Se amare la Croce è amare Dio, odiarla che cos’è? Gli uomini si dividono in 2 categorie: quelli che credono al Peccato originale e gli sciocchi. Che senso ha la sofferenza umana per il sedicente papa e il suo teologo preferito?
di Francesco Lamendola
Da sempre il problema della sofferenza crea difficoltà a quanti credono in Dio; specie quella che colpisce gli innocenti e che a noi, perciò stesso, appare come inspiegabile e, in certo qual senso, “ingiusta”. Di qui a sospettare d’ingiustizia anche Dio, o d’indifferenza, o impotenza, il passo è relativamente breve, Ma ci sono vari modi, alcuni assai ingegnosi, di alterare la dottrina cristiana rispetto alla questione della sofferenza, pur senza prendersela direttamente con l‘indifferenza, l’impotenza o la scarsa bontà di Dio.
Per esempio Enzo Bianchi, nel ritiro di Quaresima a Bose, il 21 febbraio 2015, ha affermato (dal sito:http://www.ognissantisanbarnaba.it/):
Ciascuno di noi viene al mondo, ma non sappiamo quando e perché… (…)
Neppure Gesù ha dato una risposta al male. Nella Bibbia non si parla dell’origine del male (anche l’idea degli angeli ribelli che condizionano Adamo ed Eva è una favola inventata per dare una spiegazione all’origine del male… ma non è così). Resta l’oscurità sulla presenza del male. (…)
Sicuramente, per noi cristiani, è necessario prima di tutto superare e lasciare alcuni modi di pensare. Un certo cristianesimo devoto ha fatto tanti danni, allontanando molta gente dalla fede.
ALCUNI MODI DI PENSARE DA ABBANDONARE. (…) La Chiesa spesso insegna che la sofferenza è mandata da Dio. Non è vero che il Signore manda la sofferenza per il nostro bene. Dire che la sofferenza è mandata per purificare i peccati è una bestemmia!
Che senso ha la sofferenza umana per il sedicente papa e il suo teologo preferito?
A parte la disonestà di alterare l’antitesi per poter meglio affermare la propria tesi (quando mai la chiesa ha insegnato che il Signore manda la sofferenza per il nostro bene? Detta così, è una deformazione della vera dottrina cattolica), balza all’occhio che queste parole non sono scritte da un cattolico, né da un cristiano, quindi ci si chiede perché quel signore adoperi l’espressione noi cristiani. Lui non è cristiano. Uno che nega il Peccato originale e che lo riduce al livello di “favola”, che lo ridicolizza, che lo banalizza, semplicemente non è cristiano: perché sulla dottrina del Peccato originale si regge tutta la speculazione morale cristiana e tutta la concezione cristiana del mondo. Il filosofo colombiano Nicolàs Gomez Dàvila, una delle menti più acute del XX secolo (e perciò una delle più oscurate dalla cultura dominante), in uno dei suoi fulminanti aforismi, diceva: Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che credono al Peccato originale, e gli sciocchi. E quand’è che il signor Bianchi adopera l’espressione “noi cristiani”? Guarda caso, là dove si scaglia con veemenza e con disprezzo, come è solito fare, contro un certo cristianesimo devoto ha fatto tanti danni, allontanando molta gente dalla fede. Non gli piace il cristianesimo devoto, anzi “un certo”cristianesimo devoto: trasuda rabbia, fastidio, insofferenza verso i cattolici devoti. Però si dà il caso che a sostenere la vera dottrina cattolica sulla questione del male sono stati i più grandi filosofi, da sant’Agostino a san Tommaso, i Padri della Chiesa, i Santi, i Papi (fino al Vaticano II, beninteso), e tutti i venti concili l’unico che per lui faccia testo, l’ultimo. Via i cattolici devoti, dunque, via san Gerolamo, san Giovanni Crisostomo, san Pier Damiani, santa Caterina da Siena e mille e mille altri: e perché? Perché hanno fatto molti danni, allontanando la gente dalla fede. Noi conosciamo personalmente molta gente che è stata allontanata dalla fede da quelli come lui, i cattolici progressisti, o meglio i modernisti travestiti da cattolici; ma, a parte ciò, il punto è un altro, e cioè: il Vangelo deve solo avvicinare le anime, ma senza convertirle, deve solo “accompagnarle”, ma senza dir loro la verità? Gesù Cristo, il solo maestro che il cristiano riconosce come infallibile, non aveva paura di allontanare la gente, quando doveva dire pane al pane e vino al vino. Accadde che un giorno se ne andarono via proprio tutti, tranne gli Apostoli; ai quali Egli chiese: Volete andarvene anche voi? E San Pietro rispose, a nome di tutti: Signore, e da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna! Dunque, quel che il Vangelo ha da offrire non è un pane buono per tutti i palati e per tutte le stagioni, anche per i peccatori che non hanno alcuna intenzione di convertirsi, anche per gli increduli che non hanno alcuna voglia di credere: nossignori, non è per costoro, ma per i semplici e gli umili di cuore, che sanno mettersi in ginocchio (cosa che il signor Bergoglio non fa mai) ed esclamare: Padre, non sono degno che tu entri nella mia casa; ma di’ soltanto una parola, e io sarò salvato!
