Duomo di Bolzano
La notizia, ovviamente con toni diversi, è stata riportata da Avvenire e dal Servizio Informazione Religiosa – SIR.
Dal momento che ormai i preti sono pochi - e qui ognuno potrebbe dire la sua e i vescovi dovrebbero spiegarci bene perché oggi nessuno vuol fare più il prete – ecco che a Bolzano il vescovo Ivo Muser ha deciso di far celebrare i funerali ai laici.
Come riportato da Avvenire: “Sono passati quasi sei anni da quando il vescovo di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser, aveva indicato la possibilità che un giorno fossero anche laici, opportunamente preparati, a celebrare i funerali, in vista dell’insufficiente numero di sacerdoti disponibili”, quindi la cosa bolle in pentola da un bel po’, anche perché a Bolzano c’è già un nutrito numero di laici addetti alla “celebrazione della Parola”, cioè al nuovo modo per sostituire la celebrazione della Messa. Ovviamente questi laici non “celebrano” una qualche “liturgia”, solo intrattengono i fedeli e provvedono a distribuire le particole già consacrate da un prete; costume ormai diffuso un po’ dappertutto e soprattutto in seno ai gruppi ecclesiali di vario genere.
Insomma, una sorta di pseudo-liturgia “fai da te”, che oggi ha portato a Bolzano il “funerale fai da te”.
Di fatto, in questi casi, viene abolita in toto la liturgia cattolica per i defunti, sostituita da una cerimonia laica di smaccata impronta protestante: l’ambito eretico che disconosce il culto dei morti.
Qualcuno ha ventilato l’ipotesi che questo accostamento col protestantesimo sarebbe favorito dalla vicinanza con la Germania protestante, ma più che di un’ipotesi si tratta semplicemente di un maldestro tentativo per giustificare l’iniziativa, infatti l’Alto Adige, o Sud Tirolo, non ha a che vedere con la Germania, ma è strettamente legato col Nord Tirolo, che è in Austria; e sia l’Austria, sia lo stesso Tirolo sono noti per la loro tradizione cattolica, refrattaria al protestantesimo, col Tirolo che annovera nella sua tradizione recente la controrivoluzione cattolica guidata dal mitico Andreas Hofer (1767-1810).
La verità è che questa iniziativa della diocesi di Bolzano rientra nella strategia della neochiesa nata col Vaticano II, volta a protestantizzare il cattolicesimo e a mettere da parte la Tradizione cattolica, come dimostra chiaramente l’attività del nuovo papa post-conciliare, quel Bergoglio venuto dall’Argentina per portare avanti la rivoluzione avviata da Paolo VI e proseguita dai suoi successori.
Tanto per avere un’idea di come il vescovo non abbia scusanti per la sua rivoluzionaria iniziativa, guardiamo i dati della diocesi di Bolzano confrontandoli con quelli della vicina diocesi di Verona:
Popolazione: Bolzano: 512.000 (96% battezzata); Verona: 934.000 (91% battezzati)
Parrocchie: Bolzano: 281; Verona: 379
Preti: Bolzano: 455 (1 per ogni 1080 battezzati); Verona: 952 (1 per ogni 893 battezzati).
Dati da cui risulta che nella diocesi di Bolzano non v’è alcuna emergenza preti: la situazione è simile a quella di tutte le diocesi l’Italia. A Bolzano invece c’è un vescovo che ama agire “all’avanguardia” e fa da battistrada per trasformare il funerale cattolico in funerale protestante. Parrocchie: Bolzano: 281; Verona: 379
Preti: Bolzano: 455 (1 per ogni 1080 battezzati); Verona: 952 (1 per ogni 893 battezzati).
Funerale protestante
Elemento qualificante di questa iniziativa, spiegata a destra e a manca, è quanto dichiarato al settimanale diocesano da uno di questi “animatori” laici, Hans Duffek, da sei anni animatore della “liturgia della Parola” nella parrocchia del Duomo di Bolzano: «il desiderio di manifestare consolazione e sostegno nella fede ai familiari della defunta» (articolo di Avvenire); esattamente quello che fanno i protestanti.
E come i protestanti, questi laici assegnati al servizio funebre si limitano a recitare delle preghiere, a parlare dei meriti del defunto e ad assistere coloro che intendono parlare a loro volta del defunto. Insomma, un funerale che non si preoccupa più di accompagnare cattolicamente all’ultima dimora il corpo del defunto, ma si preoccupa di accudire i parenti e gli amici affranti per la dipartita… una sorta di servizio di assistenza psicologica.
Funerale cattolico
«La Chiesa che, come Madre, ha portato sacramentalmente nel suo seno il cristiano durante il suo pellegrinaggio terreno, lo accompagna al termine del suo cammino per rimetterlo « nelle mani del Padre ». Essa offre al Padre, in Cristo, il figlio della sua grazia e, nella speranza, consegna alla terra il seme del corpo che risusciterà nella gloria. Questa offerta è celebrata in pienezza nel sacrificio eucaristico; le benedizioni che precedono e che seguono sono dei sacramentali.» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 1683)
«Le esequie cristiane sono una celebrazione liturgica della Chiesa. Il ministero della Chiesa in questo caso mira ad esprimere la comunione efficace con il defunto come pure a rendere partecipe la sua comunità riunita per le esequie e ad annunciarle la vita eterna.» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 1684).
