ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 6 gennaio 2019

Cercatori di verità e vita

Quei re sacerdoti venuti dall’Oriente ad adorare il Re dell’Universo



Piotr Merkury, Re Magi, in vetro soffiato e istoriato, 2003, cm. 55 x 70, Collezione privata
Cristo, il Re dei re, il Sommo Sacerdote, discende da una progenie di sovrani (qui) fin dalla sua nascita è stato adorato da dei sovrani sacerdoti, i Re Magi. Gesù, Figlio di Dio e di Maria Vergine, venne adorato fin dal principio: i primi a riverirlo e contemplarlo furono Maria Santissima, san Giuseppe, gli Angeli, poi i pastori e i Re Magi. Nacque in povertà, ma ricevette gli onori di un Re.
Emanuele, il «Dio con noi», il Re dell’Universo venne esaltato al suo arrivo in terra, ma sarà umiliato, disprezzato e ucciso al termine della sua missione salvifica; tuttavia là, sulla Croce alla quale venne appeso come un infame, stava comunque scritta la sua riconosciuta regalità: I.N.R.I., ovvero Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, così Cristo, l’«Unto di Dio», spirò considerato Re pubblicamente, come lo avevano salutato e adorato i sovrani venuti dall’Oriente alla sua nascita.
Perché i Re Magi partirono alla volta della Palestina? Erano studiosi di astrologia e, vedendo la stella cometa, diedero ad essa un valore straordinario poiché la dottrina di Zoroastro parlava di «un soccorritore partorito da una fanciulla senza che alcun uomo l’avvicini», il soccorritore avrebbe ristabilito il regno del bene e del male e la sua nascita sarebbe stata segnalata dall’apparizione di un astro luminoso. Seguirono quindi il percorso della stella e, conoscendo l’attesa di un Messia da parte degli ebrei, s’incamminarono, illuminati dalla grazia divina.
Il Vangelo secondo Matteo è l’unica fonte cristiana canonica a narrare l’adorazione ai piedi di Gesù dei Re Magi venuti dall’Oriente. Al loro arrivo a Gerusalemme, come primo atto fecero visita ad Erode, il re della Giudea romana, domandando dove fosse «il re che era nato», poiché avevano «visto sorgere la sua stella». Erode, mostrando di non conoscere la profezia dell’Antico Testamento (Michea 5,1), ne rimase turbato e chiese agli scribi dove doveva nascere il sovrano atteso dagli ebrei. Informato che si trattava di Betlemme, inviò là i Re Magi, esortandoli a trovare il bambino e riferire i dettagli del luogo dove trovarlo, «affinché anche lui potesse adorarlo» (Mt 2,1-8).
Secondo atto: il loro arrivo a Betlemme, città del re Davide e del Salvatore. Giunti sul luogo della nascita di Gesù si prostrano in adorazione e gli offrono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non ritornare da Erode, fanno ritorno alla loro patria per un’altra strada (Mt 2,9-11). Scoperto l’inganno, Erode s’infuria e manda ad uccidere tutti i bambini di Betlemme di età inferiore ai due anni, dando luogo alla Strage degli innocenti (Mt 2,16-18), ma Giuseppe, avvertito anticipatamente in un sogno, fugge in Egitto (Mt 2,13-14) con la sua famiglia.
Matteo parla di «alcuni Magi dall’Oriente” (μαγοι απο ανατολων, magoi apo anatolōn). Dal Vangelo secondo Luca si apprende che Giuseppe, Maria e Gesù rimasero a Betlemme almeno 40 giorni, cioè sino alla Presentazione al Tempio ed è in questo tempo che si compì, dopo i pastori, l’autorevole visita dei Magi.
Il termine Magi è la traslitterazione del termine persiano antico magūsh, accadico magūshu, siriaco mgōshā, passato al greco màgos (μάγος, plurale μάγοι). Si tratta di un titolo riferito specificamente ai sacerdoti dello Zoroastrismo tipici dell’Impero persiano. I tre re pagani vennero chiamati Magi a motivo della loro grande competenza nella disciplina dell’astrologia, ma anche della loro saggezza. I Magi divengono Re Magi nella tradizione liturgica cristiana in quanto la festa dell’Epifania è collegata al Salmo 72 (71), 10: «I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,/ i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi./A lui tutti i re si prostreranno,/lo serviranno tutte le nazioni.»
La tradizione ha dato loro un nome, Gaspare, Melchiorre, Baldassarre, e un volto, con la sterminata iconografia, ai Rei Magi. E, sempre secondo la tradizione, poiché erano sacerdoti, sebbene zoroastriani, seguendo la stella celeste e raggiungendo il neonato Re di Israele, essi hanno riconosciuto Gesù Bambino come unico Dio. Dunque i Magi giunsero alla mangiatoia di Betlemme con piena coscienza dell’importanza religiosa e cosmica della nascita di Cristo, l’unto di Dio.
