ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 14 novembre 2017

Gesuiti In testa, o fuori di testa?

L'IMPEGNO ANTIMASSONICO
Papa Luciani e la guerra di dottrina con i gesuiti


Nella seconda puntata su Albino Luciani abbiamo affrontato la sua adesione profonda all'enciclica così dibattuta del suo predecessore, l'Humanae vitae. Divenendo papa, Luciani sapeva benissimo che avrebbe dovuto prendere sulle spalle una croce molto pesante. Si presentò subito al popolo di Dio come egli era: un insegnante di catechismo per fanciulli ed un pastore. Per Luciani non vi era alcuna difficoltà a tenere insieme le due cose: il pastore non vuole che nessuna delle sue pecore vada dispersa, per questo è pronto ad indicare ad ognuna, con tutto l'amore e la pazienza possibili, la retta via dell'ovile.

Uno dei suoi pochi testi rimasti si intitola Catechetica in briciole, e contiene riflessioni come questa: "Messo da parte il catechismo non saprete che mezzi adoperare per fare buoni piccoli e grandi. Tirerete in campo la “dignità umana”? I piccoli non capiscono che cosa sia, i grandi se ne infischiano. Metterete avanti “l’imperativo categorico”? Peggio che peggio... Si dice che anche la filosofia e la scienza sono capaci di far buoni e nobili gli uomini. Ma non c’è neppure confronto col catechismo, che insegna in breve la sapienza di tutte le biblioteche, risolve i problemi di tutte le filosofie e soddisfa alle ricerche più penose e difficili dello spirito umano".

Per Luciani il catechismo ha anche il grande merito di mettere nel cuore il senso del peccato, il rimorso: "il rimorso non lascerà loro aver pace nel peccato e presto tardi li ricondurrà al bene". In questo era del tutto fedele alla Tradizione della Chiesa, che lungi dal separare verità e amore, carità e giustizia, misericordia e castigo, tiene insieme queste realtà inscindibili. All'inizio d'anno del seminario, il 20 settembre 1977, Luciani si era rivolto così ai suoi giovani: "Vi raccomando invece l’amore alla Tradizione: non siate di coloro che, abbagliati e accecati, più che illuminati, da qualche lampo, pensano che ora soltanto è nato il sole e vogliono tutto rovesciare e cambiare".

Nei 33 giorni di pontificato Giovanni Paolo I si trovò di fronte a grandi difficoltà. Aveva intenzione, come si è già visto, di rinnovare la Curia, di riformare lo Ior e di affrontare il dossier spinoso dei prelati iscritti alla massoneria.

La lista dei 121 massoni stilata da Mino Pecorelli proprio nel 1978 conteneva non soltanto il nome di Paul Marcinkus, con cui Luciani aveva avuto a che discutere da patriarca di Venezia, ma anche quello di Donato De Bonis, braccio destro di Marcinkus, sul cui operato criminoso si è fatto luce soltanto pochi anni orsono, e i gesuiti Roberto Tucci, direttore della Radio Vaticana, Virgilio Levi, vicedirettore de L’Osservatorio Romano e Giovanni Caprile, firma insigne della Civiltà cattolica.

Che fossero davvero massoni, Luciani certamente non lo sapeva, ma tutto fa pensare che avrebbe voluto andare a fondo della questione.

Era convinto, infatti, che le idee rivoluzionarie che attecchivano tra i gesuiti, soprattutto i giovani, spesso sprezzanti verso la Tradizione e la Dottrina, rappresentassero un grosso problema per la Chiesa. Anzitutto per le loro innovazioni in campo dottrinale, così ben esemplificate dall'opera del gesuita Karl Ranher, non certo un amante del catechismo; in secondo luogo per i loro cedimenti in campo morale; infine, per la loro apertura al mondo, massoneria compresa.

Il vaticanista Benny Lay, ne Il mio Vaticano, ricorda spesso come la questione dei gesuiti fosse all'ordine del giorno anche all'epoca di Paolo VI.

