ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 6 gennaio 2018

Venite adoremus!

Epifania, l'annuncio della Salvezza per tutti

Adorazione dei magi, Gentile da Fabriano
La festa del Natale, che si celebra nella liturgia della Chiesa e che si espande – seppure in modo sempre più sgangherato e contraddittorio – anche nel mondo ‘profano’, contiene due aspetti coessenziali: il Verbo eterno che nasce come uomo a Betlemme, infatti, si manifesta anzitutto al popolo di Israele, conformemente al progetto di Dio che chiama alla salvezza per primi i discendenti di Abramo, a cui il Salvatore era stato promesso; in secondo luogo si manifesta anche ai popoli pagani, anche loro Egli chiama a riconoscere, accogliere e adorare l’unico Salvatore del mondo. Se così non fosse stato i nostri antenati, e quindi noi, saremmo stati esclusi dall’opera della redenzione; a cosa dunque sarebbe servita per noi l’incarnazione, la passione e la morte di Cristo, se i benefici soprannaturali del mistero del Figlio di Dio incarnato e immolato, fossero riservati agli ebrei? A cosa sarebbero servite per noila sua risurrezione e ascensione al Cielo, se il Signore con il suo trionfo non avesse aperto il Cielo anche per noi?

Ecco dunque che come i convertiti di Israele non si stancano di benedire il canto degli angeli che ha indicato ai pastori la grotta di Betlemme, così noi, discendenti dei popoli pagani di tutto il mondo, dovremmo vivere con entusiastica riconoscenza la festa dell’Epifania: in quella carovana di uomini illustri venuti dall’Oriente e guidati dalla stella siamo rappresentati tutti noi, discendenti di un mondo escluso dall’Antica Alleanza e, in loro, chiamato a quella Nuova. L’Epifania è la nostra festa, cerchiamo dunque di capirne qualcosa di più.
Precisiamo anzitutto i contorni temporali: anche se per consuetudine siamo abituati ad associare la venuta dei magi con la natività, dobbiamo necessariamente porre tra i due episodi un anno e mezzo o due anni di distanza. Matteo infatti ci dice che i magi trovarono il Bambino e sua Madre in una casa: evidentemente avevano lasciato la grotta della natività e, non potendosi rimettere in viaggio con un neonato, si erano stabiliti in un’abitazione di Betlemme, dove probabilmente avevano ancora dei parenti; più chiaramente ci dice che il re Erode, dopo essersi informato circa il tempo del loro viaggio, dopo la partenza dei magi fa uccidere i bambini di Betlemme dai due anni in giù (Mt 2, 16): questa dunque doveva essere all’incirca l’età di Gesù al momento della visita dei magi.
Veniamo ora ai protagonisti: chi sono i magi? Sappiamo anzitutto che vengono da ‘oriente’, determinazione piuttosto vaga, che indica semplicemente l’essere stranieri: infatti poiché ad occidente Israele ha solo il mare, chiunque arrivi da fuori, viene da oriente. Dunque più che un’indicazione geografica si tratta di una chiara collocazione etnica e religiosa: i magi sono non ebrei, quindi sono stranieri quanto all’etnia e pagani quanto alla religione.