Infatti, secondo il Vangelo di Matteo, i Magi sono state le prime autorità religiose e civili ad adorare Cristo. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Quando videro il divino Bambino si prostrarono e lo adorarono. Quindi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, simbolo della regalità; incenso, simbolo del sacerdozio di Gesù; mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, la quale indica l’espiazione dei peccati attraverso il sacrificio.
«In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente.» (Marco Polo, Il Milione, cap. XXX.)
Nel transetto della basilica romanica di Sant’Eustorgio a Milano si trova la cappella dei Magi, nella quale è conservato un colossale e vuoto sarcofago di pietra, risalente al tardo Impero romano. Secondo le tradizioni ambrosiane, la basilica sarebbe stata fatta costruire dal vescovo Eustorgio intorno all’anno 344: la volontà del vescovo era quella di essere qui sepolto, dopo la sua dipartita, vicino ai corpi dei Re Magi. Per questo motivo, con l’approvazione dell’imperatore Costante avrebbe fatto arrivare i loro resti dalla basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, dove erano stati portati alcuni decenni prima da sant’Elena, madre di Costantino, e che li aveva ritrovati durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa, quando trovò le Sacre reliquie della passione di Cristo.
Nel 1162 l’imperatore Federico Barbarossa, con la conquista di Milano, fece distruggere la chiesa di Sant’Eustorgio e si impossessò delle spoglie dei Magi. Nel 1164 l’Imperatore ordinò al suo arcicancelliere, Reinald von Dassel, che era anche arcivescovo di Colonia, di portarle in Germania al fine di rafforzare il prestigio della corona imperiale. Vennero trasportate, attraverso la Lombardia, il Piemonte, la Borgogna e la Renania, nel duomo della città tedesca, dove ancora oggi sono conservate in un prezioso reliquiario. Ai milanesi rimase solo una medaglia realizzata, così si dice, con parte dell’oro donato dai Magi al Signore, che da allora venne esposta il giorno dell’Epifania in Sant’Eustorgio, accanto al sarcofago vuoto. Invano e a più riprese Milano tentò di riavere le reliquie. Né Ludovico il Moro nel 1494, né papa Alessandro VI, né Filippo II di Spagna, né papa Pio IV, né papa Gregorio XIII, né Federico Borromeo riuscirono a riavere le spoglie in Italia. Ma il 3 gennaio del 1904 il cardinale Ferrari, arcivescovo di Milano, fece solennemente ricollocare in Sant’Eustorgio alcuni frammenti ossei delle reliquie: due fibule, una tibia e una vertebra, offerti dall’arcivescovo di Colonia Anton Hubert Fischer. Furono posti in un’urna di bronzo, accanto all’antico sacello vuoto con la scritta «Sepulcrum Trium Magorum» (tomba dei tre Magi). Il cronista Galvano Fiamma lascia testimonianza che nel 1336 a Milano si celebrava un corteo dei Magi a cavallo attraverso la città. Una versione del dettagliato racconto è contenuta nella Historia Trium Regum (Storia dei tre re) del chierico, del XIV secolo, Giovanni di Hildesheim. L’autore, per spiegare la presenza a Colonia delle reliquie mummificate dei saggi orientali, inizia la sua narrazione con il viaggio a Gerusalemme di sant’Elena:
«La regina Elena […] cominciò a pensare grandemente ai corpi di quei tre re, e si schierò e con un largo seguito si recò nella terra dell’Indo […] quand’ebbe trovato i corpi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, la regina Elena li mise in uno scrigno che ornò di grandi ricchezze, e li portò a Costantinopoli […] e li pose in una chiesa chiamata Santa Sofia.»
Nella cattedrale di Colonia è quindi conservata l’arca preziosa d’argento dorato, fatta realizzare dal successore di Reinald, Filippo di Heinsberg, nella chiesa di San Pietro, trasformata successivamente nella magnificente cattedrale gotica.
Il reliquiario dei Re Magi all’interno della cattedrale di Colonia, nella copertina dell’articolo
Ricordiamo ancora che il 24 luglio la Chiesa fa memoria della traslazione delle reliquie dei santi Magi d’Oriente, adoratori di Gesù Bambino, da Milano a Colonia. Nel 1247, a motivo del grande culto che si era formato intorno alle loro figure, papa Innocenzo IV concesse speciali indulgenze per i pellegrini. Sta scritto nel Martirologio romano: «A Colonia nella Lotaringia, in Germania, traslazione dei tre magi, che sapienti di Oriente, vennero a Betlemme portando doni a contemplare nel Bambino il mistero della gloria dell’Unigenito».

