ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 8 settembre 2017

Retrogrado, attardato, fissato

La morte del cardinal Caffarra e il silenzio del Papa sui dubia

Ogni volta che muore un cardinale che ha espresso dubbi sulla Amoris laetitia senza ottenere risposta, il silenzio papale si fa più assordante
Foto LaPresse
Muoiono i cardinali, vivono i dubia. Anzi, ogni volta che muore un cardinale che ha espresso dubbi sulla Amoris laetitia senza ottenere risposta, il silenzio papale si fa più assordante. E i dubbi, al contrario di chi li ha posti, aumentano. Cosa dice esattamente quella enciclica ambigua? Le parole di Gesù sul matrimonio sono ancora valide? Caffarra non era un reazionario, era un conservatore e conservatore nella Chiesa è chi cerca di conservarsi fedele a Cristo nella generale sottomissione al mondo. Ho saputo della sua morte a Padova, in Prato della Valle, e sono entrato subito in Santa Giustina. I monaci cantavano i vespri. Dunque la Chiesa esiste ancora. Ma in che cosa crede? In che cosa crediamo? Va bene il silenzio di Dio, ma il silenzio del Papa? Prego che Caffarra abbia trovato ora la risposta.  di Camillo Langone

COME CAFFARRA NON CE NE SONO PIÙ 


È morto a 79 anni l’arcivescovo emerito di Bologna. Rispettoso e ortodosso, ma pugnace riguardo la dottrina della fede, sapeva bene che cosa si perde il mondo quando non ha più il limite di Dio e della chiesa
Il suo volto bussetano era disteso e dolce come un medaglione di Pio IX, che era di Senigallia, ma con un tratto caratteriale alla Giovannino Guareschi, che visse e si fece seppellire dalle parti dove Caffarra era nato, appunto Busseto. Carlo Caffarra, cardinale, arcivescovo emerito di Bologna, firmatario con tre confratelli porporati dei dubia, domande al Pontefice circa tre sacramenti come il matrimonio, la confessione e l’eucaristia, era un dottrinario. Oggi questo termine è sinonimo di retrogrado, di attardato, di fissato, un uomo fuori dal mondo e contro il mondo……: “Muoversi sempre, rimanendo sempre fermi nello stesso punto”.
Questo Papa si muove sempre, qualcuno che rimanga sempre nello stesso punto ci vorrà pure. A conclusione di due sinodi sulla famiglia, Bergoglio scrive una esortazione apostolica, Amoris laetitia. I paragrafi dal 300 al 305, più la nota 51, allarmano i dottrinari. Secondo quel testo non ci si può limitare a dire di no al fedele divorziato e risposato civilmente che chiede l’ammissione all’eucaristia. Bisogna accompagnarlo con discrezione e vedere caso per caso. Un parroco scrive a Caffarra, che cita la lettera, la quale in parafrasi suona così: “Io dico al penitente che può avere l’ostia consacrata se non fa sesso con il suo nuovo partner, lui mi risponde che il Papa a queste cose non ci bada. Io non so che cosa pensare e fare”. Caffarra è convinto che le parole del Papa debbano essere interpretate come una perdurante condanna dell’adulterio (va’, e non peccare più), ma molti vescovi pensano l’opposto (neanche io ti condanno). Di qui il dubbio. Il divorzio, che è con la pillola e l’aborto la più grande rivoluzione della modernità, per non parlare dell’ingegneria genetica, è dunque derubricato da peccato di adulterio, inteso come un habitus, un peccato stabilizzato e praticato serenamente, a generica inadempienza senza conseguenze?
……….
Ma per il dottrinario che ha in mente il vangelo e san Paolo, oltre che il catechismo e il codice di diritto canonico e i testi papali che riguardano la famiglia, la verità, la coscienza? Per lui è un dramma spettacolare, quei paragrafi sono esposti alla malizia dell’interpretazione soggettiva, lasciano spazio all’equivoco in materia di salvezza delle anime, sono come un abisso spalancato davanti alla libertà umana di decidere per il bene o per il male.
Così era per questo cardinale rispettoso e ortodosso, ma pugnace e delicatamente intrattabile riguardo la dottrina della fede e della vita cristiana. Dei gesuiti, croce e gloria della chiesa, pensava, come ha detto di recente a un commensale, che sono ossessionati dal tema dell’efficacia storica dell’annuncio cristiano. Di questa presunta efficacia fa parte integrante oggi una misericordia senza giustizia, un’attitudine al perdono che allieta, consola e corrompe. Situazione di crisi, situazione luterana, l’industria delle indulgenze contro la verità evangelica.
Ancora Caffarra: “Noi siamo veramente, non per modo di dire, liberi davanti al Signore. E quindi il Signore non ci butta dietro il suo perdono. Ci deve essere un mirabile e misterioso matrimonio tra l’infinita misericordia di Dio e la libertà dell’uomo, il quale deve convertirsi se vuole essere perdonato”. Questa immagine di un Dio che “non ci butta dietro il suo perdono” è letteraria, scritturale, biblica, non è banalmente dottrinale, esige rispetto e ammirazione a 500 anni dalle tesi di Wittenberg, fa pensare anche il mondo depensante e mobile che, senza il limite di Dio, della chiesa e della sua libertà non sa cosa si perde. Carlo Caffarra lo sapeva, e con lui lo sanno ancora pochi grandi preti probabilmente in via di estinzione.