Non c’è niente di male, intellettualmente parlando, a pensare che la sofferenza sia un interrogativo senza risposta; solo che non è cristiano, e chi lo afferma non è cristiano.
Ci si chiederà dove l’eretico Enzo Bianchi abbia preso queste idee, che spaccia per autenticamente cristiane, insinuando che i veri cristiani non sono tali, screditando millenovecento anni di Magistero e sostenendo un nuovo “magistero” tutto suo, dettato unicamente dalla sua superbia e dalla sua arroganza intellettuale, e fatto per piacere alla gente, ma alla gente che della conversione, della penitenza, dell’espiazione dei peccati, e in definitiva della Croce, non vuole neanche sentir parlare. Ebbene, la risposta è facile: questa è farina che viene dal sacco del signor Bergoglio; o, per dir meglio, è una farina che entrambi, lui e Bergoglio, hanno attinto in parte dalla teologia della svolta antropologica di Karl Rahner, e in parte direttamente dalla teologia protestante, in particolare di Dietrich Bonhoeffer; ma anche pescando più in là, al di fuori del cristianesimo, dall’illuminismo massonico e dal sincretismo religioso oggi tanto di moda fra i gesuiti e gli ambienti missionari più “aperti”, come certi comboniani. Bergoglio, che ha definito Enzo Bianchi il suo teologo preferito (il che dice tutto sull’ortodossia del signore argentino), ricevendo i ragazzini del Gruppo Cavalieri nell’aula Paolo VI, il 2 giugno 2017, ha detto, fra le altre cose, rivolgendosi in particolare a un bambino che aveva perso la mamma e gli chiedeva una parola di consolazione:
Come si fa a capire che il Signore ti ama quando ti fa mancare persone o cose che tu non vorresti mai perdere? Pensiamo un po’, tutti insieme, con l’immaginazione, a un ospedale qualsiasi dei bambini. Come si può pensare che Dio ami quei bambini e li lascia ammalati, li lascia morire, tante volte? Pensate a questa domanda: perché soffrono i bambini? Perché ci sono bambini nel mondo che soffrono la fame, e in altre parti del mondo c’è uno spreco tanto grande? Perché? Tu sai, ci sono domande – come quella che tu hai fatto – alle quali non si può rispondere con le parole. Tanio, tu hai fatto questa domanda e non ci sono parole per spiegare. Soltanto, troverai qualche spiegazione – ma non del “perché”, ma del “para que” [“a che scopo”] – nell’amore di quelli che ti vogliono bene e ti sostengono. Non è una spiegazione del perché succedono queste cose, ma c’è gente che ti accompagna. Io ti dico sinceramente, e tu capirai bene questo: quando mi faccio io nella preghiera la domanda “perché soffrono i bambini?”, di solito la faccio quando vado negli ospedali dei bambini e poi esco – ti dico la verità – con il cuore non dico distrutto, ma molto addolorato, il Signore non mi risponde. Soltanto guardo il Crocifisso. Se Dio ha permesso che suo Figlio soffrisse così per noi, qualche cosa deve esserci lì che abbia un senso. Ma, caro Tanio, io non posso spiegarti il senso. Lo troverai tu: più avanti nella vita o nell’altra vita. Ma spiegazioni, come si spiega un teorema matematico o una questione storica, non ti posso dare né io né qualcun altro. Ci sono, nella vita – capite bene questo! – ci sono nella vita domande e situazioni che non si possono spiegare. Una di quelle è quella che tu hai fatto, della tua sofferenza. Ma dietro a questo, sempre c’è l’amore di Dio. “Ah, e come lo spieghi?”. Non si può spiegare. Io non posso spiegarlo. E se qualcuno ti dice: “Vieni, vieni, che io te lo spiego”, dubita.
È la sofferenza che ha reso grande padre Pio e che ne ha fatto un santo.