Cristina Siccardi


Vennero dall’Oriente
Presso gli orientali era nota l’attesa di un Messia da parte del popolo di Israele, forse perché gli ebrei della prima diaspora, dispersi per la deportazione da parte di assiri e babilonesi, avevano fatto conoscere le loro Scritture. Il compimento di questa attesa desta gioia e sottomissione nei Magi, i quali rappresentano coloro che lasciano le tenebre per giungere all’ammirabile Luce di Cristo.
«Nato Gesù a Betlemme di giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi vennero dall’Oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei giudei che è nato?”» (Mt 2,1-2ss). Così racconta l’evangelista Matteo, scrivendo con assoluta fondatezza storica e biblica. L’adorazione dei Magi a Gesù non è leggenda, non è un “genere letterario”, come si usa dire oggi, non è soltanto “una lettura teologica” della venuta di Gesù. È fatto storico, che con ogni probabilità, direi con certezza, Matteo ha raccolto da Maria Santissima per i suoi due primi capitoli, come Luca farà altrettanto per i suoi primi due capitoli, l’insieme dei “Vangeli dell’infanzia”, dove c’è tutto sul piccolo Gesù, presagio del “grande” Gesù.


Storia non leggenda

«Vennero dall’Oriente». L’Oriente per gli ebrei è la Mesopotamia e, più ancora, la lontana Persia, il cui re Ciro, alcuni secoli prima, aveva permesso agli ebrei deportati a Babilonia, di tornare nella loro terra, la piccola Palestina, crocevia delle genti.
Gli ebrei esuli a Babilonia, avevano diffuso, tra i “gentili” (i pagani), l’idea del loro Dio, purissimo Spirito, uno e unico Creatore e Legislatore dell’umanità, e insieme l’attesa di un suo Inviato, che essi attendevano. Prova ne sia la testimonianza di Tobia, un esule di Israele, molto pio e identitario, che in un suo cantico di lode afferma di far conoscere la gloria del vero Dio in un popolo straniero (cf. Tb 13,2-18). Altro segno è il salmo 136, in cui l’autore narra come nell’esilio a Babilonia, fosse loro chiesto di cantare i cantici di Sion e l’impossibilità di soddisfare la richiesta, poiché le cetre erano state appese, in segno di lutto, alle fronde dei salici!
Presso gli orientali della Mesopotamia e della Persia dunque, era nota l’attesa di un Messia, di un Inviato, di un Re, mai prima visto, da parte di Israele. Attesa nota, perché gli ebrei della prima diaspora, dispersi per la deportazione da parte di assiri e babilonesi, avevano fatto conoscere le loro Scritture, soprattutto tra i dotti, gli studiosi delle “stelle”, del cielo e della terra. Attesa nota, in ogni paese pagano, perché doveva esser pure stata conservata quella “rivelazione primigenia”, che risale a Dio al principio dell’umanità: «Porrò inimicizia tra te [il serpente, il diavolo, la potenza del male], la Donna, tra te e la sua discendenza. Ella ti schiaccerà il capo» (Gen 3,15). Relazione primigenia tradottasi nell’attesa di un Personaggio venuto dal Cielo, da Dio stesso.
«Alcuni Magi vennero dall’Oriente». A Gerusalemme dicono di aver visto il sorgere di una stella, la sua stella, annuncio della venuta di questo Re inedito, Re unico, tutto singolare. Allora sapevano che la sua venuta sarebbe stata preceduta da una stella, che i cieli stessi l’avrebbero fatto sapere, come dice il libro dei Numeri, 24,17. Sicuramente conoscevano qualcosa dell’Atteso da Israele, popolo così piccolo, ma segnato da una letteratura divina, le loro Scritture, con i Patriarchi, i Giudici, i Re, i Profeti, i Sapienti, tutti volti e anelanti a incontrarlo.
Facciamo una lettura fondamentalista della Parola di Dio? Ebbene che sia, sappiamo che quanto stiamo scrivendo, è la lettura che ne fa fondata cultura biblica e soprattutto il Magistero della Chiesa. E pertanto ne abbiamo l’anima in pace.


