sua figura geometrica favorita. Volontà di operare, volontà di procedere, studio attento della situazione, stroncature giuste al posto giusto: fossero queste qualità indirizzate nel solco dell’ortodossia, sarebbe finalmente il Papa domatore della Curia che si attendeva dai tempi del primo Wojtyla. E starei qui a scrivere un panegirico, perché sono un realista e so che per governare un’istituzione serve polso fermo e talvolta anche un pugno d’acciaio. Indirizzate invece, come sono tali qualità di governo, contro i settori ortodossi di questa Chiesa sempre più pazza – essa sì che lo sembra – ci impensieriscono, e ci preoccupano.
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