Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ieri mattina, non appena letti i giornali, Romana Vulneratus Curia (RVC per amici e nemici) ci ha inviato una lettera aperta diretta al Pontefice regnante. Ieri è stata una giornata un po’ complicata per chi gestisce Stilum Curiae, e la pubblichiamo solo oggi, con mille scuse all’autore e a vori lettori. E intanto stiamo riflettendo sul singolare messaggio inviato da Benedetto, e di cui fanno a fanfara tutti i musici di corte. Ma forse ce ne occuperemo un po’ più tardi. Intanto leggiamo RVC:
“Gentile dottor Tosatti, ho letto il messaggio di Papa Francesco dato ieri a Sant’Egidio. In sintesi dice che il diverso, lo straniero non è nostro nemico, non dobbiamo avere paura, nessuno deve essere più straniero, dobbiamo continuare ad aprire corridoi umanitari, i poveri sono il nostro tesoro, ma soprattutto basta paura per lo straniero, il diverso, è una malattia (titola Repubblica il 12marzo). Le chiedo di pubblicare la seguente lettera aperta (e inutile) per il Papa.
<Santità, deve rasserenarsi, noi non abbiamo paura dello straniero o del diverso, sia paziente e misericordioso con me se oso dirle che (in tal senso) noi abbiamo paura di Lei e di chi la circonda. Perché è lei che ci ha insegnato ad avere paura dei diversi. Le ricordo che ci ha insegnato ad avere paura di chi lei considerava diversi e per lei stranieri, come il card. Caffarra, il Card. Brandmüller, il Card. Burke, tanto che lei ha temuto persino di rispondere alle loro suppliche. Per non parlare della paura che ci ha insegnato ad avere verso un cardinale proveniente dalla Guinea, come Sarah, o di un altro cardinale tedesco come Mueller o della paura che ha manifestato verso i Francescani dell’Immacolata, o verso altri che per Lei erano “diversi”, stranieri. Perciò, mi creda, la nostra paura dell’immigrato è minima rispetto alla paura che abbiamo di chi la circonda e la consiglia, abbiamo paura di Paglia, di Galantino, di Spadaro, di Coccopalmerio, di Ravasi, di Marx, di Sorondo. Ma chi le ha detto che noi abbiamo paura di confrontarci, di essere solidali, di dialogare ? Noi lo facciamo da sempre secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo. Ma nessuno dei suoi consiglieri, neppure il fondatore di Sant’Egidio, Riccardi, le ha mai spiegato come nasce il processo di immigrazione, chi l’ha voluto e pianificato? Chi ne sta traendo vantaggi? La turberebbe Santità, scoprire che è stato concepito e pianificato al fine di imporre un “sincretismo religioso” per relativizzare la troppo dogmatica fede cattolica? Le hanno mai fatto leggere ciò che hanno scritto negli ultimi anni fa i segretari dell’ONU, Kofi Annan e Ba-Ki moon ? Mi perdoni l’ardire Santo Padre, ma ora capisce quindi di chi, e perché, abbiamo paura?>.
Imploro la Sua Benedizione. Romana Vulneratus Curia.
http://www.marcotosatti.com/2018/03/13/romana-vulneratus-curia-scrive-al-papa-fanno-paura-i-suoi-amici-non-i-diversi/
IL DUBBIO
Vaticano, il sospetto di Socci sulla lettera di Benedetto XVI per papa Francesco
IL DUBBIO
Vaticano, il sospetto di Socci sulla lettera di Benedetto XVI per papa Francesco
La lettera di Benedetto XVI in difesa di papa Francesco e contro gli "stolti stereotipi" contro il pontefice e il papa emerito non ha convinto del tutto alcuni attenti osservatori del mondo cattolico, a cominciare da Antonio Socci. Sulla sua pagina Facebook, la firma di Libero ha sollevato il dubbio che quel testo, così duro e così stranamente in contraddizione con quanto finora scritto da Ratzinger: "In attesa di leggere tutta la lettera - scrive Socci - e in attesa che ci mostrino non il dattiloscritto, ma l'autografo di questa lettera che potrà essere sottoposto ad esperti di grafia, rilevo che è stato proprio Benedetto XVI - nel suo ultimo libro intervista - a dire "ognuno ha il suo proprio carisma. Francesco è l'uomo della riforma pratica".
