Due padri sinodali africani in un ristorante di Roma non comprendono il cameriere che parla in italiano
Padre Nicholas Gregoris, giornalista, ha scritto delle considerazioni finali sul Sinodo dei giovani in un suo articolo. È piuttosto interessante. Quello che mi ha colpito però è stato un passaggio, che vi riporto, tralasciando il resto, in cui racconta della sua esperienza diretta della questione della lingua italiana in cui è stato redatto il testo finale del Sinodo, che doveva essere sottoposto a votazione, paragrafo per paragrafo, da parte dei padri sinodali. È un passaggio che merita la lettura.
Eccolo nella mia traduzione.
(…)
L’altro giorno, dopo il briefing sinodale delle 13:30, sono entrato in un ristorante di Borgo Pio nella zona del Vaticano e, mentre mi sono sistemato al mio posto per il pranzo, ho notato due Padri sinodali africani seduti di fronte a me. Erano verso la fine del loro pasto e stavano cercando di capire qualcosa sul loro conto. Il cameriere italiano ha fatto un tentativo dopo l’altro cercando di comunicare con loro in italiano, senza successo. Alla fine, qualcosa è capitato, e sono stati in grado di pagare il conto e lasciare il ristorante. Non avevo idea di quale fosse la loro lingua originale o addirittura secondaria. Tuttavia, posso dire che la loro conoscenza dell’italiano era a livello zero. Poi mi è apparsa chiara una cosa: come avrebbero potuto questi Padri sinodali comprendere in maniera soddisfacente il “Documento Finale” (a conclusione del Sinodo dei giovani, ndr) scritto in italiano accademico ed elevato, senza una conoscenza anche solo di base dell’italiano, per non parlare degli interpreti o di una traduzione funzionante?
Questo è qualcosa di cui Diane Montagna (la giornalista) ha già scritto per LifeSiteNews.com, ma pensavo di dover confermare le sue preoccupazioni come le mie personali provenienti da un’esperienza personale del fenomeno. Francamente, non riesco a capire come un documento possa essere considerato “magisteriale” quando i vescovi che l’hanno votato lo hanno fatto sulla base di un testo scritto e presentato loro in una lingua che capiscono a malapena, o almeno non in grande profondità teologica.
Quando questa domanda è stata sollevata da Montagna nella Sala Stampa, la risposta che è stata data in realtà è stata una non-risposta. Tanto per la trasparenza! Ciò mi ha ricordato Nancy Pelosi che diceva ai congressisti che avrebbero capito Obamacare (la riforma del servizio sanitario fatta dall’amministrazione Obama, ndr) dopo la sua attuazione. Forse abbiamo bisogno di un Sinodo dei vescovi sulle comunicazioni sociali e su come funziona il giornalismo nel XXI secolo nel mondo al di fuori delle mura del Vaticano. Probabilmente, c’è più trasparenza nella Casa Bianca di Trump che in Vaticano. Dal mio punto di vista di giornalista, questa segretezza è controproducente e serve solo a rafforzare l’idea che i sinodi sono effettivamente eventi manovrati o già preparati in anticipo.
Il vescovo Robert Barron, Ausiliare di Los Angeles, ha espresso l’opinione che un qualsiasi incontro così internazionale e complesso come un Sinodo deve in qualche modo essere fissato in anticipo. Questo lo posso capire per quanto riguarda le procedure, ma non in termini di “Documento Finale”, che mi dà la netta impressione che ampie parti di esso siano state scritte prima del Sinodo. Forse mi sbaglio, ma questo non sminuisce la mia tesi di fondo secondo cui il Documento Finale del Sinodo dovrebbe essere scritto in una lingua che la maggioranza dei Padri sinodali comprende. Fingere che la lingua universale della Chiesa sia l’italiano è ridicolo. Per quanto mi riguarda, il suo uso è stato imposto ai Padri sinodali ed è diventato un pretesto per i prelati e i periti italiani, lavorando per conto del Papa, per esercitare un controllo diretto sul processo sinodale in modo che il Documento Finale dicesse quello che volevano fargli dire fin dall’inizio.
Poi mi chiedo: il Documento finale è veramente un frutto della collegialità e della sinodalità, così spesso propagandata da papa Francesco e dalla sua equipe? Oppure si tratta di qualcosa che viene presentato ai Padri sinodali come un fatto compiuto, che richiede meno di un voto informato a causa delle proprie carenze nella lingua di lavoro originale del documento?
Questo è qualcosa di cui Diane Montagna (la giornalista) ha già scritto per LifeSiteNews.com, ma pensavo di dover confermare le sue preoccupazioni come le mie personali provenienti da un’esperienza personale del fenomeno. Francamente, non riesco a capire come un documento possa essere considerato “magisteriale” quando i vescovi che l’hanno votato lo hanno fatto sulla base di un testo scritto e presentato loro in una lingua che capiscono a malapena, o almeno non in grande profondità teologica.
