Come spesso accade, la festa del paese è l’occasione per incontrare i vecchi amici e di confrontarci sul mondo che cambia. Quest’anno – complici anche gli inizi dei nostri figli – ci siamo trovati a parlare di scuola e della curiosità che ci ha suscitato il fatto che alcune parrocchie bergamasche avessero in programma una giornata parrocchiale della scuola in settembre. Ci è parsa ovvia l’intenzione di mettere sotto la protezione di nostro Signore la principale attività dei nostri figli per i prossimi 9 mesi. A livello diocesano, invece, l’iniziativa di una giornata per l’insegnamento della religione cattolica (I.R.C.) era stata pensata per l’ultima domenica di gennaio – in corrispondenza alle iscrizioni all’anno scolastico 2018/2019 – per favorire un momento di sensibilizzazione dell’intera comunità cristiana, in particolare dei genitori, dei diversi educatori e degli studenti, alla scelta dell’insegnamento della religione (cattolica) nella scuola.
Cosa è l’Insegnamento della religione cattolica?
Abbiamo fatto una piccola ricerca tra le fonti per chiarirci le idee.
Tanto per cominciare, il “Concordato” fra la Santa Sede e l’Italia del 1929 (inteso a regolare le condizioni della Religione e della Chiesa in Italia – come si legge nelle premesse) con l’articolo 36 stabiliva che «L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato».
Successivamente, con la legge 25 marzo 1985, n. 121, si ratifica un accordo che apporta modificazioni al “Concordato” e in cui si ribadisce il riconoscimento del valore della cultura religiosa e dei principi del cattolicesimo come parte del patrimonio storico del popolo italiano. Pertanto, lo Stato Italiano continua ad assicurare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, introducendo, nel contempo, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. La scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica continua a riscuotere un certo successo: oltre il 90% degli alunni dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria di 1° grado partecipano a queste lezioni. Percentuale che non cambia considerando le sole scuole statali (dati dell’annuario IRC 2016 relativo all’anno scolastico 2015-2016).
Queste disposizioni di principio trovano pratica attuazione in una serie di decreti del Presidente della Repubblica, che definiscono i programmi didattici, le attività d’insegnamento e gli obiettivi di apprendimento d’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Insegnamento che deve avvenire in un rapporto di continuità con l’azione educativa delle famiglie, di cui rispetta le scelte e gli orientamenti e al cui centro, come contenuto fondamentale e principio di interpretazione, sta la figura e l’opera di Gesù Cristo, secondo la testimonianza della Bibbia e l’intelligenza di fede della Chiesa.
L’augurio che ci facciamo all’inizio di questo anno scolastico è quello che non venga tradita la scelta dei genitori per l’insegnamento della religione cattolica: cioè che non venga trasformato in educazione civica o nell’insegnamento di una religiosità qualsiasi. Che l’ora di religione cattolica non venga tacitamente trasformata in un’ora di generica religiosità di accondiscendenza morale nei confronti del peccato o di relativismo religioso. Infatti, solo Cristo, essendo via verità e vita, salva. L’uomo, cristiano o no, si salva unicamente in forza dell’evento salvifico cristiano, la morte e risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. La Lettera Circolare n. 520/2009 del 05/05/2009 (durante il papato di Benedetto XVI) della Congregazione per l’Educazione Cattolica ai Presidenti delle Conferenze Episcopali ricorda che «[Ai genitori] spetta pure il diritto di determinare la forma di educazione religiosa da impartirsi ai propri figli secondo la propria persuasione religiosa (…). I diritti dei genitori sono violati se i figli sono costretti a frequentare lezioni scolastiche che non corrispondono alla persuasione religiosa dei genitori o se viene imposta un’unica forma di educazione dalla quale sia completamente esclusa la formazione religiosa». A questo riguardo, Giovanni Paolo II spiegava: «La questione dell’educazione cattolica comprende (…) l’insegnamento religioso nell’ambito più generale della scuola, sia essa cattolica oppure statale. A tale insegnamento hanno diritto le famiglie dei credenti, le quali debbono avere la garanzia che la scuola pubblica – proprio perché aperta a tutti – non solo non ponga in pericolo la fede dei loro figli, ma anzi completi, con adeguato insegnamento religioso, la loro formazione integrale. Questo principio va inquadrato nel concetto della libertà religiosa e dello Stato veramente democratico che, in quanto tale, cioè nel rispetto della sua più profonda e vera natura, si pone al servizio dei cittadini, di tutti i cittadini, nel rispetto dei loro diritti e delle loro convinzioni religiose» (Discorso ai Cardinali e ai collaboratori della Curia Romana, 28 giugno1984).
Qualora sia palese la degenerazione di tale insegnamento in altro da quanto stabilisce, se non la Legge di Dio, almeno la legge dello Stato, i genitori cattolici hanno il diritto e il dovere di non iscrivere più i figli all’IRC. Una volta erano i figli dei radicali ad abbandonare l’aula per protesta, politica o piaggeria, in futuro potrebbero essere i figli dei cattolici, paradossalmente, per restare cattolici. Per restare liberi.
Si sentiranno esclusi i nostri figli? Se crediamo, con l’esclusione dall’IRC, di creare un disagio ai nostri bambini pensiamo alle noccioline. I piccoli che hanno allergie o intolleranze alimentari, per esempio alle noccioline, devono stare molto attenti a non assumere cibi che contengano l’allergene, anche solamente tracce (come specificato a termine di legge, sulle varie confezioni di prodotti alimentari). Però, se a un bambino viene spiegato che, per il suo bene e per la salute del suo corpo, dovrà rinunciare a gustare la merendina contenente ciò che gli fa male, anche se gliela offre il suo amichetto, o anche se ne va ghiotto, di norma il piccolo è in grado di comprendere bene il concetto e si adegua in fretta. Sa che non può mangiare certi cibi e, alla bisogna, è pronto a sciorinare tutta la teoria e persino gli effetti medici all’adulto di turno. Perché non potrebbe essere la stessa cosa con la propria fede? A ben vedere l’anima vale più del corpo, e Dio vale ben più di uno Snickers.
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