Questi due articoli del Catechismo vengono del tutto disattesi nel “funerale” celebrato a Bolzano dai laici: in esso non v’è traccia di liturgia, né di sacramentali, dal momento che manca il ministro consacrato. Si tratta quindi di una parodia delle “esequie cristiane” e c’è da chiedersi se essa può avere un minimo di validità, anche a considerare che i laici sono incaricati dal vescovo.
Nel caso della cosiddetta celebrazione della “liturgia della parola” da parte di laici, è scontato che non si può trattare né si tratta di una Messa o di una liturgia, ma di una semplice riunione di fedeli.
Nel caso della distribuzione delle Particole da parte di laici, anche qui è pacifico che la Particola distribuita ai fedeli può considerarsi una valida Comunione sol perché le Particole sono state consacrate da un ministro consacrato… nonostante questa diffusa pratica dei cosiddetti “ministri straordinari” violi in toto l’antica e immemore legge liturgica della Chiesa che impone che la Particola consacrata debba essere toccata solo dal ministro consacrato.
Per ultimo facciamo notare che la stessa giustificazione della “mancanza di preti”, rende invalida questa ultima novità “liturgica”… se infatti non v’è prete, non v’è liturgia. E a questo punto, a Bolzano, si instaurerà una sorta di discriminazione di fatto: tra i defunti che riceveranno l’ultima benedizione da un prete e i defunti che non riceveranno alcuna benedizione.
Chi sarà a scegliere l’uno o l’altro di questo trattamento… il defunto certo no!
D’altronde, a guardare un prete della diocesi di Bolzano con incarichi in Curia non si capisce bene se si tratta di un consacrato o di un laico, quasi a dire che i fedeli della diocesi difficilmente si accorgeranno della differenza.
di Belvecchio
MACABRA POST EUTANASIA
Lennon e i bambini sottozero per l'egoismo degli adulti
La storia di Lennon, affetto da una patologia genetica e ucciso a dieci anni secondo i rodati protocolli eutanasici inglesi. E la evidente necrofilia degli ospedali che tengono il corpicino in una speciale culla termica per settimane. Una forma macabra e falsa di elaborazione del lutto. Coerente con l'eutanasia dei bambini sacrificati sull’altare del maggior interesse degli adulti sia da vivi che da morti.
Oltremanica fiorisce il culto della morte. Lennon era un bambino inglese affetto da una rara malattia genetica e per questo ucciso a 10 anni dal Servizio sanitario inglese. Nel Regno Unito ci sono moltissimi casi come quello di Lennon. Non se ne parla per una semplice ragione: i genitori non si oppongono e quindi non si crea il caso mediatico. Quando invece il Servizio sanitario inglese trova sulla sua strada genitori testardi come quelli di Charlie Gard, Alfie Evans e Isaiah Haastrup la vicenda diventa di pubblico dominio.
Torniamo a Lennon. Genetic Alliance, un gruppo di associazioni di famiglie che hanno figli con patologie genetiche, chiede alla mamma di Lennon di raccontare la sua storia in occasione dei 70 anni del Servizio sanitario inglese. “Non posso non lodare la cura e la compassione che Lennon, Ian ed io abbiamo ricevuto nelle ultime ore della vita di Lennon – scrive la mamma di quest’ultimo - Non dimenticherò mai le lacrime che gli rigavano le guance quando il medico arrivò alle tre del mattino e rimosse il tubo del ventilatore che teneva in vita Lennon”. Ecco descritta in un paio di righe un perfetto protocollo eutanasico. E fin qui, ahinoi, nulla di nuovo sotto il sole.
Poi la lettera prosegue e descrive cosa è successo dopo la morte di Lennon. Ad una prima lettura si rimane disorientati perché interdetti. Alla seconda nasce l’orrore e il disgusto perché si è compreso bene cosa la mamma di Lennon, evidentemente stordita dalla disperazione per la perdita del figlio, va raccontando: “Ho sempre desiderato che la fine fosse al Keech Hospice. Alla fine non abbiamo potuto portare Lennon al Keech. Ma gli staff del Keech Hospice e dell’Addenbrookes hanno spostato le montagne e Lennon è arrivato nel suo luogo di serenità appena 12 ore dopo la sua morte. Il personale lì lo ha amato e si è preso cura di lui nei giorni e nelle settimane successivi alla sua morte, proprio come lo avrebbe amato e curato nelle sue ultime ore. Lo hanno lavato e vestito con il suo abbigliamento da paggio. Hanno parlato con lui mentre gli lisciavano i morbidi capelli. Siamo stati in grado di andare al Keech e visitarlo. Nei primi giorni mi sono seduta con lui, gli ho tenuto la mano e gli ho parlato. Ho appoggiato la testa sul suo petto e singhiozzato”. Avete capito bene: per settimane il cadavere del piccolo è stato preso in cura dal personale del Keech e dai genitori.