Più preciso è il termine utilizzato per designarli: magi è un vocabolo di origine persiana, legato probabilmente alla dottrina del mazdeismo, ed identifica una classe di studiosi, di sapienti, e secondo l’uso dell’epoca, oggetto di studio sono la religione, la filosofia, l’astronomia, e ogni genere di sapienza. In nessun luogo invece si dice che fossero dei re, ma questo titolo venne poi applicato loro da vangeli apocrifi per metterli in sintonia con il salmo 72, nel quale si legge: “I re di Seba e di Saba offriranno tributi …”; non di meno possiamo ritenere che fossero, se non proprio dei sovrani, dei personaggi altolocati, dato che solo i ricchi e potenti potevano permettersi di dedicarsi a tempo pieno agli studi così da essere definiti magi, e poter finanziare un’impresa così dispendiosa come il lungo viaggio di una carovana di uomini, bestiame e vettovaglie.
Sarebbe facile vedere nell’episodio dell’adorazione dei magi un racconto simbolico, inventato a bella posta per illustrare la chiamata dei pagani alla fede in Gesù alla pari con gli ebrei. Purtroppo lo fa la gran parte degli esegeti contemporanei, influenzati dai criteri interpretativi della scuola critica di origine illuminista e protestante. Sarebbe facile se non ci fosse narrato proprio dall’evangelista Matteo. Infatti la credibilità storica dell’episodio ha il suo punto di forza proprio nel fatto di comparire in questo vangelo. Come è noto, il Testo di san Matteo è diretto agli ebrei, per convincerli che Gesù è il messia promesso ad Israele, e più degli altri vuole mostrare la continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento: è inconcepibile che proprio lui metta in bella vista che Gesù è il salvatore anche dei pagani.
Il fatto che si tratti di un evento storico realmente accaduto non ci impedisce però di leggere in esso numerosi elementi simbolici che avvalorano ulteriormente il significato di questa festa.
1) Anzitutto vediamo nel lungo e faticoso pellegrinaggio dei magi verso la casa di Betlemme il simbolo del primo incontro e dialogo tra la fede e la ragione: i magi sono gli studiosi che unendo la sincera apertura della mente e del cuore, scevri da pregiudizi, con l’indagine scientifica più avanzata di quel tempo, cioè i movimenti astronomici, si lasciano alle spalle i loro idoli – le false divinità dell’epoca, ma anche gli idoli dello scientismo moderno – e non temono di inginocchiarsi davanti all’unico vero Dio fatto uomo, divenendo così il prototipo dell’uomo vero, che è razionale e credente insieme, senza alcuna contraddizione.
2) Di conseguenza la speciale stella che guida i magi a Betlemme rappresenta ovviamente la luce dell’intelligenza umana e la luce della grazia divina che brillano insieme e che insieme conducono l’uomo al riconoscimento del vero Dio e all’adorazione di Lui, senza complessi.
3) I doni che i magi portano al Bambino sono stati riconosciuti da tutta la tradizione cristiana come i simboli della triplice dignità di Colui che essi sono venuti ad adorare: l’incenso è il profumo che si brucia per onorare la divinità, dunque è il riconoscimento che quel Bambino è Dio venuto nel mondo; l’oro è l’omaggio che si fa ai re, dunque è il riconoscimento che è nato il sovrano dell’intero universo; la mirra è l’unguento con cui si dà degna sepoltura ai defunti di riguardo, dunque con esso si onora anzitempo quella morte che darà la vita al mondo.
Infine notiamo che i sapienti venuti dall’oriente accorrono a Betlemme, mentre coloro che per il loro ruolo ufficiale – sacerdoti e scribi – dovrebbero essere i testimoni accreditati e i garanti credibili della nascita del Messia, sono chiusi nel palazzo di Erode a confabulare per togliere di mezzo il Bambino. Sono questi paradossi che ci danno la misura dello ‘stile’ di Dio.
Claudio Crescimanno
 http://www.lanuovabq.it/it/epifania-lannuncio-della-salvezza-per-tutti

Omelia di San Leone Magno per l'Epifania

SECONDO SERMONE DI S. LEONE MAGNO
TENUTO NELLA FESTA DELL'EPIFANIA
(XXXII della Patrologia del Migne)


Gioite nel Signore, o dilettissimi, di nuovo dico, gioite: perché dopo breve intervallo di tempo dalla solennità della Nascita di Cristo, risplende la festa della sua manifestazione: e colui che in quel giorno la Vergine diede alla luce, il mondo l'ha riconosciuto quest'oggi. Infatti il Verbo fatto uomo dispose il suo ingresso nel mondo in tal maniera, che il bambino Gesù fu manifestato ai credenti e occultato ai suoi persecutori. Fin d'allora dunque "i cieli proclamarono la gloria di Dio, e il suono della verità si sparse per tutta la terra", quando una schiera d'Angeli apparve ai pastori per annunziare loro la nascita del Salvatore, e una stella fu di guida ai Magi per venire ad adorarlo; affinché dall'oriente fino all'occidente risplendesse la venuta del vero Re, perché così i regni d'Oriente appresero dai Magi gli elementi della fede, ed essi non rimasero nascosti all'impero Romano. Poiché anche la crudeltà d'Erode, che voleva soffocare in sul nascere il Re che gli era sospetto, serviva, a sua insaputa, a questa diffusione della fede; ché, mentre intento a un atroce delitto perseguitava, con un massacro generale di bambini, l'ignoto bambino, ovunque più solennemente si spargeva la fama della nascita annunziata dal dominatore del cielo, rendendola più pronta e più atta alla divulgazione, e la novità d'un segno nuovo nel cielo e l'empietà del crudelissimo persecutore. Allora pertanto il Salvatore fu portato anche in Egitto, affinché questo popolo, in preda a vecchi errori, fosse preparato, con una grazia secreta, a ricevere la sua prossima salute; e affinché, prima ancora d'aver bandito dall'animo la superstizione, ricevesse già ospite la stessa verità.