Cercatori di verità e vita

Alla domanda dei Magi, giunti a Gerusalemme: «Dov’è il re dei Giudei che è nato?», tutta la città sacra del Tempio di Dio, rimase sgomenta, primo tra tutti il re Erode, una reuccio vassallo di Roma, che temeva sempre di perdere il suo potere sul reame, fino al punto di fare assassinare i suoi figli, timoroso che attentassero al suo trono. Augusto, quando lo seppe, dichiarò che preferiva essere un «porco», che figlio di Erode – sottinteso – perché in Israele non si uccidevano né tanto meno si mangiava la carne di maiale!
Erode, dunque, sgomento, Gerusalemme sgomenta, non per la venuta dell’Atteso delle genti, che pure avrebbe dato lustro al loro popolo, ma sgomenti di stupore, di paura, di collera. «Erode, riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo dove doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”». E gli citano Michea 5,1.
Notate: si radunano Erode, i sommi sacerdoti (quelli in carica e gli “emeriti”) e gli scribi del popolo. Gli stessi che si raduneranno dopo circa trent’anni, per processare Gesù! Quando Erode ha la risposta, dice ai Magi: «Andate a Betlemme, informatevi accuratamente del bambino e quando l’avrete trovato, fatemi sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Ma la sua “cura” era perfidia e scelleratezza, inizio di una congiura contro Gesù, che si illuderà di aver fine mandando Gesù alla croce, ma che continua ancora oggi, dove Gesù è rifiutato, perseguitato e crocifisso, su tutti i calvari della terra.
Pur conoscendo le Scritture, i vaticini dei profeti, riguardo al Re-Messia, nessuno di quei “signori” di Gerusalemme – neppure i sacerdoti – si mosse per andarlo a cercare a Betlemme. Anzi, dicono i Padri della Chiesa, che pure essi congiurarono con Erode nella strage di bambini dai due anni in giù, per eliminarlo.
Per restare unico re, Erode (e i suoi complici) sogna di spegnere la Luce nel sangue. I testimoni “obbligati” della Luce, i sacerdoti e i principi della nazione, non alzeranno la voce, contro l’iniquità. Il popolo sviato da quelli che avrebbero dovuto guidarlo alla verità, continuerà a ostinarsi nell’incuranza e nell’errore, nel rifiuto del suo Re-Messia. Infelice popolo, qualsiasi popolo, che abbandona il suo Dio. Sarà lui stesso abbandonato.
Sono brevi righe quelle di Matteo, capitolo 2, ma contengono una tragedia.
Ma io vado, noi andiamo a Betlemme, al seguito dei Magi e della stella riapparsa. Da quando sono entrati in Giudea, la folla si arresta ad ammirare la loro lunga carovana, i loro costumi pittoreschi, la stella che brilla alla testa del corteo. Ma nessuno comprende il segno di Dio e tutti se ne tornano dimentichi, incuranti, ai loro affari. Solo i Magi vincono l’indifferenza, l’ostilità e camminano, cercatori di verità e vita, al seguito della stella prodigiosa.
Giunti alla casa dove c’è il piccolo Gesù, non si distraggono neppure un istante, provano una grandissima gioia a vedere il Bambino Gesù con Maria sua Madre, che presenta il Figlio di Dio e suo alla loro adorazione. Sottolinea Matteo evangelista: «Essi, i Magi, prostratisi lo adorarono». Lo hanno riconosciuto non solo Re di Israele, ma Re del mondo, anzi Dio, degno Lui solo di adorazione con la faccia a terra. Altrettanto, si può pensare, fanno i loro servi.
