Così sappiamo che è meglio non toccare la dolorosa domanda che ci prende tutti davanti agli incendi indomabili di California, alle piogge torrenziali che fanno morti e devastazioni, ai terremoti, alle eruzioni, alle violenze-menzogne, al tripudio dei trionfi gay sulle rovine di chiese sconsacrate: se il calice dell’ira di Dio non stia per essere colmo e riversarsi in castigo.
Domande che i non credenti irridono come ridicole e superstiziose, “scandalo” da cui la gerarchia vaticana li difende. Io mi ripeto spesso una sentenza del grande storico dell’arte Hans Sedlmayr:
“Il peccato significa, in ogni tempo, un estraniarsi dalla vita divina. Oggi, nella migliore delle ipotesi, l’uomo del ventesimo secolo riesce ancora a concepire il peccato in maniera grettamente morale; ma non riesce a considerarlo come un turbamento del cosmo umano, dell’intera vita e delle fonti di essa”.
Non occorre essere credenti per ricostruire la deriva per cui l’umanità occidentale ha modificato il mondo attorno, avvicinandolo alla catastrofe, partendo dall’interno verso l’esterno. Proprio Sedlmayr lo insegna, facendo cominciare il processo dal teismo della Rivoluzione. E’ allora che ai nostri occhi collettivi “Il mondo si raffredda, e tutto ciò che viene attaccato da questo raffreddamento si trasforma: il mondo diviene un mondo-macchina, l’uomo in uomo-macchina, lo Stato in stato-macchina”. La tendenza a capire profondamente il mondo inorganico, quasi che l’uomo avesse acquisito nuovi sensi, lo rendono capace degli avanzamenti scientifici e delle mega-costruzioni, come degli stati totalitari, le fredde architetture razionaliste…. L’importante è capire che queste conquiste, che rendono l’uomo immensamente più autonomo, vengono da “un turbamento primario: l’uomo puro e il Dio puro, con l’eliminazione nell’uomo di ciò che è soprannaturale e in Dio di ciò che è personale”.
Perché, come dice Franz Von Baader, “come l’uomo sta di fronte a Dio così egli sta di fronte a se stesso , al prossimo, alla natura e al mondo spirituale”. Dunque le conquiste nella materia inorganica, hanno raggiunto “una potenza cosmogonica. Basta pensare alla quantità di metalli e di elementi, a tutte le energie [petrolio, uranio..] che l’uomo ha strappato negli ultimi decenni dalla terra, per comprendere la totale trasformazione avvenuta nel mondo”.
Bisogna capire che la conquista di questa potenza è, non metaforicamente, una discesa. Sono regali che ci danno le forze ctonie ed infere, con cui cambiamo il mondo – e ciò mentre a tal punto siamo ormai “autonomi” da porci certe ansie ed angosce, che un tempo, gli uomini lasciavano alla Provvidenza: c’è il riscaldamento climatico, ed è colpa dell’uomo! Bisogna stabilire un controllo mondiale e totalitario per far abbassare la temperatura terrestre di 2 gradi entro il 2030…e poi questo dio che c’immaginiamo di esser diventato, scopre che ha creato un’isola di plastica nel Pacifico, che occupa un della superficie del più grande degli oceani, fra California e le Hawaii, ed ha ucciso i pesci – e bisogna provvedere – anche a questo.
“Il secolo che più degli altri domina gli elementi inorganici – chiosa Sedlmayr – è impotente di fronte a ciò che è veramente organico, lo annienta e lo distrugge in continuazione”.
Georges Bernanos, che scrisse un libro “contro i robots” nel 1947, profetò: “L’uomo non potrà vivere in questo mondo; ci potrà vivere soltanto se saprà essere sempre meno uomo”. Cosa che ci riesce sempre meglio.
Ma oggi l’Occidente ha superato anche quella fase. Il mondo freddo o rovente dell’uomo di Junger che credeva di poter vivere nelle tempeste d’acciaio, è ulteriormente superato; nel mondo s’è introdotto in qualche modo ridiventato caldo. Con le sfilate gay, i “diritti” LGBT, l’insegnamento per legge della sodomia nelle scuole, è portato a livello di massa, sulla scena pubblica, come conformismo, luogo comune e “normalità”, qualcosa che fu di ambienti squisiti e ristretti, artistici e ideologici. Paul Klee, che trascorse dal surrealismo all’astrattismo al cubismo, scrisse: “Il nostro cuore pulsante ci spinge verso il basso, sempre più in basso, verso il fondo originario”.
E’ “la fuga dalla vita terrena non verso l’al di là, ma l’al di qua, il mondo sub-naturale, l’infraumano”. Una parte sempre più numerosa di nostri simili che “odia fondamentalmente tutto ciò che ha carattere religioso” si è insediata in un mondo di sua creazione, come un suo paradiso (artificiale) preternaturale. Quel mondo fu prima creato su tavola e pittura da Hieronymus Bosch: “l’antinaturale, l’antiragionevole, l’anti-organizzato”, che “dalla profondità con l’impeto ammaliatore dell’esperienza di un mondo che ha rinunciato a Dio”. “Questo inferno passa i limiti della sua giurisdizione e irrompe sulla terra”. Non è un caso che Bosch sia stato riscoperto negli anni 1920-30: dai surrealisti che ne hanno fatto il loro padre: Dalì e Max Ernst hanno creato i loro mondi assurdi e più che reali.
“Oggi non è più necessario ricorrere a procedimenti metafisici per avere un’idea di questo mondo del caos: i ‘capolavori’ della guerra” senza fine “per la democrazia” lo svelano; come la riduzione della Grecia alla fame, gli uteri in affitto, la dittatura della dissoluzione che toglie diritti sociali mentre è larga dei diritti sessuali, la violazione dell’innocenza “questa sfera è divenuta immanente al mondo”, e noi ci viviamo dentro. Per alcuni è il paradiso interra. Il suo futuro è il transumano, una specie di immortalità conseguita a forza di nanotecnologie, genetica e robotica – per chi se la può permettere.
Solo, ci si può domandare come nelle sfilate del gay pride ancora tanti sentano l’impulso incoercibile a irridere ad una religione e ad una chiesa che ormai non li condanna più, anzi nemmeno esiste; come mai si sente ancora come piccante e trasgressivo fare festini in una chiesa, quando ormai non c’è nulla da profanare che non sia già stato profanato,ma secolarizzato; come mai si senta sempre il bisogno di sputare e insultare un cattolicesimo ormai in disarmo, ormai di pochi. Il sintomo è inequivocabile: questi agitati, spropositati, disperati gaudenti vivono “in quella sfera, ormai immanente al mondo, che sente il Cristo come “inferno”.
Mi guardo bene dall’ipotizzare se gli incendi indomabili che sconvolgono la California e inceneriscono le ville di Lady Gaga, e Cher, dei grandi finocchi dello spettacolo e della nuova estetica, siano in qualche modo una anticipazione della Geenna già qui. Sedlmayr offre una opportuna citazione di Gustave Le Bon: questo antropologo e medico, autore del saggio La Psicologia delle Folle (1895), ateo, ha scritto: “La storia ci insegna che i popoli non sopravvivono a lungo al tramonto della loro fede”. Non c’è bisogno di esser credenti.
Per noi credenti, l’intima consonanza fra uomo e cosmo, e la nostra responsabilità del riscatto del mondo materiale è evocata da San Paolo:
“ Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio” (Romani, 8, 19-23)
https://www.maurizioblondet.it/non-occorre-essere-credenti/
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