ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 19 gennaio 2018

Una misericordia all’ingrosso

E' INNOCENTE IL COLPEVOLE ?


Ma Dio non considera innocente il colpevole. La "strana pretesa" da parte di certi neoteologi, che Dio, tenendo conto della generale condizione di peccato dell’umanità, sia pronto e disposto ad una "misericordia all’ingrosso" 
di Francesco Lamendola   

  

Rileggiamo i primi versetti del libro di uno dei profeti cosiddetti minori dell’Antico Testamento, il profeta Naum (2-3):

Il Signore è un Dio esigente, / egli punisce chi si oppone a lui; / la sua collera è terribile,. / Il Signore si vendica dei suoi nemici, / è adirato contro di loro. / Il Signore è paziente, / la sua potenza è immensa, / ma non considera innocente il colpevole/ Quando egli cammina, / si scatena una violenta tempesta; / le nubi sono la polvere  / sollevata dai suoi passi.

Certo, qui il profeta sta parlando “in situazione”, come piace tanto specificare ai neopreti come Sosa Abascal, e cioè sta lanciando un terribile ammonimento contro la città di Ninive e contro l’Assiria, un regno potente e crudele, che opprime il popolo d’Israele, e ne predice la fine imminente e la distruzione totale; nondimeno, se non vogliamo cadere nella forma più piatta di storicismo, quando leggiamo la Bibbia dobbiamo ricordare che è lo Spirito di Dio che parla, e quindi non parla mai solo in situazione, ossia storicamente, ma che, nelle sue Parole, c’è sempre un soffio più ampio, una dimensione universale che abbraccia il presente, il passato e il futuro e che si prolunga fino agli estremi confini dell’universo. E dunque, un passaggio ci ha particolarmente colpito, un passaggio che ci è sembrato di estrema attualità, nella misura in cui tutta la Bibbia è, tutta e sempre, di estrema attualità, perché parla sul piano della storia ma parla anche, e soprattutto, sul piano soprannaturale, e quel che ha da dire, vale per sempre:  Il Signore è paziente, / la sua potenza è immensa, / ma non considera innocente il colpevole. Specialmente quest’ultimo concetto: il Signore è paziente, ma non considera innocente il colpevole. E ciò va tenuto bene a mente, in questi tempi nei quali si abusa del concetto, pur giusto e vero in se stesso, dell’infinita misericordia di Dio.
C’è una bella differenza fra l’atteggiamento di colui che confida nella misericordia di Dio, pentendosi profondamene e sinceramente dei propri peccati, e quello di colui che pretende da Dio una cosa illogica e impossibile: che Egli consideri innocente il peccatore. Il peccatore non è innocente; e gli uomini sono tutti peccatori. Tutti, nessuno escluso. Da quest’ultima constatazione deriva la strana pretesa, da parte di certi neoteologi e neopreti, che Dio, tenendo conto della generale condizione di peccato dell’umanità, sia pronto e disposto ad una misericordia all’ingrosso, una specie di indulto plenario o di sanatoria generale. Il primo atteggiamento scaturisce dall’umiltà e dalla coscienza della propria fragilità, il secondo è figlio della superbia e della pretesa di aver diritto alla salvezza senza alcun merito: una delle quattro forme che assume il peccato più grave di tutti, quello contro lo Spirito Santo. Bisognerebbe andarci assai piano nel pensare, e nel lasciar credere ai fedeli, che Dio sia disposto a perdonare qualsiasi peccato, anche in assenza di qualunque ravvedimento: questo è un voler prendere in giro il Signore. Ma, obietterà qualcuno, le parole del profeta Naum riflettono il Dio dell’Antico Testamento, giusto ma terribile, non il Dio del Nuovo Testamento, sempre amorevole e misericordioso. Come sarebbe a dire: dunque la Bibbia ci parla di due diverse divinità? Forse che non è amorevole anche il Dio del profeta Naum, e non è terribile anche il Dio di Gesù Cristo, per esempio quando esclama: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli? L’idea che ci siano due diverse divinità, una per l’Antico e un’altra per il Nuovo Testamento, è l’idea di Marcione, cioè un’idea eretica. Non è vero che il Dio annunciato da Gesù sia un altro Dio rispetto a quello annunciato da Mosè, dai Profeti, dai Patriarchi, da Davide e Salomone: non sarebbe possibile neppure sul piano logico, a meno di cadere nel politeismo. Dio è uno (e trino); e se può cambiare, per taluni aspetti, il suo annuncio agli uomini, si tratta di diverse tonalità della medesima sinfonia, di diverse prospettive di una stessa realtà: la misericordia non esclude, ma include la giustizia e quindi la severità; e viceversa.
È davvero una strana convinzione quella per cui Dio, essendo misericordioso, non potrebbe mai giudicare, né punire le creature che rifiutano ostinatamente e pervicacemente la sua offerta d’amore; una convinzione che si può sintetizzare nella formula proibito punire, e che è figlia, a sua volta, dell’idea sessantottina del proibito proibire. Walter Kasper, nel suo libro Misericordia, che sembra la principale fonte d’ispirazione della pastorale della neochiesa odierna, se la prende con l’idea di un Dio che giudica e che condanna e, nel far ciò, non esita a rispolverare niente di meno che la dottrina luterana della giustificazione con la sola fede:

“… la giustizia di Dio, divenuta manifesta in Gesù Cristo, non è la giustizia condannante e castigante di Dio, ma la giustizia che rende giusti; essa ci giustifica davanti a Dio per sua grazia e senza nostro merito, anzi nonostante i nostri demeriti. Essa ci viene concessa non a motivo delle nostre opere, ma a motivo della fede. Essa è la giustizia che giustifica l’uomo e lo rende giusto” (W. Kasper, Misericordia, tr. it. Brescia, Queriniana Editrice, 2013, p. 120).