È piccolo, Gesù, ma è il loro Re. È il nostro Re. È Lui, Gesù, il Sovrano, il Signore. “È lui che tiene in mano il Regno, la potenza e l’impero”. Sì, il nostro piccolo Re, ma è il Re cui nessuno potrà mai resistere, al quale è destinata la vittoria sul mondo e nell’eternità. I Magi offrono oro, incenso e mirra, e con loro tutti i secoli cristiani salutano e adorano il Capo, la Guida, la Vita nuova dell’umanità rigenerata da Lui.
Il Dio-bambino sorride e benedice i primi nati della sua Chiesa. Non solo l’Israele più umile, quello dei pastori della collina di Betlemme, ma “la gentilità” (i pagani) che comincia ad adorarlo nei suoi membri più illustri, quali erano i Magi, sapienti, forse sacerdoti e re pure loro, comunque guide, notabili dei loro popoli. Riconosciamolo, oggi si rivela il Salvatore – Epifania significa manifestazione –, oggi si innalza sui nostri orizzonti –  sugli orizzonti dei secoli e della storia – la Luce piena, totale, indefettibile, sovrana del piccolo Re, che è il Re dei re.
Felici noi che camminiamo nella sua luce. Felice il nostro tempo se tornerà a Gesù, diversamente è il tempo più infelice e più cupo della storia. Felici noi che crediamo in Gesù, come il Figlio di Dio fatto uomo. Pastori, Magi, i credenti in Gesù a duemila e due decenni dalla sua venuta, abbiamo superato la “gnosi” di una sapienza soltanto umana, per arrenderci a Gesù, oltre il Quale non è possibile andare, come spiega l’apostolo evangelista san Giovanni (cf. 1Gv 4,2-3; 2Gv 4-9), pena l’essere fuori dal progetto di Dio, anzi, diventare anti-cristi. A noi, in compagnia di Gesù e di sua Madre, come per i santi Magi, l’assoluta certezza, il completo possesso, la sicurezza della verità assoluta ed eterna.
http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=6&id=1883


Rivelazioni alla mistica d'Agreda: per il ministero degli angeli i Magi seppero che Gesù, Vero Dio e vero uomo era nato e che la stella di Balaam li avrebbe guidati


I TRE RE MAGI VENGONO DALL'ORIENTE ED ADORANO IL VERBO INCARNATO A BETLEMME.

552. I tre re Magi, che vennero in cerca del bambino Gesù, erano nativi della Persia, dell'Arabia e di Saba, regioni che si trovano ad oriente della Palestina. La loro venuta fu profetizzata specialmente da Davide e prima di lui da Balaam, quando questi per volontà divina benedisse il popolo di Israele, mentre Balak, re dei moabiti, lo aveva condotto perché lo maledicesse. In queste benedizioni, Balaam disse di sé che egli avrebbe visto il re, Cristo, ma non subito, e che lo avrebbe contemplato, ma non da vicino; infatti, non lo vide di persona, ma per mezzo dei Magi suoi discendenti, e ciò non avvenne immediatamente, ma dopo molti secoli. Disse anche che sarebbe spuntata una stella da Giacobbe, perché doveva servire ad indicare colui che nasceva per regnare eternamente sulla casa di Giacobbe.