Dunque; non solo il sedicente papa si rifiuta di dare una riposta sull’interrogativo della sofferenza, ma dice anche che nessuno la può dare; e che se qualcuno pretende di darla, bisogna dubitare di quello che ci dirà. Niente male, per un papa: non ha saputo, o piuttosto non ha voluto, trovare le parole che qualsiasi vero cristiano avrebbe detto: che la sofferenza è una scala che Dio ci manda per avvicinarci a Sé; che è il privilegio delle anime sante e ha un valore immenso, incommensurabile, se viene accettata con fede nella bontà di Dio e offerta al Signore in riparazione dei peccati. Che è, poi, quel che ha fatto Gesù Cristo, con il proprio insegnamento, con la propria vita terrena e con la propria morte. Gesù non è morto di raffreddore: è morto sulla croce; e sulla croce non c’era finito per sbaglio, né controvoglia, né a dispetto della volontà di Dio e al di fuori del suo piano salvifico, ma al contrario, proprio per portarlo a compimento. Ma se un papa non sa dire queste parole, che ci sta a fare? Serve solo a seminare confusione, smarrimento, tristezza: lui e i suoi teologi preferiti, i Bianchi, i Kasper, i Küng, si sono prefissi il compito di distruggere la chiesa, di dissolvere la dottrina e disperdere le pecorelle, allontanandole dalla verità. Perché le anime sono salve non quando sono vicine al pastore, come sembra voler dire Enzo Bianchi, ma quando sono vicine all’autentico pastore, nella verità; mentre il pastore che le conduce verso il precipizio, evidentemente non le sta salvando.
Gesù non è morto di raffreddore: è morto sulla croce; e sulla croce non c’era finito per sbaglio, né controvoglia, né a dispetto della volontà di Dio e al di fuori del suo piano salvifico, ma al contrario, proprio per portarlo a compimento. Ma se un papa non sa dire queste parole, che ci sta a fare?
Naturalmente nessuno dice che la sofferenza, umanamente parlando, sia un fardello facile da portare. Ma qui appunto sta la grandezza e la dolcezza del Vangelo: esso ricorda agli uomini che la loro vita non è tutta qui, in questo corpo mortale, in questi pochi anni che hanno davanti nel loro viaggio terreno; che in ciascuno di essi c’è un mistero, un grande e sacro mistero, il mistero del soprannaturale. I Santi lo hanno sempre saputo; e non di aver paura della croce, hanno imparato ad amarla, e ad amarla per amore di Gesù Cristo, il quale non ha avuto paura di essa, per amor nostro. Ecco, per esempio, il mistero della sofferenza in un grande santo dei nostri tempi, padre Pio da Pietrelcina (da: Renzo Allegri, I miracoli di Padre Pio, Milano, Mondadori, 1993, pp. 303-04; 309):
La grandezza di padre Pio e la sua santità non sono costituite dai miracoli, dalle guarigioni, dalle bilocazioni, dalla preveggenza o dalle altre facoltà mirabili che aveva ricevuto, ma dal suo povero vivere quotidiano, uguale a quello di tutti gli altri esseri umani, impastato di sofferenza, che egli ha “onorato” in ogni attimo con la dignità di un vero figlio di Dio.
È la sofferenza che ha reso grande padre Pio e che ne ha fatto un santo. Una sofferenza, fisico e morale, grandissima. Da quando Cristo, il figlio di Dio, è morto sulla croce, la sofferenza è diventata la strada che porta il cristiano alla gloria “non peritura”. E padre Pio ha corso quella strada come il più grande dei campioni. (…)
Di fronte agli ammalati, ai bambini sofferenti, i suoi occhi si riempivano di lacrime. Si capiva che, in quel momento, il suo cuore traboccava di tenerezza e avrebbe voluto fare qualunque cosa per lenire quei dolori. I miracoli, le guarigioni nascevano da questo suo struggimento. Implorava Dio con passione offrendo, in cambio della guarigione, le sue sofferenze, le sue notti di tormento.
Altro che dire a un bambino che soffre: Non sappiamo perché c’è la sofferenza, ma un giorno capirai! C’è un abisso, umano, religioso e spirituale, rispetto a quel che fa e dice Bergoglio.
Il "nuovo Lutero" Bergoglio, con i suoi amici protestanti mentre bacia la loro bibbia: se fossero in buona fede, questi falsi cattolici se ne andrebbero e fonderebbero la loro chiesa "protestante", l’ennesima, sia pure con cinquecento anni di ritardo - tanto ci hanno messo per giungere alla conclusione che Lutero dopotutto aveva ragione.
Se amare la Croce è amare Dio, odiarla che cos’è?
di Francesco Lamendola
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