Per quasi duemila anni la dottrina cattolica ha parlato ai fedeli dei Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso: ma si vede che si era sbagliata, oppure che è stato tutto uno scherzo. I più grandi pensatori, come san Tommaso d’Aquino, con la Summa Theologiae; i più grandi artisti, come Giotto, col suo Giudizio Universale; i più grandi poeti, come Dante Alighieri, con la Divina Commedia: tutti quanti hanno scherzato, oppure si sono ingannati. E così anche il sacro Magistero, per bocca di duecentosessanta pontefici, partendo da san Pietro, fino al Concilio Vaticano II, i quali, tutti, si sono ingannati, o hanno voluto farci uno scherzo: perché ora arriva il signor Kasper, ora arrivano i neoteologi e i neopreti, i quali, a nome della neochiesa, ci vengono a dire che Dio, essendo misericordioso, non può né condannare, né castigare, quindi che non vi è alcun giudizio e non esiste alcun inferno. Certo, è molto rassicurante, per i neocattolici, sapere una cosa del genere: da un punto di vista meramente umano, infatti, chi, se non un povero masochista, non preferirebbe l’idea che nessuno subisce le conseguenze dei propri peccati, all’idea opposta, secondo la quale vi è un castigo inevitabile per il peccatore impenitente? Ed è proprio questa la caratteristica principale della neochiesa e del neocattolicesimo: il fatto di porsi in una prospettiva meramente umana, che prescinde del tutto dal piano soprannaturale: quello della grazie e della partecipazione alla vita divina. Dal punto di vista umano, il peccato è qualcosa di spiacevole, specialmente perché se ne devono subire le conseguenze; esattamente come accade, sul piano della realtà profana, per chi commette un errore, anche se questo errore non si configura come un male morale, cioè come un peccato: ci sono inevitabilmente delle conseguenze da affrontare. Un grave sbaglio sul lavoro, per esempio, si paga con il licenziamento. Certo, c’è sbaglio e sbaglio: ma non c’è sbaglio che, prima o dopo, non porti le sue conseguenze negative. Oppure si può immaginare, ad esempio, che un casellante ferroviario, dopo aver trascurato di abbassare le sbarre e aver provocato, così, la morte di persone innocenti, possa conservare tranquillamente il suo posto di lavoro, come se nulla fosse accaduto? Per il peccato è la stessa cosa: se l’uomo, liberamente, sceglie il male, la conseguenza, cioè il castigo, è inevitabile: in questa vita, forse, magari in forme sottili e non visibili all’esterno; nell’altra, sicuramente. La vita eterna viene determinata dalle scelte fatte nella vita terrena: scelte libere, perché, se tali non fossero, nemmeno le conseguenze sarebbero  inevitabili. Ecco perché la dottrina luterana del peccato e della grazia è un’assurdità: negando il libero arbitrio, essa priva l’uomo sia del merito per il bene che compie, sia della colpa per il male; e quindi fa di Dio un capriccioso tiranno, che premia e castiga in maniera irragionevole, perché non tiene conto che l’uomo non è affatto responsabile, né del bene, né del male che compie. Ed ecco perché rispolverare la dottrina luterana della giustificazione mediante la sola fede è una ulteriore assurdità: giacché in nessun modo, con tale dottrina, si può arrivare ad abolire l’idea della punizione dei peccati, ma, semmai, solo l’idea che ‘uomo possa evitare la punizione con i propri meriti. Tutto dipende dalla sola fede, dono imperscrutabile di Dio: non conta il pentimento, conta la fede: pecca fortiter, sed crede fortius. Se, poi, tale dottrina viene contrabbandata da un teologo cattolico all’interno della fede cattolica, alla contraddizione logica si aggiunge la perfidia di un’azione subdola e dissimulata: si fa credere ai cattolici di essere ancora nell’ambito della fede cattolica, mentre si è passati bellamente nell’ambito della teologia protestante, vale a dire nell’eresia conclamata. Ci rendiamo conto, peraltro, che simili argomenti contano poco, oggi, in clima di ecumenismo galoppante e delirante, dove pare che l’unica cosa importante sia l’embrassons-nous, anche a scapito della verità e della fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo, così come la Chiesa l’ha interpretata, insegnata, annunciata e difesa per due decine di secoli. Ma tant’è; si vede che abbiano il grave difetto – horribile dictu – di appartenere alla vecchia generazione, quando le cose erano ancora sìsì, e nono – come, del resto, insegnava Gesù che devono essere – e non siamo capaci, né desiderosi, di cambiar pelle e voltare bandiera solo perché qualche Walter Kasper o qualche Vincenzo Paglia così hanno deciso.
Ma Dio non considera innocente il colpevole

di Francesco Lamendola


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