Per esempio il 9 marzo 1970 Benny Lay scrive: "La nota con cui radio vaticana ha condannato le dichiarazioni di tre docenti gesuiti della Gregoriana a favore del divorzio è più severa del comunicato della Compagnia di Gesù..."; il 12 ottobre 1973, invece, Lay ricorda "il duro linguaggio, accompagnato da severi moniti, con cui Paolo VI si è rivolto ai gesuiti per la partecipazione della loro assemblea"; il 7 marzo 1974 nota che padre Tucci "ha risposto picche al cardinal Benelli" che gli chiedeva di partecipare ad una serie di conferenze per attivare i parroci romani contro il divorzio; il 27 febbraio del 1975 ricorda che "la maggioranza dell'assemblea dei gesuiti... ha bocciato la candidatura di padre Paolo Dezza, confessore di Montini", cioè del papa.

Una questione che angustiava Montini, ed ancora di più Luciani (vedi ad esempio 30 Giorni, del 9 settembre 1993) era l'intenso dialogo aperto da alcuni gesuiti, tra cui il citato padre Caprile, con la massoneria. Il vaticanista Ignazio Ingrao, nel suo documentatissimo Il concilio segreto (Piemme, 2013) dedica un paragrafo al tema. Il titolo è: "Una loggia dei gesuiti?"

Ingrao ricorda appunto i sospetti su padre Tucci e padre Caprile, finiti anche nelle lista di prelati massoni pubblicata da Panorama, ma soprattutto i fatti certi: "Ciò che è invece storicamente accertato è l'impegno profuso dal gesuita Caprile e dal religioso paolino Esposito nel promuovere incontri bilaterali con i massoni subito dopo il concilio. Dal 1960 al 1979 si svolgono ben nove 'conversazioni bilaterali'. Per due volte i massimi vertici della massoneria italiana varcano il portone della sede della Civiltà cattolica per incontrarsi con i gesuiti...".

E' certo che Luciani non vedeva di buon occhio tali incontri bilaterali, che riceveranno il definitivo stop, dopo la sua morte, grazie a due cardinali tedeschi, Joseph Stimpfle e Joseph Ratzinger.

Fatto sta che nei suoi 33 giorni di pontificato non riuscì a fare chiarezza e pulizia, nè compiere molti atti di governo, nè a scrivere che poche lettere, molto brevi e per lo più di circostanza. L'unica lettera lunga e approfondita è quella rivolta "Ai gesuiti". Avrebbe dovuto leggerla e consegnararla il 30 settembre 1978, cioè due giorni dopo la morte, in occasione di una speciale udienza ai procuratori della Compagnia di Gesù convenuti a Roma da ogni parte del mondo.

Si tratta di un testo ricco in cui, a parte i saluti di rito, vi sono continui richiami e severi moniti.

Il papa cominciava così: "Ma poichè voi, in questi giorni dovete procedere ad un esame circa lo stato della Compagnia mediante una valutazione sincera, realistica e coraggiosa della situazione oggettiva, analizzando se necessario le deficienze, le lacune, le zone d'ombra, voglio affidare alla vostra responsabile meditazione alcuni punti, che mi stanno particolarmente a cuore". Deficienze, lacune, zone d'ombra: come inizio, non è dei più lusinghieri. Voi, continuava il papa, "vi preoccupate dei grandi problemi economici e sociali che oggi travagliano l'umanità", "ma nella soluzione di questi problemi sappiate sempre distinguere i compiti dei sacerdoti religiosi da quelli che sono propri dei laici. I sacerdoti devono ispirare e animare i laici all'adempimento dei loro doveri, ma non devono sostituirsi ad essi, trascurando il proprio compito specifico nell'azione evangelizzatrice".

In parole povere, il papa richiamava i tanti gesuiti dediti affascinati dalle dottrine marxiste, dediti alla politica, alla sociologia, al sociale, più che a Cristo stesso, per poi radicare questo errore in un fatto: l'allontanamento dalla "solida dottrina".

Bisogna qui ricordare che il nome scelto da Luciani, Giovanni Paolo I, era anche in onore di san Paolo, colui che aveva scritto, nella II lettera a Timoteo: "Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero".