553. Questi tre re erano molto sapienti nelle scienze naturali ed istruiti nelle Scritture del popolo di Dio; per la loro sapienza furono chiamati Magi. Per la conoscenza dei testi sacri e per i colloqui avuti con alcuni ebrei, giunsero a credere nella venuta del Messia, che Israele aspettava. Erano inoltre uomini retti, sinceri e molto giusti nel dirigere i loro stati; e poiché questi non erano tanto estesi come i regni dei nostri tempi, li governavano con facilità essi stessi ed amministravano la giustizia come re saggi e prudenti, dato che questo è l'ufficio che compete al re. Perciò, lo Spirito Santo dice che Dio tiene il suo cuore in mano per dirigerlo, come un canale d'acqua, dovunque egli vuole. Avevano anche cuori grandi e magnanimi, senza avarizia né cupidigia, la quale opprime, avvilisce e restringe gli animi dei principi. Poiché questi Magi vivevano in stati non lontani tra loro, si conoscevano, comunicavano tra loro circa le virtù morali che avevano e le scienze che praticavano e si davano notizia delle cose più grandi e rilevanti che giungevano a penetrare. Erano, insomma, amici e corrispondenti fedelissimi in tutto.

554. Già si è detto come nella medesima notte in cui nacque il Verbo incarnato essi furono avvisati della sua nascita nel tempo per ministero dei santi angeli. Accadde in questa maniera: uno degli angeli della scorta della nostra Regina, superiore a quelli dei Magi, fu inviato dalla grotta e illuminò i tre angeli custodi dei tre re, dichiarando loro la volontà e il messaggio del Signore, affinché ciascuno di essi manifestasse a quello a lui affidato il mistero dell'incarnazione e della nascita di Cristo nostro redentore. Subito ciascuno dei tre angeli parlò in sogno al re di cui era custode, alla stessa ora. Questo è l'ordine comune delle rivelazioni angeliche: passare dal Signore alle anime attraverso la gerarchia degli angeli. Questa illuminazione dei re fu molto abbondante e chiara circa i misteri dell'incarnazione, perché seppero che era nato il re dei giudei, vero Dio e vero uomo, che era il Messia e redentore promesso nelle Scritture e profezie, e che sarebbe stata data loro come guida, per poterlo cercare, quella stella che Balaam aveva profetizzato. I tre re compresero anche, ciascuno da sé, che lo stesso avviso veniva dato agli altri due e che questo non era beneficio né prodigio concesso loro per rimanere ozioso, ma affinché operassero con la luce divina quello che questa avrebbe loro insegnato. Furono elevati ed accesi di grande amore e desiderio di conoscere Dio fatto uomo, di adorarlo come loro creatore e redentore, di servirlo con più sublime perfezione; li aiutavano molto per tutto questo le eccellenti virtù morali che avevano acquisito, perché con esse si trovavano ben disposti a ricevere la luce divina.

555. Dopo questa rivelazione del cielo ricevuta in sogno, i tre re si svegliarono; subito si prostrarono a terra tutti e tre alla stessa ora e adorarono in spirito l'essere immutabile di Dio. Magnificarono la sua misericordia e la sua bontà infinita per l'incarnazione del Verbo in una vergine per la redenzione del mondo e la salvezza eterna degli uomini. Immediatamente tutti e tre, guidati singolarmente da un medesimo spirito, determinarono di partire senza indugio per la Giudea in cerca del bambino Dio per adorarlo. Prepararono i tre doni da portargli: oro, incenso e mirra in quantità uguale, perché in tutto erano misteriosamente guidati; e, senza avere parlato fra sé, si trovarono concordi nelle determinazioni e nelle disposizioni. Per partire con prontezza e speditamente, approntarono in quello stesso giorno tutto il necessario: cammelli, equipaggio e servitori per il viaggio. Anziché preoccuparsi dello stupore che ciò avrebbe causato nel popolo o del fatto che andavano in un regno straniero, e con potere limitato e scarso apparato, senza avere notizie precise circa il luogo né segni per riconoscere il bambino, decisero con fervoroso zelo ed ardente amore di partire subito per cercarlo.

