Turoldo, divorzio, aborto. Siete voi cari cattolici progressisti che avete spaccato la Chiesa in 2 con la vostra idea totalmente sbagliata e non cristiana di libertà per voi pare quasi che l’uomo sia libero di andare contro Dio
di Francesco Lamendola
Non abbiamo alcun dubbio che l’evento decisivo ed esiziale che ha provocato la crisi della Chiesa contemporanea è stato il tanto decantato Concilio Vaticano II. Esso ha introdotto nella Chiesa le categorie di “progressista” e “conservatore”, che appartenevano al mondo profano e in particolare alla politica, gettando i semi di uno scisma che, prima o poi, finirà per manifestarsi, e che, nei fatti, si è già manifestato. La responsabilità di aver creato le premesse per una spaccatura e per una guerra civile, in senso ideale, dentro la Chiesa cattolica, ricade interamente sulle spalle dei progressisti. Sono loro che hanno voluto distinguersi, che hanno voluto prendere l’iniziativa, che hanno ritenuto insopportabile continuare ad essere confusi, da chi è fuori della Chiesa, con i cattolici da essi tanto avversati e disprezzati, i “tradizionalisti”. Sono essi che hanno deciso di imprimere una svolta alla Chiesa, di cambiare la liturgia, di rivoluzionare la pastorale, e di introdurre una serie di piccole variazioni (piccole, apparentemente) le quali, un po’ alla volta, sarebbero servite come cunei per incrinare la solidità della dottrina e iniziare a sgretolarla dall’interno, lentamente, metodicamente, senza fretta, sino alle vette eccelse che possiamo ammirare in questi ultimi anni, con un magistero (minuscolo) talmente confuso, che non si capisce nemmeno più se i divorziati risposati possano fare la Comunione e se le coppie omosessuali possano essere benedette davanti all’altare: cose entrambe che sarebbero parse semplicemente pazzesche fino a poco tempo fa, perché totalmente in contrasto col Magistero perenne, e tuttavia, incredibilmente, divenute ora vicine, possibili, e, secondo alcuni, auspicabili: segno di quanto abilmente hanno lavorato in silenzio, ma assai in profondità, i novatori, scalzando pian pianino i fondamenti della dottrina e riuscendo anche ad erodere la stessa percezione del bene e del male da parte dei cattolici.
Padre David Maria Turoldo, uno degli uomini di Chiesa più vezzeggiati e coccolati dalla cultura laicista, progressista e di sinistra, quasi tutta sotto l’egida dell’allora Partito comunista italiano: quello che Pio XII aveva scomunicato.
Chi avrebbe detto, nel 1962, quando si aprì il Concilio, che, poco più di un decennio dopo, uomini consacrati avrebbero sfruttato la loro notorietà per fare propaganda alla ratifica popolare della legge sul divorzio, prima, e sull’aborto, poi? Eppure è accaduto: una cosa che, prima del 1962, sarebbe apparsa semplicemente fantascientifica, oltre che diabolica. Prendiamo il caso di padre David Maria Turoldo, scrittore, poeta, regista, biblista, eccetera, eccetera, uno degli uomini di Chiesa più vezzeggiati e coccolati dalla cultura laicista, progressista e di sinistra, quasi tutta sotto l’egida dell’allora Partito comunista italiano: quello che Pio XII aveva scomunicato e la cui ideologia il Concilio, in teoria, e secondo le aspettative di gran parte dei Padri conciliari, avrebbe dovuto solennemente condannare (molti di essi, anzi, pensavano che la condanna del comunismo sarebbe stata uno dei punti centrali del Concilio stesso, e la ragione principale della sua convocazione). Turoldo, in occasione delle due storiche “battaglie” radicali, prese posizione pubblicamente in favore dell’una e dell’altra legge; lo fece con gesuitici distinguo e con incredibili acrobazie concettuali, ma lo fece, eccome. E i suoi discepoli e ammiratori odierni, a più di quarant’anni di distanza, si guardano bene dall’avanzare anche solo un’ombra di ripensamento critico su quelle scelte; al contrario, le rivendicano con fierezza, pur dicendo che furono “sofferte”, che furono “drammatiche”, eccetera, eccetera. Abbiamo trovato questa ricostruzione storica, in rete, su davidmariaturoldo.blogspot.com, curato, se abbiamo capito bene, da una nipote acquista del sacerdote:
LOTTE POPOLARI: DIVORZIO-ABORTO
Padre Turoldo non concordava con la Chiesa schierata a favore di una certa area politica. Per lui la religione doveva stare fuori dalla politica, il cristiano doveva sentirsi libero di decidere secondo la sua coscienza.