di Giuliano Ferrara 7 Settembre 2017 alle 06:11 da www.ilfoglio.it

Articolo completo su numero in edicola  de il Foglio

CREPALDI SU CAFFARRA: «CI AIUTERÀ DAL CIELO, PERCHÉ I GIOCHI NON SI FANNO MAI SOLO SU QUESTA TERRA»

Crepaldi su Caffarra: «Ci aiuterà dal Cielo, perché i giochi non si fanno mai solo su questa terra»
L'omaggio dell'arcivescovo Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste e presidente dell’Osservatorio Cardinale Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, al cardinale Carlo Caffarra (1938-2017). Da Vita Nuova 

Ho appreso della morte terrena del cardinale Carlo Caffarra, avvenuta improvvisamente questa mattina mercoledì 6 settembre, e mi sono subito raccolto in preghiera per la sua nascita al Cielo. La preghiera di suffragio per il Cardinale si affianca al ringraziamento a Dio per questa grande figura di Discepolo e di Maestro che la Provvidenza ha dato agli uomini del nostro tempo.

Il Cardinale Carlo Caffarra ha raccolto nella sua vita terrena la profonda stima umana e cristiana di molti. Attirava e trascinava col suo fare umile e profondo, con una intelligenza che sapeva illuminare i problemi alla luce di Dio. Uomo di pensiero, ha anche saputo farsi amare nelle sue esperienze pastorali a guida di alcune grandi diocesi italiane.

La Chiesa gli deve molto, soprattutto nel campo della teologia morale riguardante l’amore umano, la procreazione, la famiglia e la difesa della vita. Su questi temi è stato stretto e fidato collaboratore e consigliere degli ultimi Pontefici. Una particolare e profonda sintonia di vedute egli l’ebbe con Giovanni Paolo II, del quale ha sempre difeso e promosso l’insegnamento sui temi dell’amore coniugale e della famiglia.

Ognuno poteva cogliere in lui un grande amore per la Chiesa, in tutti i suoi impegni e in tutte le sue scelte, comprese quelle più recenti. Amore per la Chiesa e amore per la Verità.

Negli ultimi tempi i suoi interventi pubblici si erano fatti preoccupati. In uno, in particolare, aveva rivelato una confessione epistolare di Suor Lucia di Fatima che indicava il terreno della famiglia come prossimo grande luogo di scontro tra il bene e il male. Non sempre ascoltato, ha espresso dal profondo le esigenze, i pericoli, le risorse della Chiesa di oggi.