556. Nel medesimo tempo il santo angelo, che partito da Betlemme si era recato dai re, formò dall'etere una stella luminosissima, benché non grande come quelle del firmamento, perché bastava che fosse visibile da tale distanza, tanto da indirizzare e guidare i santi re fino alla grotta dove stava il bambino Dio. Aveva, però, un chiarore nuovo e diverso da quello del sole e con bellissima radiosità riluceva di notte come torcia luminosissima e di giorno si manifestava tra lo splendore del sole con straordinaria attività. All'uscire dalla propria casa questi re, benché ciascuno da un luogo diverso, videro la nuova stella, anche se era una sola, perché fu collocata a distanza ed altezza tali da poter essere vista da tutti allo stesso tempo. Incamminandosi tutti e tre dove li invitava la miracolosa stella, si vennero a riunire in breve tempo. Allora la stella si avvicinò molto di più a loro, abbassandosi e discendendo di molti gradi, cosicché essi potevano godere maggiormente del suo splendore. Parlarono insieme delle rivelazioni che avevano ricevuto e dell'intento di ciascuno, che era lo stesso. In tale colloquio s'infiammarono maggiormente nella devozione e nel desiderio di adorare il neonato. Restarono, inoltre, meravigliati e magnificarono l'Onnipotente per le sue opere e per i suoi sublimi misteri.

557. I Magi proseguirono il loro viaggio guidati dalla stella, senza perderla di vista finché giunsero a Gerusalemme. Per questo, come anche perché quella era la città più grande e la capitale dei giudei, stimarono che essa fosse la patria dove era nato il loro legittimo e vero re. Entrarono nella città e domandarono pubblicamente di lui, dicendo: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». Questa novità giunse all'orecchio di Erode, che in quel tempo, benché ingiustamente, regnava in Giudea e dimorava in Gerusalemme. L'iniquo re, spaventato all'udire che era nato un altro re più legittimo, restò turbato e si rattristò molto; con lui tutta la città s'inquietò, alcuni per adularlo ed altri per timore della novità. Come riferisce san Matteo, Erode comandò subito che si riunissero i sommi sacerdoti e gli scribi, ai quali domandò dove doveva nascere il Cristo, che essi secondo la loro fede e le loro Scritture aspettavano. Gli risposero che, secondo il vaticinio del profeta Michea, doveva nascere a Betlemme, perché questi aveva lasciato scritto che da quel luogo sarebbe uscito il capo che avrebbe retto il popolo d'Israele.

558. Erode, conosciuto il luogo in cui era nato il nuovo re d'Israele e meditando da quel momento di ucciderlo, licenziò i sacerdoti e chiamò segretamente i Magi per informarsi circa il tempo in cui avevano visto la stella che annunciava la sua nascita. Siccome essi glielo manifestarono con sincerità, disse loro con nascosta malizia: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». I Magi partirono e l'ipocrita re restò perplesso ed angosciato per i segni tanto certi della nascita nel mondo del legittimo Signore dei giudei. Anche se avrebbe potuto placarlo, quanto alla sicurezza di non perdere il suo potere, il sapere che non poteva regnare così presto un neonato, la prosperità umana è così debole e fallace che un bambino o un segno minaccioso, sebbene lontano, bastano a farla precipitare; e la sola immaginazione impedisce tutto il piacere e la consolazione che essa ingannevolmente offre a chi la possiede.