Nel 1974 si votò il referendum per introdurre anche in Italia il divorzio.
Molti esponenti del clero, docenti universitari, giornalisti ecc. si schierarono a favore del divorzio, motivandone la scelta per una laica libertà della persona.
Padre David non poté mancare a questa “lotta cristiana” in difesa della libertà della coscienza cristiana.
Come P. Balducci e Franzoni, Padre David era convinto che la religione non può imporre a chi non crede. La fede è libertà in tutti i campi.
Padre Turoldo era convinto che si deve cercare di far capire la verità di una fede, ma non la si può imporre attraverso una legge. Per Padre Turoldo il divorzio, come l’aborto, era e sarà sempre un grande male e come tale dev’essere vissuto a livello di fede e coscienza, nel rispetto degli altri, di chi non crede,. La sua convinzione era che il referendum fosse più di natura politica che religiosa.
Padre David sapeva benissimo che la sua era una scelta difficile, fatta di pro e contro, come la campagna sull’aborto. Altra “battaglia sbagliata”.
Padre Turoldo dovette prendere coscienza del problema e con grande sofferenza, dopo numerosissimi colloqui e confronti, alla fine il suo pensiero fu di “sbagliare il meno possibile”.
Sempre la sua coscienza!
L’uomo e la sua coscienza. Non obbligato da una legge fatta dalla politica, ma da una legge ben più importante: la sua coscienza.
Siete voi, cari cattolici progressisti (e neo-abortisti) che avete spaccato la Chiesa in due, con la vostra idea totalmente sbagliata e non cristiana di libertà; per voi pare quasi che "l’uomo sia libero di andare contro Dio".
Si prova imbarazzo, pena, incredulità, sdegno, nel leggere simili frasi, nel vedere espressi simili concetti e contrabbandati per cattolici, per cristiani, a celebrazione di un sacerdote che sbagliò tutto, ma proprio tutto, di fronte a grandi e delicatissime questioni etiche e che non ebbe l’umiltà di rimettersi alla Tradizione e alla Scrittura, ma che, con luciferina superbia, volle farsi lui giudice di ciò che è bene e di ciò che è male, e, peggio ancora, insegnare agli altri, ai fedeli, che il cristiano è colui che decide in coscienza cosa è bene e cosa è male, non rimettendosi all’insegnamento e all’esempio vivente di Gesù Cristo; e di fronte a “cattolici” i quali neppure a quasi mezzo secolo di distanza hanno il coraggio dire, con sincerità: Sì, fu un grandissimo sbaglio, fu un gravissimo errore, del quale siamo pentiti e chiediamo perdono a Dio e ai fratelli, ma che, al contrario, si ostinano a rivendicare di aver avuto ragione e che quello era il “male minore”. Perfino adesso che i numeri li sbugiardano. Perfino adesso che assommano a sei milioni gli embrioni soppressi nel ventre materno, grazie alla legge che essi allora difesero e che ancora oggi rivendicano, in nome della libertà della persona e del rispetto degli altri, ma non dei più indifesi, cioè appunto i nascituri ai quali viene negata la possibilità di vedere la luce.
Ma non era la "Religione" l'oppio dei popoli? Il miracolo del falso papa Francesco: la grande illusione continua . . . .
Sostituendosi a "Cristo" e travestito da San Francesco, il mistificatore gesuita Jorge Mario Bergoglio, uomo inviato dai "Padroni del vapore", sacrificando la vera dottrina Cattolica, ha fatto il miracolo di far risorgere un morto: l'ideologia marxista. Ovvero l'utopia comunista e nonostante il suo conclamato fallimento decretato dalla storia.