Se nel passo di Paolo la parola "dottrina" ritorna ben due volte, affiancata, in un caso, dall'aggettivo "sana", nel prosièguo del discorso di Giovanni Paolo I ai gesuiti la sottolineatura è ancora maggiore, l'insistenza quasi imbarazzante. Il papa ripete piùe più volte una parola che molti gesuiti non vogliono più sentire.

Egli infatti ricorda che "Sant'Ignazio esige dai suoi figli una soda dottrina"; raccomanda, tre righe sotto, di essere fedeli ad una "dottrina solida e sicura, pienamente conforme all'insegnamento della Chiesa"; invita poi a "non permettere che insegnamenti e pubblicazioni di gesuiti abbiano a causare confusione e disorientamento in mezzo ai fedeli", e aggiunge: "ricordatevi che la missione affidatavi dal vicario di Cristo è di annunciare, in maniera bensì adatta alla mentalità di oggi, ma nella sua integrità e purezza, il messaggio cristiano, contenuto nel deposito della rivelazione".

Il concetto non è abbastanza esplicito e forte? Luciani lo ripete ancora, invitando i gesuiti a formare i giovani con "una dottrina solida e sicura" perchè chi frequenta le loro scuole lo fa "per la sodezza e sicurezza di dottrina che sperano di attingervi".

Ma non è finita. Il papa continua: "Non lasciate cadere queste lodevoli tradizioni (legate ad una severa disciplina religiosa, ndr); non permettete che tendenze secolarizzatrici abbiano a penetrare e turbare le vostre comunità", perchè "il doveroso contatto apostolico col mondo non significa assimilazione al mondo, anzi esige quella differenziazione che salvaguardia l'identità dell'apostolo, in modo che veramente sia sale della terra e lievito capace di far fermentare la massa".

Giovanni Paolo I, come si è detto, morirà prima di pronunciare questo discorso.


Ma un anno dopo, il 21 settembre 1979, Giovanni Paolo II, che avrà sempre un rapporto molto conflittuale con i Gesuiti, forse riecceggiuando il discorso del suo predecessore, ripeterà loro di dare al novizi una "formazione dottrinale con solidi studi filosofici e teologici secondo le direttive della Chiesa, e formazione apostolica indirizzata a quelle forme di apostolato che sono proprie della Compagnia, aperte sì alle nuove esigenze dei tempi, ma fedeli a quei valori tradizionali che hanno perenne efficacia". Ancora una volta si trovano le due parole tanto invise: dottrina e tradizione.

Francesco Agnoli              
                 
http://www.lanuovabq.it/it/papa-luciani-e-la-guerra-di-dottrina-con-i-gesuiti

Un esempio della devastazione cattolica
in Brasile

I Gesuiti in testa ai preparatori dell’avvento dell’Anticristo





In Brasile, a Belo Horizonte, esiste una delle Università di filosofia più quotate del Brasile. Retta dai Gesuiti, essa svolge diverse attività di ricerca e di preparazione al dottorato. Per non volersi far mancare il meglio, in essa è presente una nutrita schiera di fautori della “Teologia della liberazione”, cosa che in Sudamerica è più che ordinaria, basta pensare alla formazione culturale e alle amicizie coltivate da papa Bergoglio.

Questa Università (FAJE)  ha organizzato, per il 16 novembre, un incontro sul tema: “Teologia e diversità affettivo-sessuale”, che si terrà nel campus della stessa Università e che si avvarrà degli interventi di Berenice Bento (dottoressa e sociologa della UNB [Università di Brasilia]) una delle maggiori autorità della materia – ricorda la presentazione -, e del teologo André Musskopf (EST, Scuola Superiore di Teologia), ricercatore di Studi Femministi, Teorie del Genere, Teoria Queer e Diversità Sessuale.

Non v’è dubbio che una iniziativa del genere ricorda i sabba delle streghe di medievale memoria e che lascia stupefatti per la leggerezza con cui i seguaci di Sant’Ignazio, ormai in stato di avanzata degenerazione, si fanno promotori delle nefandezze suggerite, manipolate, sorrette, diffuse e sostenute dalle potenze delle tenebre che ormai incominciano ad impazzare indisturbate in ogni parte del mondo e perfino nella neochiesa abortita dal Vaticano II.


