Se per obbedire a Dio si deve disobbedire agli uomini. Perché moltissimi buoni cattolici anche di retta dottrina e di ottimi sentimenti vivono con crescente disagio confusione, turbamento e angoscia il pontificato di Bergoglio?
di Francesco Lamendola
Moltissimi buoni cattolici, anche di retta dottrina e di ottimi sentimenti (non è che ce ne siano ancor molti, in giro: perciò diciamo “moltissimi” in senso relativo e non in senso assoluto) vivono con crescente disagio, confusione, turbamento e angoscia il pontificato di Bergoglio, e anzi tale disagio e tale confusione hanno cominciato a provarli fin dall’indomani del Concilio Vaticano II. E tuttavia essi non osano rompere gli indugi ed esprimere apertamente la loro sofferenza, né, tanto meno, rivolgere critiche a questo clero modernista, a questo vescovi e cardinali massoni e a questi preti marxisti e secolarizzati; e preferiscono autocensurarsi e perfino, qualche volta, auto-colpevolizzarsi, perché pensano che si debba obbedire sempre e comunque al papa, alla Chiesa e ai suoi pastori, e che disobbedire, protestare, criticare, sia indegno di un buon cattolico e sia sintomo di poca fede nei disegni della Provvidenza.
Tali scrupoli, poi, sono alimentato ad arte dai seguaci della setta conciliare e neomodernista, che si è impadronita del vertice della Chiesa, i quali, come serpi velenose, proprio quando più grande è la sofferenza e più forte sarebbe l’impulso di rompere gli indugi e di parlare a voce alta per ammonire il clero che si sta allontanando dal retto sentiero, trascinando le masse nell’apostasia, perfidamente insinuano:
1) Credi forse che Dio non veda e non conosca tutto?
2) Credi forse che lo Spirito Santo non fosse presente nella grande assemblea dei Padri conciliari, durante il Vaticano II?
3) Oppure che non fosse presente nel conclave da cui è stato eletto questo papa, o in quelli che hanno eletto i suoi predecessori, a partire dalla morte di Pio XII?
4) O che non ci fosse quando Bergoglio decideva di far proclamare la santità di Paolo VI, a dispetto di tutte le perplessità, i dubbi e la crescente, tangibile insofferenza di tanti buoni cattolici, i quali sanno che essere santi è un’altra cosa, e che in nessun modo Paolo VI può avere incarnato l’ideale cristiano della santità?
5) O che non sia presente quando il papa predica, quando viaggia, quando rilascia interviste, quando compie dei gesti pubblici afferenti la dottrina e la fede cattolica?
6) E, infine, chi sei tu per giudicare, se Gesù ha sempre comandato di non giudicare? (qualche volta, stranamente, si ricordano di citare anche Gesù Cristo, questi lupi travestiti da agnelli, o mercenari travestiti da pastori).
Ebbene, a queste e simili obiezioni ci sembra giusto e doveroso dare delle risposte altrettanto precise, come ha fatto anche Roberto De Mattei in un’intervista rilasciata di recente al sito francese La Porte Latine, della Fraternità San Pio X, ripreso e tradotto dal sito Inter multiplices una vox.
Bergoglio, con la complicità di cardinali, vescovi e sacerdoti, vuol trascinare la Chiesa lontano dalla Verità di Cristo...
Prima risposta: certo che Dio vede e conosce ogni cosa; ciò non significa di certo che approvi tutto quel che accade, sia fuori che dentro la sua Chiesa. Quindi, preoccuparsi per la deriva neomodernista della Chiesa non significa affatto negare l’Onniscienza, e meno ancora la Provvidenza di Dio. Ma dove hanno letto costoro che su Dio ricade l’onere d’intervenire e rimettere le cose a posto, ogni volta che gli uomini imboccano una strada sbagliata? Evidentemente, non si rendono conto di assumere lo stesso atteggiamento mentale di quei sacerdoti e di quei farisei che, stando ai piedi della Croce del nostro Signore, lo schernivano con queste oltraggiose e blasfeme parole (Matteo, 27, 40): Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!
Seconda risposta: lo Spirito Santo era certamente presente nell’assemblea del Concilio Vaticano II, come lo era in tutti gli altri concili nella storia della Chiesa. La sua presenza, però, non equivale alla garanzia della infallibilità del Concilio stesso. Lo Spirito è presentequando due o tre si riuniscono nel nome di Gesù Cristo, e tale presenza ispira gli uomini al bene; però non fa tutto Lui. Ci sono sempre la grazia e il pericolo della libertà umana: e libertà significa possibilità di rifiutare le sante ispirazioni dello Spirito e lasciarsi invece sedurre dalle tentazioni del diavolo. La Chiesa militante non è immune dalle tentazioni, né i membri del clero sono infallibili a prescindere. Il catechismo non ha mai insegnato una dottrina del genere, che non appartiene alla vera Chiesa di Roma. Se gli uomini vogliono sbagliare, se vogliono dannarsi, sbagliano e si dannano, compresi i vescovi: lo Spirito Santo non è un paracadute che garantisca la salvezza in ogni caso.