Nel mio lavoro nell’ambito della Dottrina sociale della Chiesa, ho guardato al Cardinale come un punto di riferimento circa il rapporto tra la morale coniugale e l’impegno sociale e politico dei cattolici alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. Concordavo con lui, in particolare, nel vedere l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI come l’originario punto di incontro tra queste due dimensioni, e come lui pensavo che mettere mano all’impianto teologico-morale della Humanae vitae avrebbe avuto conseguenze negative anche nel campo dell’impegno sociale e politico alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.

In questo momento in cui le tematiche umane e teologiche che stavano a cuore al Cardinale Caffarra sono fortemente minacciate, la sua presenza ci mancherà, ma confidiamo nel suo aiuto dal Cielo, perché i giochi non si fanno mai solo su questa terra. 
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Il cardinale severo anche con il Papa, amico di don Giussani e Ratzinger. Tra lotte in difesa della famiglia e tensioni con il Comune e le realtà lgbt

BOLOGNA – «Esiste per noi cardinali il dovere grave di consigliare il Papa nel governo della Chiesa. È un dovere, e i doveri obbligano». Con queste parole, lo scorso gennaio, Carlo Caffarra spiegò il senso (e rivendicò la scelta) di scrivere insieme ad altri tre porporati una lettera a papa Francesco in cui i quattro cardinali elencavano i loro dubia sulla Amoris laetitia e sull’attuale governo della Chiesa. Basterebbero quelle parole, le parole di un cardinale pronto a «discutere» anche col Papa, per capire di che tempra era fatto Caffarra: teologo rigoroso, pastore severo e netto, uomo e religioso che non amava i compromessi.
LA MALATTIA – Da tempo malato, aveva compiuto 79 anni a giugno dopo aver guidato la Chiesa bolognese per quasi dodici anni: dal dicembre del 2003, quando Giovanni Paolo II lo volle come arcivescovo di Bologna, fino all’ottobre del 2015. In quel dicembre di 14 anni fa Caffarra raccoglieva un’eredità pesante e ingombrante, quella del cardinale Giacomo Biffi, di cui si dimostrò fin dall’inizio un degno successore.
IL RITRATTO – I problemi più alti di teologia e di dottrina, certo, ma anche le beghe quotidiane (e amministrative) in una regione dove, da sempre, governano i «rossi», i Pepponi. D’altronde Caffarra, nato nel 1938 a Busseto, condivideva i natali con Giovannino Guareschi, che non a caso amava citare («Il più grande scrittore cattolico italiano del Ventesimo secolo»).Terre verdiane, bassa parmense. Padre falegname e madre bracciante: «Mi diedero un’educazione fortemente cristiana in una terra rossa». E in mezzo a tanti Pepponi, Caffarra decise di diventare un Don Camillo più duro di quello immaginato dal suo concittadino. Non a caso il sindaco Virginio Merola, nell’esprimere il cordoglio suo e della città, ha ricordato come «talvolta non condividessimo lo stesso punto di vista, magari su temi generali o etici, ma sempre nel profondo rispetto dei rispettivi ruoli. Bologna ha avuto con Caffarra un grande arcivescovo».Entra in seminario ad appena 11 anni («Mi sono sempre visto sacerdote»), l’ordinazione arriva nel 1961, a 23 anni. Poi gli studi a Roma, il dottorato in Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana (tesi sulla «finalità» del matrimonio) e il Diploma di specializzazione in Teologia morale presso la Pontificia Accademia Alfonsina. Il giovane Caffarra insegna Teologia morale al Nord: Parma e Fidenza, poi Milano. Dove conosce e diventa amico di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione. Negli anni Settanta inizia ad approfondire i temi del matrimonio, della famiglia e della procreazione: non li abbandonerà mai più. Nel ’74 entra nella Commissione Teologica Internazionale di Paolo VI, nel 1980 Giovanni Paolo II lo nomina esperto al Sinodo dei vescovi su matrimonio e famiglia. Un anno dopo gli assegna il mandato di fondare e presiedere il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi sul matrimonio e la famiglia. Nel 1983 è per un quinquennio consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede guidata dall’allora prefetto (e futuro papa Benedetto XVI) Joseph Ratzinger. Negli anni successivi insegnerà in Germania, Spagna, Cile, Messico, arrivando fino all’Australia.