Quando questa domanda è stata sollevata da Montagna nella Sala Stampa, la risposta che è stata data in realtà è stata una non-risposta. Tanto per la trasparenza! Ciò mi ha ricordato Nancy Pelosi che diceva ai congressisti che avrebbero capito Obamacare (la riforma del servizio sanitario fatta dall’amministrazione Obama, ndr) dopo la sua attuazione. Forse abbiamo bisogno di un Sinodo dei vescovi sulle comunicazioni sociali e su come funziona il giornalismo nel XXI secolo nel mondo al di fuori delle mura del Vaticano. Probabilmente, c’è più trasparenza nella Casa Bianca di Trump che in Vaticano. Dal mio punto di vista di giornalista, questa segretezza è controproducente e serve solo a rafforzare l’idea che i sinodi sono effettivamente eventi manovrati o già preparati in anticipo.
Il vescovo Robert Barron, Ausiliare di Los Angeles, ha espresso l’opinione che un qualsiasi incontro così internazionale e complesso come un Sinodo deve in qualche modo essere fissato in anticipo. Questo lo posso capire per quanto riguarda le procedure, ma non in termini di “Documento Finale”, che mi dà la netta impressione che ampie parti di esso siano state scritte prima del Sinodo. Forse mi sbaglio, ma questo non sminuisce la mia tesi di fondo secondo cui il Documento Finale del Sinodo dovrebbe essere scritto in una lingua che la maggioranza dei Padri sinodali comprende. Fingere che la lingua universale della Chiesa sia l’italiano è ridicolo. Per quanto mi riguarda, il suo uso è stato imposto ai Padri sinodali ed è diventato un pretesto per i prelati e i periti italiani, lavorando per conto del Papa, per esercitare un controllo diretto sul processo sinodale in modo che il Documento Finale dicesse quello che volevano fargli dire fin dall’inizio.
Poi mi chiedo: il Documento finale è veramente un frutto della collegialità e della sinodalità, così spesso propagandata da papa Francesco e dalla sua equipe? Oppure si tratta di qualcosa che viene presentato ai Padri sinodali come un fatto compiuto, che richiede meno di un voto informato a causa delle proprie carenze nella lingua di lavoro originale del documento?
(…)
Fonte: Catholic World Report
Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/due-padri-sinodali-africani-in-un-ristorante-di-roma-non-comprendono-il-cameriere-che-parla-in-italiano/
Sinodi e operazioni mediatiche
di Satiricus
Cosa c’è di peggio dell’uso talismanico di termini teologico-pastorali fatto dai Pastori negli ultimi anni? Semplice, l’uso talismanico di Concili e Sinodi.
Con altri termini l’allora card. Ratzinger accusava l’ideazione di un ‘super-Concilio’, cioè la tendenza a caricare il 21° Concilio della Chiesa di una sorta di super-potere che lo rendesse più forte dei 20 che lo avevano preceduto.
L’operazione è mediatica, non teologica, ma resta il fatto che in tempo di media tale operazione ha prevalso. Nella Chiesa la coscienza della Tradizione scema, mentre le mode degli ultimi decenni trionfano.
Il Sinodo sui Giovani, appena conclusosi, patisce lo stesso dinamismo. Sempre più raffinato. Eccone la prova.
Aveva fatto discutere l’inserzione dell’acronimo LGBT nel documento pre-sinodale, al punto che esso risulta scomparso nella relazione conclusiva. del resto poco importa cosa abbia davvero detto il Sinodo o cosa dirà il Pontefice nella Esortazione Apostolica che probabilmente ne deriverà. Per i Vescovi il Sinodo è evidentemente solo una scusante per sondare nuovi temi di trasgressione, sui quali procedere con o senza il placet della Chiesa universale.
Ne è prova l’iniziativa delle Diocesi lombarde, che per il secondo anno consecutivo convocheranno a Caravaggio un tavolo di dialogo per ‘cattolici LGBT’.
La Propaganda è partita ben prima del Sinodo, a conferma che questo è solo una scusa per promuovere progetti elaborati su ben altri tavoli. Si tratta dunque di un evento parallelo o alternativo all’assise vaticana? Sembra di no, infatti a Caravaggio interverranno anche i giovani uditori ospitati al Sinodo romano.
Il dialogo tra Diocesi lombarde e LGBT cattolici è dunque fatto proprioin nome del Sinodo (ci sono gli uditori), prescindendo dagli esiti del Sinodo (si parla di LGBT).
La Pastorale talismanica, ecco l’ultimo ritrovato del diavolo per affondare la Chiesa. La organizzazione cioè di eventi che in sé non interessano, ma che fungono da motori di nuove dinamiche intra-ecclesiali.
Quanto ai contenuti che ci attendono a Caravaggio, un paio di accenni.