Terza risposta: come sopra. Lo Spirito di Dio è presente in ogni conclave, da quando esistono la Chiesa e la successione apostolica petrina; ma tale presenza non va intesa come garanzia di non erranza. Se, per esempio, i cardinali massoni della mafia di San Gallo hanno preordinato l’elezione di Bergoglio; e se, addirittura, hanno esercitato indebite pressioni, minacce o ricatti affinché il suo predecessore si dimettesse, ciò può essere accaduto e sarebbero tutti, perciò stesso, scomunicati latae sententiae, come stabilito a termini di Diritto Canonico. E se fin dalla morte di Pio XII vi sono stati dei giochi di potere per manovrare l’elezione degli ultimi sei papi, anche in tutti quei casi, ovviamente, si applica lo stesso principio. È possibile che vi siano state gravissime irregolarità anche prima del Vaticano II? Certamente sì: l’elezione di Bonifacio VIII, per esempio, è assai probabile che sia stata irregolare e quindi sacrilega; e lo stesso vale per le dimissioni del suo predecessore, Celestino V (uno schema, dimissioni del papa scomodo ed elezione del papa amico dei congiurati, che si sarebbe ripetuto per Ratzinger e Bergoglio). E lo Spirito Santo, in tali casi, c’era, ma di sicuro non approvava; e c’era, del resto, anche un’altra presenza, che non aveva la fragranza del Paradiso, ma piuttosto l’acre sentore dell’Inferno.
Perchè moltissimi buoni cattolici anche di retta dottrina e di ottimi sentimenti vivono con crescente disagio, confusione, turbamento e angoscia il pontificato di Bergoglio?
Quarta risposta: la decisione di un pontefice di far proclamare il culto di un nuovo santo non è infallibile e quindi non è insindacabile. È un atto discrezionale soggetto alla possibilità di errare. E quando si tratta di una proclamazione palesemente in contrasto con ciò che è di pubblico dominio riguardo a quel tale personaggio, vi è l’aggravante della temerarietà di voler cimentare il sentimento dei fedeli, esponendo le anime al turbamento e allo scandalo: colpa gravissima che si configura come uno dei peccati più tremendi che sia dato immaginare per un romano pontefice, pastore di un così grande numero di pecorelle del gregge di Cristo. Ci sembra opportuno riportare quel che ha detto De Mattei nel caso della canonizzazione di Paolo VI da parte di Francesco il 14 ottobre 2018:
Sono moralmente certo che Paolo VI non è santo. La santità infatti è l’esercizio eroico delle virtù secondo il proprio dovere di stato che, nel caso di un Papa, è il governo della Chiesa. Ora il Concilio Vaticano II, l’Ostpolitik e il Novus Ordo Missae – tutti atti ed eventi, di cui Paolo VI è responsabile - sono incompatibili con la santità, perché hanno oggettivamente rappresentato un danno per le anime e una sottrazione di gloria a Dio.
Naturalmente cade qui il problema della presunta infallibilità delle canonizzazioni, un tema complesso su cui rimando agli studi di mons. Brunero Gherardini, l’abbé Jean-Michel Gleize, Christopher Ferrara, John Lamont, John Salza e Robert Siscoe. Mi basti osservare che mentre l’infallibilità delle canonizzazioni non è un dogma di fede, è dogma di fede l’impossibilità di una contraddizione tra la fede e la ragione. Se io accettassi, per fede, un fatto che contraddice la ragione in maniera evidente, quale è la inesistente santità di Paolo VI, cadrei nel fideismo assoluto. Da quel momento dovrei rinunciare alla possibilità di qualsiasi dimostrazione apologetica fondata sulla ragione, per esempio l’esistenza di Dio, perché avrei distrutto il principio di razionalità su cui la mia fede si fonda.
La fede oltrepassa la ragione e la eleva, ma non la contraddice, perché Dio, Verità per essenza, non è contraddittorio. Possiamo dunque, in coscienza, mantenere tutte le nostre riserve su queste canonizzazioni. Colpisce inoltre la pretesa di canonizzare tutti i Papi successivi al Vaticano II e non quelli che hanno preceduto tale Concilio. Sembra che il fine sia quello di rendere retroattivamente infallibile ogni loro parola e atto di governo.
Ci sembra opportuno riportare quel che ha detto De Mattei nel caso della canonizzazione di Paolo VI da parte di Francesco il 14 ottobre 2018: Sono moralmente certo che Paolo VI non è santo . . .
Se per obbedire a Dio si deve disobbedire agli uomini
di Francesco Lamendola
continua su:
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.