Cominciamo dal titolo: l’aborto e il divorzio come “lotte popolari”. Non come atti morali intrinsecamente malvagi e contrari alla dottrina cattolica, ma come “lotte popolari”, il che li pone automaticamente sotto una luce positiva, almeno da un punto di vista laico. Come si può non essere a favore delle “lotte popolari”? Solo i reazionari, solo i fascisti non lo erano, pardon, non lo sono (qui dovrebbe accendersi un neurone nel cervello di questi signori e ricordar loro che siamo nel 2018, e che si è visto dove è andata a finire la sinistra, con tutte le sue “lotte popolari”: fra le braccia di Soros, della BCE e dei Benetton). Ma andiamo avanti. Padre Turoldo non concordava con la Chiesa schierata a favore di una certa area politica? Suvvia, questa è una parte della verità: padre Turoldo non concordava, se quella parte politica era la DC; ma se era la sinistra, allora sì che concordava. Per lui la religione doveva stare fuori dalla politica? Sì, se era una politica conservatrice; no, se era una politica progressista. E subito dopo, l’eresia: il cristiano doveva sentirsi libero di decidere secondo la sua coscienza. Ma quando mai? Il cristiano non è affatto colui che decide “secondo coscienza”, perché la coscienza deve anzitutto essere ben formata, e poi deve esser illuminata dalla Verità: nel quale caso essa decide la sola cosa che è giusto decidere, cioè quanto insegnato da Gesù Cristo. Altrimenti è meglio che quel signore si risparmi di definirsi cristiano: non è un cristiano, ma un soggettivista. È ben vero che il signore argentino, oggi, dice le stesse identiche cose di quelle che diceva Turoldo; e non per nulla egli ne è un ammiratore. Ciò non toglie che sono idee non cattoliche, e quindi, insegnate dal pulpito, diventano eresie, perché toccano questioni di fede, e la fede non è negoziabile, non è soggettiva, non sta appesa al giudizio personale di Tizio o di Caio: la fede è una, è cattolica, cioè universale, vale sempre e per tutti, impegna tutti, vincola tutti, non esime alcuno. Non esiste un’esenzione da ciò che insegna la dottrina cattolica e che la fede cattolica accoglie incondizionatamente. Ma per i cattolici progressisti, questo discorso è troppo duro, suona inaccettabile ai loro delicati orecchi. Essi si ritengono cittadini della modernità; e l’uomo moderno si riserva sempre l’ultima parola, pensa di aver sempre diritto a esercitare la libertà della sua coscienza. Solo che questo non è cattolico: il cattolico vuole quello che vuole il Padre celeste, annulla il suo volere per volere solo ciò che piace a Dio, senza se e senza ma. E non perché il cattolico disprezzi l’umana intelligenza, della quale, anzi, ha una stima grandissima (è stato il cristianesimo a insegnare al mondo la libertà del pensiero), ma perché la retta libertà di pensare non può mai coincidere con la libertà di andare contro la Verità. Per il cattolico, è assiomatico che la libertà è volere quel che vuole Dio, e seguire la propria coscienza significa uniformarsi alla Sua volontà. Non ci sono zone franche, non ci sono terre di nessuno, né città aperte, nelle quali egli possa rifugiarsi per dire: la Chiesa dice così, ma io penso colà, e allora va bene. Nossignori: perché la Chiesa non dice a capriccio quello che dice, ma segue il Magistero perenne che si ispira alle due fonti incrollabili della Scrittura e della Tradizione; pertanto la vera intelligenza del cristiano consiste nel lasciarsi illuminare da ciò che dice Dio e nel volere quel che vuole Lui, non nell’andare avanti, solitario e orgoglioso, per la propria strada.
Turoldo, divorzio, aborto: il vangelo progressista
di Francesco Lamendola
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L'ABORTO PER BERGOGLIO
Per Bergoglio l’aborto non è un problema religioso? Il vero scandalo è che nessuno insorga quando costui fa le molte intollerabili dichiarazioni, che snaturano il significato del "magistero papale", come nel caso dell'aborto
di Francesco Lamendola