Giustamente, dilettissimi, questo giorno, consacrato alla manifestazione del Signore, è festeggiato con particolare solennità in tutto il mondo: esso deve risplendere nei nostri cuori con adeguata luce, sicché noi possiamo venerare i fatti compiuti non solo credendoli, ma anche comprendendoli.
L'accecamento dei Giudei sta a provare quale ringraziamento noi dobbiamo al Signore per la illuminazione delle genti. Chi mai è così cieco e tanto lontano dalla luce come quei sacerdoti e scribi israeliti? Interrogati dai Magi, e alla richiesta di Erode dove Cristo secondo le Scritture dovesse nascere, diedero, in conformità all'oracolo del profeta, una risposta che andava d'accorso con il segno della stella, la quale poteva certamente, lasciata da parte Gerusalemme, condurre i Magi fino alla culla del Bambino, come poi fece. Ma si voleva confondere la durezza dei Giudei, disponendo che non solo dal segno della stella, ma anche dalla loro stessa dichiarazione si scoprisse il luogo di nascita del Salvatore. Ecco dunque che l'oracolo del profeta già passava, come insegnamento, alle genti, e i cuori degli stranirei apprendevano il Cristo, preannunciato dalle antiche profezie; invece i Giudei, infedeli, proferivano con la bocca la verità e ritenevano nel cuore la mezogna. Non vollero conoscere con gli occhi colui che indicarono con i Sacri Libri. Non vollero adorare nella debolezza l'umile Bambino che poi, fulgente nella magnificenza dei prodigi, avrebbero crocifisso.
Come mai, o Giudei, avete una scienza così infruttuosa e una dottrina così vuota? Interrogati dove Cristo dovesse nascere, a memoria e con precisione rispondete ciò che avete letto: "A Betlemme di Giuda; così infatti è stato scritto dal profeta: E tu Betlemme, città di Giuda, non sei certo la minore fra le capitali di Giuda, perché da te uscirà un capo che guiderà Israele, mio popolo". Gli angeli ai pastori, e i pastori a voi annunciarono la nascita di questo principe, mentre le lontane nazioni degli orientali l'appresero dall'insolito splendore di una nuova stella. E perché non dubitassero circa il luogo del nato Re, la vostra cultura fece loro sapere ciò che la stella non aveva insegnato. Ma perché vi impedite la via che aprite agli altri? Perché dubitate con la vostra infedeltà di ciò che la vostra risposta rende manifesto? Voi indicate il luogo della nascita con la testimonianza della Scrittura; voi conoscete pure per attestazione del cielo e della terra che è giunto il tempo: tuttavia, mentre Erode accende l'animo alla persecuzione, voi indurite il vostro cuore a non credere. Certamente l'ignoranza dei fanciulli, che il persecutore uccise, fu più fortunata della vostra scienza che egli consultò nei suoi sospetti. Voi non voleste accogliere il regno di colui del quale sapeste indicare il paesello. Invece quelli seppero morire per colui che non potevano ancora confessare. Così, perché nessuna età fosse senza miracolo, Cristo prima dell'uso della lingua esercitava silenziosamente la potestà del Verbo, e quasi già diceva: "Lasciate che i bambini vengano a me, di tali è infatti il regno de' cieli". Egli con nuova gloria coronava i fanciulli e con i suoi inizi rendeva sacra l'infanzia.
In tal modo appare chiaro che nessuno è escluso dal Divin Sacramento [il Battesimo, ndt], anche quando quella età è stata idonea alla gloria del martirio.

Riconosciamo dunque, o dilettissimi, nei Magi adoratori di Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede; e con animo esultante celebriamo i princìpi di questa beata speranza. Poiché fin d'allora cominciammo ad entrare nell'eterna eredità: fin d'allora ci si scoprirono i passi misteriosi della Scrittura intorno a Cristo; e la verità, che la cecità dei Giudei non accolse, sparse la sua luce in tutte le nazioni. Onoriamo dunque questo santissimo giorno in cui l'Autore della nostra salute s'è fatto conoscere: e quello che i Magi adorarono bambino nella culla, noi adoriamolo onnipotente nei cieli. E come quelli coi loro tesori offrirono al Signore dei mistici doni, così ancor noi sappiamo cavare dai nostri cuori dei doni degni di Dio. Infatti, benché egli sia il donatore di tutti i beni, vuol vedere il frutto della nostra laboriosità. Poiché il regno di Dio non è dato ai dormienti, ma a chi fatica e a chi veglia nella pratica dei comandamenti di Dio. Soltanto così ci è possibile non rendere inutili i doni di Dio e, attraverso ciò che egli ha donato, meritare quel che egli ha promesso. Pertanto esortiamo la vostra carità a che, astenendovi da ogni azione cattiva, seguiate la castità e la giustizia. I figli della luce devono deporre ogni opera delle tenebre. Cessate dagli odii, aborrite la menzogna, con l'umiltà distruggete la superbia; guardatevi dall'avarizia e amate la generosità. Occorre che le membra siano conformi al proprio capo per poter meritare die ssere a parte delle promesse della beatitudine: per Gesù Cristo Signor nostro, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna, Iddio, nei secoli dei secoli. Amen.
http://traditiomarciana.blogspot.de/2018/01/omelia-di-san-leone-magno-per-lepifania.html
https://youtu.be/q-OYwBZDyNE

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