"Dunque - aggiunge Socci - oggi si contraddice affermando il contrario? Chi ha scritto il testo avrà letto il libro di papa Benedetto, no? Infine: non è emblematico che Bergoglio abbia questa smania di usare Benedetto XVI per coprirsi e legittimare un pontificato obiettivamente disastroso come è il suo? O dopo 5 anni Bergoglio sente che il popolo di Dio non lo riconosce come suo vero pastore?"
MESSAGGIO DI BXVI.”STOLTO” È PROPRIO STRANO. RIFLESSIONI FUORI DAL CORO DEGLI OSANNA DI CORTE.
La fonte ufficiale e, cioè VaticanNews, il cui responsabile ha ricevuto la lettera di Benedetto XVI, ce la presenta così:
“Una lettera personale di Benedetto XVI sulla continuità con il pontificato di Papa Francesco. A renderla pubblica il Prefetto della Segreteria per la Comunicazione, mons. Dario Edoardo Viganò, che l’ha ricevuta in occasione della presentazione della collana ‘La Teologia di Papa Francesco’, edita dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV), avvenuta oggi nel corso di una conferenza stampa a Roma presso la Sala Marconi di Palazzo Pio. <Plaudo a questa iniziativa – scrive Benedetto XVI – che vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi>. Il Papa Emerito ringrazia di aver ricevuto in dono gli undici libri scritti da altrettanti teologi di fama internazionale che compongono la collana curata da don Roberto Repole, presidente dell’Associazione Teologica Italiana. <I piccoli volumi – aggiunge Benedetto XVI – mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento>.
Come abbiamo visto e sentito i musici di corte si sono affrettati a rivendere questo strano messaggio come un endorsement a tutto campo del Pontefice regnante da parte del suo predecessore rinunciatario, come se in questo modo avesse steso il suo manto di garanzia a qualunque cosa detta e fatta da papa Bergoglio; e come se avesse voluto difenderlo dalle critiche e dagli attacchi, sempre più frequenti, per il governo della Chiesa, e per la confusione magisteriale che molti a tutti i livelli avvertono.
Ci permettiamo qualche osservazione su un messaggio che per quanto breve è curioso. Prima cosa. L’aggettivo stolto. La sua scelta è singolare, per non dire inedita. Abbiamo cercato nelle encicliche, nelle esortazioni apostoliche e in diverse lettere apostoliche di Benedetto XVI, senza riuscire a trovare che Joseph Ratzinger abbia mai usato una sola volta questo termine. In realtà no: nella lettera apostolica per il beato Andrea Bessette, scritta solo in latino, usa il termine stolto, ma come citazione di San Paolo: «Quae stulta sunt mundi, elegit Deus, ut confundat sapientes et infirma mundi elegit Deus, ut confundat fortia, et ignobilia mundi et contemptibilia elegit Deus, quae non sunt, ut ea, quae sunt, destrueret, ut non glorietur omnis caro in conspectu Dei» (1 Cor 1, 27-29).
Una seconda osservazione. I media hanno sottolineato la ri-valutazione di papa Bergoglio da un punto di vista filosofico e teologico. Ora, non mi sembrate esistano importanti opere filosofiche e teologiche del Pontefice, che peraltro non ha mai completato la sua tesi di dottorato in teologia. E i libri –piccoli, sottolinea il messaggio – di cui si parla non li ha scritti il papa, ma altri su di lui…Sbagliamo a considerare questa ri-valutazione, se proviene proprio da Benedetto, una forma di cortese carineria; quanto credibile lo scrivente lascia giudicarlo ai lettori. Ma è una gentilezza necessaria per aprire lo spazio alla seconda difesa, quella di se stesso. E cioè per smentire che Joseph Ratzinger sia stato unicamente “un teorico della teologia”. Accusa che sotto varie forme e modalità circola da decenni, e ancora serpeggia. E che, per qualche ragione a noi ignota, adesso si vuole contrastare.
Un’ultima osservazione riguarda la “continuità”. Il termine è “continuità interiore”. Interiore è usato soprattutto per quanto riguarda spirito e coscienza, ci insegnano i vocabolari a cui abbiamo attinto. Ma un pontificato non è solo interiorità, tutt’altro: è soprattutto governo, ed è soprattutto insegnamento, magistero. Ecco, ci sembra interessante notare l’uso così particolare e limitativo della “continuità” nel biglietto di ringraziamento giunto a mons. Viganò. Neanche la gentilezza, o il senso di responsabilità potevano spingersi oltre il limite della realtà visibile, evidente, sotto gli occhi di tutti.