Affinché i lettori si rendano conto che non esageriamo affatto, proponiamo il testo diffuso dalla stessa Università a mo’ di presentazione dell’evento.
Il testo è firmato dal gesuita Élio Estanislau Gasda, [sito dell'Università] coordinatore aggiunto della FAJE, dottore in teologia, professore e ricercatore alla stessa FAJE e autore di: Lavoro e capitalismo globale: Attualità della dottrina sociale della Chiesa (Paoline 2001); e Cristianesimo e economia (Paoline 2016);


Si noterà che la struttura del testo, il linguaggio usato, i giudizi espressi e i suggerimenti presentati sono così distanti dal più elementare insegnamento cattolico da confermare che questi gesuiti moderni, giunti ormai ai vertici della gerarchia cattolica, non solo sono contro Cristo e la Sua Chiesa, ma si adoperano per l’affermazione di tutto ciò che può danneggiare entrambi, almeno fino a quando il Signore lo permetterà.

Certo che verrà il giorno in cui tutti costoro saranno retribuiti come meritano, ma intanto il loro nefasto lavoro continua a condurre sempre più anime all’inferno.



In calce al testo abbiamo approntato una breve nota che sottolinea e commenta i passi più disastrosi del testo stesso.



Di Elio Gasda
Diversità! Nessuno nasce rosa, nessuno nasce azzurro! Tuttavia, le differenze biologico-sessuali sono classificate in strutture sociali che privilegiano il maschile  a scapito del femminile. Su cosa si baserebbe la superiorità maschile? Perché l’uomo ha più diritti rispetto alle donne?

È molto odio. Ogni 4 minuti una donna entra nel SUS [Sistema Único de Saúde = servizio sanitario] come vittima di violenza. Oltre agli omicidi, sono stati segnalati quasi 50.000 casi di stupro. La violenza domestica è diventata il tema delle tele-novelle trasmesse in prima serata. Prima, molti brasiliani sono stati sensibilizzati con il dramma del personaggio trans-mascolino Ivan / Ivana. C’è stata gente che l’ha odiato. La Rede Globo è stata demonizzata per aver presentato la realtà delle persone trans. Ma questo dibattito non è nuovo in Brasile. L’Associazione Nazionale dei Travestiti e Transessuali (ANTRA) è stata creata negli anni ‘90 e ha quasi 200 strutture diffuse in tutto il paese. La lotta è sempre stata, come adesso, per la visibilità,  La forza della volontà concessa.

Alcuni hanno appreso che i travestiti e le donne transessuali hanno un’identità di genere femminile, e gli uomini transessuali hanno un’identità di genere maschile. Che i travestiti vivrebbero la loro voglia di travestirsi in maniera pubblica, durante tutto il giorno e non si travestono solo la notte per interpretare il femminile. La gente apprende anche che un trans esteriorizza la transessualità praticando la transizione di genere attraverso gli ormoni e gli interventi chirurgici, o no. Soltanto cambiando gli indumenti e le caratteristiche attribuite al genere a cui egli intende appartenere, si imporrebbe. Perché non costruire una società in cui le persone siano rispettate nella loro identità affettivo-sessuale?

La ricerca dell’uguaglianza di genere è questione di giustizia, è un altro passo nella lotta per i diritti umani. Il genere, l’orientamento sessuale e la diversità non sono minacce. “Forse il ‘genere’ è una parola che indica la circostanza del cambiamento nelle norme sociali. L’attacco al ‘genere’ probabilmente emerge dalla paura dei cambiamenti nella famiglia, nel ruolo delle donne, nella questione dell’aborto e delle tecnologie di riproduzione, dei diritti LGBT e del matrimonio omosessuale” (Judith Butler).
Il cristianesimo fondamentalista e la destra reazionaria sono mossi da questa paura: neofascismo politico-religioso, scuola non partigiana, cancellazione di mostre d’arte,  preoccupazione gay, proteste contro Dráuzio Varela. E questa settimana, una folla agitata si è scagliata contro la presenza della filosofa Judith Butler in Brasile. “Simposio comunista”, “bruciamo questa strega”, urlavano istericamente all’entrata del SESC Pompéia [Servizio sociale del commercio a San Paolo].
Chi ha insegnato loro ad odiare? La religione? La famiglia? La scuola? I media? La patologia del fondamentalismo è un virus. La “rabbia” ha invaso le reti, le strade, la politica. È diventata la tendenza della militanza virtuale per intimidire i propri nemici ... in nome di Dio! La sessualità è il suo campo di battaglia. “Triste epoca: è più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio” (Albert Einstein).