A BOLOGNA – Un teologo concreto, immerso nell’attualità: nel 1989 è tra i protagonisti della conferenza internazionale sull’Aids voluta dal Vaticano. Nel 1995 diventa vescovo di Ferrara e Comacchio: riceve l’ordinazione episcopale dal cardinale Biffi. Alla fine del 2003 Giovanni Paolo II lo sceglie come successore di Biffi, ritiratosi per limiti d’età, alla guida dell’arcidiocesi bolognese. Tre anni dopo riceve da Benedetto XVI la berretta cardinalizia.I suoi dodici anni alla guida della Chiesa bolognese hanno lasciato il segno. «Se sarò rigido? Sì, soprattutto sulla difesa della dignità dell’uomo», promise in un’intervista alla vigilia del suo insediamento nel febbraio 2004. Fu di parola. Nei primi mesi di arcivescovado criticò Umberto Eco per il suo relativismo, attaccò «l’attitudine antistorica dei politici dell’Emilia-Romagna» per aver omesso nel preambolo dello Statuto regionale le radici cristiane della regione: «Si censurano diciotto secoli di storia». Le tensioni con l’allora sindaco Sergio Cofferati furono immediate. A partire dalla gestione degli sgomberi sul Lungoreno. «La Chiesa non è succursale di nessuno», rispose Caffarra al primo cittadino che aveva accusato la Chiesa di scarsa sensibilità dopo gli sgomberi. Non mollò la presa: «Spero che Cofferati incontri Gesù», disse a pochi giorni dal Natale del 2005. La sua guerra contro i Pacs, o qualsiasi forma di unione omosessuale, fu inesorabile: «La coppia omosessuale non può essere messa sullo stesso piano della famiglia». Innumerevoli le sue battaglie contro l’Arcigay e la comunità lgbt bolognese, tra cui la messa riparatrice contro la mostra blasfema sulla Madonna e la richiesta (esplicita) al Comune di non assegnare il Cassero all’Arcigay per «gli insulti abominevoli e satanici a Cristo sulla croce» del 2015.I suoi ritratti della città hanno scandito anni di tensione con le amministrazioni di centrosinistra.
LA PASSIONE – La Bologna «disgregata» del 2006, due anni dopo divenne la città «meno sazia e ancora disperata»: una definizione che riprendeva, in peggio, le parole del suo predecessore Biffi («sazia e disperata»). Da Cofferati a Merola, con le polemiche ancora sui diritti gay: «L’Europa sta morendo perché non c’è stata civiltà che sia sopravvissuta alla nobilitazione dell’omosessualità». Ma le sue lotte furono anche sociali ed economiche: il fondo anticrisi del 2009, le battaglie al fianco degli operai e quella (legale) sull’eredità della Faac, i cui utili aiutano oggi progetti contro il disagio sociale. La politica, di ogni colore, gli ha reso omaggio.
LA CAMERA ARDENTE E IL FUNERALE – La Camera ardente per la morte del cardinale Carlo Caffarra sarà allestita nella Sala Bedetti dell’Arcivescovado, a partire dalle 16 del 7 settembre. La veglia di suffragio sarà celebrata venerdì 8 settembre alle 21, nella cattedrale di San Pietro, via Indipendenza. L’arcivescovo monsignor Matteo Zuppi presiederà la celebrazione delle esequie sabato 9 settembre alle 11 in cattedrale. Al termine, la salma del cardinale Carlo Caffarra sarà tumulata nella cripta della cattedrale.
07 settembre 2017
TRATTO DA  CORRIERE DI BOLOGNA

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