Anzitutto qualcuno mi spiegherà cosa significhi la sigla ‘LGBT cattolici’. A casa mia LGBT indica i movimenti gender, realtà ispirate a una visione nichilista e post-strutturalista del mondo, antitetica e incompatibile con la proposta cristiana. Non si parla insomma di omosessuali in ricerca di Gesù, ma di ben altro. A questo punto mi attendo che i vescovi dialoghino anche con gli ‘scafisti cattolici’, uomini che cercano un porto cui approdare nel proprio cammino di fede. Facezie a parte, non si capisce con che intenzione le Diocesi sposino il linguaggio nichilista: perché hanno disertato la Verità di Cristo o perché credono così di risultare più comprensibili ai loro interlocutori?
Dalla presentazione appare poi che tra gli obiettivi del Tavolo di dialogo c’è quello di mettere in contatto tra loro i LGBT cattolici quasi a costituirli in rete (fonte). Siccome tra loro non riescono a coordinarsi, li aiutiamo noi nell’intento. La Chiesa dunque opera per rafforzare le strutture di peccato?
E questo scempio vanno a farlo sotto il manto della Madonna, vergine.
Se questo è ciò che rimane di un Sinodo e della gioventù cattolica e della collegialità episcopale, siamo veramente al nulla.
Cosa c’è di peggio dell’uso talismanico di termini teologico-pastorali fatto dai Pastori negli ultimi anni? Semplice, l’uso talismanico di Concili e Sinodi.
Con altri termini l’allora card. Ratzinger accusava l’ideazione di un ‘super-Concilio’, cioè la tendenza a caricare il 21° Concilio della Chiesa di una sorta di super-potere che lo rendesse più forte dei 20 che lo avevano preceduto.
L’operazione è mediatica, non teologica, ma resta il fatto che in tempo di media tale operazione ha prevalso. Nella Chiesa la coscienza della Tradizione scema, mentre le mode degli ultimi decenni trionfano.
Il Sinodo sui Giovani, appena conclusosi, patisce lo stesso dinamismo. Sempre più raffinato. Eccone la prova.
Aveva fatto discutere l’inserzione dell’acronimo LGBT nel documento pre-sinodale, al punto che esso risulta scomparso nella relazione conclusiva. del resto poco importa cosa abbia davvero detto il Sinodo o cosa dirà il Pontefice nella Esortazione Apostolica che probabilmente ne deriverà. Per i Vescovi il Sinodo è evidentemente solo una scusante per sondare nuovi temi di trasgressione, sui quali procedere con o senza il placet della Chiesa universale.
Ne è prova l’iniziativa delle Diocesi lombarde, che per il secondo anno consecutivo convocheranno a Caravaggio un tavolo di dialogo per ‘cattolici LGBT’.
La Propaganda è partita ben prima del Sinodo, a conferma che questo è solo una scusa per promuovere progetti elaborati su ben altri tavoli. Si tratta dunque di un evento parallelo o alternativo all’assise vaticana? Sembra di no, infatti a Caravaggio interverranno anche i giovani uditori ospitati al Sinodo romano.
Il dialogo tra Diocesi lombarde e LGBT cattolici è dunque fatto proprioin nome del Sinodo (ci sono gli uditori), prescindendo dagli esiti del Sinodo (si parla di LGBT).
La Pastorale talismanica, ecco l’ultimo ritrovato del diavolo per affondare la Chiesa. La organizzazione cioè di eventi che in sé non interessano, ma che fungono da motori di nuove dinamiche intra-ecclesiali.
Quanto ai contenuti che ci attendono a Caravaggio, un paio di accenni.
Anzitutto qualcuno mi spiegherà cosa significhi la sigla ‘LGBT cattolici’. A casa mia LGBT indica i movimenti gender, realtà ispirate a una visione nichilista e post-strutturalista del mondo, antitetica e incompatibile con la proposta cristiana. Non si parla insomma di omosessuali in ricerca di Gesù, ma di ben altro. A questo punto mi attendo che i vescovi dialoghino anche con gli ‘scafisti cattolici’, uomini che cercano un porto cui approdare nel proprio cammino di fede. Facezie a parte, non si capisce con che intenzione le Diocesi sposino il linguaggio nichilista: perché hanno disertato la Verità di Cristo o perché credono così di risultare più comprensibili ai loro interlocutori?
Dalla presentazione appare poi che tra gli obiettivi del Tavolo di dialogo c’è quello di mettere in contatto tra loro i LGBT cattolici quasi a costituirli in rete (fonte). Siccome tra loro non riescono a coordinarsi, li aiutiamo noi nell’intento. La Chiesa dunque opera per rafforzare le strutture di peccato?
E questo scempio vanno a farlo sotto il manto della Madonna, vergine.
Se questo è ciò che rimane di un Sinodo e della gioventù cattolica e della collegialità episcopale, siamo veramente al nulla.
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