Il colpo di stato in democrazia ha aperto il Vaso di Pandora e ha rivelato che la cordialità dei brasiliani è una farsa. Com’è sempre stato. Così come la democrazia razziale non è mai esistita. Siamo un paese violento, razzista, conservatore e intollerante. Il problema non è il PT, il comunismo, Lula, Dráuzio Varela, la mostra d’arte o Judith Butler. Il problema sono i poveri, i negri, gli indigeni, le donne, i gay, i travestiti. Gli indesiderati da sempre.

Anche la Chiesa è contaminata dal virus patriarcale, dalla piaga della discriminazione e dell’intolleranza, dal peccato di odio. Per molti secoli la teologia ha costruito un’immagine di un Dio maschile. Ora, “Dio non è a immagine dell’uomo. Egli non è né uomo né donna. Dio è puro spirito, e in lui, perciò, non c’è spazio per le differenze di sesso.” (Catechismo, §370). Se ogni essere umano è creato a immagine divina, perché l’immagine preponderante di Dio è quella di uomo? Finché il cristianesimo insisterà su concetti anacronistici, il suo discorso continuerà ad essere inefficace di fronte alle ingiustizie. E il suo appello all’amore incondizionato sarà una prova di ipocrisia.

Lo scopo della diversità è la comunione. Siamo tutti fratelli e sorelle. “Siamo stati concepiti nel cuore di Dio e quindi ‘ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario’” (Laudato, n. 65). L’amore incondizionato di Dio è la base per superare le divisioni, le discriminazioni e i focolai di intolleranza di ogni tipo. Cambiare il corpo non cambia l’essenza, perché essa è divina. La cittadinanza degli LGBT non è una lotta minore. Bisogna fermarsi davanti a qualsiasi tipo di manifestazione di pregiudizio che violi la dignità e i diritti umani di chicchessia.


NOSTRA NOTA

Facciamo notare brevemente alcune delle bestialità più evidenti, lasciando ai lettori i giudizio complessivo, certi che basta poco per destinare al macero simili scritti e al giudizio sommario il suo autore.

« La ricerca dell’uguaglianza di genere è questione di giustizia, è un altro passo nella lotta per i diritti umani. Il genere, l’orientamento sessuale e la diversità non sono minacce. »

No, non è un volantino dei tempi del ’68, è proprio l’espressione di un gesuita che in tutta evidenza non cita Sant’Ignazio, ma gli slogan e i luoghi comuni dei gruppi più scomposti e scombinati che si fanno promotori della distruzione dei giovani, delle famiglie e delle società.
E la cosa terribile è che costui fa “l’insegnate”, e la moderna gerarchia della neochiesa lo sostiene e lo mantiene.

« Il cristianesimo fondamentalista e la destra reazionaria sono mossi da questa paura: neofascismo politico-religioso, scuola non partigiana, cancellazione di mostre d’arte,  preoccupazione gay, proteste contro Dráuzio Varela. »

E qui passiamo perfino alla militanza rigorosamente di sinistra, che mai ha avuto aggettivazione più appropriata per i “sinistri” proponimenti che persegue e per le “sinistre” conseguenze che produce. Evidentemente, in questa Università dei Gesuiti non si insegna il cristianesimo, ma la dottrina marxista-leninista intrisa di odio per Dio e per l’uomo.

