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martedì 27 febbraio 2018

Perché il problema si chiama Bergoglio

PEZZO GROSSO: IL PROBLEMA NUMERO UNO DELLE FINANZE VATICANE, IOR COMPRESO, SI CHIAMA PAPA BERGOGLIO.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, nei giorni scorsi su un sito para-vaticano è apparso un articolo in cui si raccontava di come il Pontefice regnante fosse impegnato nella ristrutturazione delle finanze vaticane e dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR) in particolare. Ora ci sembra di poter dire che dopo il coinvolgimento personale e diretto di papa Bergoglio prima in quel pasticciaccio brutto dell’Ordine di Malta, che, come sappiamo, profumava di soldi più che di santità, e la straordinaria richiesta alla Papal Foundation di 25 milioni di dollari per l’IDI, travolto da inchieste giudiziarie e tracolli finanziari, forse sarebbe più saggio anche per musici di corte non arpeggiare più di tanto su questi argomenti. E infatti Pezzo Grosso deve aver letto lo stesso articolo, e ci ha mandato una letterina al vetriolo. Eccola.

“Caro Tosatti, le faccio una confidenza. So perché le finanze vaticane non funzionano, e credo di aver capito quale è il vero problema, anzi credo di sapere anche come si chiama il problema: Bergoglio. Tenterò di spiegarlo in modo sintetico e semplice. Dimenticavo, chi mi ha aiutato a capire son state ben tre persone, tutte ex coinvolte direttamente nelle finanze vaticane e tutte e tre si son dichiarate pro-Bergoglio, non ostili a lui. Ma tutte e tre han dato una risposta più o meno uguale alla domanda mia conseguente: ma allora perché non risolve il problema facendo…? Risposte: perché non si applica per capire e analizzare il problema; lo ascolta, dà un ordine e se ne va….Poi se legge sui giornali gli inevitabili conseguenti fatti scandalistici, si arrabbia…ecc.
Ma vediamo perché il problema si chiama Bergoglio:
– Nelle carte che Benedetto diede a Papa Francesco ( al passaggio consegne ), c’erano indicazioni sui problemi delle istituzioni vaticane che operavano in area finanziaria. Le ha lette?
– Tolse al Segretario di Stato Parolin la delega sulle attività finanziarie, praticamente spaccando in due la segreteria di Stato, e nominò il card. Pell. Sant’uomo certamente, che però di finanza non aveva alcuna esperienza, e lo dimostrò ben presto.
– Nominò (e confermò) mons. Ricca quale Prelato dello Ior. Il Prelato dello Ior ha il compito di gestire, quale trait-d ‘union, le relazioni tra vertici dell’Istituto e la Commissione Cardinalizia di sorveglianza. (NON è un ruolo onorifico).
– Nominò personalmente alcune persone al vertice di Cosea (Chaouqui – Balda).
– Cambiò personalmente, e d’imperio, senza seguire nessuna procedura statutaria e senza avere informazioni necessarie su fatti e persone, il vertice dello Ior (nominando il DG Mammì e il Vice DG Mattietti).
– Non ascoltò il famoso capo del controllo Milone, il revisore dei conti, quando cercò di spiegargli cosa aveva compreso o scoperto (questo non mi è stato chiarito).
– Non ha mai voluto indagare, nonostante i suggerimenti ricevuti, sul ruolo svolto dall’Organo di Vigilanza (Aif) creato con la legge Antiriciclaggio nel 2010.
– Chiese personalmente ad un prestigioso ed esperto Consigliere Ior (Carlo Salvatori, ex Presidente Unicredito) di dimettersi perché “ostacolava” il lavoro della direzione facendo domande in Consiglio…
– Ha appena messo in condizione l’ex Ambasciatrice Usa presso la Santa Sede, Ann Glendon, di dimettersi quale Consigliere Ior (e non lo ha fatto per ragioni di salute…).
Quousque tandem abutere …patientia nostra?”.
Pezzo grosso.

MARCO TOSATTI

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