Il 26 agosto 2018, rientrando in Vaticano dal viaggio in Irlanda, dove gli è scoppiato fra le mani l’affare Viganò, e dove il gesuita omoeretico James Martin ha fatto la prevista e scandalosa passerella pro-sodomia nel bel mezzo dell’Incontro delle Famiglie, a bordo dell’aero, come di consueto, il signore argentino ha tenuto la sua conferenza stampa. Non ha voluto rispondere alle domande che lo mettevano in imbarazzo e si è rifiutato di commentare, in particolare, il memoriale di monsignor Viganò, che lo accusa senza mezzi termini di aver sempre saputo di McCarrick e di aver fatto finta di niente per cinque anni, e che infine chiede esplicitamente al papa di dimettersi. Precisiamo, già che ci siamo, che a Dublino, per la Messa domenicale al Phoenix Park, erano previste 500.000 presenze e che l’area era stata attrezzata tenendo conto di tale previsione, mentre se ne sono presentate non più di 130.000 mila: un quarto di quelle che erano attese. Le fotografie aeree, prudentemente nascoste dalla stampa internazionale filo-Bergoglio, mostrano quegli enormi spazi vuoti e quella folla troppo piccola rispetto alla superficie totale che era stata messa a disposizione per l’evento. È la stessa cosa che possono vedere ogni domenica, del resto, quanti si recano in Piazza San Pietro, per la recita dell’Angelus e poi il rito della benedizione Urbi et orbi dalle finestra del palazzo apostolico (disertato, come è noto, da quel portento di modestia, sobrietà e discrezione che è il signore argentino, il quale vuol far risparmiare alle casse della Chiesa soggiornando come un qualunque sacerdote in pensione presso la casa di Santa Marta). Vuoi vedere che questo calo impressionante delle presenze agli eventi che riguardano il papa ha a che fare proprio con l’approccio pastorale di costui, che offre ai fedeli un cibo che non nutre e una bevanda che non disseta, contrariamente alla vera Parola di Gesù Cristo, che è Parola di vita eterna? In compenso, vi è uno schieramento impressionante delle forze dell’ordine: non tanto, si direbbe, per parare possibili attentati contro la sua persona (e di chi, poi, dal momento che lui stesso ha affermato che il terrorismo islamico non esiste, e che non si vede chi potrebbe avercela con l’uomo che è divenuto così strepitosamente popolare fra tutti i nemici storici della Chiesa, e impopolare solo presso una minoranza degli stessi cattolici?), quanto per stroncare sul nascere spiacevoli episodi di contestazione interna. Come quando dalla folla si è levato lo slogan Viganò, Viganò; o come quando i romani si sono svegliati una mattina e hanno trovato la loro città tappezzata con i manifesti anti-Bergoglio. Le forze dell’ordine, per chi non lo sapesse, sono adibite ad indagare contro quei pericolosissimi soggetti che contestano il signore argentino accusandolo di aver tradito e svenduto il Deposto della fede cattolica, cioè di non voler fare degnamente il papa; e non per cercare eventuali nemici esterni che potrebbero voler fare a lui quel che hanno fatto, per esempio, a quel povero prete francese settantenne della Normandia, sgozzato sull’altare al grido di Allah akhbar! (ma forse è stato tutto un nostro sogno, una allucinazione nel sogno della vita, come diceva Lope de Vega: dal momento che il terrorismo islamico non esiste, come potrebbe assassinare qualcuno?).
E' il papa delle piazze vuote: agli Angelus di Bergoglio, in piazza San Pietro ormai ci sono più Carabinieri che fedeli ! ed è la normale risposta a questo "pontefice", che definisce "cani selvaggi" i suoi critici (cattolici) e al contempo ammicca a tutti i nemici storici della Chiesa.
Tuttavia, se ha taciuto sul memoriale Viganò (salvo poi, la domenica successiva, definire cani selvaggi i suoi critici, e questo durante l’omelia della Messa dalla casa di Santa Marta), non si è negato a una domanda di Javier Romero sull’aborto e sui cosiddetti matrimoni omosessuali. Ed ecco che cosa ha testualmente affermato (cfr. il sito ufficiale w2.Vatican.va):
Va bene. Incomincio dal secondo, ma sono due punti – grazie di questo – perché sono legati alle questioni delle quali stiamo parlando. Sull’aborto, voi sapete come la pensa la Chiesa. Il problema dell’aborto non è un problema religioso: noi non siamo contro l’aborto per la religione. No. E’ un problema umano, e va studiato dall’antropologia. Studiare l’aborto incominciando dal fatto religioso, è scavalcare il pensiero. Il problema dell’aborto va studiato dall’antropologia. E sempre c’è la questione antropologica sull’eticità di far fuori un essere vivente per risolvere un problema. Ma questa già è la discussione. Soltanto voglio sottolineare questo: io non permetto mai che si incominci a discutere il problema dell’aborto dal fatto religioso. No. E’ un problema antropologico, è un problema umano. Questo è il mio pensiero.