« Anche la Chiesa è contaminata dal virus patriarcale, dalla piaga della discriminazione e dell’intolleranza, dal peccato di odio. Per molti secoli la teologia ha costruito un’immagine di un Dio maschile. … Se ogni essere umano è creato a immagine divina, perché l’immagine preponderante di Dio è quella di uomo? Finché il cristianesimo insisterà su concetti anacronistici, il suo discorso continuerà ad essere inefficace di fronte alle ingiustizie. E il suo appello all’amore incondizionato sarà una prova di ipocrisia

Quindi, il nostro gesuita, in tutta evidenza, non ha capito alcunché del Vangelo, ammesso che lo abbia veramente letto. Solo una mente ormai in preda alla definitiva dissociazione e con la materia grigia in fase terminale, può arrivare a non capire che di Dio “al maschile” non sono i teologi che ne parlano, ma la Bibbia fin dai primi versetti, e non solo, ma tutte le tradizioni sapienziali più diverse e più o meno lontane dal nostro tempo e dal tempo della Bibbia.
E dire che i Gesuiti un tempo erano reputati tra i preti più preparati; evidentemente le cose cambiano, come auspica qui il “nostro”, e ormai la competenza, la preparazione, l’onestà intellettuale e l’amore per la verità sarebbero tutti “concetti anacronistici”.

Siamo al ridicolo! Al punto che dobbiamo ritenere che questo gesuita moderno molto probabilmente, vergognandosi della discriminazione insegnata da Gesù, non reciti più il “Padre nostro”, troppo maschilista e discriminatorio, e forse si sia confezionato una sua preghiera del tipo “neutro mio” e “trans mio”. Siamo al ridicolo!
Ma siamo anche alla blasfemia, poiché tutto il discorso del “nostro” non è altro che uno sberleffo e un’offesa a Nostro Signore che ha voluto insegnarci a pregare il “Padre nostro che è nei Cieli”.

Come non pensare che questo moderno gesuita, probabilmente, prega il padre suo che è negli inferi?

E non poteva mancare, per un gesuita moderno, la citazione di prammatica del gesuita seduto a Roma. Con il conseguente scadimento nella miseria intellettuale.

« Lo scopo della diversità è la comunione. Siamo tutti fratelli e sorelle. » 
Ecco un’espressione senza alcun significato e priva di un minimo di struttura intelligente. Una battuta da bar dello sport. Ed è inutile richiamarsi all’autorità della Laudato sii – come fa il nostro – poiché anche questa “enciclica” di Francesco è una raccolta di vuoti luoghi comuni e di battute da bar dello sport.

E la prova la fornisce quest’altra battuta:
« Cambiare il corpo non cambia l’essenza, perché essa è divina.» 
Cioè?
Incredibile come basti una battuta come questa per demolire, nelle menti moderne, tutta la struttura della Genesi. Forse che Dio non “li creò maschio e femmina”? Forse che Dio li creò interscambiabili? Forse che Dio non li creò con strutture, con essenze, diverse, perché, per esempio, la femmina fosse la compagna del maschio? Forse che Dio si sia sbagliato perché non conosceva allora, anacronisticamente, la teoria del genere, le rivendicazioni LGBT e i moderni insegnati gesuiti di Belo Horizonte?
E anche qui dal ridicolo scadiamo nel grottesco e nella blasfemia.

E questo gesuita dimostra di essere perfino un incompetente in fisiologia e in filosofia, lui che insegna in una facoltà filosofica. Che significa: “cambiare il corpo non cambia l’essenza”? L’essenza di ogni essere è riflessa nella sua corporeità, non può esserci un essenza “maschile” che si riflette in un corpo femminile e viceversa. Perché questo addebiterebbe l’errore a Dio onnisciente, rendendolo colpevole di menzogna pratica, di inganno e di confusione. Mentre invece il menzognero, l’ingannatore e il confusionario è questo moderno gesuita che propaganda la titanica pretesa umana di potersi scegliere il corpo che si vuole nonostante quello che gli ha assegnato Dio.

Ma forse la realtà più vera e più cruda è che questi personaggi, nonostante vestano l’abito clericale, non credono in Dio onnipotente, ma solo nella presunta onnipotenza dell’uomo. Per di più senza rendersi conto che non è farina del loro sacco, ma suggestione perniciosa che viene loro dal demonio: il padre della menzogna.

di Belvecchio
http://www.unavox.it/FruttiPostconcilio/NuoviPreti/Diversita_sessuale_e_teologia_Brasile.html

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