Pubblicata la lettera, sul web sono comparse storie simili. Charlotte e il marito perdono la piccola Evelyn, affetta anche lei da una patologia genetica. Il cadavere rimane nell’hospice pediatrico di Martin House per 12 giorni durante i quali i genitori l’hanno lavata, le hanno cambiato il pannolino, le hanno persino cambiato sovente gli abitini e portata in giro in carrozzina. Poi l’hanno trasferita a casa, cullandosela per altri quattro giorni prima del funerale.
Ma, prima di rispondere alla domanda “Si sono bevuti tutti quanti il cervello?”, dobbiamo rispondere ad un quesito di carattere tecnico: come è possibile prendersi cura di un cadavere per settimane? Grazie alla Cuddlecot, sostanzialmente una culla refrigerata che ritarda il processo di decomposizione. Pare che le Cuddlecots siano consigliate dagli ospedali pediatrici inglesi da alcuni anni. La dott.ssa Michelle Hills, consulente in medicina palliativa pediatrica presso la Martin House, spiega: le cuddle cots “hanno avuto un grande impatto positivo sulle famiglie. Aiutano i genitori a creare ricordi. La maggior parte dei genitori accetta questa opzione, è una cosa abbastanza normale. Alcune famiglie vogliono spingere i loro piccoli nella carrozzina che hanno comprato, portarli a casa nella nursery che hanno preparato”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’agenzia inglese di pompe funebri Roftek Ltd Flexmont che ha inventato questa bara sottozero: “Affrontare la morte di un bambino è chiaramente un evento incredibilmente difficile per genitori ed ai genitori in lutto dovrebbe essere data la possibilità di trascorrere del tempo post-morte con il loro bambino. Fornire alle famiglie questo tempo attraverso l’uso di CuddleCot è incoraggiato a livello internazionale. Gli ospedali sono sempre più criticati se non usano CuddleCots”. E aggiungono: “I prodotti Flexmort sono utilizzati in tutto il mondo e abbiamo un contratto nazionale con gli ospedali Nhs del Regno Unito. I prodotti di stoccaggio del corpo [sic] di Flexmort hanno rivoluzionato il concetto di stoccaggio mobile del corpo rendendo possibile che il defunto venga raffreddato ‘con dignità’”.
Dunque dopo il concetto di morte dignitosa ora abbiamo anche il concetto di post-mortem dignitosa o di raffreddamento dignitoso.
Affrontiamo ora la domanda relativa all’uso del cervello come un drink pre dinner. Innanzitutto lo “stoccaggio mobile del corpo” è espressione assolutamente congrua con il processo eutanasico. Prima si scarta il bambino perché prodotto difettoso e poi c’è il processo di stoccaggio e smaltimento della merce fallata. In secondo luogo, la Cuddlecot è espressione plastica dell’incapacità di accettare la morte come evento naturale della vita. Come si procura artificiosamente la morte attraverso l’eutanasia, così altrettanto artificiosamente si tenta di tenere in vita il cadavere di un bambino, mossi da indicibile disperazione. E’ quasi il tentativo folle di procrastinare l’evento morte che in realtà è già avvenuto. Si vuole perpetuare l’esistenza al di là delle soglie dove regnano le tenebre, ma in realtà l’unico effetto che si ottiene è lo straziante prolungarsi di un funerale senz’anima, di una lugubre e raccapricciante veglia. Con l’eutanasia si anticipa la morte, con la Cuddlecot si vorrebbe poi posticiparla. Prima si uccide e poi quasi si vorrebbe resuscitare il defunto.
Terza riflessione: i bambini di cui sopra vengono uccisi non per il loro bene, ma per l’interesse degli adulti. Parimenti queste piccole bare non sono state ideate nel rispetto della dignità del bambini, ma sono state concepite pensando unicamente agli adulti. E’ solo nella speranza di lenire il loro dolore che il piccolo non viene lasciato andare, ma deve rimanere lui morto tra i vivi. Sacrificato sull’altare del maggior interesse degli adulti sia da vivo che da morto.
Ultima riflessione: un tempo gli ospedali tenevano in vita le persone, ora le tengono morte. Dicevamo che al di là della Manica fiorisce il culto della morte. Infatti alcuni ospedali pediatrici non solo ammazzano i bambini, ma amano così morbosamente la morte da celebrarla anche dopo, tenendo il cadavere in corsia. Se i genitori, pur non potendo giustificare la loro scelta, trovano alcune attenuanti nel loro dolore annichilente, per i medici e per chi ha inventato queste macabre culle non ci può essere comprensione alcuna. Qui si tratta di una forma sofisticata di necrofilia, di passione malata della morte. Nel celebre film Psyco di Hitchcock, il protagonista, Norman, teneva in casa il cadavere ormai mummificato della madre. Ora questo avviene nelle corsie degli ospedali. L’orrore dell’infanticidio si perpetua nell’agghiacciante – è proprio il caso di dirlo – rito della criconservazione dei corpicini delle piccole vittime. Sono ormai le coscienze ad essere state ibernate.
Tommaso Scandroglio
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