559. Quando uscirono da Gerusalemme, i Magi ritrovarono la stella che avevano perso al loro ingresso in città. Con la sua luce giunsero a Betlemme, alla grotta della nascita. La stella trattenne su di essa il suo corso e si abbassò entrando per la porta e, diminuendo la sua dimensione, non sparì se non dopo essersi posta sopra il capo del bambino Gesù; allora lo circondò tutto con la sua luce e subito la materia di cui era formata si dissolse. La nostra grande Regina era già stata avvisata dal Signore dell'arrivo dei re e, quando intuì che si avvicinavano alla grotta, ne diede notizia al santo sposo Giuseppe, non perché si appartasse, ma perché fosse presente al suo fianco. Anche se il sacro testo del Vangelo non lo esprime - perché ciò non è necessario per la comprensione del mistero, come non lo sono neanche altre cose che gli Evangelisti hanno passato sotto silenzio -, è certo che san Giuseppe fu presente quando i re adorarono il bambino Gesù. In ciò non era richiesta cautela, perché i Magi sapevano già per illuminazione divina che la Madre del neonato era vergine e che egli era Dio vero, non figlio di san Giuseppe. Dio non avrebbe condotto i re ad adorarlo, se fossero stati così poco istruiti da mancare in cosa tanto essenziale come il giudicarlo figlio di Giuseppe e nato da madre non vergine. Essi giungevano illuminati in tutto e con profondissima penetrazione di quanto apparteneva a così magnifici e sublimi misteri.

560. La divina Madre, con il neonato Dio tra le braccia, attendeva i devoti re; aveva incomparabile modestia e bellezza, e lo splendore del suo volto rivelava in quell'umile povertà indizi di maestà più che umana. Il bambino Dio spargeva un fulgore ancora più intenso, per cui tutta quella grotta era divenuta un cielo. I tre re orientali entrarono in essa ed alla prima vista del Figlio e della Madre rimasero a lungo meravigliati e pieni di stupore. Si prostrarono poi a terra ed in tale posizione riverirono ed adorarono il bambino, riconoscendolo come vero Dio e vero uomo e come redentore del genere umano. Alla vista e alla presenza del dolcissimo Gesù furono di nuovo illuminati interiormente dal potere divino. Conobbero la moltitudine degli spiriti angelici, che come servi e ministri del grande Re dei re e Signore dei signori` assistevano con tremore e riverenza. Quindi, si alzarono in piedi e subito si congratularono con la loro e nostra Regina per essere madre del Figlio dell'eterno Padre, arrivando a venerarla genuflessi. Le domandarono la mano per baciargliela, come nei loro regni si era soliti fare con le regine. La prudentissima Signora ritirò la sua ed offrì loro quella del redentore del mondo, dicendo: «Il mio spirito gioisce nel Signore e l'anima mia lo benedice e lo loda, perché tra tutte le nazioni vi ha chiamati e scelti per arrivare a vedere con i vostri occhi ed a conoscere colui che molti profeti e re hanno desiderato vedere, ma non hanno visto, cioè il Verbo eterno incarnato. Magnifichiamo e lodiamo il suo nome per i suoi misteri e per la misericordia che usa verso il suo popolo. Baciamo la terra, che egli santifica con la sua presenza regale».

561. A queste parole di Maria santissima i tre re si umiliarono di nuovo, adorarono il bambino Gesù e riconobbero il grande beneficio della nascita del sole di giustizia per illuminare le loro tenebre. Fatto questo, parlarono a san Giuseppe, esaltando la sua felicità nell'essere sposo della Madre di Dio, e per lei si congratularono con lui, compassionando tanta povertà ed ammirando che in Maria fossero racchiusi i maggiori misteri del cielo e della terra. Trascorsero in questo tre ore; poi, i re domandarono licenza a Maria santissima di andare in città a prendere alloggio, non essendovi posto per trattenersi nella grotta e stare con lei. Li seguivano molti, ma solo i Magi ricevettero gli effetti della luce e della grazia. Gli altri, che ponevano gli occhi e l'attenzione soltanto sull'esteriore e guardavano lo stato povero e spregevole della Madre e del suo sposo, anche se sentirono qualche meraviglia per la novità, non compresero il mistero. 1 re si licenziarono e partirono, mentre Maria santissima e Giuseppe rimasero soli con il bambino, dando gloria a sua Maestà con nuovi cantici di lode, perché il suo nome cominciava ad essere conosciuto ed adorato dalle genti. Quello che fecero dopo i re si dirà nel capitolo seguente.

Tratto dalla Mistica Città di Dio, Vita della Vergine Maria rivelata alla mistica e venerabile Maria di Gesù d'Agreda, libro IV, cap. 16.

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