Secondo. Sempre ci sono stati gli omosessuali e le persone con tendenze omosessuali. Sempre. Dicono i sociologi, ma non so se sia vero, che nei tempi di cambiamenti d'epoca crescono alcuni fenomeni sociali ed etici, e uno di questi sarebbe questo. Questa è l’opinione di alcuni sociologi. La tua domanda è chiara: cosa direi io a un papà che vede che suo figlio o sua figlia ha quella tendenza. Io gli direi anzitutto di pregare: prega. Non condannare, dialogare, capire, fare spazio al figlio o alla figlia. Fare spazio perché si esprima. Poi, in quale età si manifesta questa inquietudine del figlio? E’ importante. Una cosa è quando si manifesta da bambino, quando ci sono tante cose che si possono fare, per vedere come sono le cose; un’altra cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere. Ma io mai dirò che il silenzio è il rimedio: ignorare il figlio o la figlia con tendenza omosessuale è una mancanza di paternità e maternità. Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, così come sei; io sono tuo padre e tua madre, parliamo. E se voi, padre e madre, non ve la cavate, chiedete aiuto, ma sempre nel dialogo, sempre nel dialogo. Perché quel figlio e quella figlia hanno diritto a una famiglia e la famiglia è questa che c’è: non cacciarlo via dalla famiglia. Questa è una sfida seria alla paternità e alla maternità. Ti ringrazio per la domanda, grazie.
Solo la stampa e le Tv nascondono (dove possibile) e coprono il "vero fiasco" di questo disgraziato pontificato. Il vero scandalo, tranne poche eccezioni è che nessuno insorga quando Bergoglio fa le molte intollerabili dichiarazioni, che snaturano completamente il significato del magistero papale, come nel caso dell'aborto.
Entrambe le risposte meriterebbero un ampio e circostanziato commento; anche quella relativa alle unioni sodomitiche. In questa sede, tuttavia, ci limiteremo a qualche osservazioni sulla seconda risposta, quella relativa all’aborto, che forse gli stava a cuore più dell’altra, visto che ha voluto rispondere prima ad essa (non è una nostra malignità gratuita, dato che non esiste alcuna ragione apparente per aver voluto invertire l’ordine delle risposte). Per tre volte, il signore argentino dice e ripete che quello dell’aborto non è un problema religioso, e, addirittura, che lui non permette ad alcuno di discuterne in termini religiosi, partendo da una prospettiva religiosa, perché si tratta di un problema umano, che va studiato, a suo dire, dalla sociologia (fra parentesi, è lo stesso approccio che adotta nel rispondere all’altra domanda, quella sull’inversione sessuale: parte dall’antropologia e da quel che dicono i sociologi). Possiamo dire pertanto che la lente da cui il signore argentino osserva e valuta i fatti umani è la lente delle scienze sociali, non quella della religione cristiana, e meno ancora della fede: una lente assolutamente scientifica e obiettiva, almeno nelle sue intenzioni; e poco importa se la scienza moderna è, per definizione, materialista e antifinalista, e se le scienze umane, come l’antropologia, lo sono in maniera particolare. Questo non è un problema suo. Lui è il papa, non è mica un sacerdote qualunque o un comune credente: e per come lui intende l’essere papa, ha il diritto di stabilire lui stesso le regole della pastorale, e magari anche i contenuti della dottrina. Per lui non fa testo quel che dice il Vangelo, e neppure quel che dice la legge morale naturale, ma semplicemente quel che dice la cultura di una data società in un dato momento storico. Come nel caso della sodomia, laddove afferma:Dicono i sociologi, ma non so se sia vero, che nei tempi di cambiamenti d'epoca crescono alcuni fenomeni sociali ed etici, e uno di questi sarebbe questo. Questa è l’opinione di alcuni sociologi. Si noti, peraltro, la raffinata scaltrezza gesuitica di scaricare la responsabilità dell’enunciato sui sociologi, ma non tutti: solamente alcuni; e di prendere ancor più le distanze, non per principio, ma per cautela metodologica, mettendo le mani avanti con quel: Dicono i sociologi, ma non so se sia vero, e poi quel verbo al condizionale, uno di tali fenomeni sarebbe questo, il che è un capolavoro di prudenza diplomatica. Ma se non sa se sia vero, perché incomincia il suo discorso da lì, da quel che dicono “alcuni” sociologi? Non poteva cominciare da quel che pensa lui? Meglio: non avrebbe potuto, anzi, dovuto incominciare da quel che dice il Vangelo e, di conseguenza, il Magistero, da ciò che la Chiesa insegna da duemila anni? Perché partire dalla sociologia? Psicologia, sociologia, antropologia sono i suoi cavalli di battaglia, li ha sempre in bocca a proposito di qualsiasi cosa. Strano. Credevamo che un papa debba sempre avere in bocca la Parola di Gesù: che non ha molto a che vedere con la parola di psicologi, sociologi e antropologi.
Sul caso del cardinale Viganò il silenzio di Bergoglio è una palese "ammissione di colpa".
Per Bergoglio l’aborto non è un problema religioso
di Francesco Lamendola
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