MARCO TOSATTI
Commento alla lettera del papa emerito Benedetto XVI a mons. Viganò
13 marzo, 2018
Ha sconcertato molto il popolo dei social cattolici la lettera che Benedetto XVI ha inviato a mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, in ringraziamento per l’omaggio della collana “La Teologia di Papa Francesco”, undici libri scritti da altrettanti teologi sul magistero dell’attuale pontefice. Lo stupore ha riguardato innanzitutto lo stile diretto e un po’ crudo, inusuale per il papa emerito, tanto da far pensare che il contenuto originale della missiva fosse stato rappresentato in modo diverso da come era stato scritto.
E invece l’immagine pubblicata da Radio vaticana e poi ripresa da altri siti riportava esattamente l’aggettivo “stolto” che Benedetto ha scelto per definire il pregiudizio nei confronti della cultura teologica di papa Bergoglio.
Infatti scopo dell’opera è quello di illustrare teologicamente “il messaggio di Francesco, la sua capacità di leggere le esigenze dei tempi in continuità con i papati precedenti e con le grandi intuizioni del Concilio Vaticano II”, realizzando “una nuova forma di misticismo: la mistica degli occhi aperti sull’angoscia del prossimo”. (Radio vaticana).
Nella lettera Benedetto contesta l’opinione diffusa tra i fedeli “per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi.”
Quest’affermazione però contrasta con quanto egli stesso affermò nel libro-intervista “Ultime conversazioni” (2016) scritto dal suo biografo Peter Seewald, in cui il suo giudizio sulla diversità dei due pontificati fu questo: “Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza. Ma non riesco a vedermi come un fallito. Francesco è l’uomo della riforma pratica e ha anche l’animo per mettere mano ad azioni di carattere organizzativo.”
Strano cambiamento di opinione in soli due anni, possibile che abbia dimenticato le precedenti affermazioni?
Ma, a parte questa stranezza, il suo apprezzamento nei confronti di papa Francesco è assolutamente coerente nella lettera a Mons. Viganò come nell’intervista a Peter Seewald in cui si dichiara “felice” del suo successore, la cui elezione è stata il segno di una “Chiesa viva”.
L’ipotesi che egli sia stato “costretto” ad esprimersi con parole di elogio verso papa Francesco viene a cadere sapendo che nessuno lo ha obbligato a rilasciare quell’intervista, da lui letta preventivamente ed autorizzata alla pubblicazione.
Così come appare inverosimile che la sua rinuncia sia stata dovuta a cause diverse da quella da lui enunciata, cioè l’ingravescente aetate, il peso degli anni, perché lui stesso lo ha escluso: “Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte. Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi – continua – grazie a Dio ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo.”
Per smentirlo in base a ipotesi complottiste dovremmo dargli del simulatore, ma la statura etica dell’uomo non lo consente e d’altronde, si ribadisce, nessuno gli ha estorto un’intervista a tutto campo dopo la sua messa a riposo.
Restano aperti gli interrogativi di merito sulla sua rinuncia, se vogliamo credere alle sue motivazioni, e non possiamo fare altrimenti trattandosi di un pontefice.
Certo è che la Chiesa oggi appare sempre più distaccata dal comune sentire dei credenti e la sua millenaria dottrina sembra traballare sotto i colpi di “aperture ed uscite” che appaiono più delle fughe dalla Verità che delle rincorse per la salvezza delle anime.
Lo stesso Vangelo è reinterpretato alla luce della “creatività” di uno Spirito Santo” che si fa fatica a conciliare con lo stesso Spirito che ha ispirato quello stesso Vangelo.
Per concludere, si deve prendere atto che per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo due papi, che vanno accettati uno come legittimamente in carica e l’altro come legittimamente deposto, i quali, per quanto appare, sono perfettamente allineati e concordi nella stima reciproca e negli intenti. Ma è fin troppa grazia, a noi ne era sufficiente uno solo, in comunione spirituale con Dio e con il Suo popolo.
Paola de Lillo
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